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A Nicola Di Girolamo, oltre alla vicenda della falsa residenza, sollevata proprio da Fantetti, primo dei non eletti nella ripartizione Europa, nel 2010 venne contestato anche

il reato di associazione a delinquere transnazionale pluriaggravata (Senato della Repub- blica, 2010).

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nali avevano prestato alle elezioni all’estero, capaci di condi- zionare la governabilità del paese, si era concretizzata in un emendamento alla legge 165/2017, il cosiddetto Rosatellum bis. Infatti, l’articolo 6 recita: «gli elettori residenti in Italia possono essere candidati in una sola ripartizione della circo- scrizione estero». Ben al di là delle polemiche sorte in fase di approvazione della legge, tale emendamento segnò la fine del principio sul quale si era costruita fino a quel momento l’intera architettura della legge sul voto all’estero. Infatti, se anche chi risiedeva in Italia aveva la possibilità di candidarsi in una circoscrizione all’estero, che ne sarebbe stato della rappresentatività dell’eletto? In che modo avrebbe potuto conoscere e farsi conoscere dalla propria base elettorale? Come avveniva anche all’interno dei confini nazionali, e laddove si sia affermato il cosiddetto partito post-ideologico, la relazione diretta tra elettori ed eletti non importava più (Petrucciani, 2014, pp. 178-92).

Questa trasformazione, anticipata dallo scandalo Di Gi- rolamo e dalle residenze incerte di alcuni funzionari dei pa- tronati nelle precedenti elezioni, potrebbe già fornire una risposta al secondo quesito, e cioè se vi sia stata un’evoluzione della rete rappresentativa degli italiani residenti all’estero. Si potrebbe infatti concludere che le associazioni italiane si sia- no limitate al ruolo di comitati elettorali per le rispettive aree politiche di riferimento, offrendo sostegno ai candidati scelti a livello nazionale, a volte, ma non sempre, tra gli espatriati.

Tale conclusione, tuttavia, rischia di diminuire il ruolo aggregativo degli organismi associativi e di ridurne l’appor- to al dibattito democratico4. Se poi si considera il Paese di

residenza, o comunque di riferimento, degli eletti, nessuno, tranne Gianni Farina, che risiedeva in Svizzera, ma che era stato operativo come funzionario dell’inca di Parigi, aveva base in Francia. Uno degli Stati dove il gruppo italiano è ra- dicato da moltissimo tempo, dove l’associazionismo ha una presenza antica, con forti legami politici e culturali, non è mai riuscito a esprimere un candidato, di qualsiasi tendenza,

4. Si veda a proposito la sintesi del ruolo dell’associazionismo nel sistema democratico: «laddove i cittadini creano gruppi, associazioni, reti di incontro, di discussione, di mutua assistenza, di solidarietà, la democrazia si afferma, si esprime e funziona» (Pasquino, 2008, p. 28).

Il voto «europeista» degli italiani in Francia 23

sufficientemente forte da far convergere una maggioranza dei voti su di sé.

Chi erano i candidati alle elezioni politiche del 2018 in quota alla Francia? Una possibile fonte per ricostruirne i pro- fili è il giornale online «Focus-in», che ha riportato nomi e intenti, non dissimili, di alcuni di loro (Politiche 2018, 2018). A parte Mario Zoratto, esponente dell’emigrazione storica in Francia, vicinissimo a Mirko Tremaglia, in lista con Fratelli d’Italia (fdi), e Sara Prestianni, che però si muoveva tra Pa- rigi, Bruxelles e Roma (Prestianni, 2018), già in lista con Sinistra e Libertà nel 2013, tutti gli altri erano esordienti. Ferruccio Cittadini, del m5s, a Parigi dal 2002, era ingegnere elettronico presso una multinazionale (Cittadini, s.d.); Pa- olo Modugno, candidato indipendente sostenuto dal circolo del pd di Parigi, lavorava da trent’anni al Centre for Europe di Sciences Po e animava un’associazione che promuoveva il nuovo cinema italiano (Circolo pd Francia, Parigi, s.d.); Ersilia Vaudo, di +Europa, dal 1991 astrofisica presso l’Agen- zia Spaziale Europea (Vaudo, 2018), aveva il profilo tipico dei candidati della lista guidata da Emma Bonino tra i quali non c’era traccia della cosiddetta «vecchia emigrazione», ma primeggiavano alti dirigenti, funzionari europei e consiglieri politici di base a Roma, come nel caso di Fusacchia (+Euro- pa, s.d.).

