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O SSERVAZIONI SUL NOTARIATO BOLOGNESE DEL SECOLO

Finalità della presente ricerca è stata quella di approfondire alcuni aspetti grafici della documentazione privata bolognese del secolo XII, al fine di tracciare meglio la fisionomia del notariato locale.

In particolare, l’analisi è stata condotta con il fine di analizzare da un lato il panorama scrittorio generale sviluppatosi a Bologna nel secolo XII e, più precisamente, l’evoluzione della minuscola carolina nelle carte dei notai bolognesi di questo secolo; dall’altro quello di verificare se e in che modo si potessero individuare all’interno di questo quadro generale linee e tendenze particolari, ovvero parentele e affinità grafiche fra gruppi di tabellioni, tali da gettare una qualche luce sulle modalità di apprendimento della scrittura da parte dei notai stessi e sulla loro attività professionale, al fine di stabilire se, anche in questo periodo, la corporazione notarile bolognese presentasse le caratteristiche di omogeneità e compattezza ipotizzate da Cencetti e Orlandelli già per l’XI secolo e poi a maggior ragione per il XII secolo, nel periodo del cosiddetto ‘rinascimento giuridico’.

Punto di partenza imprescindibile per l’analisi del panorama grafico bolognese del secolo XII sono stati proprio gli studi di Giorgio Cencetti e Gianfranco Orlandelli, come ricordato in precedenza. I due studiosi sono giunti a conclusioni analoghe in merito agli sviluppi della minuscola carolina sul territorio bolognese, e hanno colto il carattere di organicità e perfezione che ha caratterizzato questa scrittura fin dalla sua prima comparsa nei documenti della città felsinea.

Osservando l’evoluzione della scrittura dei notai bolognesi del secolo XII, è stato possibile constatare come la maggior parte dei documenti redatti a partire dal 1100 e fino al 1164 siano effettivamente vergati in una carolina curata e uniforme, complessivamente in linea con gli aspetti descritti dai due studiosi; una scrittura, quindi, che pur attardandosi talvolta in residui caratteri corsivi (in particolare le legature arcaiche con -i che scende sotto al rigo, o alcuni compendi quale l’et corsivo (&), l’est insulare e talune forme di q(ue)), tende molto presto a evolversi verso forme che si possono definire “di transizione” verso la gotica.

Indubbiamente il XII secolo bolognese ha visto, parallelamente all’opera di Irnerio e al nuovo fermento politico, economico e culturale cittadino, anche un deciso rinnovamento degli usi grafici e delle abitudini scrittorie del notariato locale, che finalmente, da Angelo in poi, abbandona definitivamente la tradizionale corsiva tabellionale, a cui la corporazione era rimasta fortemente legata per tutto il corso del secolo XI131. Le esigenze di modernizzazione si fanno quindi sentire

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anche in un ambito apparentemente tecnico e specifico come quello della scrittura usata per redigere i documenti privati.

Ma nonostante la generale omogeneità data dalla diffusione della minuscola carolina nelle carte, è ancora possibile rilevare, nel panorama grafico bolognese, alcuni elementi che appaiono peculiari di singoli scrittori o gruppi di scrittori.

Dovendo lavorare su un totale di circa settecento documenti, l’individuazione dei collegamenti tra i vari notai non si è dimostrata sempre immediata, proprio in virtù della sostanziale uniformità che caratterizza la scrittura in questo momento della storia di Bologna.

La chiave per individuare tendenze particolari o “famiglie” grafiche all’interno di un quadro così uniforme è stata trovata mettendo in relazione il dato prettamente grafico con quello relativo ai luoghi di rogazione132, alla committenza storica133 e, infine, all’ubicazione dei beni oggetto del negozio giuridico dei vari documenti. Quest’ultimo dato, in particolare, si è rivelato significativo, dal momento che è stato possibile osservare come nei documenti di uno stesso rogatario i beni siano collocati quasi sempre in un medesimo territorio134.

