• Non ci sono risultati.

Limitazioni della libertà di iniziativa economica, tutela del risparmio popolare e grandi complessi produttivi del Paese: un percorso interpretativo tra gli artt. 41 e 47 Cost. e l'ordinamento comunitario

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Limitazioni della libertà di iniziativa economica, tutela del risparmio popolare e grandi complessi produttivi del Paese: un percorso interpretativo tra gli artt. 41 e 47 Cost. e l'ordinamento comunitario"

Copied!
217
0
0

Testo completo

(1)

LIMITAZIONI DELLA LIBERTA’ DI INIZIATIVA ECONOMICA, TUTELA DEL RISPARMIO POPOLARE E GRANDI COMPLESSI PRODUTTIVI DEL PAESE: UN PERCORSO INTERPRETATIVO TRA

GLI ARTT. 41 E 47 DELLA COSTITUZIONE E L’ORDINAMENTO COMUNITARIO

DIRETTORE DI RICERCA: DOTT.SSA ANGIOLETTA SPERTI (Candidato: Daniele Mercadante)

(2)

INDICE

CAPITOLO I

SIGNIFICATI, INTERPRETAZIONE ED EFFICACIA DI UNA NORMA COSTITUZIONALE A TUTELA DEL RISPARMIO POPOLARE:

ANALISI DELL’ART. 47 COST.

1. Premessa ...1

2. La fondamentale bipartizione della tutela del risparmio prefigurata dall’art. 47 Cost: il risparmio depositato presso le banche e quello oggetto di investimento ………..3

3. Individuazione dell’àmbito oggettivo della tutela offerta dal’art. 47 Cost. I generi di risparmio protetti dalla norma...6

4. Le letture orientate a riconoscere nell’art. 47 Cost. un principio a salvaguardia della stabilità monetaria...8

5. L’art. 47 c. 2 Cost. come norma “protezionistica (la questione dei “grandi complessi produttivi del Paese”) e il suo probabile contrasto con i Trattati Europei ……….15

6. Il problema dell’individuazione di un contenuto prescrittivo originale dell’art. 47 Cost. che non costituisca una mera specificazione delle limitazioni poste alla libertà di iniziativa economica dall’art. 41 Cost ...20

7. Il bilanciamento tra tutela del risparmio e altre finalità dell’intervento pubblico nell’economia nella giurisprudenza della Corte Costituzionale...31

(3)

CAPITOLO II

LIMITARE LA LIBERTA’ ECONOMICA DEI PRIVATI: IL PRINCIPALE STRUMENTO COSTITUZIONALE DI TUTELA DEL RISPARMIO POPOLARE NELLA SUA EVOLUZIONE STORICA E ALLA PROVA

DELLA PRESUNTA ‘RIVOLUZIONE LIBERALE’ COMUNITARIA

1. Premessa: l’economia come fenomeno recalcitrante ad una piena regolamentazione normativa ...37

2. Interpretazioni marxiste dell’art. 41 Cost. ...41

3. La posizione della giurisprudenza costituzionale circa i caratteri del limite della ‘utilità sociale’ e sul principio della riserva di legge in materia di libertà economica 52

4. Ancora sulla apertura a molteplici interpretazioni del principio di libertà economica (ii) l’interpretazione della costituzione economica alla luce della supremazia del secondo comma dell’art. 3 Cost.: Massimo Luciani...54

5. (segue) (iii) Il personalismo-solidarismo cattolico...56

6. (segue) (iv) Ancora su un approccio eticamente orientato all’interpretazione dell’art. 41 Cost.: Alessandro Pace...59

7. (segue) Interpretazioni moderate dell’art. 41 Cost. prima dell’affermazione dei principi della costituzione economica europea ...64

8. La giurisprudenza costituzionale e la questione dell’esistenza o meno di un ‘nucleo duro’ del diritto alla libertà di iniziativa economica...67

9. Il rovesciamento del paradigma interpretativo dei diritti economici: l’affermazione della costituzione economica comunitaria e del ‘mercato’ quale categoria chiave nell’esegesi dell’art. 41 Cost. ...70

10. Il ritorno in auge della ideologia della separazione tra politica ed economia come legittimazione metagiuridica dell’intangibilità dell’iniziativa economica privata:

(4)

esiti estremi dell’egemonia dell’interpretazione dei diritti economici ‘comunitariamente orientata’...75

11. Il mercato in quanto valore-in-sé come sviluppo necessario delle norme costituzionali di regolazione dell’economia...78

12. I riflessi della costituzione economica europea sulla giurisprudenza costituzionale italiana in materia di libertà di impresa ...83

13. L’affermazione definitiva delle letture ‘comunitariamente orientate’ della costituzione economica: il confinamento delle interpretazioni favorevoli ad ampi interventi limitativi dell’iniziativa economica privata in posizione minoritaria ……….85

14. Un tentativo di ricontestualizzare la reale portata della trasformazione costituzionale operata dal diritto comunitario in materia di diritti economici alla luce della fluidità dei rapporti tra ordinamento interno e ‘sovranità’ delle istituzioni comunitarie ...88

15. Considerazioni finali: la scarsa rilevanza prescrittiva delle caratterizzazioni generali dei sistemi di regolazione costituzionale dell’economia...103

CAPITOLO III

LA TUTELA DEL RISPARMIO POPOLARE NELL’EPOCA DELLA INATTUAZIONE DELL’ART. 47 COST.

1. Il nuovo volto dei ‘grandi complessi produttivi del Paese’; l’affacciarsi del risparmio popolare come fenomeno diffuso e la ‘scoperta’ della sua vulnerabilità: necessità di procedere all’attuazione dell’art. 47 Cost...114

2. Il dibattito dottrinale sull’adeguamento dell’ordinamento alle esigenze costituzionali di protezione del risparmio popolare...121

(5)

del risparmio popolare: prime proposte di attuazione dell’art. 47 Cost.

………..124

CAPITOLO IV

REALIZZAZIONI LEGISLATIVE A TUTELA DEL RISPARMIO POPOLARE ED EVOLUZIONE DELL’INTERPRETAZIONE

DELL’ART. 47 COST. DAL 1974 AI PRIMI ANNI 1990

1. La prima attuazione legislativa del precetto di tutela del risparmio popolare. L’apogeo della concezione che vede nel secondo comma dell’art. 47 Cost. un precetto autosufficiente...132

2. Prime avvisaglie della individuazione di un ‘nucleo duro’ dell’art. 47 Cost.: il passaggio dalla ‘incentivazione’ del risparmio popolare (di cui al secondo comma dell’art. 47 Cost.) alla sua ‘tutela’ (secondo una lettura integrata dei due comma dell’articolo) ...137

3. Limiti della tutela del risparmio popolare legislativamente stabilita nel 1974. Possibile incostituzionalità della disciplina ...141

4. Primi esiti legislativi di una interpretazione dell’art. 47 Cost. che bilanci correttamente le esigenze espresse dal primo e dal secondo comma della norma. Le residue difficoltà sulla via di una compiuta attuazione dell’art. 47 Cost...144

(6)

LA TUTELA DEL RISPARMIO POPOLARE NEGLI ANNI 1990 - INTEGRAZIONE INTERPRETATIVA DEI DUE COMMA DELL’ART. 47 COST. ED EMERSIONE DI UN ‘NUCLEO DURO’

DELLA NORMA

1. Riepilogo della evoluzione delle opzioni interpretative concernenti l’art. 47 Cost. 151

2. Caratteri delle prime avvisaglie della influenza del diritto comunitario sulla attuazione dell’art. 47 Cost. ...152

3. Emersione del conflitto di interessi come minaccia pressoché permanente al risparmio popolare: individuazione del secondo pilastro (oltre alla tutela informativa) della protezione del piccolo investitore ex art. 47 Cost. ...154

4. L’art. 47 Cost. come norma precorritrice della tutela consumeristica ………...161

5. Una nuova (sebbene con radici antiche) forma di incoraggiamento del risparmio popolare: il superamento della passività dei piccoli risparmiatori attraverso la loro unione (ancora la prevenzione del conflitto di interessi come componente del ‘nucleo duro’ della tutela del risparmio popolare ex art. 47 Cost.) ...163

6. La sistematizzazione (pressoché) definitiva delle acquisizioni in materia di attuazione dell’art. 47 Cost. al termine degli anni 1990 ...165

(7)

LA TUTELA DEL RISPARMIO POPOLARE TRA ATTUAZIONE DELL’ART. 47 COST. ED ESPANSIONE NORMATIVA

COMUNITARIA: GLI ANNI 2000

1. Lo scenario nel quale si colloca l’attuazione dell’art. 47 Cost. all’inizio degli anni

2000 ………..169

2. Un nuovo ruolo per le istituzioni comunitarie nelle materie regolate dall’art. 47 Cost.: l’occupazione del territorio precedentemente lasciato agli Stati membri attraverso misure di armonizzazione massima a tutela del risparmio popolare...170

3. (segue). La partecipazione di rappresentanti degli interessi del risparmio popolare all’elaborazione della disciplina concernente la tutela di esso...173

4. (segue). Ancora sull’appropriazione comunitaria di competenze interferenti con l’art. 47 Cost...175

5. Valutazione delle residue competenze nazionali in materia di tutela del risparmio popolare: spazi di autonomia dei poteri pubblici italiani nell’attuazione dell’art. 47 Cost.

