Il testo riproduce, con alcune integrazioni ed aggiornamenti e con l’aggiunta della no- ta bibliografica che segue, le relazioni tenute ai Convegni: “Nuovo assetto dei poteri loca- li” [Postiglione (Salerno), 14 aprile 1991] e “Gli enti locali e la legge n. 142/1990 – Inno- vazioni e prospettive” [San Leucio del Sannio (Benevento), 24 aprile 1991].
Sulla forma di governo in generale e su quella italiana in particolare la letteratura scientifica – per limitarsi solo ad essa – è sterminata, sicché sarebbe impossibile (e comunque inutile, al limitato fine qui perseguito di indicare le coordinate culturali essenziali del discorso sopra condotto) darne compiutamente conto in questa sede. Ricordando solo alcuni fra gli Autori, che hanno inciso sulla formazione dei convin- cimenti esposti e concentrando ulteriormente l’attenzione sugli scritti disponibili in lingua italiana, si vedano MORTATI, Lezioni sulleforme di governo, Padova, 1973 (ma
in altra edizione già pubblicato a Roma, s.d.), che combina – a fini classificatorî – il criterio della separazione dei poteri e quello (essenziale nello Stato contemporaneo) della “evoluzione e rilevanza del sistema partitico”; non dissimile ordine di idee, cir- ca la necessità di assumere tale metodo al fine di cogliere anche gli aspetti funzionali dei contesti indagati, oltreché quelli di struttura, è nella classica e citatissima Voce di ELIA (Enc. Dir., XIX, Milano, 1970), che riprende – sviluppandole, ma anche atte-
nuandone l’impatto “provocativo” – le note tesi di GIANNINI, espresse nella Prefa-
zione alla traduzione italiana (Milano, 1950) di BURDEAU, Il regime parlamentare nel-
le Costituzioni europee del dopoguerra. La più recente e convinta riproposizione di
questo approccio (accolto, ad integrazione di quello più classicamente fondato sull’organo o gli organi cui compete di “tracciare l’indirizzo politico generale” e quindi sempre fondato sulla più o meno rigida divisione dei poteri, anche da BISCA- RETTI di RUFFIA, Introduzione al Diritto Costituzionale Comparato, oggi alla 6a ed.,
Milano, 1988) è nella Voce – dedicata altresì al profilo, inevitabilmente connesso, delle forme di Stato – di CUOCOLO (Dig. Disc. Pubbl.), VI, Torino, 1991) cui si deve
almeno aggiungere AMATO, Forme di Stato e Forme di Governo, nel Manuale di dirit-
to pubblico (Bologna, 3a
ed., 1991), curato dallo stesso con BARBERA, saggi che en-
Una volta postisi sulla via del rilievo del sistema partitico sarà poi agevole proce- dere sempre più oltre – sia pure attraverso classificazioni variabili, ma che si preoc- cupano di precisare comunque la diversa importanza della natura dei dati di riferi- mento – su un terreno che integra elementi giuridico-formali con altri, di origine so- ciologico-politica, politologica, economica. Si segnalano così, per esempio e fra i molti, GAMBINO, Partiti politici e forme di governo, Napoli, 1977, criticamente rivol-
to all’analisi delle tendenze all’“integrazione” dei partiti nel sistema (e ancor più nel- le coordinate culturali del modello pluralistico, per effetto – fra l’altro – da finanzia- mento pubblico dei partiti medesimi); DE VERGOTTINI, Diritto costituzionale compa-
rato (Padova, 3a
ed., 1991) che – nel quadro del governo parlamentare “ad opposi- zione garantita” (quella, cioè ed ovviamente, del modello liberaldemocratico occi- dentale, del resto oggi trionfante) – individua ulteriormente modalità di opposizione compromissoria ed altre, orientate in senso conflittuale; ovvero CHIMENTI, Introdu-
zione alla forma di governo italiana, Rimini, 1981, che elenca rispettivamente – in
un’ottica omogenea a quella adottata nel testo di questa relazione – elementi “di sfondo”, “fattuali”, “legali” ed “ambientali”.
