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Le normative a protezione dell’ambiente a livello mondiale ed europeo

IL GREEN MARKETING 2.1 Introduzione

2.3 Le normative a protezione dell’ambiente a livello mondiale ed europeo

Nel 1987 Gro Harlem Brundtland, Presidente della Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo, incaricato delle Nazioni Unite, propone il proprio rapporto definendo lo sviluppo sostenibile come, “lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione

presente, senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri” (Rapporto Brundtland 1987).

Il lavoro di Brundtland prende origine dalla considerazione che il mondo è di fronte ad una sfida enorme che può fronteggiare solamente affidandosi ad un approccio innovativo, o meglio sostenibile.

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L’obiettivo ultimo non è solamente quello di considerare lo sviluppo sostenibile come condizione armoniosa di equilibrio che una volta raggiunta farà vivere tutti “felici e contenti”, piuttosto è da considerarsi come processo di cambiamento grazie al quale lo sfruttamento delle risorse, l’orientamento degli investimenti, le ricerche scientifiche e tecnologiche nonché le politiche istituzionali, ecc. permetteranno di godere di benefici sia alle generazioni attuali che ai cittadini del futuro.

Per fare questo però, cioè per riuscire a soddisfare i bisogni essenziali, compatibilmente con l’ambiente e la salute dei cittadini, è doverosa la collaborazione di tutti, non solo delle nazioni le quali, certo, devono essere in prima linea per una politica orientata ad un mondo più pulito ma, anche il singolo deve fare la sua parte in una crescita globale senza sprechi.

Il programma è diviso in tre grandi sezioni che rappresentano le sfide alle quali l’umanità è chiamata a rispondere.

• I parte: preoccupazioni comuni.

“La sostenibilità richiede una considerazione dei bisogni e del benessere umani tale da comprendere variabili non economiche come l'istruzione e la salute, valide di per sé, l'acqua e l'aria pulite e la protezione delle bellezze naturali…”

• II parte: sfide collettive

“… Nella pianificazione e nei processi decisionali di governi e industrie devono essere inserite considerazioni relative a risorse e ambiente, in modo da permettere una continua riduzione della parte che energie e risorse hanno nella crescita, incrementando l'efficienza nell'uso delle seconde, incoraggiandone la riduzione e il riciclaggio dei rifiuti …”

• III parte: sforzi comuni

“… La protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile devono diventare parte integrante dei mandati di tutti gli enti governativi, organizzazioni internazionali e grandi istituzioni del settore privato; a essi va attribuita la responsabilità di garantire che le loro politiche, programmi e bilanci favoriscano e sostengano attività economicamente ed ecologicamente accettabili a breve e a lungo termine …”

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L’urgente necessità di individuare un percorso unitario per costruire uno sviluppo sostenibile conduce la comunità mondiale a riunirsi nel 1992 a Rio de Janeiro in Brasile per un vertice mondiale sulla Terra.

Per sovrintendere all’adozione degli accordi nasce la “Commissione per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite” (CSD), la quale ha il compito di elaborare percorsi politici per le attività future e promuovere il dialogo e la costruzione di rapporti tra governi e gruppi sociali.

A cinque anni di distanza poi, dalla Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, la Commissione elabora il testo del Programma per l’attuazione dell’Agenda 21, adottata dalla XIX Sessione Speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGASS - giugno 1997).

Dopo Rio, l’Europa si attiva per risponde nel migliore dei modi alla sfida dello sviluppo sostenibile. Viene organizzata nel 1994 la Conferenza di Aalborg nel cui ambito nasce la “Campagna europea città sostenibili”.

La Conferenza di Lisbona del 1996 e quella di Hannover del 2000 rappresentano un momento di confronto importante per i Paesi intenzionati a fare della salvaguardia ambientale e quindi del mercato del verde il loro modus operandi.

Nel Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile (WSSD), tenutosi a Johannesburg dal 26 agosto al 4 settembre 2002, si ha avuto un’importante occasione per rilanciare l’impegno degli Enti locali.

L’obiettivo per il prossimo decennio è di passare dall’Agenda 21 all’Azione 21 e di adottare Piani d’azione “concreti e realistici”.

Grazie all’approvazione nel dicembre 2008 del pacchetto clima-energia chiamato “20-20-20” la Comunità Europea stabilisce le linee guida e designa la strada che tutti i Paesi devono seguire definendo dei precisi obbiettivi da raggiungere entro il 2020:

• Riduzione del 20% dei gas causa dell’effetto serra;

• Riduzione del 20% dei consumi energetici ed aumento al 20% della generazione di energia da fonti rinnovabili.

In generale i settori di intervento nei quali i diversi Paesi devono impegnarsi possono essere riassunti in macro aree come segue:

• Industria; • Energia;

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• Trasporti; • Agricoltura.

2.4 L’Agenda 21

E’ un documento sottoscritto da oltre 170 paesi di tutto il mondo, durante la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED) svoltasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992. E’ formato da 40 capitoli e suddiviso in 4 sezioni:

1. Dimensioni economiche e sociali;

2. Conservazione e gestione delle risorse per lo sviluppo; 3. Rafforzamento del ruolo delle forze sociali;

4. Strumenti di attuazione.

Ai fini della nostra ricerca, è importante ricordare in particolare il capitolo 28 “Iniziative delle

amministrazioni locali di supporto all'Agenda 21”, nel quale è esplicitato il ruolo decisivo che spetta alle comunità locali nell’attuare le politiche di sviluppo sostenibile, tenuto conto che oltre il 45% della popolazione mondiale vive in contesti urbani, percentuale destinata a crescere fino al 63% nel 2030.

Nel capitolo 28 si legge “Ogni amministrazione locale dovrebbe dialogare con i cittadini, le

organizzazioni locali e le imprese private e adottare una propria Agenda 21 locale. (…) le amministrazioni locali dovrebbero apprendere e acquisire dalla comunità locale e dal settore industriale, le informazioni necessarie per formulare le migliori strategie”.

L’Agenda 21 locale può in questo modo essere definita come un processo, condiviso da tutti gli attori sul territorio (stakeholder), per definire un piano di azione locale che guardi al futuro.