HWGΓUIΩVXLBFJMNPYKRZ
8. Note al testo critico dell’Homilia in Ps 59
PARAGRAFO 1
1, 1 ἀφορῶντα: ἀφορῶν WN
Lectio facilior da parte dei manoscritti W ed N. Basilio sta parlando di sé, e rappresenta il soggetto logico della frase, ma il participio ἀφορῶντα concorda in realtà con l’accusativo µμε, piuttosto distante.
1, 4 διοχλοῦντος + δὲ ΓUIΩFPRZ
L’addizione di δὲ, propria di una minoranza dei codici, è stata forse inserita dai Maurini nell’edizione del 1721 per influenza del codice U, che era alla base della loro collazione. Il senso e il contesto non lo rendono necessario.
1, 8 νήήπιον: παιδίίον WF
Questa, benché minore, è la prima variante che pone in evidenza lo stretto legame tra i codici W ed F, che in questa come nelle omelie sui Salmi 61, 114 e 115, appare particolarmente evidente, insieme al codice B. Si veda a questo proposito l’introduzione all’edizione critica (cfr. supra, p. 68).
1, 24 οἰκτείίρησας: ᾠκτείίρησας Δ Σ T ΓUΩVXLJMNPYKRZ
La tradizione manoscritta si divide in questa lunga citazione del Libro dei Re, tra l’indicativo e il participio. Qui abbiamo preferito la lezione dei codici più autorevoli, distribuiti equamente in tutte le famiglie.
PARAGRAFO 2
2, 6 µμωὰβ: ῥαὰβ Σ NY ῥαὰφ ΓUVJRZ
La stragrande maggioranza dei codici, tra cui i più antichi e autorevoli, riporta la lezione µμωὰβ, che non è presente nel testo biblico, il quale riporta invece il ῥαὰβ che appare come una correzione dei copisti di una minoranza di manoscritti, la maggior parte dei quali tardi. Preferiamo qui lasciare la lezione “erronea” tradita dal consensus codicum. In generale, questa lunga citazione scritturistica non è riportata alla lettera e contiene diverse imprecisioni, come se Basilio l’avesse riportata senza verificarla nel dettaglio.
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Errore dovuto alla prossimità di questo sostantivo col genitivo indeclinabile µμωὰβ: in realtà l’apposizione βασιλέέα concorda con il precedente accusativo, anch’esso indeclinabile, ἀδραζὰρ.
2, 7 σωβᾶ: σουβᾶ WF
Anche in questo caso, la forma σουβᾶ, presente nei LXX, è largamente minoritaria nella tradizione manoscritta di Basilio.
2, 10 ἀνδρῶν + πεζῶν Δ T ΓUΩVXFNPYRZ
Di nuovo un caso di “normalizzazione” della citazione scritturistica in una parte della tradizione manoscritta.
2, 14 σαρουΐα: σαρουΐας DΔ T GΓBJPKZ
La forma declinata in genitivo, propria del testo dei LXX, appare di nuovo fortemente minoritaria nella tradizione manoscritta di Basilio e dunque probabile integrazione dei copisti.
2, 17 καὶ τὴν συρίίαν σωβᾶ om. Ω
L’omissione, che coincide con testo dei LXX, è propria del solo Ω che tende dunque a “normalizzare” un testo citato in più punti con larghe imprecisioni.
2, 20 παρετάάξατο: παρετάάξαντο DΔ ΘES T HWGΓUIΩVXLFJMNPYKRZ posuit Ruf
La maggior parte della tradizione manoscritta si uniforma qui al testo della LXX, tranne pochi codici antichi e autorevoli, quali CA Φ e B, che trovano conferma nel posuit con cui Rufino traduce questo verbo.
2, 34 ἡµμᾶς + καὶ καθεῖλες ἡµμᾶς CAD ΘΣES T HGΓUIVXLBFJMPYKRZ Ruf omittit
Anche qui, come nel caso precedente, abbiamo optato per l’omissione della seconda parte del versetto 3 del Salmo, dando credito alla versione di Rufino e confortati dalla lezione di alcuni codici di particolare autorevolezza, quali soprattutto Δ e W.
2, 52 φθέέγγεται: ἐφθέέγγετο WF
Lezione che indica la tradizione spesso autonoma dei manoscritti W ed F, a volte corroborati da B.
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2, 62-‐‑63 τὴν τοῦ σώώµματος ἕξιν ~ T HΓUIVPYRZ
Una parte della tradizione manoscritta, come del resto i Maurini, in questo caso influenzati dal codice U, il principale testimone utilizzato da Garnier, tende a “normalizzare” la posizione dei gentivi nella classica posizione attributiva.
