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Zona ovest e nord - ovest

Tra i territori di confine della città di Bologna, l’area che mostra il panorama scrittorio più uniforme è senza dubbio quella a ovest e nord – ovest (Crespellano, Bazzano, Anzola, S. Maria in Strada, Castelfranco Emilia), ossia quella più direttamente a contatto con il territorio modenese e nonantolano.

Una sorta di enclave interna a questa zona è rappresentata da un gruppo di tre scriventi, legati al territorio di Borgo Panigale: Giovanni XX (1100 – 1133141), Bonushomo (1101 – 1112) e Ugo III (1136 – 1155), probabilmente figlio di Giovanni XX.

Come precedentemente indicato, Orlandelli aveva dato grande rilievo proprio alla figura di Iohannes clericus et primicerius sancte Bononiensis ecclesie, figlio e continuatore di tabellio Petrus (caposcuola di una delle tre correnti scrittorie dell’XI secolo142). Rilevandone la vicinanza con la locale curia vescovile, lo studioso aveva sottolineato il carattere fortemente cancelleresco della sua scrittura, connotata da una densa selva di aste ascendenti.

141 Giovanni XX roga anche nel secolo precedente, cfr. F

EO 2001,docc. 258, 315-316, 376, 380, 391-92, 406, 409-410, 423, 441, 453

142 Cfr. O

RLANDELLI 19652,p. 39,ORLANDELLI 1985, pp. 262 e sg.; FEO 2001,docc. 107, 118, 171, 183, 207, 210-211, 221, 260, 282, 285, 287, 302, 305, 324

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In effetti, sono presenti numerosi elementi di matrice cancelleresca nella scrittura di questo notaio, costituiti, oltre che dalle aste, anche da segni a nodo più o meno stilizzati con funzione abbreviativa. Nelle carte da lui redatte nel XII secolo si osserva tuttavia una notevole evoluzione rispetto al secolo precedente: i segni abbreviativi risultano, infatti, diminuiti o molto stilizzati, e anche il numero di legature appare notevolmente ridotto.

Peculiare è poi l’uso di terminare le aste di alcune lettere della completio con un segno a nodo, uso che si ritrova anche in Bonushomo, anch’egli legato al territorio di Borgo Panigale e, come Giovanni XX, alla committenza della chiesa di S. Maria in Panicale. Sebbene gli elementi cancellereschi siano ancora presenti nelle sue carte, appaiono tuttavia un po’ più contenuti.

Una stabilizzazione ancora maggiore del tipo di Giovanni XX si trova in Ugo III. Gli unici segni allungati visibili nelle sue carte sono l’et di origine tachigrafica (che si riallaccia anche ai modi di Angelo e Bonando, il che non stupisce, data la distanza relativamente breve tra Borgo Panigale e il centro di Bologna) e i pochi segni a nodo stilizzati con funzione abbreviativa.

Per quanto riguarda il resto della zona ovest, già Orlandelli aveva osservato un’influenza nonantolana nelle carte di alcuni dei protagonisti del XII secolo bolognese. Questa zona si era dimostrata particolarmente avanzata dal punto di vista della scrittura già nel secolo XI, quando, a partire dagli anni Venti, aveva fatto la sua comparsa una “minuscola documentaria precocissima”, già quasi totalmente priva di elementi corsivi, con esiti “molto avanzati rispetto al coevo panorama cittadino bolognese143”.

Nel XII secolo, la scrittura dei notai della zona ovest è una carolina curata e calligrafica, che se in Fredulfo (1100 – 1109144) appare ancora connotata dalla presenza di residui elementi di corsività, si evolve nei documenti di Giovanni XXVI (datati al primo decennio) in una scrittura minuta ed elegantissima. Con Ildevrando (1103) questa carolina assume forme particolarmente chiaroscurate e marcate, già in transizione verso la gotica.

