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Una parte significativa delle schede analitiche è dedicata allo studio del sistema abbreviativo di ogni notaio, al fine di tentare di individuare gli usi compendiari tipici del sistema scrittorio bolognese del XII secolo.

A tal proposito, l’analisi ha permesso di evidenziare una sostanziale omogeneità tra il sistema abbreviativo dei documenti privati bolognesi di questo periodo e gli usi generali della scrittura carolina, delineati da Cencetti nel suo Lineamenti di storia della scrittura latina155.

155C

ENCETTI 1997, pp. 309 – 412; qui Cencetti traccia un’utilissima sintesi in merito ai principali trattati di abbreviazioni medievali, che videro la loro prima realizzazione “quando […] il sistema costituito dalle convenzioni abbreviative cominciò a declinare nei suoi presupposti e nelle sue basi, e le infrazioni alle regole fino allora seguite con uniforme costanza portarono alla formazione e alla moltiplicazione di compendi arbitrari e capricciosi, cioè quando la scrittura gotica entrò in quella crisi di cui vedremo interprete illustre il Petrarca”, p. 311 (per i trattati e i dizionari di abbreviazioni v. pp. 311 – 315). Cencetti traccia poi una rassegna bibliografica degli studi compiuti tra XIX e XX secolo sui sistemi abbreviativi romani e medievali (pp. 315 – 323), di cui si possono citare quelli di CAPPELLI 1979, L. A.CHASSANT (che “tentò di rendersi conto non tanto delle singole abbreviature quanto delle regole secondo cui esse erano formate” (cfr. p. 318) e le distinse in 8 classi, ancora oggi in gran parte utilizzate: per sigla, per contrazione (in cui l’abbreviazione è formata dalla prima e dall’ultima lettera, conservando talora alcune delle medie), per sospensione (o troncamento), formata dalle prime due tre o quattro lettere; per segni abbreviativi, formate con segni aventi significato particolare; per lettere sovrascritte; per lettere abbreviative, in cui una lettera distinta da un segno abbreviativo generale vale per una sillaba; per lettere monogrammate; per segni particolari (come ad esempio l’est insulare)); anche Wattenbach (WATTENBACH 1866) distinse abbreviazioni per classi, ma riconobbe una classe di abbreviazioni “per segno abbreviativo generale” e collegò la forma di molti segni speciali alle note tironiane; importantissimi furono poi gli studi di C. Paoli (PAOLI 1891), che distinse abbreviazioni per segno generale, in cui il segni abbreviativo non ha altra funzione se non quella di avvertire genericamente che la parola è abbreviata, e quelle per segno specifico, in cui il segno rappresenta particolari lettere o sillabe; questa classificazione è ormai adottata da tutti “e rispecchia effettivamente le linee fondamentali del sistema abbreviativo medievale in quanto possa effettivamente ravvisarsi un sistema”, cfr. CENCETTI 1997, p. 320. Ludvig Traube, nel contributo Das alter des “Codex Romanus” des Virgil (in “Strena

Helbigiana”, Lipsia, 1900, pp. 307 – 314, Vorlesungen und Abhandlungen, III, pp. 213 – 220) compì una prima analisi

dei nomina sacra, ricerca che nel 1907 confluì, postuma, nella sua opera principale, Nomina Sacra (TRAUBE 1907); sul sistema abbreviativo medievale v. inoltre STEFFENS 1919, pp. 244 – 254; FOERSTER 1916; TURNER 1924, pp. 62 – 74 e la fondamentale opera di LINDSAY 1915, le cui ricerche erano volte ad accertare per ogni vocabolo le forme

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Lo studioso aveva osservato come anche nel sistema delle abbreviazioni si fosse verificato il processo di ricostruzione dell’unità grafica che aveva interessato la scrittura latina in generale, dopo il periodo del particolarismo grafico. Dalla “capricciosità” e dalla “varietà” di compendi che avevano caratterizzato le scritture dei regni romano – barbarici, con la scrittura carolina si sviluppò una sorta di koinè, in cui la comunità delle abbreviazioni costituiva il parallelo perfetto della rinnovata unità grafica156.