Tra gli studiosi stranieri, del resto, già LEIJHPART, per es. ne Le democrazie con-
temporanee (tr. it., Bologna, 1988), delinea – superando le pure forme legali – un
“modello Wenstminster” (maggioritario) e un contrapposto “modello consensuale” di funzionamento della democrazia medesima; DUVERGER, poi, per es. ne I partiti
politici, 5a
ed., tr. it., Milano, 1975, ma con molteplici evoluzioni interne al suo pen- siero – discusse nel IV capitolo del volume di LUCIANI, Il voto e la democrazia, Ro-
ma, 1991 – formula una fortunata distinzione – oggi ripresa da più parti presso di noi – tra democrazia “immediata” o “mediata”, al fine del potere di investitura o li- cenziamento popolare del Capo del Governo.
Il tema s’intreccia con quello dei condizionamenti che sull’assetto partitico eser- cita il sistema elettorale ed in questi precisi termini, per esempio e tra gli altri, è caro a BARBERA, che lo espone nei capp. VI e IX del volume Una riforma per la Repubbli-
ca, Roma, 1991.
Altrove, del resto (per es. ne I sistemi politici, tr. it., Roma-Bari, 1978), l’Autore francese formula le cd. “leggi sociologiche che definiscono le relazioni fra i sistemi elettorali e i partiti politici”, riesaminate e ritoccate (ma in sostanza non contraddette radicalmente) da RAE, The political Consequences of Electoral Laws, 2a ed., New Ha-
ven-London, 1971.
Classici, comunque, restano ormai gli svolgimenti analitici sul “caso italiano” – visto come specifico arricchimento del catalogo delle varianti di forme di governo parlamentare in concreto sviluppatesi nel mondo contemporaneo, in considerazione del carattere normale che vi assume la composizione pluripartitica dei gabinetti – di FERRARA, Il Governo di coalizione Milano, 1973 e di CAPOTOSTI, Accordi di Governo
e Presidente del Consiglio dei Ministri, 1975.
Rispetto all’assetto descritto in questi volumi, le più recenti vicende istituzionali del Paese rivelano una tendenza alla fuoriuscita dal modello parlamentare, pur ela- stico per definizione, in forza di una radicale messa in crisi di convenzioni già tralati-
zie. Tra le più evidenti manifestazioni di tale trasformazione in fieri, i cui esiti obbiet- tivi ancor oggi non appaiono definibili con chiarezza, possono sintomaticamente se- gnalarsi l’enfasi sul ruolo “esternatore” (e perciò il formarsi di un autonomo circuito comunicazione/responsabilità popolare) del Capo dello Stato. ben oltre quello che la classica ricostruzione espositiana – in Enc. Dir., Milano, VI, 1960, ora rivisitata criti- caniente da G.U. RESCIGNO nella sua relazione su Capo dello Stato e forme di Gover-
no nel pensiero di Carlo Esposito, presentata al Convegno maceratese sull’Autore del
5/6 aprile 1991 ed ora pubblicata in Giur. Cost., 1991 – riservava all’organo in mo- menti di crisi del sistema; l’aumentata conflittualità endo-governativa; il palese inde- bolimento del ruolo “centrale” delle Camere parlamentari, in precedenza oggetto anche di qualche amplificazione retorica, mentre i dissensi politici tuttora esistenti non hanno permesso di vedere ancora alcun esito concreto del pur notevole lavoro
svolto per modificare il bicameralismo perfetto, razionalizzare – sul piano delle stesse
disposizioni costituzionali – i rapporti tra legge e regolamenti governativi, ridefinire infine – in questo ambito – con maggiore incisività le competenze legislative regiona- li (una discussione critica complessiva di questo riassetto è ora compiuta, alla fine del suo capitolo II, da CERRONE., La potestà regolamentare tra forma di governo e sistema
delle fonti, Torino, 1991, mentre gli ultimi contributi sulla potestà regolamentare
nell’evoluzione italiana recente sono quelli di PUCCINI, La potestà regolamentare del
Governo nell’esperienza italiana: osservazioni e spunti critici sugli sviluppi del dibattito scientifico, ov’è anche un’utile bibliografia; di PIZZORUSSO, La nuova disciplina del
potere regolamentare prevista dalla legge 400/1988; di DE SIERVO, Alla ricerca della
effettiva tipologia degli atti di direzione dell’amministrazione, nel volume di saggi
comparatistici – curato da quest’ultimo con CARETTI – Potere regolamentare e stru-
menti di direzione dell’Amministrazione, Bologna 1991); gli interrogativi sul ruolo del
Consiglio Superiore della Magistratura, investito da attacchi tanto fieri, quanto vee- mente ne è da altre parti la difesa, come presidio dell’indipendenza dell’ordine giu- diziario; la “riscoperta” del mercato e del suo tipico contesto istituzionale – legge an-
titrust, privatizzazioni, riordinamento normativo delle banche pubbliche – come via
per la ripresa economica nel quadro dell’integrazione europea (Il riaccendersi del idibattito, nel mutato contesto internazionale e nazionale, appunto sulla costituzione economica è attestato autorevolmente dal fatto che proprio ad essa è stato dedicato l’ultimo Convegno annuale dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti – Ferrara. 10-11 ottobre 1991 – con relazioni di AMATO e GUARINO e sintesi conclusiva di
BOGNETTI); la scelta, infine, di una “strada referendaria abrogativa” all’innovazione
istituzionale (tanto sul piano elettorale, quanto su quello del governo dell’economia, per tacere di altri temi), una volta constatato il permanere di un dissenso anche sul come riformare, oltreché sul che cosa e sul quanto.