177

CONCLUSIONI

1. L’art. 47 Cost. quale parametro di legittimità di norme a tutela del risparmio popolare: i limiti al sindacato di costituzionalità...183

2. La delimitazione dell’àmbito di un giudizio costituzionale sulla tutela del risparmio popolare...186

3. Possibilità di sindacato costituzionale delle norme a tutela del risparmio popolare in base al ‘nucleo duro’ dell’art. 47 Cost. e al principio di non discriminazione oggettiva e soggettiva dei vari generi di risparmio popolare ………..188

4. Effettiva utilizzabilità in sede di giudizio costituzionale del principio di non discriminazione nell’applicazione delle protezioni fondamentali del risparmio

(8)

popolare ………...195

5. Il mobile assetto della convivenza tra ordinamento interno e normativa europea a tutela del risparmio popolare: l’art. 47 Cost. come ‘norma transitoria’ ………...196

(9)

LIMITAZIONI DELLA LIBERTA’ DI INIZIATIVA ECONOMICA, TUTELA DEL RISPARMIO POPOLARE E GRANDI COMPLESSI PRODUTTIVI DEL PAESE: UN PERCORSO INTERPRETATIVO

TRA GLI ARTT. 41 E 47 DELLA COSTITUZIONE E L’ORDINAMENTO COMUNITARIO

CAPITOLO I

SIGNIFICATI, INTERPRETAZIONI ED EFFICACIA DI UNA NORMA COSTITUZIONALE A TUTELA DEL RISPARMIO

POPOLARE: ANALISI DELL’ART. 47 COST.

SOMMARIO: § 1. Premessa. - § 2. La fondamentale bipartizione della tutela del risparmio prefigurata dall’art. 47 Cost.: il risparmio depositato presso le banche e quello oggetto di investimento. - § 3. Individuazione dell’àmbito oggettivo della tutela offerta dall’art. 47 Cost. I generi di risparmio protetti dalla norma. - § 4. Le letture orientate a riconoscere nell’art. 47 Cost. un principio a salvaguardia della stabilità monetaria. - § 5. L’art. 47 c. 2 Cost. come norma ‘protezionistica’ (la questione dei ‘grandi complessi produttivi del Paese’) e il suo probabile contrasto con i Trattati europei. - § 6. Il problema dell’individuazione di un contenuto prescrittivo originale dell’art. 47 Cost. che non costituisca una mera specificazione delle limitazioni poste alla libertà di iniziativa economica dall’art. 41. - § 7. Il bilanciamento tra tutela del risparmio e altre finalità di intervento pubblico nell’economia nella giurisprudenza della Corte Costituzionale. - § 8. Ancora sull’intensità prescrittiva dell’art. 47 Cost. – conclusione.

(10)

§ 1. Premessa

“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina coordina e

controlla l’esercizio del credito.

Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”1.

Incoraggiare, tutelare e favorire chi, con il proprio denaro, compra la possibilità che gliene venga resa una quantità maggiore da chi intende fare uso di esso2 è un proponimento che non somiglia molto agli impegni che le costituzioni

democratiche assumono verso i loro popoli e la storia.

Ancora più insolito, poi, esso appare se lo si colloca là dove originariamente aveva il suo posto: nella Legge fondamentale di un Paese in gran parte povero e ulteriormente impoverito da una rovinosa guerra, una Carta che, quando tratta delle condizioni economiche della nazione, evoca gli spettri dell’esclusione e dell’indigenza (“[i]l lavoratore ha diritto ad una retribuzione […] sufficiente ad assicurare a sé

e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”; “[è] compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico […] che […] impediscono il pieno sviluppo della persona umana”; “[l]a Repubblica […] [r]iconosce la libertà di emigrazione e tutela il lavoro italiano all’estero”).

Ma la sensazione che l’art. 47 sia come fuori luogo nella prima parte della Costituzione del 1948 può attribuirsi solo ad un errore, a superficialità.

Dipende da come si guarda alla Carta: se da essa si ricava l’immagine di un popolo che méndica quella solidarietà e quell’aiuto di cui sessant’anni fa vi era urgente necessità, una disposizione sull’investimento si riduce a promessa avventata, fuga del pensiero, stravaganza.

Ma non è questo che dovrebbe leggervisi.

La Costituzione del 1948 è, tra le altre cose ma prima di molte altre cose, un manifesto di riscatto, la riaffermazione, da parte di una comunità ferita, della propria dignità; ed il riscatto e la dignità scaturiscono dal fondamento della Repubblica, dal lavoro.

Se può riconoscersi un intento autenticamente pedagogico nella formulazione del testo costituzionale, questo consiste nell’impartire, al lettore, una grande lezione di dignità e, al contempo, di realismo: il lavoro può e deve elevare anche i non abbienti, ma non vi è progresso (né dignità sociale) senza una forte etica del lavoro.

1 Costituzione italiana, art. 47.

2 Per questa descrizione della sostanza economica delle attività finanziarie, cfr.. M. BESSONE, I Mercati Mobiliari, Giuffrè, 2002, p. 22.

(11)

Ed è una rigida, austera etica del lavoro e (quale conseguenza inevitabile) del merito che la Costituzione consegna all’Italia (“[l]’Italia è una Repubblica fondata sul

lavoro”; “[è] compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli […] che […] impediscono […] l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del Paese”; “[o]gni cittadino ha il dovere di svolgere […] un’attività che contribuisca al progresso materiale o spirituale della società”; “[i] capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con […] provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”; “[l]a Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni”; “[i]l lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”; “[a]gli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso”; “[l]e nomine dei magistrati hanno luogo per concorso”).

A questa auspicata nuova Italia, forte della propria operosità anche nella ristrettezza economica, era ben possibile indicare, non come miraggio consolatorio, bensì quale possibile approdo di un progresso basato sul sacrificio personale e collettivo, sulla ricerca costante del perfezionamento e dell’elevazione morale e materiale, la prospettiva di un’accumulazione diffusa di quote di reddito che, sottratte alla soddisfazione dei bisogni primari, potessero essere destinate al risparmio in generale e, in particolare, a quegli impieghi, descritti dall’art. 47 Cost., che, all’epoca dell’entrata in vigore della Carta, erano ancora riservati a pochi.

Dopo più di mezzo secolo, l’Italia si è dimostrata all’altezza almeno delle promesse di riscatto materiale, se non anche dell’accennata etica costituzionale del lavoro e della responsabilità (individuale e sociale), e l’impegno alla protezione del risparmio e dell’investimento è divenuto, come in tutte le economie del benessere attuali, una materia che assorbe considerevoli energie intellettuali da parte di giudici, pubblici funzionari, legislatori e giuristi.

Questo lavoro è un tentativo di comprensione della rilevanza costituzionale della tutela del risparmio popolare e delle realizzazioni concrete di questo principio, anche al fine di valutare la possibilità di un controllo giudiziale sul suo rispetto.

§ 2. La fondamentale bipartizione della tutela del risparmio prefigurata dall’art. 47 Cost.: il risparmio depositato presso le banche e quello oggetto di investimento.

È stato sostenuto non senza fondamento che l’art. 47 Cost. “[…] è certamente

uno degli articoli più concisi dell’intera carta costituzionale e la sua concisione ha reso obiettivamente difficile una compiuta interpretazione”3.

(12)

A ciò si aggiunga che, nel suo breve testo, si compenetrano tre distinte disposizioni normative, strettamente collegate tra loro ma, cionondimeno, aventi oggetto differente4.

