Una rilettura del dibattito alle origini della Repubblica
2. Potere costituente, funzione di revisione, processi costituenti e li bertà della politica: una ricognizione del campo teorico con uno
sguardo all’attuale dibattito italiano
Si danno, com’è noto13
, due visioni logicamente contrapposte (due posi-
zioni che sono, cioè, opposizioni, laddove rispettivamente riguardate) sul
rapporto tra potere costituente – come forza fondativa di un nuovo ordine statuale, assieme pre-giuridica e già, in nuce, «naturalmente» giuridificata14
,
ordo ordinans e, al tempo stesso, ordo ordinatus15
– e potere di revisione co- stituzionale.
Per la prima, che potrebbe ben dirsi quella della «rivoluzione perma- nente» e che trova il suo humus nella tradizione costituzionale del giacobini- smo francese, «un popolo ha sempre il diritto di rivedere, riformare, cambia- re la propria Costituzione. Una generazione non può assoggettare alle sue leggi le generazioni future»16
; la seconda, che risale ad un’idea evoluzionisti-
13Si vedano da ultimo analizzate in P
ALADIN, Le fonti del diritto italiano, Bologna, 1996,
151 ss.
14F
IORAVANTI, Potere costituente e diritto pubblico. Il caso italiano, in particolare, nell’an-
tologia di scritti e documenti di AA.VV., a cura di Pombeni, Potere costituente e riforme costi-
tuzionali, Bologna, 1992, 55 e ora nella raccolta di saggi dell’Autore Stato e Costituzione-Ma- teriali per una storia delle dottrine costituzionali, Torino, 1993, col titolo Potere costituente e di- ritto pubblico, 217.
15«Non è concepibile un fatto o potere costituente anteriore al diritto che è in esso imma-
nente e che tramite esso si sviluppa e si realizza»: così MODUGNO, Il concetto di Costituzione, in Scritti in onore di Mortati, I, Milano, 1989, 208.
ca, più moderata e comunque diversa – maturata nel corso della storia costi- tuzionale britannica (e quindi statunitense ed oggi tedesca) – assume che il potere di revisione trovi limiti invalicabili nell’ordinamento dato17
. Nel pri- mo caso, il potere è evidentemente visto come inesauribile, sempre poten- zialmente attivo; nel secondo, quale esercitabile solo una volta per tutte. Cor- relativamente, il potere di revisione coincide con un potere costituente rite- nuto sempre passibile di esercizio, mentre tiene da solo il campo (ma come costituito), se l’altro è considerato esaurito una volta per tutte18
.
Si tratta dunque di ricostruzioni, come si anticipava e come può ben ve- dersi, reciprocamente. irriducibili. Eppure, un punto in comune tra loro si dà: entrambe ritengono di aver individuato la «legge», ancorché diversa nel contenuto, dello sviluppo storico e dettano pertanto prescrizioni giuridiche che – in questo soltanto uguali – pretendono di vincolare le modalità di futu- ro mutamento degli assetti ordinamentali di base (nel senso, rispettivamente,
cobina del 1793 e già l’art. 1, tit. VII, della Costituzione del 1791. Per una complessiva rico- gnizione storica v. JAUME, Il potere costituente in Francia dal 1789 a De Gaulle, in Potere costi-
tuente, ..., cit., 33 ss.
17
Per l’analisi della peculiare esperienza inglese, v. BURROW, II dibattito costituzionale nel-
la Gran Bretagna del diciannovesimo secolo, in Potere costituente ..., cit., 13 ss. Fioravanti, Pote- re ..., ibidem, 71 così sintetizza «le due grandi versioni del potere costituente; quella radical-
democratica, o giacobina, che sottolinea soprattutto l’aspetto soggettivo della sovranità, come capacità originaria di scegliere e di volere; e quella liberal-garantistica, in origine statunitense, che sottolinea soprattutto l’aspetto oggettivo del prodursi, attraverso l’esercizio dello stesso potere costituente, di una legalità costituzionale superiore a quella ordinaria».