Puntuali ricognizioni critiche dottrinali di questa stagione di trapasso verso ap- prodi tuttora ignoti investono ciascuno dei nodi ricordati (ed altri ancora).
Ne ricordiamo di seguito alcune, fra quelle recenti e più significative, secondo l’ordine dell’elencazione appena compiuta e senza pretesa di completezza.
quelli di BALDASSARRE, Il Capo dello Stato, nel Manuale ..., cit. (la cui prima edizione
è del 1984 e quindi risente del settennato pertiniano), ov’è riletta evolutivamente la teoria constantiana del “pouvoir neutre”, facendo del Presidente il moderatore su- premo fra contrapposte opzioni politiche o colui che aiuta l’emersione di sintesi pro- gressivamente più larghe, quasi il fattore di integrazione prima dei Paese; di GA- LEOTTI, Il Presidente della Repubblica: struttura garantistica o struttura governante?,
negli Scritti in onore di V. Crisafulli, II Padova, 1985, che ricostruisce il dibattito e propende per la prima delle due configurazioni di cui al titolo; di MEZZETTI, Ten-
denze evolutive nel ruolo del Presidente della Repubblica: auctoritas e potestas del Ca- po dello Stato, in Dir. e Soc., 1986, che sostiene invece la seconda.
Cruciale, in questo quadro, è il dibattito sulle forme assunte, con Cossiga, dal po- tere di esternazione del Presidente della Repubblica, criticamente analizzato da ulti- mo – in un articolo dallo stesso titolo – da ZAGREBELSKY, in Corr. Giur., 1991 e già
prima dalla GRISOLIA, Potere di messaggio ed esternazioni presidenziali, Milano,
1986; da CALANDRA, Presidenza della Repubblica – la prassi di Cossiga, in Quad.
Cost., 1986; dalla PIERGIGLI, La prassi degli interventi e del potere di esternazione del
Capo dello Stato nei primi due anni della presidenza Cossiga, in Dir. e Soc., 1987; da
MIDIRI, nel cap. IV de La controfirma ministeriale, Padova, 1988; da D’ORAZIO,
Orientamenti presidenziali per un “superior” Consiglio della Magistratura (dalla “cri- si” del messaggio libero ai liberi “messaggi” sulla crisi), in Quad. Cost., 1990 e – se è
permesso ricordarlo – da PRISCO, Il contrasto Cossiga – CSM sull’iscrizione dei giudici
alla massoneria, in Dir. e Soc., 1990, scritti, questi ultimi, che – unitamente a quello
di DI FEDERICO, “Lottizzazioni correntizie” e “politicizzazione” del CSM: quali rimedi,
in Quad. Cost., 1990, permettono di ripercorrere anche gli sviluppi del dibattito sull’organo di autogoverno (od autoamministrazione?) dei Giudici, per una cui rivi- sitazione più compiuta – nell’ottica delle relazioni tra Consiglio Superiore ed Esecu- tivo – si veda VERDE, L’amministrazione della giustizia fra Ministro e Consiglio Supe-
riore, Padova, 1990.