La prima disposizione corrisponde al primo comma dell’articolo fino al punto e virgola (“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme”), una disposizione che già ad una prima lettura evidenzia la sua natura di norma sia promozionale (“incoraggia”) che creatrice di un diritto sociale (“tutela”), con riguardo ad un oggetto, il risparmio, il cui perimetro viene allargato nella misura maggiore possibile (“in tutte le sue forme”).

La seconda disposizione ha ad oggetto un particolare settore dell’attività economica, quello creditizio, di cui il minimo che si può dire è che esso è strettamente legato al risparmio e alla sua tutela, anche se è del pari evidente che la tutela del risparmio non ha a che fare esclusivamente con il credito; di questo settore dell’attività economica la disposizione dice che esso viene disciplinato, coordinato e controllato dall’ordinamento. Questa norma si presenta all’evidenza come sviluppo e specificazione dell’art. 41 Cost., in quanto pone limitazioni alla libertà economica dei privati.

Infine, il secondo comma dell’art. 47 Cost. pone un’ulteriore norma promozionale, dichiarando che la Repubblica “[f]avorisce l’accesso” di un particolare genere di risparmio, quello popolare, a tre specifici impieghi tra quelli cui esso è suscettibile di essere destinato.

I maggiori sforzi della dottrina che ha intrapreso il commento dell’art. 47 Cost. si sono concentrati sulla regolamentazione dell’attività bancaria5. Ciò è assai

comprensibile alla luce di alcune considerazioni:

i. durante i lavori dell’Assemblea costituente era ancora vivo il ricordo della grave crisi bancaria che aveva portato il regime fascista a nazionalizzare, negli anni 1930, un gran numero di istituti creditizi tra cui alcuni tra i maggiori del Paese, varando quindi una legge bancaria (in realtà una serie di provvedimenti distinti cui ci si riferisce complessivamente come alla legge bancaria del 1936/1938) che “

immetteva tutte le imprese bancarie in un oligopolio amministrato” sul quale l’autorità

pubblica disponeva di poteri assai estesi6; i costituenti operavano in un ambiente nel

Zanichelli - Soc. Ed. Foro It., p. 153.

4 Cfr. S. BARONCELLI, Articolo 47, in (a cura di R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI), Commentario alla Costituzione, UTET, 2006, vol. I, p. 950.

5 Cfr. F.MERUSI, Articolo 47 cit., ove alle questioni attinenti al credito sono dedicate venticinque pagine rispetto a cinque riservate al ‘risparmio disgiunto dal credito’.

(13)

quale i fallimenti bancari venivano ancora avvertiti come la più grave minaccia alla sicurezza del pubblico risparmio;

ii. per i motivi appena illustrati, si volle che la Costituzione recepisse i principi di stretto (se paragonato a quello vigente in epoche precedenti) controllo statale sul sistema creditizio instaurati dalla legge bancaria del 1936/1938, considerati una opportuna difesa contro il ripetersi di dolorosi rovesci finanziari ancora nitidi nella memoria7;

iii. il mercato bancario ha rappresentato, dalla fine della guerra e fino agli anni 1980, la destinazione assolutamente prevalente del risparmio popolare, tanto da facilitare una approssimativa identificazione del risparmio mediato dagli enti creditizi con il risparmio in genere8.

Conseguentemente, è possibile individuare nell’art. 47 Cost. due àmbiti distinti nei quali ripartire quel risparmio che è incoraggiato e tutelato dalla norma: da una parte il risparmio che, affidato alle banche, alimenta il credito, o risparmio-deposito, sottoposto ad una disciplina settoriale specialistica e protetto da un’attività di controllo e vigilanza affidata in larga misura alla Banca d’Italia; dall’altra, il risparmio raccolto da soggetti non abilitati a svolgere attività bancaria (fondi di investimento, fondi pensione, società commerciali emittenti azioni, obbligazioni e altri titoli finanziari ecc.) e che si indicherà attraverso l’espressione risparmio-investimento (in questo àmbito, pur sussistendo importanti competenze della Banca d’Italia, un ruolo assai significativo nella supervisione a tutela del risparmio è svolto dalla Consob).

Quanto alla tutela di cui il risparmio è oggetto, può anticiparsi, in prima approssimazione, che i rischi cui questo è esposto possono raggrupparsi in tre categorie: il rischio derivante dall’instabilità monetaria, ovvero il rischio che la perdita di valore della moneta eroda il valore dei risparmi e dei rendimenti eventualmente ricavati da essi9; il rischio che una o più insolvenze bancarie (oltre

7 Cfr. F. MERUSI, Articolo 47 cit., p. 161: “[l]’art. 47 sancisce la legittimità di questo oligopolio amministrato [quello conseguente alle nazionalizzazioni bancarie degli anni 1930]”; cfr. anche, Ministero per la Costituente, Rapporto all’Assemblea Costituente della Commissione Economica, I, p. 178: “[c]onsigliabile sarebbe, invero, una esplicita enunciazione nella carta costituzionale, che sancisca il carattere di pubblico interesse che riveste la funzione di intermediazione del credito, carattere già riconosciuto dalla legge del 1936, e conseguentemente stabilisca la necessità di ordine economico e sociale di tutelare il regolare esercizio di tale funzione mediante controllo pubblico”. 8 Cfr. V.SPAGNUOLO VIGORITA, Principi Costituzionali sulla Disciplina del Credito, in Rass. Dir. Pubb., 1962, p. 353: “[d]i fronte a simile formula [quella dell’art. 47, c. 1 Cost.], la prima sensazione è che con essa la Costituzione mostri di tener distinti i due fenomeni del risparmio e del credito; cui segue il dubbio che per ciò si stesso si voglia attribuire a ciascuno autonoma disciplina. Ciò contrasterebbe, invero, con l’evoluzione conosciuta non solo dalla concreta attività bancaria, ma anche dalla legislazione interventistica in materia”.

(14)

naturalmente a gettare sul lastrico i correntisti degli istituti falliti) paralizzino i mercati del credito, con gravi ripercussioni su tutto il ciclo economico (il cosiddetto rischio sistemico); infine, i rischi derivanti dalla violazione delle norme di correttezza che regolano i rapporti tra risparmiatori e fornitori professionali di servizi finanziari (definibile come rischio controparte).

Mentre appare ovvio che il rischio collegato alla instabilità monetaria mette a repentaglio indifferentemente ogni genere di risparmio, deve precisarsi che non solo il risparmio-deposito, ma anche diversi impieghi del risparmio-investimento sono attualmente (a seguito delle legislazioni che hanno consentito alle banche di operare anche quali fornitrici di servizi di investimento) potenzialmente soggetti sia al rischio sistemico che al rischio controparte10.

Alla luce di quanto precede occorre notare che l’art. 47 Cost. tutela sia il risparmio-deposito che il risparmio-investimento, e che fa ciò sia contro il rischio sistemico che contro il rischio-controparte (per quanto riguarda il rischio da instabilità monetaria, v. infra in questo capitolo), avendo cura di precisare che il rischio sistemico è legato principalmente alla attività degli istituti bancari (per le peculiari funzioni monetarie che svolgono), ma che non è limitato ad essi.

Questo lavoro non si occuperà, perché il tema necessiterebbe di una apposita trattazione specialistica, del risparmio-deposito, e quindi dell’attività bancaria, né, se non episodicamente, del rischio sistemico ad essa strettamente collegato, concentrandosi piuttosto sui restanti impieghi del risparmio popolare.

§ 3. Individuazione dell’àmbito oggettivo della tutela offerta dall’art. 47 Cost. I generi di risparmio protetti dalla norma.

Quale sia il risparmio che la Costituzione intende tutelare e incoraggiare sembra risultare chiaramente dalla formulazione del primo comma dell’art. 47 Cost., che non esclude alcuna forma tra quelle che esso può assumere (“in tutte le sue

forme”).

Ciononostante, vi è da notare come sia diffusa in dottrina la notazione secondo la quale rimarrebbe escluso dalla tutela così apprestata quel risparmio che non fosse reinserito in qualche modo nel ciclo economico (“[n]aturalmente tutte le

‘forme di risparmio’ devono tradursi in una utilizzazione economica del surplus monetario

10 Cfr. F.MERUSI, Mercati Finanziari e Responsabilità Strutturale, in Dir. Econ., 2008, pp. 279-280: “[l]a ormai inestricabile connessione fra attività creditizie e attività finanziarie [fanno] delle banche e degli operatori finanziari gli attori di un unico mercato che va ormai sorvegliato nella sua interezza e non per compartimenti stagni secondo le funzioni distinte”.