18
Per una documentazione storica dei primo punto di vista, v. HOLMES, Vincoli costituzio-
nali e paradosso della democrazia; per la seconda posizione, v. BÖCKENFORDE. Il potere costi-
tuente del popolo: unconcetto limite del diritto costituzionale e DOGLIANI, Potere costituente e
revisione costituzionale nella lotta per la costituzione (che aggiorna agli ultimi avvenimenti rile-
vanti il contributo già pubblicato, col titolo Potere costituente e revisione costituzionale, in
Quad. Cost., 1995, 7 ss.), tutti, ora, in AA.VV., a cura di Zagrebelsky, Portinaro, Luther, Il futuro della Costituzione, Torino, 1996, rispettivamente 167 ss.; 231 ss.; 253 ss., nonché,
dell’ultimo, anche il divulgativo Potere costituente e potere costituito, in Alternative, 4/1996, 64 ss. e La lotta per la Costituzione, in Dir Pubbl., 1996, 293 ss. Parla – per il caso italiano – di un «tertium genus, caratterizzato dall’enfasi della discussione e dalla inconcludenza dei risultati, fra la tradizione costituzionale statunitense (ed ora anche tedesca), secondo la quale la revisio- ne costituzionale e un processo costante nel tempo e la contraria tradizione francese, secondo la quale il mutamento costituzionale e soprattutto rottura e instaurazione di una nuova Costi- tuzione» Pizzetti, La Costituzione fra revisione e potere costituente, in AA.VV., a cura di Neppi Modona, Cinquant’anni di Repubblica italiana, 1996, 214 ss. e – in versione sostanzialmente analoga – in AA.VV., a cura di S. MAROTTA, I valori della Costituzione italiana, Napoli, 81 ss.; vedi anche LUCIANI, L’antisovrano e la crisi delle Costituzioni, in Riv. Dir. Cost., 1996,153; ID.,
Quattordici argomenti contro l’invocazione del potere costituente, già in Dem. e Dir., 3/4,
di ritenerlo sempre giuridicamente disponibile, ovvero sempre condiziona- to)19
.
A fronte di quest’assunto sta, però, la natura dell’attività politica, che è «libera nel fine», secondo prospettazioni correnti tra i giuristi20
. Ora, seppu- re quella parte della politica che consiste nello svolgimento dei principî costi- tuzionali è caratterizzata e delimitata per l’appunto da questa sua condizione, che cosa dire della decisione che pone (o riformula organicamente in larga parte) la Costituzione?
Altrimenti detto: se le modalità di gioco secondo le regole possono essere predeterminate rispetto agli attuali giocatori, lo stesso non dovrebbe potersi dire – o, è dubbio che si possa dire – se questi ultimi decidono di cambiare le regole medesime.
Trarre dalla formulazione stessa dell’interrogativo la conclusione che la concezione dei giacobini francesi presenti un nucleo duro ed insuperabile di verità, nel senso – dunque – che ogni nuova generazione sia del tutto libera rispetto al problema della Costituzione (dei modi per innovarla e dei conte- nuti di essa) sarebbe però affrettato. C’è piuttosto da chiedersi se sia proprio vero che la politica – persino nella sua pretesa più radicale, la posizione della Costituzione, circa la quale la questione non avrebbe in astratto motivo di
19
... ed infatti quello costituente è «potere che vuole orientare la storia, ma nello stesso tempo fermarla, per imprimere al futuro la fisionomia dell’oggi, eternizzandola»: così DO-
GLIANI, Introduzione al diritto costituzionale, Bologna, 1994, 66; cioè, chiosa giustamente in
proposito LUCIANI, L’antisovrano ..., cit., 146 «questa aspirazione all’eterno è comune a tutte le concezioni del potere costituente, nessuna esclusa» (corsivo testuale).