Un’analisi molto critica (e qui in sostanza condivisa) della Dottrina costituzionale
di Francesco Cossiga è ora effettuata da GUASTINI, in Pol. Dir., 1991; per una critica,
invece, di segno contrario – e cioè della “riduzione progressiva del ruolo del Presi- dente della Repubblica” successivamente all’approvazione della Carta del 1948 – può leggersi MIGLIO (ad es. Una Costituzione per i prossimi trent’anni, Bari, 1990).
Una rassegna dell’atteggiamento tenuto dai mezzi di comunicazione di massa in questa vicenda è in FERRIGOLO, Cossiga versus media, in Problemi dell’informazione,
1991. Una valutazione di sintesi “allo stato degli atti” sul ruolo del Presidente della Repubblica, sotto un particolare e delicatissimo profilo, è ora possibile sulla scorta della lettura di DIMORA, Alla ricerca della responsabilità del Capo dello Stato, Milano,
1991, che – in una fine e oltremodo tempestiva monografia recentissima – sottolinea le attese di “prestazioni di unità” che gravano sul Presidente stesso (ma in termini di
policy, mai di politics e cioè quale rappresentante dell’unità nazionale, sicché il vinco-
lo a quest’obiettivo, che pur lo legittima a farsi interprete in qualche modo obbligato della volontà popolare in caso di ostruzione degli altri canali rappresentativi, ne co-
stituisce al tempo stesso il limite di enlargement of functions). Lo studio tenta poi l’individuazione di ipotesi ulteriori e intermedie di responsabilità del titolare del- l’organo, tra gli estremi dell’assoluta irresponsabilità e dell’alto tradimento e/o del- l’attentato alla Costituzione, passibili di messa in stato d’accusa davanti alla Corte Costituzionale, approdando alla tesi dell’esistenza, in questo spazio grigio, di una peculiare responsivity politico-giuridica, che si traduce nel controllo di adeguatezza funzionale al ruolo di prestatore di unità dinamica di cui s’è detto, in corrispondenza di azione/reazione agli stimoli provenienti dagli altri attori (formali e informali) del sistema. Con ciò si vien rinviati, sembra di capire, al terreno impervio – ma su cui ci si deve ormai necessariamente inoltrare – della legittimità politica (e quindi delle convenzioni costituzionali) piuttosto che a quello della (sola) stretta legalità formale nella valutazione del comportamento del Capo dello Stato, sulla scorta di spunti già presenti in ORTINO, Le responsabilità costituzionali del Presidente della Repubblica,
in Riv. It. Sc. Giur., 1973. La riflessione appare ovviamente degna, nel momento in cui questa nota viene stesa, di attenta considerazione, dimostrando tra l’altro la fon- datezza dell’opinione dell’Autrice, per la quale non esistono “ipotesi di scuola” che non siano, prima o poi, destinate a concretarsi.
Sul Governo come istituzione e sulla tematica più generale della forma di gover- no si vedano, tra i più recenti, CALANDRA, Il Governo della Repubblica, Bologna,
1986; PITRUZZELLA, Il Presidente del Consiglio dei Ministri e l’organizzazione del Go-
verno, Padova, 1986; VENTURA, Il governo a multipolarità diseguale, Milano, 1988;
CARDUCCI, L’accorcio di coalizione, Padova, 1989; RUGGERI, Le crisi di governo tra ri-
definizione delle regole e crisi della politica, Milano, 1990; D’ANDREA, Accordi di go-
verno e regole di coalizione – Profili costituzionali, Torino, 1991; nonché – per valuta-
zioni complessive – tra i molti DOGLIANI, Indirizzo politico, Napoli, 1985; CIARLO,
Mitologie dell’indirizzo politico e identità partitica, Napoli, 1988; ONIDA (intr.), BAL- BONI-D’ADDABBO-D’ANDREA-GUIGLIA, La difficile alternanza, Milano, 1988; TAR- CHI, La classificazione delle forme di governo – Il difficile passaggio dal catalogo al si-
stema, Pisa, 1989; FUSARO, Riforme istituzionali, forma di Governo e sistema politico-
istituzionale e Principio maggioritario e firma di Governo, Firenze, 1990; LABRIOLA,
La riforma di governo nella Costituzione repubblicana: temi per una revisione ed i principi di regime, in Scritti in onore di A. Bozzi, Padova, 1992.
