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7.6 - Una nota su Del Noce e Severino interpreti dell’idealismo attuale Amedeo Roncato

Nel documento UP ALL’ALBA DELL’ETERNITÀ (pagine 54-58)

Il sistema di Giovanni Gentile è stato determinante per lo sviluppo delle filosofie di Augusto Del Noce ed Emanuele Severino, due tra i pensatori più influenti della contemporaneità italiana. Ma spesso le letture di Del Noce e Severino – entrambe sicuramente radicali nei confronti della filosofia gentiliana – non sono state tra loro accomunate, vuoi anche per le profonde differenze che solcano sia il pensiero, sia l'approccio speculativo dei due filosofi. In tale occasione si vorrebbe in qualche modo mostrare le analogie – a dir la verità, non poche – e le differenze tra queste due interpretazioni, che oggigiorno, assieme a poche altre, hanno guadagnato lo status di “classico” per quel riguarda lo studio della filosofia di Giovanni Gentile. Per svolgere l'indagine qui proposta si dà come assunto che l'attualismo di Gentile rappresenti la forma più rigorosa e coerente di tutta la stagione cosiddetta “idealistica”, ossia di quel pensiero che pone come suo cardine l'intrascendibilità del pensare rispetto all'essere. In tal modo, sia per Del Noce, sia per Severino, il sistema gentiliano si esprime come il culmine assoluto: per Severino, come culmine del nichilismo, di cui rappresenta il grado più avanzato, in quanto in esso la persuasione che il divenire sia l'evidenza originaria raggiunge la sua più perfetta coerenza; per Del Noce, l'attualismo coincide coll'apogeo, e al contempo, con la conclusione del pensiero della modernità, per cui una filosofia posteriore all'idealismo attuale, o dovrà svolgersi entro presupposti affatto differenti, o sarà semplicemente una ripetizione, magari anche estremizzata, della medesima filosofia di Gentile. L'ermeneutica delnociana compiuta nei confronti del testo gentiliano si può riassumere sotto una fondamentale direttrice interpretativa: l'idealismo attuale come radicale ed assoluta critica dell'intuito. Per il filosofo torinese infatti il nocciolo duro dell'attualismo risiede – ed ha la sua genesi – nel superamento della conoscenza intesa come riflessione. Proprio per questo Gentile ritiene speculativamente insostenibile non solo tutto il dualismo gnoseologico, in quanto tara corruttrice del pensiero moderno, ma anche l'antica distinzione che fonda l'atto del conoscere sul vincolo intenzionale tra soggetto e oggetto, rifiutando così il valore teorico della conoscenza come semplicemente spettatrice, ed annullando così la datità del reale, fondamento proprio di tale modus cognoscendi. Proprio questo aspetto della filosofia gentiliana, e quindi il vincolo indissolubile tra critica radicale della teoria dell'intuito e conseguente negazione della realtà di fatto, è stato più volte sottolineato con vigore da Emanuele Severino:

Se non riusciamo a capire per quale motivo la filosofia contemporanea è antiassolutismo e antimetafisicismo, continuiamo a fare chiacchere. Ebbene, Gentile è un pensatore che non ha fatto chiacchere. Mi limiterò ad evidenziare il tratto che prima ho definito come la potenza radicale della distruzione gentiliana degli immutabili e degli assoluti. Un tratto, a mio avviso, poco esplorato. Consiste

nella coniugazione del principio idealistico, per il quale una realtà immutabile ed esterna al pensiero è un presupposto inaccettabile, e della consapevolezza che una realtà presupposta al pensiero è una realtà immutabile rispetto al pensiero, ossia rispetto a ciò che, per Gentile, è la vera dinamicità, il vero divenire dell'essere107.

In virtù del suo essenziale carattere antiintellettualistico, l'idealismo attuale di Gentile viene criticato da Del Noce per il suo spiccato carattere prassista, che non può altro che traboccare nel più rigido dei solipsismi, per cui nel pensiero gentiliano

l'azione come trasformazione della realtà viene assunta quale valore in sé, con la conseguente retrocessione degli altri soggetti a strumenti e ad ostacoli. […] L'insoddisfazione agostiniana rispetto ai beni finiti si trasforma in Gentile nell'insoddisfazione rispetto al fatto. Che cosa ne consegue? Tutto è bene in quanto è atto, tutto è male in quanto è fatto. […] Si tratta di una totale spersonalizzazione del reale, la realtà viene ridotta nel soggetto, assume aspetto di realtà nella mia azione, come ostacolo che proietto davanti a me per superarlo108.

Proprio come lo stretto legame che intercorre tra estremo antiintellettualismo e prassismo - i due baluardi inscindibili del pensiero gentiliano - conduce al solipsismo, similmente, per Severino, la prassi, intesa come divenire «in quanto forza consapevole che conduce le cose nell'essere nell'essere e nel niente, appartiene all'essenza del nichilismo è una delle categorie fondamentali secondo cui il nichilismo pensa le cose»109.