20Per riepiloghi sintetici – e nell’ambito ed in premessa di riflessioni sull’indirizzo come at-
tività o funzione statale e pacificamente intesa come costituita – v. recentemente GROTTANEL- LIDE’ SANTI, voce Indirizzo politico, in Enc. Giur., XVI, Roma, 1989; CHELI, La sovranità, la
funzione di governo, l’indirizzo politico, in Amato-Barbera (a cura di), Manuale di diritto pub- blico, 5a
ed. con la collaborazione di Fusaro, Bologna, 1997, 7, II, 14 ss. Per una formulazione politologica, v. FISICHELLA, Lineamenti di scienza politica. Concetti, problemi, teorie, Roma, 1988, per il quale, in un significato ordinatore, «è appunto la politica, e non altre forme coesi- stenziali, a fissare le regole di organizzazione della sintesi, e in particolare le regole per l’impiego della forza e della coazione» (ivi, 69). Secondo PIZZORNO, Le radici della politica
assoluta, nel volume di saggi che da questo prende avvio e il titolo, Milano, 1993, «(...) nello
stato moderno, la politica stabilisce i confini tra sé e le altre attività. Per definire ciò che ricade dentro o ciò che sta fuori della sfera politica sono necessarie leggi o abolizione di leggi, quindi decisioni politiche, attività e discorsi politici. (...) In ciò stanno le radici della concezione asso- luta di politica» (ivi, 44). Teoria opposta è quella «della politica come sfera avente dei confini, e del dilatarsi e del contrarsi di questi» (ibidem, 43).
Una recentissima analisi d’ispirazione marxista del problema è quella di DEPPE, La politica
alla fine del XX secolo. Bilancio e prospettive in Alternative, 1997, 7, 63 ss., che dibatte tra
l’altro la nota tesi di FUKUYAMA, La fine della storia e l’ultimo uomo, tr. it., Milano, 1992, sulla democrazia liberale come possibile culmine dell’esperienza politica.
presentarsi – sia poi davvero libera quanto presume di essere. Il potere costi- tuente è insomma esaurito, trovando un limite nella tradizione dei diritti fondamentali ad esso preesistenti, come oggi si tende (nuovamente) a sottoli- neare; ma – se pure volesse ritenersene ancora possibile e svincolato dai limiti da ultimo ricordati l’esercizio – ne sarebbero concettualmente del tutto liberi forme e contenuti della manifestazione?
Una risposta all’interrogativo può trarsi – in via di verifica pratica – anche dal recente dibattito italiano sul tema, nel quale si sono confrontate – com’è noto – tre diverse forme o modalità di mutamento della Costituzione21
: quel- lo codificato nella Carta del 194822
, quello introdotto per la prima volta – in rottura assunta come una tantum – con l’istituzione della Commissione bi- camerale per le riforme («De Mita-Iotti», legge cost. n. 1/1993)23
, ma poi ri- confermato con la («D’Alema» legge cost. n. 1/1997)24
, quello – rimasto al momento una mera ipotesi teorica – dell’elezione di un’apposita Assemblea Costituente25
.
21
Per tale intreccio nella concreta vicenda storica italiana di questi anni, v. PIZZETI, op. e
loc. cit.
22
Le più recenti esposizioni del quale, a scienza di chi scrive, sono quelle di PIZZORUSSO,
Limiti e procedure della revisione costituzionale e di ROMBOLI, Le regole della recissione costitu-
zionale, entrambi nel volume di AA.VV. (curato dal secondo con Ripepe), Cambiare Costitu- zione o modificare la Costituzione?, Torino, 1995, rispettivamente 9 ss.; 55 ss. Ma vedi in tema
gli ormai classici Contini, La revisione costituzionale in Italia, Milano, 1971, e CICCONETTI, La
revisione della Costituzione, Padova, 1972, e – per recenti analisi della complessiva esperienza
italiana in argomento – CIARLO, Il revisionismo costituzionale in Italia, 1948-1994, in St. qual.
pol. cost., 1995, 79 ss. e AMIRANTE-SACCOMANNO, Sistema elettorale e revisione costituzionale in AA.VV. (a cura di Gambino e Ruiz-Rico Ruiz), Forme di governo, sistemi elettorali, partiti
politici: Spagna e Italia, Rimini, 1996, 47 ss. e spec. 57 ss.
23
DE FIORES, La Commissione bicamerale per le riforme istituzionali e l’art. 138 Cost.: i pa-
radossi di una riforma, in Giur. Cost., 1993, 1555 ss.