(15)

individuale. Non è infatti il risparmio come tale, come valore in sé, che viene incentivato e tutelato, ma il risparmio come componente del processo economico”)11.

Tale posizione evidenzia la natura ambivalente della tutela del risparmio, che apparirà più evidente dall’esame della legislazione ordinaria in materia: da una parte essa si rivolge ad una situazione soggettiva del risparmiatore (il suo essere titolare di un ‘surplus monetario’); dall’altra, l’incoraggiamento all’accumulazione di tale surplus, la sua tutela ed il suo indirizzamento verso determinati impieghi è sovente funzionalizzato alle esigenze dell’economia nazionale, cosicché taluni provvedimenti sembrano incoraggiare il finanziamento da parte del pubblico dei risparmiatori di certe attività produttive più di quanto non si sforzino di tutelare chi in quelle attività decide di investire il proprio risparmio.

Piuttosto esplicito in tale senso è un Autore secondo cui: “[l]’esigenza di tutelare

il risparmio solo in funzione di una efficace politica degli investimenti è continuamente evidenziata nella Relazione della Commissione economica [per i problemi del credito istituita dal Ministero per la Costituente]”12.

Ci si è poi chiesti fino a quale momento il risparmio riceva la tutela predisposta dal costituente, ovvero quando l’impiego che del risparmio viene fatto trasforma quest’ultimo in beni o attività non più soggette alla disciplina dell’art. 47 Cost.

A questo proposito ha goduto di un certo credito l’ipotesi che l’acquisto, da parte del risparmiatore, di azioni, obbligazioni o altri titoli convertirebbe il risparmio, almeno in alcuni casi, in qualcosa di diverso ed esterno al perimetro della norma; d’altra parte il risparmio affidato alle banche, fino a quando rimane tale, sarebbe sempre tutelato13.

11 Cfr. F.MERUSI, Articolo 47 cit., p. 184; cfr. anche S.BARONCELLI, cit., p. 950.

12 M.ATRIPALDI, Risparmio, Credito e Investimenti Socialmente Rilevanti: le Relazioni a livello Micro e Macro-Economico nel Dibattito per l’Approvazione dell’art. 47 Cost., in Diritto e Cultura, 2006, p. 175. Cfr.. anche V.SPAGNUOLO VIGORITA, cit., pp. 353-354: “[v]ale infatti il rilievo che in una economia moderna

non è seriamente pensabile un incoraggiamento del risparmio attraverso l’invito o la coazione alla parsimonia, al non-consumo e alla riduzione della domanda; e che pertanto strumenti idonei si rivelano solo l’incremento del reddito e della produttività del lavoro: fenomeni questi che appunto riconducono all’azione del credito, che può essere decisiva in ordine al loro verificarsi”. Si noti come l’accento esclusivo posto sull’investimento mediato dalle banche rifletta l’assenza, all’epoca, di altri significativi operatori finanziari. L’Autore sviluppa l’argomento riportato giungendo a ipotizzare che le tutele apprestate dagli artt. 44, 45 e 47 Cost. possano costituire indicazioni, sia pure indirette, di possibili fini di politica creditizia (Id., p. 355).

13 Cfr. A.BALDASSARRE e A.CERRI, Interpretazione dell’Ordinanza di Rimessione, Tutela del Risparmio, Decreti Legislativi Vincolati, in Giur. Cost., 1969, pp. 828, 829: “[i]l risparmio privato in genere […] per essere investito deve passare attraverso gli istituti di credito, di fronte ai quali tutti gli operatori economici si presentano in posizione di formale eguaglianza. Il risparmio popolare, invece, […] può essere anche sostanzialmente svincolato dalla normale attività creditizia in quanto soggetto a misure di particolare favore fino al momento immediatamente precedente all’investimento nella

(16)

Una posizione del genere appare attualmente in contrasto con il ricorso del legislatore all’espressione tutela del risparmio al fine di denotare, tra l’altro, gli investimenti in azioni di società14, e la dottrina più recente sembra avere superato

questa impostazione15.

Intimamente correlata alla questione appena analizzata è altra, che dovrebbe ritenersi anch’essa superata, sul grado di rischio degli investimenti nei cui confronti la Costituzione appresta una protezione.

Taluni interpreti, anche in commenti recenti, individuano il risparmio tutelato dalla Costituzione come il risparmio privo di rischi (“[…] la caratteristica essenziale della

nozione di risparmio contenuta nel testo della Costituzione risiede nella destinazione del risparmio tendenzialmente ‘a rischio zero’. Il deposito bancario, la casa di abitazione, la proprietà coltivatrice diretta, l’azione del grande complesso produttivo italiano […] sono tutte forme di risparmio solide, serie, sicure”)16.

A questa posizione dovrebbe essere sufficiente replicare come i costituenti manifestassero timori persino nei riguardi dell’affidabilità dei titoli del debito pubblico17; per quanto riguarda l’assenza di rischio nell’investimento nei grandi

complessi produttivi del Paese, ogni commento è superfluo.

§ 4. Le letture orientate a riconoscere nell’art. 47 Cost. un principio a salvaguardia della stabilità monetaria.

produzione”; e F. MERUSI, Articolo 47 cit., p. 184: “[…] il profilo saliente dei titoli azionari è di essere dei titoli di partecipazione, cioè una forma di investimento nel capitale di una impresa e, come tali, non rientranti nella nozione di risparmio. Ciò non significa che in determinati casi non possa prevalere il profilo opposto, quello del titolo di credito. Ma ciò deve risultare, appunto per prevalenza, direttamente dalla disciplina legislativa”; l’Autore specifica in nota che è questo il caso delle azioni di risparmio, sui cui amplius infra, cap. 4.

14 Cfr. L. n. 262/2005, Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari. 15 Cfr. S.BARONCELLI, cit., p. 957: “[l]a tutela del risparmio popolare ha assunto nuove forme […] perché il recente sviluppo del capitalismo e la diffusione di forme di investimento fra i piccoli risparmiatori hanno reso necessaria la diffusione di nuove forme di azionariato popolare e nuove modalità di gestione degli investimenti. Il secondo comma dell’art. 37 Cost., ove richiede uno speciale favore per gli investimenti diretti o indiretti […] dei piccoli risparmiatori, detta le regole di questo intervento”.

16 F. SGUBBI, Il Risparmio come Oggetto di Tutela Penale, in Giur. Comm., 2005, p. 342; Cfr.. anche S. BARONCELLI, cit., p. 950: “[…] la dottrina è concorde nel ritenere che [il secondo comma dell’art.

47 Cost.] […] debba essere inteso […] come un ‘quid pluris’ che si concretizza nella particolare tutela con cui la Repubblica indirizza il risparmio popolare verso destinazioni sicure e creatrici di ricchezze”. La posizione dell’Autrice pare peraltro contraddetta da quanto la stessa sostiene nella successiva p. 957 (rip. alla nota precedente).

(17)

Interpretare l’art. 47 Cost. ponendo in evidenza la distinzione che esso opera tra due tipi di risparmio, quello bancario e quello non bancario, non implica che debbano ritenersi necessariamente differenti le tutele da apprestarsi a favore di questi due generi nei quali viene diviso.

Al contrario, taluni autori interpretano il mandato costituzionale diretto a tutelare il risparmio ‘in tutte le sue forme’, senza riguardo verso il fatto che esso possa essere, da una parte, depositato in banca, e, dall’altra, investito, ad esempio, in borsa, come il riconoscimento costituzionale del valore della stabilità monetaria (e dunque, della tutela del risparmio contro il rischio di instabilità, cui si accennava

supra)18.

D’altronde, i costituenti avevano avuto occasione di sperimentare la gravità della minaccia che un’inflazione eccessiva rappresenta per i risparmiatori, oltreché per la funzionalità del sistema economico nel suo complesso19.

In questo senso, si segnalano alcune proposte di emendamento al futuro art. 47 della Carta fondamentale presentate in Assemblea costituente da esponenti liberali, e dirette a “[vincolare] lo Stato a proteggere gli interessi dei prestatori di denaro,

ricordando gli effetti destabilizzanti dell’inflazione. Si trattava di escogitare strumenti idonei ad assicurare la stabilità della moneta prestata, [poiché] per trovare una soluzione alla svalutazione della lira, bisognava andare al di là della necessità di garantire la stabilità del sistema bancario, poiché ben l’85% per cento dei depositi a risparmio si trovava presso istituti bancari in mano allo Stato; dunque occorreva poter vincolare quest’ultimo ad una politica di stabilità monetaria”20.