La ripresa e l’uniformazione del sistema compendiario di età carolina sono fatte risalire da Cencetti al rinnovato interesse per gli antichi manoscritti che si accese tra l’VIII e il IX secolo: quei codici, ricchi di compendi e note tironiane, avrebbero indotto alla ripresa di questi espedienti scrittorii anche nell’ambito della scrittura pubblica e privata157

.

La rinnovata unità del sistema abbreviativo carolino si osserva in maniera evidente anche all’interno del panorama scrittorio bolognese del secolo XII, in cui una comunità di usi e abitudini caratterizza la maggior parte degli scriventi.

Il sistema abbreviativo usato a Bologna, in linea con gli esiti e gli sviluppi del panorama generale della carolina, comprende vari tipi di compendi: molto diffuso è quello per troncamento, in cui vengono scritte solo le prime lettere di una parola e l’abbreviazione è segnalata per mezzo di un segno dal valore generico (che nella maggior parte dei casi consiste in un trattino orizzontale). Molto diffuso appare anche il sistema di troncamento “misto”, che prevede l’aggiunta di alcune lettere mediane (non finali) alle iniziali della parola troncata (v. ad esempio d(omi)niu(m), Angelo, doc. 5 r. 10).

Altrettanto diffusa nel panorama scrittorio cittadino è l’abbreviazione per contrazione, in cui al troncamento è aggiunta la desinenza delle parole: grazie a questo tipo di compendio, veniva

compendiarie usate nei vari scriptoria nelle diverse epoche, “fornendo così un importantissimo strumento critico per le indagini filologiche sui testi latini e anche, indirettamente, notevoli elementi per lo studio della storia della cultura nell’alto medioevo”, p. 322. Si v. infine gli studi di Schiaparelli (SCHIAPARELLI 1914– 1915;SCHIAPARELLI 19151; SCHIAPARELLI 19152;SCHIAPARELLI 1917;SCHIAPPARELLI 19261, cfr. CENCETTI 1997,pp. 322 – 323, nota 46)

156 Secondo Cencetti, “come abbiamo creduto di poter parlare di una “classe carolina” nell’un caso si potrebbe parlare di una “classe carolina” anche nell’altro”, IBID.,p. 370; e ancora: “la riforma scrittoria carolina sembra aver seguito, per quel che riguarda le abbreviazioni, regole molto più precise, e soprattutto ha il merito di avere sfoltita la foresta dei compendi sovrabbondanti e aver elaborato un sistema di abbreviature meno ambiguo che fosse possibile”, p. 372 157 Cfr. I

BID.,pp. 373 - 374; questo processo viene sintetizzato anche dallo Schiaparelli: “Tra l’VIII e il IX secolo termina questo periodo di transizione e principia uno nuovo: le abbreviature delle lettere p e q sono oramai d’uso comune; ricompaiono qua e colà altre note giuridiche; si nota un maggior numero di segni ed elementi tachigrafici; il compendio di contrazione si estende […] Che cosa significa tutto ciò se non un risveglio e sotto un certo aspetti una rinascita nello studio delle note tironiane e giuridiche? […] Tutto ciò contribuì indubbiamente a rafforzare il sistema abbreviativo quale appunto si aveva nelle note giuridiche. Da una parte si ebbe la continuazione, tenue e saltuaria, del loro uso; dall’altra rinverdirono le fonti loro originarie col rinnovato studio delle note tironiane e dei codici giuridici. I risultati furono varii, poiché non solo si rafforzò l’uso di forme non mai scomparse, ma si accolsero e si divulgarono altre andate in disuso e altre se ne foggiarono a loro somiglianza; e, quello che più conta, i principii fondamentali del sistema, quali risultano dal valore dei segni e dalla composizione delle abbreviature, sia per troncamento sia per contrazione, attinsero nuove energie, nuovi impulsi”, SCHIAPARELLI 19262, pp. 39 – 41, cit. in CENCETTI 1997 a pp. 374 – 375

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superato il problema tipico delle abbreviazioni per troncamento, che non tenevano conto dei suffissi di flessione e di nome delle varie parti del discorso.

