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SOMMARIO: § 1. Lo scenario nel quale si colloca l’attuazione dell’art. 47 Cost. all’inizio degli anni 2000. - § 2. Un nuovo ruolo per le istituzioni comunitarie nelle materie regolate dall’art. 47 Cost.: l’occupazione del territorio precedentemente lasciato agli Stati membri attraverso misure di armonizzazione massima a tutela del risparmio popolare. - § 3. (segue). La partecipazione di rappresentanti degli interessi del risparmio popolare all’elaborazione della disciplina concernente la tutela di esso. - § 4. (segue). Ancora sull’appropriazione comunitaria di competenze interferenti con l’art. 47 Cost. - § 5. Valutazione delle residue competenze nazionali in materia di tutela del risparmio popolare: spazi di autonomia dei poteri pubblici italiani nell’attuazione dell’art. 47 Cost.

§ 1. Lo scenario nel quale si colloca l’attuazione dell’art. 47 Cost. all’inizio degli anni 2000.

Per quanto concerne la tutela del risparmio popolare, gli anni intorno al passaggio dal 1990 al 2000 sono contrassegnati da una serie di eventi che, presi nel loro insieme, possono essere considerati come le cause ed i primi esiti di una fase sotto taluni aspetti piuttosto differente dalle precedenti nel modo di intendere la rilevanza costituzionalistica dell’argomento oggetto di questo studio.

Nel 1998, come anticipato, l’approvazione del Testo Unico della Finanza consolida l’ascesa di una nuova lettura dell’art. 47 Cost, centrata sulla protezione del risparmio popolare attraverso l’informazione e la prevenzione del conflitto di interessi, lettura cui contribuiscono gli stimoli delle prime norme di matrice europea di una certa rilevanza; dal canto suo la Comunità europea presenta, nel 1999, un

piano d’azione sui servizi finanziari che porterà alla adozione di un ‘procedimento legislativo’ speciale per l’adozione (e l’applicazione) delle norme interessanti la tutela del risparmio, marcando una svolta verso un intervento assai più incisivo sulle materie regolate dall’art. 47 Cost.; nel 2001, in concomitanza con una fase di recessione economica, i legislatori di diversi paesi si trovano costretti ad approvare una serie di ‘misure tampone’ per arginare le preoccupazioni destate da una successione di scandali finanziari, rovinosi per diversi piccoli risparmiatori, che vedono coinvolte società di dimensioni considerevoli (Enron, Worldcom, Parmalat i casi più noti) rivelando l’esistenza di irrisolti conflitti di interessi e manchevolezze nella supervisione a tutela del risparmio popolare, anche nelle giurisdizioni ritenute più avanzate.

Le reazioni legislative ai predetti scandali societari e le prime realizzazioni conseguenti alla più decisa appropriazione da parte delle istituzioni comunitarie della normazione in materia di risparmio-investimento popolare costituiscono le chiavi di lettura maggiormente utilizzate per l’inquadramento delle innovazioni a tutela del risparmiatore-investitore degli anni 2000368, almeno fino a quando la crisi dei mercati

del 2008 non porrà l’esigenza di ulteriori rivisitazioni delle concezioni dominanti.

§ 2. Un nuovo ruolo per le istituzioni comunitarie nelle materie regolate dall’art. 47 Cost.: l’occupazione del territorio precedentemente lasciato agli Stati membri attraverso misure di armonizzazione massima a tutela del risparmio popolare.

Nell’esaminare l’evoluzione dell’approccio europeo alla legislazione in materia di tutela del risparmio, occorre premettere che gli atti emanati negli anni 1990 consiste prevalentemente in semplici provvedimenti c.d. di armonizzazione minima369.