24
VUOLO, Un procedimento in deroga per la revisione della seconda parte della Costituzione:
alcune brevi note, in Riv. Amm. Regione Campania, 1996, 474 ss., GIOVINE, Note sulla legge
costituzionale n. 111997, in Quad. Cost., 1997, 1 ss.; BALDINI, Potere costituente, revisione co-
stituzionale, riforma organica della costituzione. Considerazioni a margine della legge cost. n.
1/97, in Jus, 1997, 465 s.
25
Una decisa preferenza per tale scelta di rottura è oggi espressa, com’è noto, dal Sen. Cossiga (sulle cui posizioni in tema, già da Capo dello Stato, possono leggersi gli interventi di vari studiosi Anzon, Barile, Bognetti, Capotosti, Cerri, Cicconetti, Cuocolo, D’Orazio, Grasso, Luciani, Mazziotti, di Celso, Pace, G.U. Rescigno, Ruggeri, Sorrentino), raccolti in un Dibatti-
to sul messaggio presidenziale del 26 giugno 1991 concernente le riforme istituzionali e le proce- dure idonee a realizzarle che precede il testo del messaggio medesimo in Giur. Cost., 1991, ri-
spettivamente 3209 ss. e 3543 ss., cui sono da aggiungere MODUGNO, Il problema dei limiti
Forme e contenuti del mutamento si implicano, in realtà, vicendevolmen- te. Il meccanismo ex art. 13826
è infatti, oggi, sentito da taluno come uno strumento per una revisione possibile nel sistema – puntuale, a baricentro parlamentare ed eventuale verifica popolare – che non è in grado (né intende, del resto, farlo) di mettere in discussione i suoi fondamenti e le stesse altre par- ti del disegno complessivo.
La modificazione per via di intervento di una commissione bicamerale ad hoc, con poteri referenti, è piuttosto strumentale alla revisione del sistema,
che difatti tende ad integrare ed implementare senza peraltro stravolgerne i principî fondamentali (espressamente esclusi dalla revisione formale) ed è anch’essa a gravitazione parlamentare, ma con successiva legittimazione ex
post del risultato o piuttosto con sua plebiscitazione, si è rilevato, criticamen-
te27
, perché il corpo elettorale ha unicamente la facoltà – nel contenuto della
declino e trasfigurazione di un concetto, in Riv. Dir. Cost., 1996, 68 ss.) e dai COBAC, Comitati
di base per la Costituente, ispirati dal Prof. Segni, già leader del movimento per la riforma – in via referendaria – dei sistemi elettorali delle Camere, oltreché dall’ex sostituto procuratore della Repubblica di Milano Di Pietro, la cui popolarità è legata alla cosiddetta «inchiesta Mani Pulite». Panorami recenti delle diverse posizioni della cultura giuridica e della pubblicistica culturale generale sul tema sono anche quelli di AA.VV., Università degli Studi di Roma «La Sapienza», La Riforma delle Istituzioni, Atti del Gruppo di studio per la riforma delle Istituzio-
ni, coordinato da M. Mazziotti di Celso, Roma 1995 e di AA.VV., Cambiare la Costituzione. I1 dibattito italiano sulla grande riforma, Roma, 1996 (già apparsi nella rivista liberal). In chiave
accentuatamente critica di una prospettiva di «rottura costituzionale» sono – invece – i con- tributi del ricordato volume Cambiare costituzione ..., cit. e i saggi di ATRIPALDI-FICHERA, rac-
colti in Dalla grande riforma alla politica delle Istituzioni, Padova, 1986, ristampato con nuova prefazione ivi, 1996. Prevalentemente critici, in materia, sono anche i contributi degli studiosi di sinistra compresi in «Costituenti uno e due» (numeri monografici di Democrazia e Diritto, 4/1994-1/1995; 3-4/1995). Non sono mancate peraltro, anche in quest’area politico-culturale, posizioni di apertura a tale ipotesi: v. ad es. VACCA, Per una nuova Costituente, Milano, 1996.