2, 67 ἄλλοι + µμὲν Φ WBFZ
L’autorevole tradizione dei codici WBF, qui supportata da altri due testimoni, riporta spesso varianti autonome, che caratterizzano le omelie sui Salmi 59, 61, 114 e 115. Qui, a inizio di un lungo periodo caratterizzato da un elenco, sembrerebbe giustificato il µμὲν d’apertura. Lo è molto meno considerando che un secondo µμὲν, si ritrova dopo poche righe. Poiché la tradizione è concorde sul secondo dei due µμὲν, abbiamo preferito lasciare quello in luogo di questo primo µμὲν, di per sé in posizione più corretta.
2, 74 µμὴ διὰ τὸ ~ WBF
Trasposizione ininfluente dal punto di vista sintattico e di senso, ma che individua bene la terna dei manoscritti WBF quali portatori frequenti di lezioni autonome dal resto della tradizione.
2, 76 τῷ: τὸ CADΔ ΘES HGΓIΩXLFMNYKZ
Al di là del fatto che appaia molto frequentemente lo scambio tra ο e ω in tutta la tradizione manoscritta, qui l’uso di τὸ per reggere l’infinito ἐκκεκλίίσθαι, benché abbia dalla sua il consensus codicum, appare come lectio facilior rispetto al dativo di causa τῷ.
2, 77 ἐννοεῖν: νοεῖν CADΔ ΦΣ WGΩLBFJNK
Diffusa nella tradizione manoscritta, questa lezione pone il verbo semplice in luogo del composto. Secondo Rouillard la presenza di verbi semplici rappresenterebbe il segno di uno stadio più antico del testo. Questa visione appare però a volte troppo meccanicistica.
2, 79 πατέέρων: ἀνθρώώπων WΓUVFPYRZ
Errore diffuso nella tradizione manoscritta, probabilmente derivato da una sbagliata interpretazione di un nomen sacrum.
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Difficile dirimere la scelta tra queste varianti: entrambe potrebbero essere glosse penetrate nel testo che hanno finito per sostituire il termine originario. Qui optiamo per il consensus codicum.
2, 84 πλάάνην om. WBF εἴδωλοποιΐαν A ΦΣ N πτοίίαν D LK πολιτείίαν G Varianti curiose, derivate forse dall’errore di qualche copista che aveva riprodotto il πολυθείίαν già espresso poco prima, poi corrotto in πολιτείίαν.
2, 91 τις τροφὴ ~ UΓ
Il caso di questa inversione, assolutamente minoritaria nella tradizione manoscritta, ma accolta dai Maurini nell’edizione del 1721, mostra ancora una volta la centralità del codice U su cui è pevalentemente basata quell’edizione, poi confluita nel Migne.
2, 92 κεχορηγηµμέένη: χορηγουµμέένη: CADΔ ΘΦΣES T
HGΓUIΩVXLJMNPYKRZ
La compattezza del gruppo WBF, ben rappresentato nell’omelia come portatore di lezioni autonome dal resto della tradizione, ci porta qui a optare per questo raro ma efficace participio perfetto, come caso di lectio difficilior.
2, 106 κλήήσεως: πίίστεως A ΘES T HΓUIΩVJPYRZ per vocationem Ruf Benché possa essere stata influenzata dal κλήήσεως che si ritrova solo due righe prima, la lezione κλήήσεως, oltre che essere confermata da codici autorevoli di tutti i gruppi, è corroborata dalla scelta di Rufino, che non traduce “per fidem”, ma “per vocationem”.
PARAGRAFO 3
3, 4 εὐεργετῶν ἡµμᾶς διὰ τῆς ἀσθενείίας om. GLJK
Già i Maurini avevano sollevato dubbi su questo passaggio, ritenuto forse poco consono al contesto, ponendolo fra parentesi quadre, senza tuttavia commentarlo in nota. Tra i 30 codici da noi collazionati, quattro omettono la frase. Riteniamo comunque, sia per consensus codicum che per il senso generale del passo, che possa essere mantenuto. Qui infatti Basilio analizza il versetto in cui il Salmo dice “O Dio ci hai respinti”, e termina però il periodo sottolineando come non manchi, nonostante questo, il soccorso di Dio che elargisce i suoi benefici per mezzo della debolezza, un tema caro a san Paolo:
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«O Dio, dunque ci hai respinti. Hai respinto coloro che si allontanavano da te secondo la misura dei loro peccati. Hai distrutto l’edificio della nostra malvagità, beneficandoci per mezzo della debolezza». E benché la chiusa non rappresenti un commento stricto sensu al versetto in questione, non appare incoerente rispetto al significato complessivo dell’esegesi basiliana.