368 Questo capitolo non affronta l’esame di talune leggi italiane a tutela (anche soi disant) del risparmio degli anni 2000 (in particolare la L. n. 262/2005 ed il D. Lgs. n. 303/2006) in quanto, pur rappresentando, per certi versi, delle significative evoluzioni nella materia esse, da una parte, si risolvono in provvedimenti di stampo spiccatamente emergenziale e, dall’altro e in conseguenza di ciò e della deplorevole mancanza di sistematicità che le caratterizza, non apportano, da un punto di vista costituzionalistico, alcuna novità alle tendenze già esposte circa la progressiva individuazione di un nucleo fondamentale di protezioni del risparmio popolare, confermando pienamente e senza riserve, ed anzi rafforzando non poco, la centralità, in questo senso, della trasparenza informativa e dei meccanismi di prevenzione dei conflitti di interessi. La bibliografia sulla ‘riforma’ del 2005-2006 è senz’altro ragguardevole; può essere ricavata dal recentissimo volume (a cura di) F.GALGANO eF. ROVERSI-MONACO,Le Nuove Regole del Mercato Finanziario, CEDAM, 2009. Quanto alla deprecata

trascuratezza del legislatore della riforma, cfr. almeno (e, ancora, esemplarmente) G.ROSSI, La Legge sulla Tutela del Risparmio e il Degrado della Tecnica Legislativa, in Riv. Soc., 2006, p. 1 ss.

Ciò riflette le considerevoli resistenze politiche dell’epoca ad una ‘federalizzazione’ compiuta della materia. Sebbene la produzione di norme comunitarie sia tutt’altro che sporadica e priva di organicità, non trascurabili obiezioni all’abbandono di varie specificità nazionali (tra le quali l’esistenza in Italia di una norma costituzionale a tutela del risparmio popolare è certamente una delle più notevoli) vengono espresse da diversi governi.

Tali obiezioni, come si è visto valere per tutte le iniziative riguardanti la tutela del risparmio popolare, rispondono, per un verso, a genuine preoccupazioni per il livello della tutela offerta ai piccoli risparmiatori (è stato sostenuto, ad esempio, che il diverso livello di vulnerabilità del risparmio popolare nei vari paesi possa sconsigliare una armonizzazione maggiore delle legislazioni) e, dall’altro, sono dettate dalle pressioni che le grandi imprese e l’industria finanziaria esercitano sui governi nazionali per proteggere posizioni privilegiate370.

Il compromesso politico-economico che guida l’azione delle istituzioni europee nel settore è dunque improntato al principio che gli interventi a tutela del risparmio popolare devono limitarsi a stabilire una soglia minima di protezione ovunque applicabile, riconoscendo la possibilità per ogni nazione di prevedere misure aggiuntive non incompatibili con gli obiettivi fissati dai provvedimenti comunitari, senza procedere ad una uniformazione completa della disciplina.

Due fattori contribuiscono a fare sì che l’armonizzazione minima ceda il passo all’integrazione più stretta concretantesi nel ‘procedimento legislativo’ cui si è fatto cenno (e che diviene noto come ‘procedura Lamfalussy’ - su cui v. immediatamente

infra): da una parte, la prolungata applicazione delle norme di armonizzazione

minima riduce progressivamente quelle distanze tra legislazioni nazionali che qualche anno prima parevano sconsigliare una omogeneizzazione più decisa; dall’altra, le spinte alla ‘deregulation’ (su cui v. il capitolo precedente) e verso una armonizzazione comunitaria ‘forte’ che impedisca agli ordinamenti nazionali di porre eccessivi vincoli alla libertà economica delle grandi imprese e dell’industria finanziaria si dimostrano, dopo quasi un ventennio di forte crescita dei mercati,

Regulator?, in Dir. Pubb. Comp. Eur., 2004, pp. 1955-1957.