Tra queste, le proposte degli onn. Quintieri (“[l]a Repubblica tutela il valore della moneta nazionale”), Einaudi (“[…] è garantito il rispetto della clausola oro”) e Nobile (“[…] la legge emana i provvedimenti opportuni per riparare i danni [cagionati al risparmio] da eventuali inflazioni monetarie”)21.

Vincolare lo Stato ad una politica di bassa inflazione deve dunque,

18 Cfr. F. MERUSI, Articolo 47 cit., p. 154: “[l]’articolo in esame ha inteso infatti disciplinare congiuntamente sia il risparmio che, correlato al credito, entra a far parte della liquidità monetaria, sia il risparmio che non rifluisce nella liquidità (il risparmio ‘in tutte le sue forme’). La trattazione congiunta della tutela del risparmio ha però un preciso significato […]. La tutela del risparmio in quanto tale, come valore economicamente e socialmente rilevante, sta a significare che uno dei compiti della “Repubblica” è di difendere come valore in sé l’elemento in cui si traduce la liquidità, di cui al rapporto risparmio-credito, la moneta”.

19 Cfr. M.ATRIPALDI, cit., p. 195: “[t]utti gli emendamenti [tesi all’introduzione di un principio di salvaguardia contro l’inflazione] sono fondati su un’analisi […] dei danni prodotti a partire dal 1914 dalla svalutazione monetaria […]. Analisi quanto mai precise tese ad evidenziare come il risparmio si sia volatilizzato e come la svalutazione abbia costituito di fatto una enorme tassa patrimoniale, con un’aliquota del novanta-novantacinque per cento”.

20 Cfr. S.BARONCELLI, Articolo 47 cit., p. 947. 21 Cfr. F.MERUSI, Articolo 47 cit., p. 155.

(18)

nell’intenzione di diversi costituenti, garantire che la ricchezza affidata allo Stato attraverso la sottoscrizione di titoli del debito pubblico ed i depositi presso banche pubbliche non venga ‘espropriata’ da un tasso di inflazione superiore ai rendimenti offerti e che, in generale, il valore di qualsiasi altro investimento, nonché di salari e pensioni non subisca la stessa sorte ad opera di un governo incapace di (o indisponibile a) condurre una ordinata gestione delle finanze pubbliche.

La costituzionalizzazione di tale impostazione intende vincolare l’ordinamento ad una politica economica che considera la stabilità monetaria alla stregua di un valore incondizionatamente positivo, a prescindere dalle mutevoli congiunture economiche.

Un giudizio simile è dato riscontrare negli scritti di A. Merusi22 (ripreso da P.

Macrì)23 e S. Baroncelli24.

A seguito dell’approvazione del Trattato di Maastricht, del resto, la citata interpretazione dell’art. 47 Cost. ha, dopo decenni di smentite nei fatti, ricevuto una assai solenne consacrazione quale ‘pilastro’ della costituzione economica (e non solo) europea, che fa del mantenimento della stabilità dei prezzi “l’obiettivo principale del Sistema Europeo di Banche Centrali”25.

La fissazione di tale obiettivo costituirebbe “[l]a novità più rilevante derivante dal

processo di unione monetaria”26. Secondo talune interpretazioni, esso non sarebbe

neppure suscettibile di bilanciamento con gli altri fini generali posti dai Trattati. Si confronti a questo proposito quanto sostenuto da un’illustre dottrina: “[l]’articolo 2

CE individua soltanto i compiti della Comunità e pertanto può vincolare direttamente solo la Comunità al perseguimento di obiettivi diversi come ‘un elevato livello di occupazione’, ‘la parità tra uomini e donne’, ‘una crescita sostenibile e non inflazionistica’ e ‘un elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo’. Poiché la Banca Centrale Europea è un’organizzazione indipendente nei confronti delle Comunità e delle loro istituzioni, tale disposizione non può obbligare direttamente la BCE [se non] nei limiti in cui ciò non pregiudichi il fine principale della […] stabilità dei prezzi”; e ancora, chiarendo come tra gli obiettivi

della BCE e quelli fissati alle Comunità dal Trattato CE debbano prevalere i primi:

“[s]embrerebbe appropriato definire la stabilità dei prezzi come la ‘Grundnorm’, la norma fondamentale della ‘nuova Comunità” (si noti, non esclusivamente dello statuto della

22 Cfr. nota 18.

23 P.MACRÌ, Il Risparmio nella Costituzione, in Nuova Rass., 1988, p. 1230. 24 S.BARONCELLI, cit., p. 950.

25 Trattato CE, art. 105, c. 1. 26 S.BARONCELLI, cit., p. 955.

(19)

BCE)27.

La teorizzazione della stabilità dei prezzi come valore formalmente e

materialmente costituzionale (anzi, supremo) è assai chiara28, e pare

assiologicamente avversa a compromessi fondati sul perseguimento di valori concorrenti: “[s]otto tale aspetto, non vi è necessariamente una contraddizione tra l’obiettivo

della stabilità dei prezzi e la politica di occupazione, in quanto, nel lungo termine, solo una valuta stabile sarà garanzia di una crescita economica sostenibile e, da qui, di occupazione”29.

Giudizi così categorici, peraltro, sembrano avere ricevuto una smentita dalla gestione della attuale crisi economica da parte di diversi paesi della Unione europea, che sono ricorsi, sia per finanziare il salvataggio di alcune istituzioni finanziarie che per sostenere produzione e consumi, a spese molto maggiori di quelle consentite dai vincoli di bilancio comunitari, ponendo le basi di un possibile futuro incremento dell’inflazione. Se il contenimento dei prezzi fosse da qualificarsi a tutti gli effetti come un principio costituzionale fondamentale dell’Unione europea, le politiche descritte rappresenterebbero un vero e proprio ‘stato di eccezione’ rispetto alla ‘legalità costituzionale’ comunitaria.

Comunque, sembra essere diffuso il giudizio secondo il quale l’istituzione della BCE avrebbe segnato un rivolgimento nella gerarchia dei valori fondanti dell’Unione europea. A questo proposito si confrontino due opinioni in dottrina: da una parte si sostiene che “[l]’assenza di inflazione e la stabilità della moneta vengono [..] elevati a ‘valori

costituzionali assoluti’ dell’ordinamento comunitario, da perseguire come tali, senza l’intermediazione di alcun organo politico”30; dall’altra, sembra trarsi da quanto precede

quello che pare essere un logico corollario riguardante l’interpretazione (e la sorte) dell’art. 47 Cost.: “[d]a questa evoluzione deriva, da una parte, la conferma delle tesi dottrinarie

che avevano individuato nel principio della stabilità della moneta il nucleo dell’art. 47 Cost., ma anche, d’altra parte, l’inutilità stessa del ricorso a detto articolo poiché la disciplina della funzione monetaria va ormai cercata all’interno del Trattato CE e del relativo Statuto del Sistema Europeo delle Banche Centrali”31.

27 C.ZILIOLI eM.SELMAYR, La Banca Centrale Europea, Giuffrè, 2007, pp. 79-80.

28 Id., p. 81: “[…] l’indipendenza ad ampio spettro della BCE è il risultato dell’esperienza di anni che il valore della moneta può essere mantenuto stabile solo se coloro che ne sono incaricati non vengono direttamente influenzati dagli alti e bassi della politica di tutti i giorni, dalle maggioranze parlamentari che cambiano o da nuove linee politiche, magari solo a breve termine, adottate dal governo”.

29 Ibid.

30 M. GIAMPIERETTI, Articolo 47, in R. BIN - S. BARTOLE (a cura di), Commentario Breve alla Costituzione, CEDAM, 2008, II ed., p. 475.

(20)

Si illustrerà nel capitolo successivo come la tendenza a considerare un qualunque principio di politica economica alla stregua di un canone costituzionale fondamentale rappresenti una posizione quanto meno rischiosa, in quanto è assai difficile che gli organi legislativi intendano privarsi irrevocabilmente della possibilità di approvare, sotto forma di ordinari provvedimenti di legge, quei correttivi alle politiche economiche pubbliche che il variare delle contingenze rende di volta in volta opportuni o necessari.

Al di là delle precedenti posizioni rigidamente monetariste, anche il principale contributo in materia pone, con alcuni significativi caveat, la stabilità monetaria quale questione centrale nell’interpretazione dell’art. 47 Cost.32.