La riflessione attuale deve molto, fin dal suo primo numero (1981) alla rivista
Quaderni Costituzionali, che da ultimo è tornata organicamente in argomento col fa-
scicolo 1/1991, dedicato appunto a La forma di Governo nell’Italia odierna, recante il resoconto di una tavola rotonda tra AMATO-BALBONI-CALANDRA-CHELI-ELIA-
GRISOLIA-LANCHESTER-LONG-MANZELLA-ONIDA-PALADIN-PEGORARO-TOSI.
Ulteriori scritti, cui sia concesso per brevità un rinvio complessivo e che si deb- bono a DOGLIANI, ONIDA, BARILE, CALANDRA e CHELI, sono nel Quaderno n. 1
dell’“Associazione per gli studi e ricerche parlamentari”, Milano, 1991.
Sull’evoluzione recente dei regolamenti parlamentari italiani, a parte il volume dall’impianto più teorico-generale e ad apertura comparata della MANETTI, La legit-
do utile, per la ben nota, rilevante influenza di tale fonte sulla concreta conformazio- ne della forma di governo e dell’indirizzo politico) è oggi consentito dagli articoli raccolti nel n. 2/1991 dei già ricordati Quaderni Costituzionali e dei quali sono autori M. COTTA, FLORIDIA e SICARDI, DE CARO BONELLA, LIPPOLIS, BARETTONI ARLE- RI, MESCHINO, la stessa MANETTI e COSTANZO.
Quello della riforma dei sistemi elettorali costituisce per molti versi, secondo l’avviso espresso nel testo e sempreché fosse lecito (il che non è peraltro mai pruden- te) identificare un fattore di crisi – e di correlativa urgenza di mutamento – premi- nente sugli altri, il problema presente del caso italiano.
Alcune indicazioni bibliografiche sono già nella parte che precede di quest’anno-
tazione. Un commento sintetico dei progetti oggi sul tappeto è compiuto da TENTO-
NI, Riforme elettorali e dibattito politico, in Parlamento, 1991; ivi, vedi anche il reso-
conto della CHELLI,Le nuove norme per rendere più efficiente il procedimento eletto-
rale, a proposito della cd. “legislazione elettorale di contorno” più recente (cd. pac-
chetto “Quadrifoglio”).
Sul processo riformatore in generale il dibattito è stato – specialmente nell’ultimo quindicennio – tanto ampio da rendere qui impossibili esaustive indicazioni. Si se- gnalano solo, tra le tante opere che possono consentire un rapido e sintetico orien- tamento, quelle recentissime – e nella maggior parte di taglio ed intenti giornalistici – di AA.VV. (a cura di JACOBELLI), Un’altra Repubblica? Perché, come, quando, Bari,
1988; di TERESI, Le riforme istituzionali tra governabilità, partecipazione e trasparenza
– materiali di studio, II ed., Torino, 1989; di MESSINA, La Grande Riforma, Bari,
1992; di SARTORI, Seconda Repubblica? Sì, ma bene, Milano, 1992, con la singolare
proposta di uno schema riformatore anzitutto parlamentare, quindi – occorrendo – presidenziale e perciò definito dal suo stesso Autore “a due motori”, da lui discusso sulle pagine del Politico, 1991 con AMATO, BARBERA, ELIA, GALEOTTI, MANZELLA,
MIGLIO.
Di robusto impianto teorico e di influenza luhmanniana è il I capitolo (di “rico- gnizione del campo” in generale) di PRIMICERIO, La riforma dei sistemi costituzionali
– il caso belga, Salerno, 1990 (ove ampia bibliografia in argomento).
Con riferimento al caso italiano, si vedano invece, sul tema (oggi pure molto di- scusso da noi) del possibile ricorso ad istituti di democrazia diretta, variamente con- formati e con differente valore, al fine di pervenire a decisioni di revisione costitu- zionale o di legittimare ulteriormente quelle già assunte, PANUNZIO, Riforme costitu-
zionali e referendum, relazione al Convegno “Referendum, problemi teorici ed espe-
rienza costituzionale”, Perugia, 25/27 ottobre 1990, ora in Quad. Cost., 1990; BAR- RERA, La forma del cambiamento: una proposta, in Dem. e Dir., 1991; BARBERA, Una
retrospettiva sulla Commissione Bozzi e il nuovo percorso delle riforme tra plebiscito e referendum, in Scritti Bozzi, cit.