370 Cfr. C.COMPORTI, L’integrazione dei Mercati Finanziari e la c.d. Procedura Lamfalussy, in Dir. Banc. Merc. Fin., 2004, p. 281: “[l]e differenze tra i sistemi giuridici (ivi inclusi i diversi regimi fiscali), ostacoli ‘politici’ a difesa di interessi nazionali, barriere ‘culturali’ degli investitori per il loro diverso grado di esperienza finanziaria, sono tutti elementi che contribuiscono ad ostacolare l’integrazione dei mercati. Non è un mistero il fatto che diversi approcci si sono fronteggiati in Europa sulle modalità di realizzazione del mercato interno: in particolare sul rapporto tra armonizzazione e mutuo riconoscimento; ciò ha per lungo tempo rallentato il corso dell’adozione di iniziative regolamentari a livello comunitario”.

irresistibili, prevalendo definitivamente su interpretazioni non ideologicamente liberiste di norme come gli artt. 41 e 47 della Costituzione italiana.

Raggiunto un compromesso politico sulla opportunità di procedere ad un rafforzamento della integrazione (nella direzione appena specificata) delle norme a tutela del risparmio, il Consiglio Europeo di Cardiff del giugno del 1998 invita la Commissione a predisporre un piano d’azione al riguardo, piano d’azione che viene reso noto nell’anno successivo.

Esso (denominato Financial Services Action Plan) elenca le riforme su cui è stata raggiunta una intesa di massima e, in vista della messa in cantiere di un cospicuo numero di interventi normativi che si intendono approvare in un lasso di tempo relativamente breve371, nonché della peculiare ‘tecnicità’ della materia il Consiglio

Europeo affida a un ‘comitato di saggi’ (cosiddetto Comitato Lamfalussy, dal nome del suo presidente) il compito di ideare una ‘corsia preferenziale’ per i provvedimenti a tutela del risparmio popolare e, in generale, di regolazione dei mercati finanziari. Il Comitato Lamfalussy presenta una proposta in tale senso, che viene adottata dal Consiglio Europeo di Stoccolma del marzo 2001.

Il ‘procedimento legislativo’ comunitario speciale in materia di protezione del risparmio così adottato (c.d. ‘procedura Lamfalussy’) è, in effetti, una significativa vittoria per le concezioni aprioristicamente fautrici della superiorità del mercato rispetto alla politica (in termini di diritto costituzionale italiano, per un approccio assiologicamente riduzionista agli interventi di limitazione della libertà economica dei privati attuabili in ossequio agli artt. 41 e 47 Cost.). Esso si giustifica in base all’assunto che l’ordinario procedimento legislativo comunitario sia ‘inadeguato’ alla rapidità della evoluzione del mercato (considerato, alla stregua delle analisi illustrate in precedenza, una risposta superiore all’intervento pubblico nella disciplina dell’attività economica) e, in assenza di opportuni adattamenti, non sia in grado di originare provvedimenti che non nascano già datati372.

La procedura Lamfalussy merita di essere brevemente illustrata in questa sede

371 Cfr. I.MECATTI, cit., pp. 1957-1958. Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo del 2000 prevede la traduzione in provvedimenti normativi delle proposte del piano d’azione entro il 2005, obiettivo in larga parte conseguito.

372 Cfr. P.BILANCIA, Il Sistema Europeo di Regolamentazione dei Servizi Finanziari, in Dir. Econom., 2008, p. 48: “[i]l modello ‘Lamfalussy’, facendo un ampio ricorso ad istituti consolidati nell’esperienza costituzionale europea, ha inteso contrastare una serie di criticità dei processi decisionali comunitari - particolarmente nocive nel settore dei servizi finanziari - cercando di ovviare alla ‘normale’ lentezza del procedimento legislativo europeo, alla ‘ingessatura’ di disposizioni scarsamente adeguate, soprattutto se attuate dopo lungo tempo, alle esigenze di una materia in così rapida evoluzione, e, da ultimo, alla scarsa presenza-partecipazione delle autorità di vigilanza a livello europeo che rendeva difficile la loro cooperazione”.

in quanto costituisce il procedimento attraverso il quale l’Unione europea interviene attualmente nelle materie regolate, in Italia, dall’art. 47 Cost.

La procedura si articola in quattro fasi.

