ANALISI DELLA TRADIZIONE MANOSCRITTA DELLE OMELIE SUI SALMI 45 E 59
2.3 Rapporti tra i manoscritti nell’Homilia in Ps 45
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nel caso dell’integrazione di cui a nota 7, 24-‐‑30 dell’Homilia in Ps. 45. Spesso appare poco leggibile e di difficile decifrazione.
2.2 Considerazioni preliminari all’illustrazione dell’edizione critica
La prima considerazione da fare in merito a questo lavoro di edizione critica sta nella consapevolezza dell’impossibilità di addivenire a uno stemma codicum, sia perché la base manoscritta, sia pure ampia, non può necessariamente essere completa, sia perché il fenomeno della contaminazione nella tradizione di Basilio è molto frequente, ed è probabile che alcuni copisti avessero a disposizione, al momento della trascrizione, più testimoni.
Nella scelta delle varianti, oltre alle osservazioni degli studiosi che ci hanno preceduto, assumono dunque ampia importanza la critica interna e l’analisi dell’usus scribendi di Basilio, più che il puro e semplice consensus codicum. Nel caso dell’Homilia in Ps. 59 assume un ruolo centrale la comparazione tra il testo greco e la versione fattane da Rufino di Aquileia a circa trent’anni dalla morte del Cappadoce.
La seconda considerazione è che gli studiosi a noi precedenti, Rudberg e soprattutto Rouillard, nelle loro collazioni, osservavano come, pur considerando concordemente il testo della famiglia poi denominata “d” da Fedwick come “il testo migliore”, avvertissero che l’edizione critica non potesse concedere aprioristicamente a questo testo la palma delle lezioni buone. Ogni variante va dunque considerata caso per caso e pesata secondo il contesto e l’usus scribendi dell’autore.
La terza considerazione è che i rapporti tra i testimoni, come osservavano del resto già Rudberg e Rouillard, variano da omelia a omelia. Questo è indubbiamente vero anche solo nel confronto tra le due omelie da noi collazionate.
La nostra analisi della tradizione manoscritta delle omelie sui Salmi 45 e 59 si dovrà perciò necessariamente svolgere in due fasi diverse.
2.3 Rapporti tra i manoscritti nell’Homilia in Ps. 45
Nell’Homilia in Ps. 45 si osserva anzitutto una coppia di manoscritti -‐‑ il Chisian. 47 (il nostro A) e il Vat. Gr. 2053 (il nostro D) -‐‑ entrambi databili tra la fine del IX secolo e l’inizio del X, che si oppone decisamente al
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resto della tradizione, la quale, per il resto, appare invece piuttosto compatta, salvo un caso che discuteremo più avanti.
Nella classificazione di Rudberg il Chisian. 47 (A) veniva attribuito alla famiglia D, gruppo 9132, mentre il Vat. gr. 2053 (D) non era contemplato nella classificazione né collazionato per l’edizione critica di Attende.
Nella classificazione di Rouillard il Chisian. 47 (A) appartiene anch’esso al gruppo D (famiglia D2)133 mentre il Vat. gr. 2053 (D) viene attribuito al gruppo Z nella collazione di Destruam134, e al gruppo E (famiglia D8) in quella di Divites135. In entrambi i casi Rouillard considera però questi gruppi strettamente apparentati al gruppo D.
Entrambi i manoscritti appartengono alla famiglia “d” nella classificazione di Fedwick136 e sono da lui considerati codici di particolare autorevolezza e affidabilità.
Nell’Homilia in Ps. 45 la divergenza tra tutti i manoscritti da noi collazionati e il testo dei codici A e D è, dicevamo, particolarmente evidente: in 28 casi – su un totale di 178 varianti comuni a due o più manoscritti – il testo di A e D diverge da tutti gli altri. Oltre a queste 28 varianti, A e D presentano ancora 6 varianti in comune tra loro più un solo altro manoscritto, 8 varianti in comune tra loro più altri due manoscritti, per un totale di ben 42 varianti in cui A e D fanno da “capofila”.
Infine, questi due manoscritti riportano il maggior numero di varianti isolate rispetto agli altri testimoni: 30 per A e 37 per D, per un totale di 67 varianti isolate su 332. Ciò significa che questi due soli manoscritti presentano insieme il 20 per cento del totale delle lezioni isolate dei 27 manoscritti collazionati, il che fa pensare che derivino non l’uno dall’altro, ma entrambi da fonte comune.
Siamo quindi in presenza di un testo piuttosto divergente dal resto della tradizione, presente per di più in due manoscritti appartenenti a una famiglia su cui gli studiosi accordano generalmente un grado di maggiore arcaicità e affidabilità, e nella nostra analisi siamo partiti dal tentativo di verificare se non si debba ravvisare nel testo contenuto nei 132 Rudberg 1962, 126. 133 Rouillard 1961, 118. 134 Rouillard 1961, 119. 135 Rouillard 1966, 94. 136 Fedwick 1996, 3-‐‑7.
