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Sono stati necessari circa 13 anni affinché fossero approvate modifiche al TU n. 309/90, con caratteristiche di profonda e sostanziale innovazione, uscite con L. n. 49 del 21 febbraio 2006 e pubblicate nella G.U. n. 62 del 15 marzo 2006 come "Testo aggiornato". Tre i motivi conduttori salienti del testo riformato:

1. la ridefinizione del concetto "sostanze stupefacenti" scaturito nell'unificazione delle tabelle, attribuendo indistintamente a tutte (e a tutte le condotte ad esse legate) un medesimo disvalore di base indipendentemente dalla indubbia, effettiva diversa pericolosità dei vari tipi di stupefacenti.

2. La volontà di perseguire penalmente solo le condotte diverse da quelle del consumo o ad esso prodromiche (di qualsivoglia consumo si tratti -saltuario, occasiona- le, abituale o cronico), con grande attenzione alla tutela del bene giuridico protetto, la salute individuale e soprattutto collettiva; cioè, in ultima analisi, la volontà di arginare pesantemente condotte volte alla diffusione (dalla produzione alla cessione a qualsiasi titolo, al traffico) degli stupefacenti.

3. La reintroduzione di "limiti", pur se con concetto innovativo e diverso rispetto a precedenti disposizioni del passato (modica quantità, dose media giornaliera) come guida al discrimine nella configurazione dell'illecito: amministrativo o penale.

Per quanto di interesse nelle presenti "linee guida" la riforma "ridisegnando" l'art. 75, rende più snello ed attuabile, ma nel contempo più efficace, il compito dell'autorità amministrativa per le condotte integranti illeciti amministrativi, puntualizzando : l'obbligo

44 da parte di questa autorità (e non più "a richiesta dell'interessato") di invitare il soggetto, ricorrendone i presupposti, a seguire il programma terapeutici

Per quanto di interesse nelle presenti "linee guida" la riforma "ridisegnando" l'art. 75, rende più snello ed attuabile, ma nel contempo più efficace, il compito dell'autorità amministrativa per le condotte integranti illeciti amministrativi, puntualizzando:

a. l'obbligo da parte di questa autorità (e non più "a richiesta dell'interessato") di invitare il soggetto, ricorrendone i presupposti, a seguire il programma terapeutico in luogo della pena detentiva, del "lavoro di pubblica utilità" (art. 54 del DL n. 274/2000), con verifica da parte dell'Ufficio locale di esecuzione penale esterna.

Ciò rappresenta uno degli elementi più illuminati della riforma del Testo unico per due fondamentali motivi: l'uno legato al fatto che la norma annovera, assieme alla fattispecie della persona tossicodipendente, anche e chiaramente (per la prima volta in un testo di legge che riguardi gli stupefacenti), la fattispecie del mero assuntore, cioè di colui che non abbia necessariamente contratto alcun tipo di dipendenza; l'altro lega- to al fatto che tale scelta alternativa è perfettamente confacente proprio alla figura del consumatore saltuario o a quello che, ad esempio abbia usato lo stupefacente per una sola prima volta.

In assenza di tale istituto, non potendo l'autore dell'illecito evitare l'espiazione della pena, in un'ottica di gradualità, trova la ulteriore possibilità del lavoro sostituti- vo di pubblica utilità.

È evidente invece che la possibilità della partecipazione ad un programma terapeutico- riabilitativo, come unica alternativa alla pena detentiva (come previsto dalla norma precedente), pur se dettata dal valido principio ispiratore sancito anche nella Conferenza di Vienna (e cioè che tale possibilità debba essere comunque preferita a qualsiasi tipo di sanzione), ha portato al realizzarsi per tutti i soggetti, con dipendenza reale o presunta e per qualsiasi tipologia di sostanza, di una vera e propria "corsa" al servizio pubblico, spesso senza una vera motivazione di fondo.

Quanto all'art. 78 (che era stato sostanzialmente modificato dalle abrogazioni referendarie del 1993), esso rifonde peso all'esigenza di determinare le procedure diagnostiche, medico- legali e tossicologico-forensi per accertare il grado e l'intensità dell'a- buso ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 75 e 75-bis.

In particolare, dovendosi comunque irrogare le sanzioni amministrative anche nei confronti di un soggetto non tossicodipendente o non assuntore di stupefacenti (ovvia- mente fuori

45 dalle ipotesi di cui all'art. 73/1-bis), la necessità del ricorso alle procedure diagnostiche trova spazio in adempimento al comma 2 dell'art.75, laddove l'invito a seguire un programma è subordinato non solo al fatto che "ne ricorrano i presupposti", ma anche alla verifica della sua efficacia, tramite accertamenti, appunto, tossico- logico-forensi.