Nella prima fase il Consiglio e il Parlamento approvano direttive seguendo la procedura di codecisione. In questo non vi sarebbe alcuna particolarità, se non fosse che tali direttive debbono, per adeguarsi alla procedura, limitarsi a stabilire un quadro quanto più generale possibile della regolazione (giacché lo scopo della procedura è sottrarre la tutela dell’investitore agli organi politici per affidarla a corpi tecnici - Commissione, comitati ad hoc e agenzie regolative nazionali -).

La seconda fase prevede l’adozione degli atti normativi di maggior dettaglio, affidati, appunto, alla Commissione. Essa, nella predisposizione di tali misure, coopera con due ‘comitati’ tecnici comunitari373.

I caratteri della seconda fase sembrano consistere principalmente: nell’escludere un intervento diretto da parte del Consiglio e del Parlamento europei sulla materia; e nell’assicurare che la normativa di dettaglio sia adottata con una piena assunzione di responsabilità al riguardo da parte delle autorità amministrative incaricate della tutela del risparmio popolare nei singoli stati membri (si noti che ciò avviene, in misura non secondaria, al fine di prevenire difformità in sede di applicazione delle regole così adottate, che possono essere imposte o consigliate da norme nazionali di maggiore protezione del risparmio popolare, quali l’art. 47 Cost. italiana).

373 V. Decisione del Consiglio n. 2006/512 del 17 luglio 2006 sulla ‘comitologia’.

Di tali comitati uno, lo European Securities Committee (ESC), ha la funzione di assicurare un minimo di raccordo con i governi degli stati membri. L’altro, il Committee of European Securities Regulators (CESR), riunisce i vertici degli organismi che, nei vari Stati membri, sono incaricati della tutela del risparmio-investimento: esso dovrebbe partecipare attivamente alla predisposizione della normativa al fine, da un lato, di apportare le capacità proprie delle istituzioni rappresentate e, dall’altro, di fornire alla Commissione, in una fase non eccessivamente avanzata della procedura, tutti gli elementi per valutare se esistano fattori che possano ritardare, in determinati ordinamenti, l’attuazione della normativa così come provvisoriamente elaborata. Le istituzioni europee direttamente o indirettamente rappresentative non vengono necessariamente coinvolte in questa delicata fase ma, da una parte, lo ESC funge da raccordo permanente con i governi degli Stati membri, e Consiglio e Parlamento europei dispongono pur sempre del potere di opporsi all’adozione di un progetto di atto normativo della Commissione nelle ipotesi in cui esso ecceda i limiti della delega contenuta nell’atto adottato nella prima fase della procedura, ovvero non sia compatibile con lo scopo o col contenuto dell’atto delegante, ovvero ancora non rispetti i principi di sussidiarietà e proporzionalità (id., p. 52. L’opposizione può essere presentata nel termine di quattro mesi dalla sottoposizione del progetto; tuttavia, per “imperativi motivi di urgenza”, la Commissione, su conforme parere dello ESC, può adottare autonomamente la misura, che potrà venire abrogata in caso di opposizione espressa dal Consiglio ovvero dal Parlamento europeo entro un mese).

§ 3. (segue). La partecipazione di rappresentanti degli interessi del risparmio popolare all’elaborazione della disciplina concernente la tutela di esso.

La seconda fase, ibrido tra un procedimento legislativo e una procedura di alta amministrazione tecnica, è inoltre destinata a ‘dare voce’ agli esponenti della società civile interessati ai provvedimenti in corso di approvazione, dunque anche ai rappresentanti delle associazioni a tutela del risparmio popolare.

A questo proposito si ritiene opportuno accennare alla questione, non insignificante alla luce dell’impegno assunto dalla Costituzione italiana a tutela del risparmio, del disequilibrio che (in una certa misura inevitabilmente e per la forza stessa delle cose) si viene a creare a livello sia europeo che nazionale nel momento della partecipazione a procedimenti di elaborazione di nuove normative da parte delle società attive nel settore finanziario (nonché delle relative associazioni) e dei portavoce degli interessi del risparmio popolare.