La tesi dell’Autore muove dalla premessa che la stabilità della moneta, ritenuta l’oggetto principale della prescrizione di cui all’art. 47 Cost. (perché “[i]l risparmio può

essere difeso anche nella sua normale e prevalente destinazione creditizia solo se contemporaneamente si difende il valore della moneta”)33, costituisca un obiettivo la cui

rilevanza discende direttamente dalla osservazione delle vicende economiche, vicende, si fa tuttavia notare, che i costituenti avevano realisticamente giudicato non del tutto sottoponibili ad una compiuta regolamentazione normativa34.

Pure, secondo l’Autore, ciò che la Costituzione non poteva tassativamente prescrivere (una moneta stabile), essa finisce almeno col presupporre e col raccomandare, attraverso un’articolata trama normativa che si snoda attraverso norme ulteriori rispetto all’art. 47 Cost.: l’art. 36 che, nel prescrivere per il lavoratore una retribuzione sufficiente ad un’esistenza dignitosa, presuppone la conservazione della capacità di acquisto della moneta; l’art. 53 che, prescrivendo la progressività del sistema tributario, evidenzia la natura regressiva dell’imposta-inflazione; infine, l’art. 81 che, esigendo la copertura finanziaria delle nuove o maggiori spese pubbliche, non potrebbe tollerare che tale copertura fosse fittiziamente reperita aumentando la velocità delle rotative della zecca35.

L’Autore rileva che la preservazione del valore della moneta rimane comunque da considerarsi quale un fine costituzionale in sé (si rammenti come tale autosufficienza non fosse stata riscontrata dall’Autore con riguardo alla tutela del risparmio, che pare invece l’oggetto diretto della protezione fornita dall’art. 47

32 Cfr. F.MERUSI, Articolo 47 cit., pp. 154-157. 33 Id., p. 154.

34 Id., p. 155, in nota, ove l’Autore riferisce della reazione di Meuccio Ruini ai tentativi di costituzionalizzare una sorta di ‘divieto’ di inflazione, manifestatasi in questa parodia di articolo: “La Repubblica impedisce, proibisce e severamente punisce la svalutazione della moneta”.

(21)

Cost.)36.

Sempre nel senso dell’individuazione nell’art. 47 Cost. di un vincolo imposto ai pubblici poteri a tutela della stabilità finanziaria dello Stato si esprime un’autorevole dottrina37.

L’Autore, rimarcando i vincoli imposti dal Trattato di Maastricht, individua in particolare uno stretto collegamento tra la norma in questione e l’art. 81 Cost., essendo tali precetti i pilastri di una politica di bilancio prudente ed equilibrata, da applicarsi anche in reazione all’avventurismo di chi vorrebbe conseguire certe realizzazioni nel campo dei diritti sociali ignorando le conseguenze di una spesa incontrollata: “[…] occorre che l’interpretazione costituzionale abbandoni l’uso dell’art. 3, c. 2,

che spesso si fa da parte della dottrina e della giurisprudenza, per sistematicamente imporre una lettura ‘oltranzista’ del grosso delle disposizioni che in Costituzione definiscono i ‘fini sociali’ dello Stato […]. Quelle disposizioni programmatiche vanno lette in congiunzione con le disposizioni che garantiscono le strutture istituzionali e il buon funzionamento del mercato, nonché le regole per il buon governo dell’economia (politica monetaria: art. 47; politica del bilancio: art. 81)”38; tra le

regole (definite procedurali, quindi in qualche modo neutre) che dovrebbero sovrintendere al governo pubblico dell’economia, due spiccherebbero, per l’Autore,

“ per suprema importanza: il principio antiinflazionistico (o della politica monetaria che deve puntare a mantenere la stabilità dei prezzi) e il principio del moderato deficit spending. Questi principi sono fatti propri dalla Costituzione italiana, come sappiamo, essenzialmente nei due suoi artt. 47 e 81”39.

Quanto all’intento promozionale dell’art. 47 Cost., ed alle sue promesse di incentivazione e ‘popolarizzazione’ di determinati impieghi del risparmio, l’Autore vi riconosce degli autentici diritti sociali, circa i quali, peraltro, in polemica con le concezioni ritenute dominanti, sostiene che “per solito si isolano dal grosso degli altri

[diritti sociali] e poi si ignorano completamente”40.

Per questo motivo, nel formulare una serie di proposte di riforma costituzionale allegate all’opera citata, egli riscrive l’art. 47 meglio specificando il

favor costituzionale nei riguardi del ‘capitalismo popolare’41.

36 Id., p. 157.

37 G.BOGNETTI, La Costituzione Economica Italiana, 2ª ed., Giuffrè, 1995. 38 Id., p. 36.

39 Id., p. 73. 40 Id., pp. 36-37.

41 Id., p. 190: “Art. 46 (Il Capitalismo Popolare).

Nel rispetto dei limiti posti all’azione pubblica dai principi costituzionali che garantiscono l’economia di mercato, la Repubblica adotta politiche dirette a migliorare le condizioni sociali e la sicurezza economica dei cittadini attraverso la diffusione della proprietà.

(22)

La posizione appena illustrata sostiene apertamente la necessità di un aggiornamento della Costituzione alla luce delle norme sul governo dell’economia imposte dalle istituzioni europee, ponendo la questione se l’impostazione complessiva della politica economica nazionale come ricavabile dalla Costituzione del 1948 sia o meno compatibile con una supposta primazia del mercato aperto e concorrenziale quale principio guida del diritto comunitario42.

La Corte Costituzionale ha avuto occasione di pronunciarsi sulla valenza dell’art. 47 Cost. come norma a tutela della stabilità monetaria con la sentenza n. 60/1980 dichiarando l’infondatezza di una prospettata incostituzionalità dell’art. 1284 c. 1 del codice civile (ove si stabilisce la misura degli interessi legali da applicare alle obbligazioni pecuniarie in mancanza di determinazione delle parti) per contrasto con gli artt. 3 e 47 Cost.

In particolare, le ordinanze di rimessione lamentavano l’esiguità degli interessi legali rispetto al tasso effettivo di inflazione, che avrebbe favorito il debitore il quale, ritardando il pagamento, avrebbe visto progressivamente ridursi il valore di quanto dovuto.

La pronuncia in questione si confronta con l’interpretazione che rinviene nell’art. 47 Cost. il principio di tutela della stabilità monetaria considerando la questione dal lato dei rimedi esperibili qualora le istituzioni non riescano a preservare tale stabilità.

Sul punto (vi è peraltro da osservare che le questioni di costituzionalità non sembrano poste in maniera perspicua) la Corte ha affermato l’ampia discrezionalità goduta del legislatore, riprendendo una formula già adoperata nella sentenza n. 29/197543 (“[…] la norma costituzionale segna un indirizzo generale, rispetto al quale non può

dirsi che la disposizione sul saggio degli interessi legali costituisca puntuale ostacolo […] alla tutela del risparmio”)44.

Per quanto riguarda eventuali obblighi costituzionali in capo ai pubblici poteri a fronte di forti tassi di inflazione, viene ribadito il criterio della massima deferenza nei riguardi del legislatore: “[d]i fronte al graduale deprezzamento della moneta, specie qualora

esso assuma dimensioni patologiche, ben possono essere adottati provvedimenti […]: peraltro,

La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione e all’investimento diretto e indiretto nei complessi produttivi del paese ammessi alle quotazioni della borsa. A quest’ultimo fine cura un’adeguata organizzazione del mercato finanziario, fondata sul pluralismo degli investitori istituzionali e sull’ampia gamma dei soggetti ammessi ai listini. I trattamenti fiscali che direttamente o indirettamente disincentivano gli investimenti nel mercato finanziario sono incostituzionali”.

42 Su questo argomento, v. infra, cap. 2, § 9. 43Su cui v. infra, § 6.

(23)

siffatti interventi […] sono sempre frutto di scelte politiche, riservate alla discrezionalità del potere legislativo, al quale compete di provvedere in sì delicata materia, sulla base di valutazioni di ordine politico, sociale, economico, finanziario, che sfuggono di massima al sindacato di legittimità affidato a questa Corte”45.

§ 5. L’art. 47 c. 2 Cost. come norma ‘protezionistica’ (la questione dei ‘grandi complessi produttivi del Paese’) e il suo probabile contrasto con i Trattati europei.

Ritornando alla tutela del risparmio in quanto considerata separatamente dalla preservazione della stabilità monetaria, vi è da notare in questa sede come l’art. 47 Cost., considerato generalmente uno dei più saldi ancoraggi della Costituzione del 1948 al sistema economico capitalista, sia paradossalmente l’unico, tra gli articoli del Titolo III della prima parte della Carta, che appaia parzialmente abrogato dai Trattati comunitari, precisamente nella parte in cui riferisce gli interventi agevolativi dell’investimento popolare esclusivamente alle grandi imprese nazionali, escludendo quelle di altre nazioni comunitarie, rilevandosi in essa un contrasto non sanabile con le norme europee che limitano gli aiuti di Stato alle imprese.