È interessante notare come a tale proposito venga introdotta (per la prima volta in testi di legge sugli stupefacenti) al comma 10 dell'art. 75, la possibilità che tali specifici accertamenti vengano effettuati anche presso gli istituti di medicina legale , l'utilità o la convenienza della possibilità, da parte del soggetto, di dimostrare il proprio stato di un qualsiasi rapporto di uso di stupefacenti (che sia sfociato o meno, in una vera e propria dipendenza) : dal semplice uso in atto, all'uso abituale, all'uso pregresso, cioè situazioni tutte verificabili attraverso gli strumenti tossicologico-forensi e medico-legali oggetto delle presenti "linee guida ".

Altro fondamentale aspetto innovativo riguarda la re-introduzione di "limiti massi- mi" dei quantitativi di sostanze stupefacenti o psicotrope (indicati dall'apposito decreto) che, se superati, integrano di per sé - assieme anche ad eventuali altre situazioni caratterizzanti, indizi di destinazione diversa da quella di uso esclusivamente persona- le -la presunzione dell'illecito penale di cui al comma I-bis dell'art. 73, come già precedentemente accennato, sempre ovviamente se sarà provata la destinazione diversa dall'uso personale , rimanendo a carico dell'accusa l'onere della prova.

Questa istituzione che potrebbe apparire non nuova, rispetto a precedenti già citate e commentate versioni di legge (si ricordino la "modica quantità", la "dose media giornaliera") è però ispirata a concetti del tutto diversi, che possono essere anche scaturiti dal fallimento di precedenti formulazioni e che sottendono pertanto una ratio completamente diversa.

I valori indicati nel decreto (DM 11 aprile 2006 pubblicato in G.U. n. 95 del 24 aprile 2006, modificato per quanto concerne il THC dal DM 4 agosto 2006 in vigore dal 18 novembre 2006, con sospensione del TAR del Lazio del 15.3. 2007 ex Ordinanza n° 1155 e successivo ricorso al Consiglio di Stato) non sono infatti correlati alla dose (attiva, minima, media, massima, efficace, tollerabile, tossica, letale) né col periodo di possibile assunzione (dose singola, giornaliera, settimanale, mensile), ma di fatto rappresentano unicamente il quantitativo massimo che il soggetto, indipen-dentemente dal fatto che egli abbia in atto o meno un rapporto con lo stupefacente ; può detenere senza che sia intrapresa

46 la via del procedimento penale (notizia di reato), non ravvedendosi in tale quantitativo l'indizio della potenzialità (del rischio, cioè) per una attività di cessione ad altri.

In altri termini i "limiti massimi", così come formulati, vogliono rappresentare concettualmente la soglia sotto la quale, ovviamente in assenza di indizi o prove di desti- nazione a terzi, i quantitativi siano tali da far ritenere la condotta dell'agente priva di una qualsiasi idoneità lesiva dei beni giuridici tutelati collocandosi così al di fuori dell'area penalmente rilevante.Tali parametri sono scaturiti senza dubbio dai criteri che avevano ispirato la "dose media giornaliera" del 1990 (che già di per sé rifletteva, in parte, la realtà epidemiologica dell'uso di droga) con un ragionevole e relativamente ampio incremento dei limiti "soglia" rispetto a quelli precedenti che, proprio perché erano legati al parametro "giornaliero" e cioè al ristretto consumo medio di un giorno, avevano portato, ovviamente assieme a motivazioni politiche, alla loro abrogazione referendaria essendo stati ritenuti troppo repressivi ai fini della soglia di discrimine tra illecito amministrativo e reato.

Si sottolinea che ai fini giuridici è determinante solo il quantitativo netto in milligrammi (o microgrammi per taluni allucinogeni) di principio attivo presente nella totalità della "droga" di strada sia che si tratti di polveri, di compresse o capsule, di prodotti vegetali o altro.

Ogni altra indicazione, pur riferita nel decreto, assume unicamente carattere di esemplificazione e si può ritenere che tali indicazioni possano essere considerate necessarie in quanto utili, ad esempio alle forze dell'ordine quando si troveranno, in prima battuta, a dover dirimere quale sia la procedura da intraprendere, amministrativa o penale.

Questi nuovi "limiti massimi" sembrano avere rispettato il criterio finalistico di riferimento della norma, quello appunto di considerare fondamentale, nella formula- zione di detti quantitativi, la tutela dello Stato contro il rischio della diffusione e della cessione ad altri di sostanze stupefacenti.

Va sottolineato ulteriormente che i "limiti" di cui al decreto hanno unicamente lo scopo di dirimere se il fatto (condotte di cui all'art. 75 comma-bis) possieda o meno rilevanza penale, in altre parole se debba essere sanzionato solo con provvedimenti amministrativi o sia invece di offensività penale: ciò significa soltanto che la "strada" del procedimento sarà, a seconda del superamento o meno del limite, quella davanti all'autorità amministrativa (prefetto) o quella davanti all'autorità giudiziaria (procuratore della repubblica) con la conseguenza, in quest'ultima evenienza, dell'eventualità di un rinvio a giudizio, con le garanzie di rito.

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