Riguardo a tale questione, e a somiglianza di quanto si verifica a proposito di ogni consultazione legislativa incidente su forti interessi industriali, pur in presenza di regolamentazioni formalmente non discriminatorie riguardo la possibilità di commentare proposte di atti normativi, la dispersione dell’interesse degli acquirenti e la correlativa concentrazione di quello di fornitori e produttori contribuisce di fatto a rendere la voce dei primi assai meno udibile da parte delle istituzioni legiferanti374.

A prescindere da considerazioni di stretta legittimità, la rilevanza costituzionale della tutela del risparmio popolare sembrerebbe consigliare, sul piano della lealtà- integrità costituzionale, un attivo incoraggiamento, da parte dell’ordinamento italiano, di una partecipazione dei piccoli acquirenti di servizi finanziari ai

374 Cfr. C.BRADLEY, Consumers of Financial Services and Multi-Level Regulation in the European Union, in Fordham Law Journal, 2008, pp. 718-719: “[q]uesto è un esempio di un fenomeno più generale: i consumatori non si avvalgono di tutte le opportunità disponibili al fine di esprimere commenti sulle proposte di normative che toccheranno i loro interessi. Il semplice rendere pubblicamente disponibili i documenti destinati alla consultazione non assicura risposte dai consumatori. La Commissione ha intrapreso iniziative per incorporare la partecipazione dei consumatori ai propri lavori. Per esempio, nel 2004, la Commissione ha creato il Forum of Users Experts in the Area of Financial Services (“FIN-USE”) per fare sì che le opinioni dei consumatori e delle piccole imprese si riflettessero nel policy-making dell’Unione europea, e nel 2006 la Commissione ha creato un Financial Services Consumer Group”; cfr. anche P. Bilancia, cit., pp. 57-58: “[m]a, soprattutto, se questa forma di ‘partecipazione’ può avere una sua effettiva attrazione per quel che riguarda gli operatori, difficilmente viene realizzata - o, quanto meno, con risultati apprezzabili - per quel che riguarda i consumatori, generalmente meno rappresentati o rappresentati da associazioni della cui rappresentatività si può legittimamente dubitare”.

procedimenti legislativi che li riguardano che non venga completamente soverchiata da quella delle imprese ed associazioni che, per la attività che esercitano, considerano l’intervento in tali procedimenti come legato a propri interessi fondamentali.

Per concludere sul punto, si noti che la partecipazione del risparmio popolare al procedimento legislativo incontra un ulteriore ostacolo a livello europeo, ove le consultazioni sono sovente condotte esclusivamente in lingua inglese, precludendo l’accesso ad una assai vasta platea di cittadini europei375; né gli inconvenienti legati

alla progressiva adozione dell’inglese come lingua semiufficiale delle istituzioni comunitarie si arrestano a questa fase della tutela del risparmiatore-investitore, considerato che diversi documenti informativi indirizzati alla sua tutela non devono più, in virtù di provvedimenti comunitari, essere tradotti nelle varie lingue nazionali376.

A questo proposito, se non si può non convenire sulla onerosità di tradurre i documenti diretti alla tutela informativa del risparmio popolare377 in molte lingue

diverse, vi è comunque da dubitare che il piccolo risparmiatore-investitore italiano, alla luce della tutela apprestatagli dall’art. 47 Cost. (e della ritenuta inerenza di una tutela informativa minima al ‘nucleo duro’ della situazione giuridica protetta della norma), possa considerarsi adeguatamente difeso dalle insidie di un potenziale investimento ove gli venga fornito un documento esplicativo che, stando alle statistiche correnti, ha consistenti possibilità di non essere, per la massima parte, in grado di leggere e comprendere378.

§ 4. (segue). Ancora sull’appropriazione comunitaria di competenze interferenti con l’art. 47

Cost.