Se da una parte, per Del Noce, si è stabilito un legame indissolubile ed irremovibile tra prassismo e solipsismo, dall'altra, per Severino, lo stesso fenomeno si verifica entro prassismo e nichilismo. Ed è proprio in Giovanni Gentile che questi due vincoli, assumono una valenza che mai si era scorta nella storia del pensiero occidentale. Proprio per questa ragione, sia Del Noce sia Severino, non possono attribuire all'attualismo alcuna funzione di mediazione, mediazione tanto voluta da colui che di Severino fu il maestro, e per qualche verso, anche se non in senso stretto, di Gentile l'allievo, Gustavo Bontadini. All'idealismo attuale spetta quindi un ufficio che pochi hanno avuto nella storia del pensiero, quella di essere un sistema filosofico di carattere sommamente risolutivo.

Bibliografia

A. DEL NOCE, Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea, Il Mulino, Bologna 1990.

A. DEL NOCE, Il suicidio della rivoluzione, Rusconi, Milano 1978.

A. DEL NOCE, Pensiero della chiesa e filosofia contemporanea, Studium, Roma 2005.

D. SPANIO, Idealismo e metafisica. Coscienza, realtà e divenire nell'attualismo gentiliano, Il Poligrafo, Padova 2003.

E. SEVERINO, Giovanni Gentile distruttore degli assoluti, in Giovanni Gentile. La filosofia, la politica,

l'organizzazione della cultura, a cura di M.I. Gaeta, Marsilio, Padova 1995.

E. SEVERINO, Gli abitatori del tempo. Cristianesimo, marxismo, tecnica, Armando Editore, Roma 1978. E. SEVERINO, Oltre il linguaggio, Adelphi, Milano 1992.

E. SEVERINO, Studi di filosofia della prassi, Adelphi, Milano 1984.

L. RAMELLA, Il pensiero della mediazione. Augusto Del Noce interprete dell'attualismo, Vita e Pensiero, Milano 2008.

U. SPIRITO, A. DEL NOCE, Tramonto o eclissi dei valori tradizionali?, Rusconi, Milano 1971.

107 E. SEVERINO, Giovanni Gentile distruttore degli assoluti, in Giovanni Gentile. La filosofia, la politica, l'organizzazione della

cultura, a cura di M.I. Gaeta, Marsilio, Padova 1995, pag. 58.

108 A. DEL NOCE, Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea, Il Mulino, Bologna 1990, pp. 39-40.

109 «Proprio perché è un punto d'arrivo, l'attualismo non può essere “riformato”, ma deve dar luogo all'opposizione radicale». A. DEL

7.7 - 60 anni de "La Struttura Originaria". Prime linee di una genealogia

Franco Pepe

Per i 60 anni de La struttura originaria abbiamo scelto di mettere a tema il grande confronto ontologico che Severino ha condotto con Martin Heidegger sin dalla stesura di Heidegger e la metafisica. La scelta è dettata dalla convinzione che sulla struttura speculativa quale si mostra ne La struttura originaria, la grande opera del 1958, e a partire dalla Struttura originaria, si possa far luce andando a riflettere su quanto esposto nel primo grande confronto con il pensatore della Foresta Nera.

La prima formulazione concreta della nostra proposta di riflessione suona: l'interpretazione della problematica heideggeriana quale si mostra in Heidegger e la metafisica si svolge intorno ad un nucleo speculativo – quello del “fondamento metodologico” – che ne La struttura originaria trova il suo primo autonomo e grandioso assestamento. In altri termini, ciò che nello scritto del '58 costituisce la strutturazione concreta dell'originario (=sintesi di immediatezza logica e di immediatezza fenomenologica), agisce nell'opera del '50 – come "fondamento metodologico".

Che “La Struttura Originaria” si configuri come la forma matura di ciò che in Heidegger e la metafisica appare come “fondamento metodologico”, è il nucleo centrale della originale e "sconcertante" interpretazione severiniana della filosofia heideggeriana: attraverso la posizione del fondamento metodologico il giovanissimo Severino è in grado di mostrare come nella teoresi del filosofo tedesco agisca – sia pur in modo inconsapevole – quella tensione della metafisica originaria che ha sorretto l'intera tradizione filosofica occidentale. Insomma, Severino mostra come il fondamento metodologico – l'intelligenza del quale egli aveva maturato grazie al magistero di Gustavo Bontadini – venga reso operativo da Heidegger allo scopo di una nuova problematizzazione della metaphysica specialis sul terreno dell’elaborazione della direzione ontologica dell’ontologia.

Leggiamo il grande pensatore bresciano in uno dei suoi scritti della maturità:

«Col tramonto al quale l’isolamento della terra è destinato, tramonta l’errare e la contraddizione in cui consiste tale isolamento [...]. Ma non tramonta ogni contraddizione. Non tramonta la “contraddizione C” ([...] - una figura questa della contraddizione C, che a partire da S.O., è costantemente presente nei miei scritti); ossia non tramonta la contraddizione che è tale non perché il suo contenuto sia l’errore e il contraddittorio, e dunque il nulla, ma perché è la forma astratta della verità [...]»110.