26Nei richiamati Commenti nel Dibattito sulle tesi del messaggio del Capo dello Stato Cos-
siga, di cui alla nota precedente, questo aspetto appare essenzialmente colto – e criticato – da tutti gli interventi; ma vedi spec. G.U. Rescigno, 3311 ss. Argomenta sul piano tecnico- giuridico la tesi richiamata nel testo su questo punto PANUNZIO, Riforma delle istituzioni e
partecipazione popolare, in Quad. Cost., 1992, 553 ss.
27
Svolgono, tra gli altri, critiche ispirate da questa considerazione DE FIORES, op. cit., 1562; FERRAJOLI, Mutamenti costituzionali tra continuità e rottura e LUCIANI, Quattordici ar-
gomenti ..., cit., entrambi in Costituzione, e poi?, cit., rispettivamente 9 ss.; 47, e vedi anche
Paladin, richiamato alla nota che segue. Sul tema generale del rapporto tra referendum e pro- cedimenti di revisione, a partire dalle recenti discussioni italiane, v. oltre al contributo di Pa- nunzio ricordato alla nota precedente, BALDASSARRE, Il «referendum» costituzionale, ivi, 264 ss.; BETTINELLI, Referendum e riforma ‘organica’ della Costituzione, in Cambiare Costituzione
..., cit., 39 ss. ed inoltre l’ampio studio di De VERGOTTINI, Referendum e revisione costituzio-
nale: una analisi comparativa, negli Scritti in onore di Predieri, II, Milano, 1997, 749 ss., nonché
decisione, giacché nel metodo è peraltro ormai prevista una necessità di in-
tervento – di ratificare o respingere in blocco le intese raggiunte in sede di
Commissione ed approvate poi dalle Camere.
Quella, infine, deliberata da un’Assemblea Costituente, eletta a suffragio universale proporzionale e le cui scelte non è chiaro se sarebbero poi state anche da confermare con apposito referendum (il Sen. Cossiga, sostenitore della Costituente, ha in alternativa proposto un referendum preventivo d’in- dirizzo) avrebbe rappresentato all’evidenza la modalità più stravolgente di mutamento: non strumento di mera revisione di un testo, in realtà ed in tesi – ancorché organica e profonda come nel caso precedentemente ricordato ed effettivamente concretato sinora – bensì di deliberata rottura col passato, con possibilità e mandato di rivedere le opzioni di base del testo vigente senza escluderne alcuna parte.
Non è un caso che i sostenitori più convinti dell’eventualità, allo stato av- viatasi, della revisione per via di Commissione Bicamerale abbiano anche imposto l’intangibilità della prima parte della Legge Fondamentale e che tra coloro che avrebbero preferito un metodo innovativo più radicale si trovino anche quanti proprio i principî di questa mettono, sul piano culturale, in di- scussione28
. Sono insomma progressivamente più intensi, nelle ipotesi di mu- plusvalore politico connesso alla decisione popolare come atto immediato di sovranità; sicché nella recente esperienza italiana «il referendum, con le sue anomalie ... si è immesso come ap- parizione di potere costituente secondo vie legali», MEZZANOTTE, Potere costituente e potere
di revisione costituzionale in AA.VV. (a cura di Cardini e Caretti), Riformare la costituzione?,
Roma, 1997, 11 ss.