Particolare maturità si osserva nelle scritture di Giovanni XXX (1105), Corrado (1119 – 1149), Alberto VIII ([11]24 – 1149), Benzone (1125) e soprattutto Manfredo (1139 – 1169), che redige i suoi documenti in una carolina dal modulo perfettamente regolare, leggermente compresso verticalmente.

Un po’ stentate appaiono invece le forme di Leone IV (1116), in cui sono ancora presenti, anche se rari, elementi di corsività, come l’et a nodo.

Nelle scritture di questi notai sono stati inoltre riscontrati due peculiari elementi comuni: la forma della S- della parola “Signum”, che crea un ampio ponte, tagliato da un segno obliquo, con la –g, e

143 I

ANNACCI 2011, p. 382

144 Fredulfo roga anche nel secolo precedente, cfr. Feo 2001, docc. 152, 230, 243, 250, 257, 259, 270, 286, 350, 360, 367, 411, 413, 422, 424, 438, 457

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il signum notarii, costituito da un’asta allungata, talvolta chiusa a nodo nella parte inferiore, tagliata da una serie di segni obliqui. In Giovanni XXVI e in Alberto IX questo signum assume la forma di una h, sempre tagliata da segni obliqui145.

L’insieme delle caratteristiche rilevate in questa scrittura induce a ipotizzare un’influenza della tradizione modenese e nonantolana sugli usi di questa zona anche nel XII secolo, come già in quello precedente, influenza che, come rilevato, era stata messa in evidenza anche da Orlandelli. Tuttavia, lo studioso considerava l’influenza di Modena e Nonantola solo come in fatto isolato e accidentale, non un vero e proprio filone scrittorio che avrebbe esercitato la propria influenza su Bologna. La complessiva omogeneità dei documenti redatti dai notai legati al territorio di confine con Modena, nonché la presenza di elementi comuni e fissi nelle carte di questi scriventi (come ad esempio il Signum notarii sopra citato) fa però ipotizzare che l’influsso di questa zona non fosse un fatto limitato, ma abbia anzi costituito per Bologna una delle influenze più significative146.

Zona nord e nord - est

Nelle aree a nord (Sala Bolognese; Argelato; Galliera), nord – est (Lovoleto, S. Giovanni in Triario, Granarolo) ed est (Budrio, Fiesso, Castenaso, Medicina) di Bologna si osserva invece un panorama scrittorio più variegato, che va dalle forme parzialmente arretrate tipiche della zona di Galliera, a quelle molto peculiari di Medicina, fino a quelle un po’ rozze dell’area di Castenaso e Fiesso. Come per il secolo XI, sembra che quest’ampia area risenta di influenze molteplici, provenienti sia dal centro cittadino che dai territori attigui.

I notai che afferiscono alla zona di Argelato e Sala Bolognese sono Gerardo VII (1123), Giovanni XXXIV (1136 – 1146), e Rolando II (1142 – 1143).

La scrittura di Gerardo VII si connota per una notevole cura formale, che sembra risentire dell’influenza di Angelo, soprattutto nello sviluppo marcato delle aste di d e nella forma dell’et tachigrafico; caratteristiche non molto dissimili si ritrovano in Giovanni XXXIV, che appare già proiettato verso le forme regolari e geometrizzanti della gotica e che in Rolando II si risolvono in una scrittura un po’ meno curata, ma altrettanto evoluta.

Molto diverso, e per certi versi più arcaico e conservatore, è lo scenario offerto dal territorio di Galliera, dove agiscono Azzone I (1134, 1137), Alberto X (1145), Ubaldo (1106 – 1126) ed Egidio I (1152). Nell’insieme, le scritture di questi notai si caratterizzano per forme un po’ rozze, a lungo

145 Questo signum ha uno svolgimento particolare in Giovanni XXX (in cui l’asta è formata da due linee accostate tra loro e tagliate da segni chiusi a ricciolo) e in Cristiano (in cui i segni laterali sono a loro volta chiusi a ricciolo).