Il primo notaio per cui si è riscontrato questo dato è stato Giovanni XX: nella maggior parte dei suoi documenti, il negozio giuridico ha come oggetto beni collocati nel territorio di Borgo Panigale. Il passo successivo è stato quello di verificare quali altri notai fossero legati a questa zona, ed è emerso che questi erano Bonushomo e Ugo III. Confrontando le loro carte con quelle di Giovanni XX, è stato quindi possibile osservare che tra i documenti di questi scriventi intercorre una forte somiglianza anche dal punto di vista grafico: le loro scritture sono accomunate dalla presenza di numerosi elementi di matrice cancelleresca (come le aste delle lettere della prima riga del documento e della completio, che appaiono notevolmente allungate e terminano in apice con un caratteristico segno a nodo), la forma delle lettere maiuscole, il cui corpo è spesso tagliato da trattini complementari, la peculiare forma della –i in legatura, che si allunga enfaticamente nell’interlinea inferiore (anche se questo elemento non è riscontrabile nei documenti di Ugo III, la cui scrittura appare più matura rispetto a quella degli altri due scriventi, praticamente priva degli elementi di corsività tipici delle carte di Giovanni XX e Bonushomo). I documenti di questi tre notai sono accomunati anche da analogie di carattere formulare135.

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Tuttavia non sempre l’indicazione topografica fornita dall’actum è significativa per riscontrare affinità e parentele grafiche: non sempre, infatti, a una medesima datazione topica fa riscontro un’affinità grafica

133 Cfr. nota 126 134

Tale evidenza si è riscontrata anche se l’indicazione topografica indicata nell’actum dei diversi documenti poteva variare: in altre parole, documenti in cui il bene oggetto del negozio giuridico è collocato sempre nella medesima zona possono essere stati rogati in aree cittadine diverse

135 Anche se questo dato si rileva soprattutto per Giovanni XX e Bonushomo, mentre Ugo III si discosta in parte dalle formule utilizzate dagli altri due scriventi

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Questo tipo d’indagine, basata sull’osservazione della relazione tra scrittura e ubicazione dell’oggetto del negozio giuridico, è risultata valida anche per altri notai che agiscono sul territorio bolognese: si veda, ad esempio, il caso di Paolo I e Paolo II, che costituiscono una sorta di piccola “enclave” nel territorio di Budrio; o ancora i notai legati alla zona ovest, che, come si vedrà in seguito, presentano scritture caratterizzate da forti omogeneità.

Inoltre, l’analisi basata sull’osservazione della relazione tra scrittura, actum, ubicazione dell’oggetto e committenza storica, può contribuire a gettare luce su aspetti storici di un certo rilievo. Ad esempio, in alcuni casi è stato possibile osservare come molto spesso il luogo di origine dell’autore o del destinatario del documento (sovente indicato tra gli elementi onomastici) coincida con il territorio in cui sono ubicati i beni e, frequentemente, anche con il territorio in cui è stato rogato il documento stesso. Si veda, a titolo esemplificativo, il caso di Fredulfo: in diversi documenti di questo notaio l’autore o il destinatario del negozio giuridico sono indicati come habitatores del luogo in cui è stato redatto il documento stesso136.

In altri casi, il fatto che all’interno dei documenti di alcuni notai ricorrano sempre le medesime zone non è che il riflesso delle vicende patrimoniali dell’ente – molto spesso un grande monastero o comunque un ente ecclesiastico di una certa importanza – per il quale i notai lavoravano.

Dunque, in base alle relazioni riscontrabili tra scrittura, committenza e territorio, è stato possibile individuare all’interno del panorama scrittorio bolognese del secolo XII alcune parentele e affinità scrittorie tra gruppi di notai, individuabili su base geografica.

In particolare, sono state identificate cinque suddivisioni territoriali: zona del circuito urbano137, zona ovest e nord – ovest, zona nord e nord – est, zona est, zona sud e sud – est.

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