3, 24 ἐπὶ τῶν µμετώώπων om. CDΔ ΘΦΣES T HWGΓUIΩVXLFJMNPYKRZ in frontibus eorum Ruf
L’omissione di ἐπὶ τῶν µμετώώπων ha dalla sua il consensus codicum, ma è ben rappresentata da due codici autorevoli quali A e B e soprattutto dalla versione latina di Rufino.
3, 29 ἐξαίίρετον + διαθήήκην καὶ ΘΦΣES T HΓUIΩVXPYRZ om Ruf
Qui i manoscritti più autorevoli, confortati dal testo di Rufino, che pone solo “hereditatem”, escludono l’addizione διαθήήκην καὶ, propria di una parte della tradizione.
PARAGRAFO 4
4, 12 τετάάρτης: δεκάάτης AΔ ΦΣ B CD ΘES T
HWGΓUIΩVXLFJMNPYKRZ δωδεκάάτης F quartam Ruf
La citazione di Dt 23, 3 peraltro non letterale, vede una minoranza di codici attestati sulla forma scelta da Rufino “quartam”, a sottolineare ancora una volta come il consensus codicum non sia di per sé sufficiente a giustificare la scelta di una lezione.
4, 19 ἐπιβάάλλει: ἐπιβαλεῖ AΔ ΘΦES T HWGΓUIΩVXLBFJMNPYKRZ ἐπιβάάλῃ D extendit Ruf
Tutti i codici riproducono il verbo utilizzando il futuro che è proprio del testo della LXX. Qui però Basilio, come fa sovente, sta attualizzando la citazione, che è riportata al presente dai soli codici C e Σ, lezione confortata dalla versione rufiniana, che pone il presente “extendit”.
4, 20-‐‑21 ἡ θεοφόόρος σὰρξ ~ HΓUVXMPYRZ
Questo gruppo di codici tende spesso a presentare un testo “normalizzato” o “atticizzato”, come in questo caso, dove l’aggettivo θεοφόόρος è posto nella classica posizione attributiva.
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4, 23 ἐπιδηµμίίας: ἀποδηµμίίας Maur.
Ecco un caso nel quale i Maurini tendono a correggere contro tutta la tradizione manoscritta in loro e in nostro possesso. Del resto, la “venuta” del Signore nella carne è termine ripreso una decina di righe più in là (4, 29) col participio ἐπιδηµμοῦντα.
4, 27 τις τῶν ἑρµμηνευσάάντων ~ E Maur.
Anche in questo caso, come nel precedente, i Maurini optano per un’inversione assolutamente minoritaria nella tradizione manoscritta, confortata qui da un solo manoscritto, che non rientra peraltro tra quelli che avevano a disposizione (cfr. supra p. 18).
4, 28 περιπεφραγµμέένην: πεφραγµμέένην CA ΓFM circumsaeptam Ruf
La versione di Rufino, che appare molto letterale in tutta l’omelia, conferma qui l’orientamento di gran parte dei codici che optano per la forma composta in luogo di quella semplice.
PARAGRAFO 5
5, 1 οὖν om. Δ ΘES T HΓUIΩVXMPYR ergo Ruf
«Da – ergo, inquit – nobis auxilium in tribulatione». L’inserzione della particella οὖν, che non appartiene alla citazione di Sal. 59, 13, è abbastanza diffusa nella tradizione manoscritta e presente anche in Rufino. Pertanto riteniamo sia da accogliere.
5, 18 σοι: σου C ΘES HΓUIΩVNPYRZ
Il genitivo σου, probabilmente influenzato dalla vicinanza del soggetto ἡ αἰσχύύνη, appare più banale rispetto al dativo σοι, che invece viene a dipendere dal più distante µμεταβληθήήσεται.
5, 18 ἀγγέέλου (ἀγγέέλων C M) δόόξαν ~ CDΔ T GΓUIΩVXLJMNPYKRZ L’inversione, accolta dai Maurini e perché presente nel manoscritto U da essi considerato base dell’edizione, e per la tendenza a normalizzare la posizione del genitivo nella classica posizione attributiva, è a nostro giudizio da rigettarsi, pur essendo diffusa in una buona parte della tradizione.
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9. Traduzione