146 È auspicabile per il futuro un’indagine volta ad approfondire i possibili legami tra queste due zone, anche attraverso il confronto diretto tra la documentazione bolognese e quella modenese e nonantolana dell’XI e del XII secolo

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attardate su elementi di matrice corsiva, in particolare le legature con –i che scende sotto al rigo, ancora presenti nei documenti di Alberto X, datati al quinto decennio del secolo. Inoltre, peculiare e tipico dei notai di Galliera è anche l’uso di tagliare la i- di In nomine con uno o due segni obliqui. Anche in questi documenti non mancano, tuttavia, elementi di ricercatezza, ravvisabili in particolare nella forma delle lettere maiuscole di Ubaldo (che Orlandelli poneva in connessione con Giovanni XX; dal punto di vista grafico e territoriale, tuttavia, non sembrano ravvisabili legami tra questi scriventi) e nell’impaginazione di Alberto X ed Egidio, che dota inoltre alcune lettere (in particolare la r) di tratti prolungati discendenti nell’interlinea inferiore.

L’aspetto ancora in parte arretrato di queste scritture si spiega facilmente con il fatto che Galliera è una zona di confine del contado bolognese, che dunque risente in misura minore delle nuove istanze culturali che si stavano sviluppando nel territorio cittadino.

È da rilevare, inoltre, la presenza di punti di contatto tra le scritture dei notai di Galliera e quelle del territorio ferrarese147. Non si può escludere che la parziale arretratezza grafica di quest’area del contado bolognese sia da imputare anche alla vicinanza con Ferrara, culturalmente più arretrata rispetto a Bologna; a questo proposito, sarebbe auspicabile un’analisi sistematica dei punti di contatto tra la documentazione bolognese e quella ferrarese, peraltro non ancora studiata nella sua interezza.

Per quanto riguarda invece la zona nord – est, non si osservano differenze significative rispetto all’area urbana: per i territori di Lovoleto e S. Giovanni in Triario si potrebbe forse ipotizzare un’influenza diretta, dal momento che, come osservato, i notai innovatori e i loro immediati prosecutori furono attivi anche in questa zona del contado.

Questo dato si spiega facilmente, del resto, considerando che questa era una delle aree tradizionali di espansione patrimoniale di alcuni tra i maggiori enti ecclesiastici cittadini, come il monastero di S. Stefano e la chiesa di S. Giovanni in Monte, che affidavano ai loro notai di fiducia, operanti in città, anche gli atti relativi ai loro possedimenti nel contado: assieme ai notai, perciò, arrivavano qui anche le novità grafiche nel frattempo elaborate a Bologna.

Questa influenza si manifesta con particolare evidenza nel caso di Giovanni XXXIII (1131), Beniamino (1138) e Ginamo (1161), in cui la carolina ha assunto le forme grosse e chiaroscurate tipiche dell’uso degli innovatori.

La scrittura di Ottone (1155 – 1157) appare leggermente meno perita, quasi a un livello intermedio tra i modi della zona di Lovoleto e quelli di Granarolo e S. Giovanni in Triario.

147 Il legame con la zona di Ferrara è confermato anche dal fatto che i beni oggetto dei negozi giuridici rogati dal gruppo di notai ferraresi che agiscono a Bologna sono molto spesso collocati proprio nell’area di Galliera

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Per quanto concerne quest’ultimo territorio, si rileva la presenza di un gruppo scrittorio preciso, costituito da Ingo (1104 – 1130), Martino IX (1131 – 1133) e Viviano I (1133 – 1134), per i quali si sono riscontrate caratteristiche comuni, sia dal punto di vista dell’ aspetto generale della scrittura che dei singoli segni. Tipico di questi tre scriventi è, ad esempio, l’uso di terminare le aste di alcune lettere della completio con un segno a nodo.

A cavallo tra gli usi di questa zona e quelli di Lovoleto appare Giovanni XXVII (1102 – 1126), la cui scrittura si ricollega sicuramente a quella di Ezo di Arardo, uno dei notai che avevano dato vita al processo innovativo che nell’XI aveva condotto al superamento della tradizione scrittoria precedente148.

