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La ricerca, svolta nell’ambito del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria di An- cona, nasce dall’esigenza di acquisire in maniera piu sistematica dati ed informazioni significative sulla ca- ratteristiche della popolazione sottoposta alle misure alternative alla detenzione nella Regione Marche. È anche finalizzata all’istituzione, in via sperimentale, dal 1° settembre 2007 di un Osservatorio Regionale Marche su detta popolazione quale mezzo di approfondimento delle problematiche socio-penitenziarie e di individuazione di nuovi bisogni di intervento trattamentale e di reinserimento sociale.

Lo studio e stato condotto sui soggetti condannati in misura alternativa alla detenzione (affidamento in prova al servizio sociale – detenzione domiciliare – semiliberta) in carico agli Uffici Locali di Esecuzione Penale Esterna di Ancona-Pesaro Urbino e Macerata-Ascoli Piceno in un primo periodo 1.9.2007– 31.12.2008 ed in un secondo periodo 1.1. 2009 – 31.12. 2009.

I risultati del I e del II report sono stati comparati al fine di evidenziare le eventuali intervenute diffe- renze piu o meno sostanziali.

Lo studio condotto nel I periodo si riferisce a n.250 soggetti, mentre nel secondo periodo sono stati presi in considerazione n. 388 soggetti. La raccolta dei dati e avvenuta mediante l’elaborazione di un pro- gramma informatico in rete che prevedeva:

1) la compilazione, da parte degli assistenti sociali degli Uffici, di una “scheda utente” elettronica per ogni caso di esecuzione penale esterna in carico-

2) l’importazione e il prelievo dei dati presso l’Ufficio E.P.E. del Provveditorato Regionale per la successiva analisi e rielaborazione.

La “scheda utente” si componeva di cinque sezioni: 1. dati personali; 2. dati giuridici; 3. formazione scolastica-lavorativa /attivita socialmente utili; 4. problematiche di dipendenza; 5. bisogni primari emersi.

Le caratteristiche socio-anagrafiche e giuridiche che emergono dallo studio condotto nel I periodo permettono di delineare una sorta di profilo della persona che usufruisce di una misura alternativa alla de- tenzione.

Si tratta di soggetti prevalentemente di sesso maschile. Di nazionalita italiana e di eta compresa tra i 30 e i 50 anni. Nella maggior parte dei casi risultano privi di una stabilita familiare. Da un punto di vista giu- ridico hanno precedenti penali e scontato condanne piu in carcere che in misura alternativa. Hanno una formazione scolastica medio-bassa e sono prevalentemente occupati dal punto di vista lavorativo. Svolgono generalmente professioni che richiedono un livello di istruzione assimilabile all’obbligo scolastico o alla qualifica professionale (artigiani, operai, agricoltori, muratori, etc.).

In percentuale significativa presentano problematiche di dipendenza patologica, prevalentemente di tos- sicodipendenza.

Rispetto ai bisogni emersi, la persona in misura alternativa rappresenta prioritariamente bisogni relativi alle relazioni sociali, al lavoro ed ai rapporti affettivo-familiari. I soggetti osservati risultano, infatti, carenti di legami sociali, in condizioni esistenziali problematiche ove l’emarginazione sociale ed il disagio psichico spesso costituiscono il retroterra di comportamenti illegali.

I risultati riportati nel report del II periodo confermano, nel complesso, le sopraindicate caratteristiche delle persone condannate in misura alternativa alla detenzione. Non si evidenziano, pertanto, differenze si-

Un contributo di ricerca sul profilo della persona

condannata in misura alternativa alla detenzione

Mariantonietta Cerbo

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Con la presente comunicazione, gli autori hanno inteso volgere il proprio sguardo sul trattamento riservato ad una peculiare porzione di detenuti, ossia a quelli ammessi alle c.d. “speciali misure di protezione”.