A questo riguardo si è già accennato che l’incoraggiamento e la tutela del risparmio sembrano presentare una costante ambivalenza: da un lato, essi favoriscono la parte debole del ‘contratto di investimento’, mentre dall’altra intendono rafforzare talune imprese provvedendole di capitali che, mancando il contributo offerto dall’afflusso del risparmio popolare, esse sarebbero indotte a procurarsi presso soggetti presumibilmente più esigenti riguardo alle garanzie pretese in cambio del relativo affidamento46.

In questo senso, se il costo degli interventi pubblici a tutela del risparmiatore ex art. 47 Cost. sopportato dalle imprese finanziate (sotto forma di limitazioni alla rispettiva libertà economica di cui all’art. 41 Cost.) ecceda i benefici ad esse recati dal maggiore afflusso di capitali conseguente alla loro adozione (e se questo bilanciamento rappresenti o meno un gioco a somma zero) potrebbe considerarsi una questione da valutare caso per caso; per cui, la circostanza che una misura di tutela ovvero di incoraggiamento del risparmio-investimento possa rappresentare,

45 Id., § 5 (citando in parte C. Cost., sent. n. 126/1979).

46 Si consideri come tra le motivazioni del Decreto Legge n. 95/1974, istitutivo della Consob, si rinvenga, accanto all’intento “di tutelare il pubblico risparmiatore”, l’esigenza di “riattivare il flusso degli investimenti nei settori produttivi”; un bilanciamento di questo genere tra interessi delle imprese e dei risparmiatori è evidenziato pressoché da tutti gli interventi normativi in materia.

(24)

per le imprese interessate, un sussidio, (costituendo perciò un aiuto di Stato) ovvero, al contrario, un onere non sarebbe valutabile a priori47.

Questa interpretazione sembra però da scartare, ove si ponga mente al fatto che l’impiego del risparmio nel diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese è oggetto di due norme distinte: da una parte l’art. 47 c. 2 Cost. favorisce l’accesso dei ceti popolari ad esso; dall’altra il primo comma della norma incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme, dunque anche quella di cui al primo alinea48.

Appare pertanto possibile individuare, nell’art. 47 Cost., due previsioni in favore del risparmio popolare: in quanto risparmio, senza altre qualificazioni, esso è oggetto di incoraggiamento e tutela (primo comma); l’incoraggiamento diviene poi

favor nel secondo comma, ove il risparmio sia specificamente di natura popolare e

venga destinato, tra l’altro, al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese. La Costituzione prefigura, da una lato, limitazioni delle facoltà degli operatori presenti sul mercato finanziario a tutela del risparmio (anche) popolare (il verbo ‘tutela’ di cui al primo comma); dall’altro, auspica interventi agevolativi (da interpretarsi come sussidi, diretti ovvero indiretti), sia a favore del risparmio in generale (il verbo ‘incoraggia’, sempre al primo comma) che del risparmio popolare, ove impiegato in determinati modi (il verbo ‘favorisce’ di cui al capoverso).

Dunque, se il mandato a favorire l’investimento popolare nei grandi complessi produttivi del Paese viene interpretato, come pare corretto, come previsione di interventi puramente sovvenzionatori, questi ultimi, in quanto diretti esclusivamente alle imprese italiane (e, tra esse, solo alle più grandi), appaiono in contrasto con le norme comunitarie sugli aiuti di Stato, che sembrano tollerare aiuti di questo genere, e solamente a certe condizioni, esclusivamente per le piccole e medie imprese49.

La giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi sulla discrezionalità del legislatore nel delineare i caratteri delle mere incentivazioni del risparmio popolare ex art. 47 c. 2 Cost., e, in questo senso, la generale indisponibilità

47 Di conseguenza, la contrarietà dell’art. 47 c. 2 Cost. alle disposizioni del Trattato CE sugli aiuti di Stato verrebbe meno, trasferendosi eventualmente su quelle misure prese in attuazione del precetto interno che concretamente le violassero.

48 Cfr. F.MERUSI, cit., p. 154: “[l]’articolo in esame ha inteso infatti disciplinare congiuntamente sia il risparmio che, correlato al credito, entra a far parte della liquidità monetaria, sia il risparmio che non rifluisce nella liquidità (il risparmio ‘in tutte le sue forme’) del quale vengono poi favorite, nel secondo comma, alcune particolari destinazioni, considerate socialmente rilevanti”.

49 Cfr. N.LANDI, in (a cura di) A.SANTA MARIA, Concorrenza e Aiuti di Stato, Giappichelli, 2006, pp. 60 ss.

(25)

della Corte a sindacare le scelte compiute in argomento sembra manifestarsi in maniera particolarmente chiara nella sentenza n. 143/1982, concernente la tutela del risparmio diretto all’acquisto della casa di abitazione.

La norma impugnata dalle ordinanze di rimessione è l’art. 5 D.P.R. n. 114/1977 che, modificando precedenti disposizioni concernenti l’I.R.P.E.F., poneva un limite massimo alla possibilità, per il contribuente, di dedurre dal proprio reddito imponibile gli interessi pagati sui prestiti contratti per acquistare la prima casa e restringeva ulteriormente questa possibilità a chi avesse contratto mutui ipotecari, con l’esclusione di altri contratti (conto corrente, apertura di credito ecc.) anche se garantiti anch’essi da ipoteca.

Per quanto riguarda la censura rivolta alla prima disposizione, all’apparenza la più debole, la Corte nega che sussistano violazioni e ne rimarca la natura di “principio

politico a cui dovrà ispirarsi la futura normativa”. A questo proposito, la Corte osserva

come “[l]’unico limite all’intervento del legislatore ordinario non può essere che quello della vera e

propria contraddizione o compromissione dell’anzidetto principio politico, sancito dalla norma costituzionale”50, eventualità esclusa nel caso di specie.

In merito alla censura rivolta alla seconda disposizione, che parrebbe avere maggiore fondamento, la Corte prende in considerazione la giustificazione addotta dal Governo per la disparità di trattamento tra forme di finanziamento ipotecario apparentemente non dissimili tra loro, ritenendosi soddisfatta della tesi esposta dall’Avvocatura dello Stato secondo la quale il carattere di realità del mutuo garantirebbe il fisco contro le frodi perpetrate simulando trasferimenti di immobili meglio di altri contratti di finanziamento di natura obbligatoria, anche ove sia prescritta in entrambi i casi la necessarietà della garanzia ipotecaria51.

Non si fa cenno al fatto che la protezione dell’accesso alla proprietà della casa di abitazione possa, in ossequio al disposto dell’art. 47 c. 2 Cost., giustificare uno scrutinio di tali motivazioni in qualche modo più puntuale di quello basato sull’assenza di arbitrarietà o razionalità, criterio adottato dalla Corte nel dirimere la questione.

Sempre in materia di incentivazioni ex art. 47 c. 2 (in questo caso negative, in quanto la sentenza tratta di una speciale imposizione fiscale sul risparmio che colpisce particolarmente le classi popolari) con la sentenza n. 143/1995 la Corte giudica della costituzionalità del prelievo forzoso sui conti correnti attuato nel 1992, a seguito della crisi valutaria di quell’anno.

50 C. Cost., sent. n. 143/1982, § 9. 51 Id., § 6.

(26)

In breve, tramite il D.L. n. 333/1992, convertito nella L. n. 359/1992, veniva stabilita un’imposta patrimoniale una tantum dell’ammontare del sei per mille di ogni conto corrente bancario o postale, senza distinzione alcuna.

Le censure rivolte al provvedimento citato concernevano la violazione degli artt. 3, 53 e 47 Cost., per avere l’imposta colpito nella stessa maniera situazioni notevolmente differenziate, per avere disatteso il criterio di capacità contributiva e progressività e, con riguardo all’art. 47 Cost., per avere intimorito i piccoli risparmiatori, sottraendo ricchezze al circuito economico.

La Corte si è soffermata sui profili di contrarietà all’art. 47 Cost. solo brevemente; tuttavia alcune censure riferite alla violazione degli artt. 3 e 53 Cost. possono considerarsi collegate al canone della tutela del risparmio.