Alla zona nord - est di Bologna sembra legato anche Donato (1118 – 1162); tuttavia la grafia di questo notaio presenta numerosissime particolarità, non solo di tipo grafico, ma soprattutto di carattere formulare, elemento che non permette di associarlo a nessuno dei gruppi esaminati.

È dunque interessante notare come nelle aree periferiche del contadoa nord e nord - est di Bologna sia possibile osservare una molteplicità di influenze grafiche, che vanno dai modi già “puri” legati all’uso scrittorio di Angelo149

, al persistere di alcuni usi e peculiarità locali, ancora legati a una tradizione corsiva e in parte arcaica.

Zona est

All’interno dei territori della zona est di Bologna (Budrio, Castenaso, Medicina) è possibile distinguere una piccola enclave legata al territorio di Bagnarola di Budrio, rappresentata da Paolo I (1114 – 1135) e Paolo II (1128). Le forme della carolina di questi due scriventi appaiono un po’ distanti sia rispetto a quelle del coevo panorama cittadino, sia rispetto a quelle del contado, e mostrano una grafia un po’ stentata e faticosa, che in Paolo II si risolve in forme leggermente più ordinate e che, in entrambi i casi, si caratterizza per la forma della s, marcatamente inclinata verso destra.

Legato al territorio di Budrio è poi Ursone (11[13]), che roga in una carolina matura e curata, probabilmente connessa anche al sostrato grafico di Castenaso, connotata dalla presenza di un signum tabellionis molto particolare.

Anche Guido II (1147) e Pietro XXXI (1145 – 1146) agiscono nel territorio di Budrio; la loro scrittura è fluente e calligrafica, caratterizzata da forme sinuose, accomunate inoltre da un signum crucis tagliato da vari tratti obliqui.

148 O

RLANDELLI 19652, pp. 99 e sg.

149 I motivi che hanno condotto a queste influenze sono stati indicati in precedenza: si tratta, in particolare, del legame con le aree di espansione territoriale degli enti che costituivano la committenza

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Nell’ambito del territorio di Castenaso agiscono Domenico III (1114 – 1130), Bonfantino I (1118), Martino VIII ( 1118) e Rolando I (1130 – 1139). Se la grafia di Rolando I ha già raggiunto le forme di una carolina matura, discorso diverso vale invece per gli altri notai, ancora parzialmente arroccati alle istanze grafiche del periodo precedente, che si manifestano soprattutto nelle legature e in alcuni compendi; anche qui si osservano elementi di compenetrazione con le scritture di Granarolo e Budrio, ma anche elementi di particolarità che sembrano invece appartenere solo a questa zona (si veda ad esempio il modo di rendere la parola “tabellio” in Domenico III e Martino VIII, come anche il termine “Signum” reso mediante un ampio ponte che collega s- e –g-).

Domenico III è stato messo da Orlandelli in connessione con Giovanni XX: tuttavia, la grafia di Domenico da Fiesso risulta molto distante rispetto a quella di Giovanni, e appare ancorata a numerosi elementi di corsività che nel secondo sono molto più sfumati. Anche dal punto di vista territoriale, non si osserva alcun legame tra questi scriventi: Domenico agisce nella zona di Fiesso, Giovanni XX è legato al territorio di Borgo Panigale, come precedentemente indicato.

Discorso a parte merita poila zona di Medicina, che si esplicita principalmente nelle forme grafiche del notaio Pergonio (1130). Nel XII secolo questa zona presenta caratteri a sé stanti sia rispetto alle grafie del centro cittadino che a quelle del contado; tale aspetto era d’altro canto già osservabile nel secolo XI, quando i notai di questa zona avevano applicato, già a partire dagli anni Sessanta, una minuscola ben delineata150. La scrittura di Pergonio è una carolina molto elegante, piegata a destra e caratterizzata da vari artifici di matrice cancelleresca, in cui l’enfatico sviluppo delle aste contrasta con il corpo rotondo e minuto delle lettere.