I compendi delle carte private bolognesi del secolo XII, in linea con il sistema carolino, si compongono di due parti: la scrittura alfabetica del vocabolo abbreviato e il simbolo, che segnala il carattere compendiario della scrittura stessa, e consiste nel “segno […] che serve a indicare semplicemente che il gruppo di lettere al quale si riferisce costituisce una abbreviazione158”.

Tra i simboli maggiormente usati dai notai bolognesi vi è la lineetta orizzontale sovrascritta al compendio: nella maggior parte dei casi essa indica la caduta delle nasali, ma è utilizzata anche per segnalare la presenza di un troncamento o di una contrazione. Spesso essa interseca l’asta delle lettere, e così facendo assume sovente una forma a nodulo (talvolta doppio o triplo), molto diffuso nelle scritture dei notai legati a una scrittura di matrice cancelleresca (si v. ad esempio i documenti di Corrado e Uberto III).

Altro segno molto diffuso è l’apostrofo, o comma, che nella maggior parte dei casi indica la desinenza –us. Spesso questa desinenza è indicata da un segno sovrascritto all’ultima lettera dalla forma simile a una piccola s.

I notai bolognesi fanno largo uso anche del cosiddetto semicolon (che Paoli annovera tra i “segni abbreviativi di significato relativo159”) ossia un segno simile a un punto e virgola avente il valore di –us dopo –b- e di –ue- dopo q-.

Nel caso dell’abbreviazione –b(us), in alcuni notai il suffisso -us assume una forma simile a una virgola che si allunga (più o meno enfaticamente) nell’interlinea inferiore, e diviene simile a quella della –i allungata sotto il rigo tipico delle scritture corsive (v. ad esempio i documenti di Ubaldo). Ricorrono costanti nelle carte dei notai bolognesi del secolo XII anche le cosiddette abbreviazioni “sillabiche160”, come la b dotata di lineetta obliqua che interseca l’asta a indicare b(er), d con asta

tagliata per d(e), s con lineetta intersecante per indicare s(er).

Nella documentazione bolognese di questo periodo è poi molto frequente trovare abbreviazioni per letterina sovrascritta, come ad esempio i sovrapposta a r per rendere il compendio r(i), o i sovrapposta a q per indicare q(ui).

Appaiono ancora diffusi i compendi di origine tachigrafica, come l tagliata da una lineetta orizzontale per indicare v(el), il c conversum con funzione di c(um) (anche se questa abbreviazione è per lo più limitata a notai ancora legati a istanze grafiche un po’ arretrate), e i frequentissimi compendi di p (p(er), p(re), p(ro)). In questa categoria di abbreviazioni si può annoverare anche l’et a forma di 7, che ricorre soprattutto nelle carte dei notai la cui scrittura presenta un grado di 158 I BID.,p. 385 159 Cit. in I BID., p. 388 160 Cfr. IBID.,pp. 388 - 389

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sviluppo elevato, lontano dalle istanze del periodo precedente. Talvolta, tuttavia, tale compendio si alterna, nelle carte di uno stesso scrivente, con l’abbreviazione &, che pure ricorre frequente nelle carte del XII secolo e può essere considerata abbastanza canonica. L’et di origine tachigrafica costituisce un elemento caratterizzante delle scritture dei notai del centro cittadino: in Angelo questo compendio è connotato dal tratto verticale marcatamente allungato nel rigo inferiore, elemento che accomuna il notaio ai modi di Bonando, Gerardo VI, Rodolfo III, Aimerico I, Damiano e Cristiano.

In alcuni rari casi, i segni abbreviativi costituiscono un elemento che conferma le parentele grafiche tra gli scriventi legati alle diverse zone del territorio bolognese: si veda ad esempio il caso caratteristico dell’abbreviazione d(e) nei notai della zona di Imola (Giovanni XXIX, Giovanni XXXVI, Pietro XXXII), resa mediante la piegatura a nodo della parte inferiore dell’asta di d-. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, i singoli scriventi delle diverse zone mantengono una propria autonomia nell’uso e nella scelta delle abbreviazioni.

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