In particolare, può essere considerata un corollario del principio di tutela dei depositi dei ceti popolari la garanzia che essi vengano tassati secondo principi di equità e progressività; su questo punto però la Corte si richiama ai propri precedenti per affermare che il principio di progressività dell’imposizione fiscale deve intendersi riferito soltanto al sistema tributario nel suo complesso piuttosto che ai singoli tributi52.

Di maggiore spessore appare una seconda doglianza, secondo la quale l’imposta avrebbe colpito in misura sproporzionata i piccoli risparmiatori, meno propensi ad impiegare i loro capitali in forme differenti dal deposito bancario o postale; relativamente a questa censura, la Corte ha tuttavia rilevato la mancata prospettazione di un tertium comparationis53. A questo riguardo si osserva che

obiezioni di questo genere potrebbero avere maggiori possibilità di venire accolte, o quanto meno seriamente considerate, ove fossero argomentate facendo ricorso a dati verificabili, piuttosto che a generalizzazioni non quantificabili dei dati dell’esperienza (si consideri la tesi secondo la quale i depositi postali sarebbero di preferenza utilizzati da soggetti a basso reddito: non sarebbe stato difficile procurarsi dati affidabili a sostegno di tale tesi).

Infine, come detto, viene sbrigativamente liquidata la censura mossa a partire dall’art. 47 Cost.: “[…] è sufficiente rammentare che l’invocato precetto […] contiene soltanto

un principio programmatico al quale deve ispirarsi il legislatore ordinario, ma non può certo impedire al medesimo di emanare, in materia finanziaria, quelle norme giuridiche che siano volte a disciplinare il gettito delle entrate, con l’unico limite della vera e propria contraddizione o compromissione dell’anzidetto principio”54.

52 C. Cost., sent. n. 143/1995, § 5. 53 Ibid.

(27)

Già la prima sentenza della Corte Costituzionale riguardante l’art. 47 Cost. affrontava l’argomento della discrezionalità legislativa nel dare forma alle incentivazioni del risparmio popolare di cui all’art. 47 c. 2. In quella vicenda il giudice a quo, agendo in sede di omologazione dell’atto costitutivo di una società per azioni, chiedeva alla Corte di statuire sulla legittimità di un provvedimento, il R.D.L. n. 1448/1941, che introduceva la nominatività obbligatoria dei titoli azionari55. Se si

cita per ultima tale pronuncia, è perché essa trae origine da un ricorso per certi aspetti piuttosto imbarazzante dietro le cui censure si scorge come il motivo di fondo che spinge a ritenere la norma incostituzionale sia che, instaurando un sistema di registrazioni che consente la pronta identificazione dei detentori di azioni, il legislatore avrebbe scoraggiato l’investimento azionario ponendo fine ad un regime, quello della non nominatività, che facilitava…l’evasione fiscale!

Il comprensibile imbarazzo che si prova nel commentare una sentenza obbligata a misurarsi con argomenti del genere è aumentato dal fatto che, quattordici anni dopo, la legge istitutiva della Consob avrebbe vendicato gli argomenti della società omologanda stabilendo, a fini di ‘tutela del risparmio’, proprio la non nominatività delle nuove azioni di risparmio56.

Insensibile, per parte sua, a tali argomenti, la Corte risolve piuttosto velocemente la questione del contrasto con l’art. 47 Cost. con un passaggio nel quale, peraltro, pare rinvenirsi una certa confusione fatta tra il primo e il secondo comma della disposizione, sancendo come non sia dato vedere come “la difficoltà che

dalla nominatività dei titoli azionari derivi a taluni tipi di investimenti […] vìoli l’impegno fatto dalla Costituzione al legislatore ordinario di incoraggiare e tutelare il risparmio e di favorire l’accesso del risparmio popolare ‘al diretto e indiretto investimento azionario’ […]. La diminuita propensione verso questa specie di risparmio può significare accresciuta propensione per altre specie”57.

Parrebbe dunque che i provvedimenti che vadano contro il dettato dell’art. 47 c. 2 Cost. scoraggiando l’investimento azionario del risparmio popolare siano da ritenersi legittimi qualora abbiano l’effetto di favorire indirettamente investimenti alternativi.

Maggiormente degna di nota, nella pronuncia in esame, sembra una precisazione della Corte sulla possibile ampiezza del controllo di costituzionalità in materie come quella in questione che, anche per la natura del parametro costituzionale invocato, sembrano lasciare un largo spazio alla discrezionalità del

55 C. Cost., sent. n. 129/1957. 56 L. n. 216/1974, art. 14, c. 3. 57 Id., § 4.

(28)

legislatore.

Di fronte all’argomento secondo cui, attraverso l’introduzione della nominatività delle azioni, il piccolo risparmiatore sarebbe stato scoraggiato dall’investire in esse molto più che non i grandi investitori, la Corte ribatte che trattasi di “un’opinabilissima notazione psicologica, senza alcuna rilevanza giuridica”58, con ciò

mostrandosi restia ad addentrarsi in una analisi tecnica di questo tipo.

Più specificatamente si afferma che “[…] la Corte non ha ragione di indagare sul

fondamento delle tesi economico-finanziarie che si affrontano intorno al tema della nominatività obbligatoria dei titoli azionari”; e, ancora: “che un’imposta cedolare possa conseguire una redditività maggiore di un’altra che, invece, si fondi sull’accertamento globale del reddito personale; che la nominatività dei titoli azionari consenta oppure no di raggiungere altri fini non fiscali, quali quelli antimonopolistici o di un’ordinata vita delle società per azioni, sono tutti problemi di politica finanziaria e tributaria, intorno ai quali la Corte non deve esprimere opinioni”59.

Le pronunce che si sono riportate esemplificano efficacemente l’atteggiamento di rigoroso self restraint della Corte costituzionale nel giudicare la legislazione sulla base del parametro offerto dall’art. 47 Cost., considerato alla stregua di un semplice principio programmatico.

§ 6. Il problema dell’individuazione di un contenuto prescrittivo originale dell’art. 47 Cost. che non costituisca una mera specificazione delle limitazioni poste alla libertà di iniziativa economica dall’art. 41 Cost.

Proseguendo nell’analisi del secondo comma dell’art. 47 Cost., si è posta la questione se l’elencazione delle possibili destinazioni del risparmio popolare ivi contenuta sia da considerarsi esaustiva o meramente esemplificativa.

Al riguardo, i lavori preparatori sembrano indicare la seconda soluzione: si consideri che l’attuale art. 47 Cost. giunse all’esame finale da parte dell’Assemblea costituente in una stringata formulazione che recitava: “[l]a Repubblica tutela il risparmio; disciplina coordina e controlla l’esercizio del credito”60; l’aggiunta del

secondo comma (così come del verbo incoraggia al primo periodo) è attribuibile all’iniziativa di un costituente, l’on. Zerbi, che a più riprese dichiarò che la lista dovesse intendersi aperta ad altre forme di investimento61.

Tale interpretazione concorda con un’autorevole e convincente lettura della

58 Ibid.

59 Ibid.

60 Cfr. M.ATRIPALDI, cit., p. 181. 61 Cfr. S.BARONCELLI, cit., p. 950.

Riferimenti

Documenti correlati

La Cisl è favorevole ad un ulteriore intervento di riforma delle regole del lavoro che abbia come finalità: favorire il lavoro a tempo indeterminato e contrastare le

Ci riusciremo solo se sapremo anche dare forma a una visione condivisa del futuro del Paese, attivando tutte le energie delle nostre comunità e costruendo ampi partenariati

i) Economia, ii) Pubblica Amministrazione, iii) Finanza, iv) Infrastrutture, v) Lavoro, vi) Societ` a, vii) Istruzione e accesso al Mercato del Lavoro.. ILERI Classifica, edizione

Il tentativo di spostare tout court la “cronicità” nelle strutture intermedie o negli ambiti delle unità riabilitative territoriali senza un serio governo della domanda e

I pazienti affetti da Disturbo di Panico (DP) spesso ricorrono a stili di coping maladattivi che concorrono a mantenere condot- te di evitamento e ansia anticipatoria. Alcuni

Through 454 sequencing, the role of the insect, Scaphoideus titanus, as a vector was confirmed, showing that it could transfer entire endophytic communities

In primo luogo, la revisione della Direttiva 91/414/CEE relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (il riferimento nazionale è il D.Lgs. 194 e s.m.i.), che

Nella presente edizione è stato esaminato, per la prima volta, lo stato di sfruttamento degli stock delle principali specie sfruttate commercialmente dalla pesca