Circa l’invadenza attuale del sistema partitico sulle istituzioni – fenomeno peral- tro pacificamente ammesso – una suggestiva ricostruzione della genesi delle degene- razioni, con interessanti osservazioni sui possibili sviluppi e rimedî è appunto ed in particolare quella dello stesso MANZELLA, La casa comune partitocratica, in Micro-
Mega, 4/1991, ove sono anche ulteriori indicazioni bibliografiche, che le soluzioni
istituzionali della legge n. 142/1990 nel senso dell’uniformità siano collegate “ogget- tivamente ... alle esigenze del sistema nazionale dei partiti” e, in particolare, opinione argomentata da VILLONE, Spunti su autonomia statutaria e forma di governo nella L.
142, in Regioni e governo locale, 1991, ove sono anche – all’insegna dell’analisi di al-
cuni Aspetti del governo locale dopo la L. 142 – scritti di G.U. RESCIGNO e della
COCCONI.
Sulla legge n. 142/1990, nella particolare prospettiva di cui al testo, cfr. spec. MARZANATI, L’organizzazione di governo del Comune, Milano 1990; ANGIOLINI,
Gli organi elettivi: primi rilievi, in AA.VV. (Quaderni I.s.a.p. – Saggi), Studî prelimi- nari per gli statuti comunali e provinciali, Milano, 1991 (e ivi anche gli scritti di PE- DRAZZA GORLERO, FERRARI E., TRAVI, COLUCCI, BETTINELLI, ZECCA, CAVALIERI e
TRIMARCHI BANFI); MOR, Considerazioni sul sistema di governo dei Comuni tra
legge n. 142/1990 e Statuti, in Le Regioni, n. 2/1991 (e ivi anche i contributi di FAL- CON, POTOTSCHNIG, PASTORI, COLUCCI, SORACE, TRAVI, DE SIERVO, SCIULLO,
CAMMELLI, BERTOLISSI, VOLPE G.); STANCANELLI R., nella voce Organizzazione
degli enti locali, ina Annuario delle autonomie locali, Roma, 1991 e 1992.
Sottolinea criticamente la “continuità storico-istituzionale” in questa materia RO- TELLI, Il martello e l’incudine – Comuni e Province fra cittadini e apparati, Bologna,
1991: il giudizio di “continuità” od “uniformità organizzativa”, generalmente accom- pagnato da rimproveri di timidezza rivolti al legislatore, costituisce del resto rilievo generale, benché si sottolinei anche – quasi a riequilibrarlo – la novità della diversa individuazione delle funzioni attribuite a Consiglio e Giunta: cfr. ad es. VANDELLI
Ordinamento delle autonomie locali – Commento alla legge 8 giugno 1990 n. 142, Ri-
mini, 1990; ID., Poteri locali, Bologna, 1990, appendice (il discorso dell’Autore, mol-
to complesso, rileva in particolare l’ingiustificata persistenza formale e la sovente pratica attenuazione – fino alla L. 142 – di un’eredità del modello organizzativo cen- tralistico di stampo napoleonico: su altro piano, si nega l’esigenza, da taluni asserita, di necessaria uniformità tra organizzazione governante centrale e locale, ma in un contesto discorsivo diverso da quello di cui al nostro intervento e cioè confutando che il modulo organizzatorio debba calare dall’alto e con uniformità sulla periferia, ossia non negando all’opposto il possibile valore “sperimentale” ed eventualmente anticipatorio di talune soluzioni organizzative della legge sulle autonomie locali ri- spetto a successive riforme di livello costituzionale del disegno dell’apparato gover- nante centrale); STADERINI, Diritto degli enti locali, III ed., Padova 1991; CALDERO- NI, Art. 30, in AA.VV. (a cura di Papiano), L’autonomia locale – Commentario alla
legge 8 giugno 1942 sulle autonomie locali coordinata con la legge 7 agosto 1990 n. 241