Altro elemento che accomuna tra loro le scritture di Medicina nei secoli XI e XII è costituito dai punti di contatto tra questa grafia e quella tipica di Ferrara, come si evince dal confronto con i documenti di alcuni notai ferraresi le cui carte sono conservate presso gli archivi di Bologna. Oltre alla leggerezza delle forme e agli artifici di derivazione cancelleresca, Pergonio si avvicina ai modi di questi scriventi,ed in particolare a quelli del notaio ferrarese Rolando III151.

Una riprova della vicinanza grafica tra la zona est del contado bolognese e aree esterne e di confine giunge anche dai documenti rogati in territorio bolognese proprio da notai ferraresi e imolesi: le loro grafie, infatti, appaiono molto simili a quelle di alcuni tabellioni della zona orientale della città. È un gruppo piuttosto nutrito quello dei notai ferraresi che rogano a Bologna nella prima metà del XII secolo: negli archivi cittadini sono, infatti, conservati i documenti di Arardo (1131 – 1137),

150 I

ANNACCI 2011, p. 381

151 I documenti di questi due scriventi si connotano per forme leggere e allungate, caratterizzate dallo slancio enfatico delle aste sia ascendenti che discendenti e dall’uso di rendere alcune parti del testo (in particolare i nomi propri) in lettere maiuscole, spesso variamente decorate

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Rodolfo II (1134), Andrea II (1147 – 1176), Giovanni XXXV (1146), Paolo III (1149), Rolando III (1149), Pegrus (1151) e Stefano I (11[..]), i quali agiscono a Bologna per diversi enti.

Come nell’XI152

, anche nel XII questo gruppo si connota per una carolina distinta rispetto al coevo panorama bolognese per diversi aspetti, ravvisabili nel sistema abbreviativo e nella morfologia dei singoli segni.

Comune a tutti i notai di questa zona è poi l’uso (ripreso da alcuni notai di Galliera e Medicina) di scrivere alcuni termini, soprattutto della completio, in lettere maiuscole.

Negli archivi bolognesi sono poi conservati i documenti di tre notai afferenti al territorio di Imola: Giovanni XXIX (1104), Pietro XXXII (1147) e Giovanni XXVI (1154 – 1161). In tutti e tre i casi si tratta di una carolina molto curata e calligrafica, talvolta ancora connotata da residui elementi di corsività, che raggiunge forme elegantissime in Giovanni XXIX. Come nel caso di Ferrara, anche per Imola si osservano abitudini scrittorie che in parte si discostano da quelle del coevo panorama bolognese (si veda ad esempio l’uso di abbreviare d(e) con l’asta di d- ripiegata sotto al rigo). Comune a questi scriventi è anche l’uso di segni formati da linee ondulate accostate tra loro nel margine inferiore destro. Particolarmente curata è poi la i- di In nomine, di forma zoomorfa.

Zona sud e sud - est

A differenza di quanto avveniva per il secolo XI153, non si osserva, per le zone sud - est (S. Lazzaro di Savena; Ozzano dell’Emilia; Varignana) e sud di Bologna (Pianoro; Vergato; Monzuno) una particolare arretratezza dal punto di vista grafico, sebbene alcuni elementi di corsività permangano e non sia possibile osservare per questo territorio la compattezza e l’omogeneità che invece connotano l’area del centro.

I notai che agiscono a Ozzano e Varignana sono Fantino (1117), Pietro XXVIII (1122 – 1150), Giovanni XXXII (1125 – 1158) e Uberto III (1126). Essi rogano in una carolina caratterizzata da elementi di derivazione cancelleresca, costituiti dallo sviluppo delle aste verticali e dai numerosissimi segni abbreviativi orizzontali o a fiocco, anche doppio (tipici, questi, della scrittura di Uberto III).