Il fatto che Severino abbia a più riprese richiamato all'importanza della grande contraddizione dialettica dell'originario (negazione che è dialettica in quanto negata dal Destino), ci consente di sostenere la tesi che tale contraddizione sia in qualche modo già in vista nel giovanile confronto con la grande filosofia tedesca dei primi decenni del XX secolo.

Orbene, che la problematicità dell'originario (=contraddizione dialettica dell'originario) appaia come contraddizione sin da La struttura originaria, è tale da sostenere la nostra proposta di riflessione su quanto in qualche modo è presente, già presente, a partire dai primissimi scritti severiniani consegnati al grande pubblico In altri termini e più concretamente, ciò che consente al giovanissimo Severino di operare una lettura assai originale e dunque contro corrente dell'opera hedeggeriana, è la convinzione, speculativamente fondata, di quella forma astratta della verità che in Heidegger e la metafisica, lo ribadiamo, si concentra nella nozione di "fondamento metodologico". Onde non è affatto azzardato sostenere l’ulteriore tesi fondamentale secondo la quale una delle direzioni speculative fondamentali dell’intera opera severiniana sia in nuce presente nel confronto con il grande pensatore di Messkirch a partire dal 1950.

Che sia così, che cioè il centro radiante di Heidegger e la metafisica costituisca la prima grande formulazione della Struttura Originaria e della sua contraddizione dialettica (= problematicità originaria), è attestato dalla assai impegnativa tesi teoretico-storiografica dello scritto del 1950: intento di fondo del pensatore della celeberrima ontologische Differenz tra essere ed ente e della distruzione della storia dell’ontologia (Destruktion der Geschichte der Ontologie) quale è annunciata nel par. 6 di Essere e tempo, è quello di «muovere verso la riproposizione delle questioni centrali della direzione ontica della scienza metafisica». Ma – e in questo consiste il nodo problematico più rilevante in ordine all'impostazione che abbiamo dato al nostro discorso – per il giovanissimo Severino, Heidegger può progettare quella Destruktion perché anche in lui è attivo uno dei risultati più maturi dell'intera tradizione filosofica occidentale, ossia il concetto di Unità dell'Esperienza; quell'unità che agendo come superamento categorico della posizione

realistica – matrice questa di ogni scetticismo, relativismo e problematicismo trascendentale – si pone come il terreno sicuro sul quale innalzare l'edificio della scienza assoluta.

In definitiva, la nostra proposta di riflessione per i 60 anni de La Struttura Originaria, è quella della messa in evidenza del modo in cui il giovanissimo Severino, e nella direzione tracciata dal maestro Bontadini, ha inteso contribuire alla rigorizzazione della metafisica classica proprio attraverso il confronto con il pensiero di Martin Heidegger. Si tratta dunque di verificare altresì la tesi assai scottante, tanto in senso speculativo quanto in senso storiografico, secondo la quale la posizione teoretica heideggeriana si configura come piano di una rielaborazione delle classiche questioni della metaphysica specialis al lume dell'orizzonte del risolvimento della Seinsfrage. Questa, in sostanza, la tesi di Heidegger e la metafisica: Heidegger pone la questione del senso dell'essere nella sua differenza dall'ente (differenza ontologica) nell’orizzonte della rielaborazione del problema della trascendenza teologica (= della distinzione ipostatica tra Dio e il mondo); e questo a sua volta sul fondamento sicuro del superamento della concezione naturalistica del rapporto fra coscienza e realtà. Che Heidegger, e sin dalla posizione speculativa costituita da Sein und Zeit nonché dagli scritti e i corsi universitari che ruotano intorno ad esso, possa affermare la trascendenza come costituzione fondamentale dell'essere umano (als Grundverfassung des Daseins), vale a dire come impotenza superpotente (ohnmӓchtige

Uebermacht) dell'Esserci rispetto all'ente; che Heidegger affermi la superpotenza impotente dell'esserci come

senso ultimo del fenomeno dell'essere-nel-mondo (In-der-Welt-sein) ossia come costituzione ontologica dell'essere umano, – ché è questo il punto nevralgico della grande interpretazione severiniana –; che, da ultimo, egli possa aprire la direzione ontologica dell'ontologia quale progetto dell'enucleazione del senso dell'essere (=enucleazione concettuale dell'essere) rispetto alla direzione ontica dell'ontologia come enucleazione del senso dell'ens qua ens, si deve alla potenza di ciò che la struttura originaria è in Heidegger e la Metafisica; quella potenza che se, da un lato, si fa garante della sintesi originaria di coscienza e realtà, dall'altro lato, e proprio sul fondamento di tale garanzia, può progettare la costruzione della scienza metafisica, sia nella sua direzione ontologica, sia nella sua direzione ontica.

Bibliografia

E. SEVERINO, Fondamento della contraddizione, Adelphi, Milano 2005. E. SEVERINO, Heidegger e la metafisica, Adelphi, Milano 1994.

Capitolo 8 – Filosofia prima

8.1 - Il confronto di Leonardo Messinese con Emanuele Severino in vista della

Nel documento UP ALL’ALBA DELL’ETERNITÀ (pagine 54-58)