Il riferimento è ai “collaboratori di giustizia” o, più comunemente, “pentiti”, definizione con cui vengono sommariamente ricompresi quei soggetti che, stante la grave, concreta e permanente condizione di pericolo che discende, per le più molteplici motivazioni, dalla volontaria, libera e consapevole scelta di instaurare un rapporto di collaborazione con lo Stato – con il rilascio di eccezionali dichiarazioni ai fini investigativi e processuali e, più in generale, manifestando la disponibilità a fornire significativi strumenti di conoscenza e contrasto alla criminalità, in specie organizzata (ma non vanno trascurati contesti di matrice eversivo-terror- istica) – risultano sovraesposti a possibili ritorsioni, così da risultare destinatari di una serie di misure sia di natura tutoria che assistenziale deliberate da un’apposita “Commissione Centrale” su proposta dell’Autorità Giudiziaria. Quanto sopra – a conclusione di un vaglio discriminatore incardinato sull’effettiva sussistenza e verifica di specifici caratteri, quali l’attendibilità, l’utilità e l’importanza dei contributi di cui sono portatori – tale da determinare l’allestimento di uno speciale “programma”, ovvero di un “piano provvisorio di pro- tezione” – non infrequentemente esteso ai propri familiari – attuato dal “Servizio Centrale di Protezione”, la struttura interforze inserita presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza.

Ecco, allora, che l’elaborato – prescindendo dalla figura dei “testimoni di giustizia”, tipologia parimenti tutelata, ma di diversa estrazione (e cui normalmente difetta l’intraneità alle consorterie delinquenziali che, invece, permea e connota la posizione del collaboratore di giustizia, il cui patrimonio informativo deriva da una conoscenza diretta dei fatti, strettamente riconducibile alla frequentazione degli ambienti malavitosi) – ha tentato di accostarsi fugacemente all’articolata e faticosa quotidianità degli elementi inseriti nel “sistema tutorio”. Ne è scaturito un sintetico affresco che ha provato a rappresentare le premesse, i meccanismi e le dinamiche procedurali, i protocolli operativi, le implicazioni e l’“accompagnamento” istituzionale ricollegati all’adesione a tale straordinario circuito ed, insieme, illustrato taluni essenziali contributi statistici, lumeggiando le dimensioni, la distribuzione e la composizione dei medesimi per aree geografiche, “ambiti criminali” di provenienza, fasce di età e sesso, stato civile, cittadinanza, ecc.. Soprattutto al fine di rendere adeguatamente gli oneri e gli aspetti gestionali che gli “ingressi” a tali programmi comportano, le difficoltà di applicazione, i disagi e, talora, le criticità con cui ancora si misura e convive – pure a fronte di un’esperienza pluriventennale e degli sforzi apprestati nel tempo dal Legislatore per perfezionare la normativa di riferimento – tale etero- genea “popolazione”: l’acquisizione dello “status” di collaboratore di giustizia, la posizione giuridica e le modalità di custodia dell’individuo (differenziando il soggetto ristretto in istituto di pena, da quello benefi- ciante di misure alternative alla detenzione, a quello in stato di libertà), la condotta e l’osservanza degli impegni assunti. E poi ancora, il ricorso al criterio della “mimetizzazione” – che si sostanzia nella sistemazione in una località segreta, nell’attivazione di un “polo residenziale fittizio”, nell’utilizzo dei documenti di “copertura” e nell’attribuzione di nuove generalità –, il supporto legale e sanitario, il sostegno psicologico, i molteplici bisogni ed esigenze esistenziali ed, infine, la previsione della “capitalizzazione”, l’erogazione di un contributo economico definitivo, con la contestuale cessazione delle misure assistenziali meramente passive, finalizzato a promuovere e favorire il reinserimento sociale dell’interessato e del suo nucleo familiare.

Affiliazione

ELENA CONSENTI, Psicologa – Psicoterapeuta, Perito e Consulente del Tribunale di Latina, M.U. in Scienze Criminologico-Forensi, M.U. in Psichiatria Forense dell’Età Evolutiva – dott.elenaconsenti@gmail.com ELISA CAPONETTI, Psicologa – Psicoterapeuta ad indirizzo sistemico relazionale, Master sulle dipendenze

patologiche: teoria ed interventi clinici, responsabile della rubrica “Treat-mind” di “Notte Criminale” – elisa.caponetti@hotmail.it

CLAUDIO CALDARULO, Ten. Col. dei CC, Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale della Polizia Criminale, Servizio Analisi Criminale, Via Torre di Mezza Via 7/121 – 00173 Roma – ccaldarulo@dcpc.interno.it

ROBERTO RIALTI, Commissario della Polizia Penitenziaria, Presidenza Tribunale di Sorveglianza di Roma, Via Triboniano n. 5, email: roberto.rialti@tiscali.it

La condizione ed il trattamento dei collaboratori di giustizia