Leggermente più stentata appare la grafia di Fantino, che non manca dei consueti artifici cancellereschi, ma è redatta da una mano meno perita rispetto a quella dei notai dello stesso gruppo. Non si esclude un’influenza di Angelo nella scrittura di Giovanni XXXIII.

152 Cfr. I

ANNACCI 2011, p. 381 153

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Gli esiti maggiormente arretrati di questa zona si osservano nella scrittura di Pietro XXVII (1116 – [1124]), legato al territorio di S. Lazzaro di Savena; egli roga in una carolina ancora parzialmente legata ad elementi di matrice corsiva, come le legature con –i che scende sotto al rigo, la a aperta e l’abbreviazione q(ue) resa da asta di q- ripiegata a nodo. La selva di segni allungati che caratterizza i documenti di questo notaio sembra ricollegarlo anche all’area di Pianoro.

Per quanto riguarda la zona collinare a sud di Bologna, si può osservare innanzitutto il numero molto ristretto di notai che agiscono in questo territorio, elemento forse legato alla scarsa densità abitativa del luogo. In quest’area è evidentemente portato avanti il processo avviato nel secolo precedente, in cui alle forme rustiche e rozze della prima metà del secolo si erano sostituite scritture “direttamente riferibili alle […] precaroline documentarie osservate in città154”.

I notai legati al territorio di Pianoro sono Pietro XXVII (1116 – [1124]), Andrea I (1124 – 1133), Pietro XXX (1142 – 1153), come anche Teucio (1127 – 1142) e Tegrimus (1114).

Andrea I e Pietro XXVII rogano in una carolina non particolarmente curata, caratterizzata da una densa selva di aste e segni allungati, che però si risolve, nei documenti più tardi di Pietro XXX, in una scrittura già in transizione verso la gotica, connotata da elementi peculiari (come il signum tabellionis) che lasciano trasparire possibili influenze esterne rispetto a Bologna.

Per quanto riguarda Teucio, la scrittura presenta ancora diffusi elementi di matrice cancelleresca, e ricorda, per quanto riguarda la forma della parola “Signum”, l’uso dei notai di Castenaso.

Medesima ricercatezza di matrice calligrafica si ritrova nella scrittura di un altro notaio della zona sud di Bologna, Pietro XXIX (1136), che in alcuni atteggiamenti (come la forma delle d e l’inclinazione della scrittura) sembra ricollegarsi ad Angelo.

Molto meno curata appare invece la scrittura di due notai collegati alla zona montana di Monzuno, Giovanni XXXI (1109) e Pietro XXXV (1151), che si sviluppa in forme un po’ rigide e stentate, anche se non mancano tentativi da parte di questi scriventi di rendere tale scrittura più ricercata, ravvisabili soprattutto nella forma di alcune lettere maiuscole.

Legato al territorio di Vergato è infine Rainerio II, che roga nel 1130 in una carolina matura, già inclinante verso le forme della gotica, forse influenzata da elementi esterni, come sembra suggerire la forma del signum che precede l’invocazione verbale e la completio.

L’excursus attraverso le scritture dei notai del contado ha permesso di osservare che, escludendo situazioni di parziale arretratezza (come i casi di Castenaso) e situazioni eccentriche come quella di Medicina, il resto del contado bolognese non mostra differenze sostanziali rispetto al coevo panorama scrittorio cittadino.

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Sicuramente l’influenza di Bonando e ancor più quella di Angelo sono state più dirette e significative nelle zone del centro della città; tuttavia, esse sono state recepite, in maniera più o meno rigorosa, anche da una parte dei notai del contado: si veda ad esempio il caso di Lovoleto, in cui, come già osservato, non si può escludere un’influenza diretta dei due notai innovatori, che spesso rogavano anche in questa zona. Come precedentemente indicato, questo dato si può collegare al fatto che Angelo e Bonando agivano principalmente nelle zone di espansione e rafforzamento patrimoniale dei maggiori enti ecclesiastici del territorio bolognese (in particolare del monastero di S. Stefano e della chiesa di S. Giovanni in Monte), portando, in questo modo, le

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