375 Cfr. C.BRADLEY, cit., p. 720.

376 Si consideri, ad esempio, che la direttiva sul prospetto informativo (sulla quale v. infra, nota n. 379) appare facoltizzare gli emittenti di strumenti finanziari a diffondere, al di fuori del proprio stato di insediamento, prospetti informativi redatti esclusivamente in inglese, con l’unica condizione che la sintesi introduttiva venga tradotta nelle lingue locali (cfr. L.ENRIQUES -M.GATTI, Is There a Uniform EU Securities Law After the Financial Services Action Plan?, 2007, disponibile sul sito internet del Social Science Research Network - www.ssrn.com -, pp. 15, 31).

377 Usualmente estesi su centinaia di pagine.

378 Si consideri a questo proposito che, come riferito da L.ENRIQUES E M.GATTI, cit., p. 31, i considerando (pur non vincolanti) della direttiva sui prospetti informativi raccomandano che i preamboli di essi (da tradursi in tutte le lingue dell’Unione) siano relativamente brevi, prevedendone una lunghezza massima; inoltre, sebbene ciò appaia probabile, non è certo, e non appare imposto dalla normativa europea, che il preambolo tradotto nelle lingue locali includa una componente basilare del prospetto (anche per il lettore meno finanziariamente sofisticato) quale l’elencazione dei rischi passibili di incidere negativamente sul rendimento dell’investimento.

La terza fase della procedura Lamfalussy intende assicurare, in coerenza alla precedente, che le misure regolamentari che le autorità nazionali per la tutela del risparmio popolare debbono assumere al fine di rendere applicabile la normativa comunitaria nei rispettivi paesi siano quanto più possibile uniformi, contrariamente a quanto verificatosi in precedenza (magari a seguito dell’adozione di iniziative di attuazione dell’art. 47 Cost. italiana o di precetti simili)379.

La quarta ed ultima fase della procedura Lamfalussy consiste anch’essa in uno sforzo diretto ad impedire che gli Stati nazionali applichino misure di tutela del risparmio popolare più stringenti rispetto a quelle fissate dalle normative comunitarie, risolvendosi in una raccomandazione rivolta alla Commissione affinché non esiti a ricorrere alla procedura di infrazione ogni volta che, nella sua azione di guardiana dell’esecuzione del diritto comunitario da parte degli Stati membri, se ne ravvisassero gli estremi (con evidente scostamento dalla usuale ‘politicità’, almeno in una certa misura, del riscorso alla contestazione dell’infrazione).

Come evidenziato, i tratti distintivi della procedura Lamfalussy rispetto ai processi legislativi, per dir così, ordinari impiegati dalle istituzioni europee, evidenziano piuttosto chiaramente l’intento di ridurre considerevolmente gli spazi per autonome iniziative di tutela del risparmio popolare da parte dei singoli ordinamenti nazionali, siano essi rappresentati dagli organi legiferanti (ciò che si persegue attraverso il ricorso all’armonizzazione massima come principio guida) ovvero da autorità amministrative di tutela del risparmio popolare (attraverso la concentrazione di numerose loro attività presso le sedi istituzionali europee ed il loro ‘imbrigliamento’ attraverso strumenti di ‘peer pressure’).

Occorre tuttavia sottolineare che l’adozione dei provvedimenti normativi comunitari relativi alla tutela del risparmio continua ad essere regolata dalle norme generali dei Trattati, alle quali la procedura Lamfalussy non deroga (né lo potrebbe,

379 Cfr. C.COMPORTI, cit., p. 282. A questo scopo, e non disponendo di poteri coercitivi in materia, la procedura si affida ad una cooperazione istituzionalizzata nell’ambito del CESR ove, sotto la guida della Commissione, si suppone che le autorità nazionali di vigilanza vengano adeguatamente sensibilizzate (anche attraverso una continua minaccia di sanzioni reputazionali: il cosiddetto ‘name and shame’, ossia l’additamento alla disapprovazione dei propri pari di chi rifiuti ingiustificatamente di adeguarsi a prassi ritenute ottimali) nel senso dell’adozione di quelle soluzioni regolative che il

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