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manoscritti A e D – laddove essi concordano – quello “stadio più arcaico” e non soggetto a miglioramenti ed emendazioni che Rouillard, soprattutto nell’ultima fase dei suoi studi, sosteneva rappresentare un Basilio più genuino, più vicino insomma all’originale137.
L’analisi di alcune delle varianti sembra possa suggerire a volte questa direzione, ma senza concedere per questo ai manoscritti A e D l’esclusiva delle lezioni buone. Questi codici – e per la verità più spesso D che non A – non sono affatto scevri da sviste e fraintendimenti.
Quel che è certo è che il testo di A/D tende a offrire lezioni più tipiche del greco tardo-‐‑antico, laddove le altre presentano la tendenza ad “atticizzare”: è il caso di ἐµμµμέέσῳ in luogo di ἐν µμέέσῳ (5, 3) o di ἁπανταχόόθεν al posto πανταχόόθεν (5, 11); offre citazioni bibliche non “normalizzate”, come accade in 8, 52 dove la maggioranza della tradizione si conforma al testo evangelico che pone πρὸς ἐµμαυτόόν ἑλκύύσω, mentre A/D scrive ἑλκύύσω πρὸς ἐµμαυτόόν. Sono, questi, elementi in cui Rouillard avrebbe probabilmente individuato un Basilio più “genuino” e prossimo all’originale138.
Rimandando alle note critiche il dettaglio sulle singole scelte da noi effettuate, possiamo dire di aver preferito la lezione dei codici A e D contro il resto della tradizione in 8 casi su 28.
Per citare un solo esempio, in 1, 25 abbiamo preferito la lezione τὴν ἐναντίίαν κατάάκρισιν (“il giudizio opposto” alla beatitudine, vale a dire la dannazione) dei codici A/D a τὴν αἰώώνιαν κατάάκρισιν del resto della tradizione, combinando insieme il motivo della lectio difficilior (ἐναντίίαν senza dubbio più insolito del comune αἰώώνιαν) con l’usus scribendi di Basilio: nella fattispecie, il confronto con un passo dell’Homilia in Ps. 29 (In Ps. 29, 1: PG 29, 308): «ὁ µμὲν οὖν σπεύύδων µμετ'ʹ ἐπιστήήµμης ἐπὶ τὴν µμακαριόότητα ὑψοῖ τὸν Θεόόν·∙ ὁ δὲ τὴν ἐναντίίαν τρεπόόµμενος, ὃ µμηδὲ θέέµμις εἰπεῖν, τὸ ὅσον ἐφ'ʹ ἑαυτῷ τὸν Θεὸν ταπεινοῖ» nel quale il Cappadoce contrappone, analogamente, la “beatitudine” al suo “contrario”, di cui, aggiunge, non è neppure lecito far parola.
In altri casi la lezione di A/D è senz’altro da rigettare, come in 4, 22, dove A/D pongono accanto al sostantivo κτίίσιν (“creazione”) l’attributo
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cfr. Rouillard 1989a, 1989b. 138
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ὀνοµμαστὴν (nota/conosciuta) sicuramente improprio rispetto a νοητὴν (razionale) più coerente e adatto al contesto.
Le frequenti concordanze di A/D nella nostra omelia sono confortate da altre collazioni eseguite dai membri del gruppo di lavoro, dalle quali risulta che questi due manoscritti confermano la tendenza a distaccarsi dal resto della tradizione, molto spesso insieme col codice Vat. gr. 413 (il nostro C), che però non contiene l’omelia da noi studiata.
In un solo caso, ci siamo trovati di fronte ad un passo (7, 24-‐‑30) in cui il testo appare verosimilmente corrotto. Si tratta di una pericope in cui – oltre a frequenti quanto inutili ripetizioni, il textus receptus e la gran parte della tradizione manoscritta lasciano in sospeso un periodo che si chiude inaspettatamente con un participio congiunto di valore concessivo senza la sua proposizione principale. Il testo è: «Ὁρᾷς τὸ εἰρηνικὸν Κυρίίου τῶν δυνάάµμεων, ὅτι ἔχων µμεθ'ʹ ἑαυτοῦ ἀοράάτους δυνάάµμεις;» Questa proposizione proincipale si ritrova aggiunta – potremmo dire inaspettatamente – in due manoscritti (J ed R) che normalmente si adeguano alla tradizione maggioritaria composta dall’ultimo gruppo di 20 codici di cui a pag. 53. Il loro testo dice: «Ὁρᾷς τὸ εἰρηνικὸν Κυρίίου τῶν δυνάάµμεων, ὅτι ἔχων µμεθ'ʹ ἑαυτοῦ ἀοράάτους δυνάάµμεις, οὐ κέέχρηται αὐταῖς πρὸς καθαίίρεσιν τῶν ἐχθρῶν;».
Nell’edizione critica, sia pure con un margine di dubbio, e dopo esserci consultati con la professoressa Noce e il professor Girardi, abbiamo deciso di accogliere quest’addizione, per ragioni stilistiche e di critica interna. La discussione completa della questione si trova nella nota critica 7, 24-‐‑30 (cfr. infra).
2.4 Rapporti tra i manoscritti nell’Homilia in Ps. 59 e confronto con la