«Focus-in» deve aver avuto qualche difficoltà a individua- re un numero maggiore di candidati residenti in Francia: a quelli sopra riportati e individuati dal giornale, si devono aggiungere Gabriella Creti per il m5s e Valerio Motta per

Liberi e Uguali. In ciascuno schieramento prevalevano delle reti interne che si concentravano soprattutto tra Germania, Svizzera e Regno Unito, sia attingendo allo zoccolo antico dell’emigrazione raggruppata attorno ai patronati, come era il caso delle liste del Movimento delle Libertà e di Civica Po- polare, sia attirando gli attori della mobilità internazionale che, come già osservato, trovavano maggiori occasioni pro- fessionali nei tre Paesi sopra menzionati. Sembrava quasi che la Francia giocasse un ruolo marginale nel panorama della ripartizione Europa.

Considerando che gli italiani in Francia non si caratte- rizzavano per una particolare propensione all’astensionismo tale da rendere inutili le candidature provenienti da questo Stato, si possono formulare varie ipotesi per spiegare il feno-

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meno. La rete associativa italiana in Francia era poco diffusa? Oppure meno politicizzata? Oppure più distante dalle istan- ze delle segreterie dei partiti5?

Gli archivi di «Focus-in» servono per ricostruire la vita associativa dell’italianità in Francia (Focus-in, s.d.). Il giorna- le stesso nacque, nel 2008, come associazione, per iniziativa di Patrizia Molteni, una giornalista attentissima al mondo dell’associazionismo. Molti articoli descrivevano un panora- ma associativo ricco e articolato, anche perché, in Francia, la formula dell’associazione consente di avviare un’attività eco- nomica senza particolari oneri. Sono tali le scuole di lingua e cultura italiana, le compagnie teatrali, quelle che riuniscono operatori nell’ambito del turismo sostenibile o che fanno informazione; si riuniscono in associazioni i genitori degli studenti che frequentano le scuole o le sezioni italiane e i tifosi di calcio (Molteni, 2014a). Il sito Italiansnet (http:// www.italiansnet.it/paese_Francia.html), un portale che offre la possibilità alle associazioni italiane nel mondo di rendersi visibili, ne contava 449 in Francia, contro le 396 in Germania, le 151 nel Regno Unito e le 19 in Spagna.

Si può pertanto escludere la prima ipotesi formulata, e cioè che in Francia mancasse una rete associativa importan- te, capace di aggregare gli italiani residenti. Più difficile è verificare le altre due tesi. L’elezione dei comites, nel 2015, può fornire una chiave interpretativa in merito. I comites, infatti, in quanto organismi rappresentativi della collettività italiana all’estero, hanno il compito di collaborare con gli attori presenti sul territorio. Le loro sedi, per le quali ricevo- no finanziamenti statali, sono luoghi pubblici dell’italianità all’estero, che, nelle occasioni elettorali, vengono messi a disposizione per ospitare il dibattito democratico. I membri possono interpretare la loro missione in modo più o meno attivo, a seconda delle capacità, delle contingenze e, non ultimo, dell’età anagrafica. Infatti, il ricambio generazionale all’interno dei comites non è facile, anche per il carattere volontario dell’incarico, che non agevola chi ha un’occupa-

5. In relazione alla partecipazione politica, Gianfranco Pasquino (2008, p. 29) ha af-

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