28
Il processo storico che lega le riforme istituzionali alla previa discussione e deliberazione di proposte organiche di mutamento in sede parlamentare incomincia in Italia col lavoro tra la fine del 1983 e gli inizi del 1985, della «Commissione Bozzi», che per un verso si presentava a più ampio spettro rispetto alle successive Bicamerali (il testo finale, –approvato peraltro da una minoranza di componenti, prefigurava modifiche a tutto il testo della Carta del ‘48) e per altro si configurava, più modestamente, come meramente Propositivo – al plenum delle Came- re – di orientamenti riformatori, conforme ai suoi atti istitutivi, che sono stati men strumenti di diritto parlamentare), da eventualmente tradurre in leggi di revisione mediante l’atto legi- slativo, a procedura e maggioranze aggravate, tipicamente previsto dalla Carta (il che fu fatto, attraverso otto distinti disegni, dal suo Presidente). Può dunque dirsi che cominci formalmen- te da qui la messa in discussione di tale strumento tipizzato di revisione come unica via di mu- tamento costituzionale formalizzato (ma la Commissione ipotizzava, del resto, interventi anche di rango normativo ordinario e in generale un’ampia deflazione nel ricorso alla legge delle Camere). La tendenza è, nel caso in discorso, appena accennata, ma – accanto alla proposta, nel merito, di terapie alle disfunzioni istituzionali che ancora ritornano sul tappeto (o che non l’hanno mai sgombrato) – quanto al metodo è interessante notare che una parte della cultura giuridica lamentò già all’epoca un vulnus al metodo d’innovazione costituzionale. Un riepilogo delle soluzioni e un inventano delle critiche richiamate è oggi efficacemente sintetizzato da
tamento costituzionale sopra elencate e secondo l’ordine del loro esame, le forme e i contenuti del patto di (ri)legittimazione, in cui si manifesta anche – secondo una recente ricostruzione29
– il potere costituente, oltreché essere la forza costruttiva di un nuovo Stato, trasfusa in un suo «mito fondativo».
La diversità delle tre strade è dunque chiara; ma la stessa nuova Costitu- zione – ripetiamo – sarebbe stata (o sarebbe, per chi ancora volesse confidare in una sua futura convocazione, presumendola necessitata dallo sviluppo de- gli eventi) davvero espressione di una scelta «libera nel fine»? È lecito dubi- tarne. Anche un’Assemblea investita ad hoc rappresenta in realtà – com’è sta- to dimostrato30
– un punto di stabilizzazione di un processo costituente, che
zione e trasparenza, Torino, V ed., 1996, 38 ss.; 57 ss. Tra le Costituzioni straniere, in partico-
lare quella della confederazione svizzera (artt. 118 ss.) e quella del regno di Spagna (artt. 116 ss.) prevedono procedure distinte per la revisione parziale e quella totale. Le contrapposte, possibili soluzioni cui induce il silenzio, sul punto, della nostra Carta fondamentale sono oggi analizzate da PALADIN, op. cit., 163 s.; ivi si legge anche una critica anticipata, sulla base della
giurisprudenza della Corte costituzionale, sulla necessaria omogeneità delle domande sotto- ponibili al corpo elettorale in sede di referendum (peraltro elaborata con riferimento a quello abrogativo), alla soluzione – poi accolta dalla legge istitutiva della «Commissione Bicamerale D’Alema» – della ratifica unireferendaria di un’eventuale novella costituzionale semi-integrale. Così anche CUOCOLO, Commento nel Dibattito, cit., 3249. Critiche analoghe sono del resto diffuse, tra i costituzionalisti italiani. Cfr. per es. PACE, L’instaurazione di una nuova Costitu-
zione. Profili di teoria costituzionale, in Quad. Cost., 1997, 7 ss. MAZZONI HONORATI, Interro-
gativi in tema di referendum sulla Costituzione; in Dir. Soc., 1997, 57 ss. e più recentemente,
MODUGNO, Ricorso al potere costituente o alla revisione costituzionale. Aspetti problematici,
relazione al Convegno «Culture e Costituente», Teramo, 4-8 novembre 1997, 2 e 7 ss. del pa-
per (il contributo, conosciuto quando il presente lavoro era in bozze di stampa, non ha potuto
essere qui più utilmente considerato, come avrebbe meritato). Il dibattito in merito si è recen- temente riacceso. V. per tutti, BARILE, No al referendum unico. Grande riforma, giudizi «sepa-
rati», in La Repubblica, 22 dicembre 1997, che giudica la soluzione praticabile non già in via dì
revisione della L. cost. n. 1/1997, ma in via di sua semplice interpretazione.
29Così, infatti, P
OMBENI, La Costituente. Un problema storico-politico, Bologna, 1995, 12
ss. e 47 ss.
30
Per una recente discussione generale sul tema, v. LUHMANN, La costituzione come acqui-
sizione evolutiva ed Elster, Lo studio dei processi costituenti: uno schema generale, entrambi in
ZAGREBELSKY-PORTINARO-LUTHER (curr.), op. cit., rispettivamente 83 ss. e 209 ss. Tra gli sto-