I.3 Il saxofono nei trattati di strumentazione e di orchestrazione delle altre nazion
I.3.2 Il Novecento: Inghilterra, Svizzera, Stati Uniti Cecil Forsyth, Orchestration
Cecil Forsyth (Greenwich, 1870 - New York, 1941) fu un musicologo e compositore inglese. Studiò all’Università di Edimburgo e al Royal College of Music con Charles Villiers Stanford e Hubert Parry. Suonò la viola in varie orchestre londinesi, fra cui la Queen’s Hall Orchestra; in seguito nel 1914 si trasferì a New York. Lavorò per l’editore Gray, fino alla sua morte. Fra le sue composizioni si annoverano due opere (Westward Ho! e Cinderella), il Viola Concerto in Sol minore e svariate composizioni cameristiche, sinfoniche e corali. Pubblicò anche alcuni studi; il più famoso e ricordato è sicuramente Orchestration, del 1914 («[…] his orchestration manual, in its time the most comprehensive treatment of the subject»).234 Il trattato,
revisionato nel 1935, era all’epoca considerato uno dei più esaustivi sul mercato. Nella prefazione, Forsyth specifica lo scopo e la struttura del suo testo:
In this book an attempt is made first, to describe our modern orchestral instruments, where they sprang from, how they developed, and what they are today; next, to trace the types of music which have been reflected in these constructional changes and, in especial, the types most familiar since Beethoven’s time.235
L’intento è quindi quello di mostrare gli strumenti musicali nella loro evoluzione, fino a raggiungere l’apice di perfezionamento nel secolo XX; a seguire, l’autore vuole indicare il tipo di musica che è stata prodotta in conseguenza di questi cambiamenti nel tempo nella costruzione degli strumenti. Il tutto con la convinzione che lo studente debba conoscere la storia della strumentazione per meglio adoperarsi in quest’arte; d’altronde, «The old persists in the new and, without an understanding of the weapon itself, we cannot wield it».236
Immagine n. 1237
Nel trattato, tuttavia, Forsyth inserisce il saxofono fra le file degli ottoni, precisamente fra i saxhorns e i sarrusofoni; potrebbe sembrare un errore, ma l’autore specifica che si tratta di «strumenti ibridi» e spiega: «They employ quite new principles of musical instrument manufacture, and might be classified either with the Brass or with the Wood-Wind». In base quindi al fatto che si consideri la presenza dell’ancia o del corpo d’ottone come fattore discriminante, lo strumento potrebbe essere classificato come un ottone o un legno.238
234 H.C. COLLES, voce Cecil Forsyth, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, cit., vol. IX, p. 108. 235 CECIL FORSYTH, Orchestration, London, Macmillan, 1914, p. V.
236 Ibid.
237 Ivi, Plate VI, The Saxophones. 238 Ivi, p. 166.
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Riguardo allo sviluppo del saxofono attraverso i secoli, Forsyth afferma poi che «They have no past history of which to be either proud or ashamed»;239 si tratterebbe dunque di uno
strumento libero da qualsiasi associazioni, privo di riferimenti passati e quindi disponibile alla sperimentazione.
L’autore prosegue con la descrizione fisica dello saxofono e del suo funzionamento meccanico, su cui non ci dilungheremo. Ci interessa però la specificazione riguardo agli esemplari di sax prodotti in Inghilterra: sarebbero in tutto cinque, in Si bemolle e in Mi bemolle, soprano, contralto, tenore, baritono e basso. In Francia e in Belgio, aggiunge Forsyth, si producono anche gli esemplari «extreme», ovvero il sopranino e il contrabbasso.240
Viene precisato inoltre che «The whole series of these seven military instruments, alternately in Eb and Bb, is also reduplicated abroad by orchestral Saxophones alternately in F and C» e che le versioni dello strumento in Si bemolle e in Mi bemolle sono indirizzate al mondo militare, mentre quelle in Fa e in Do, prodotte all’esterno dell’Inghilterra, sono adatte alle necessità dell’orchestra.241
Riguardo alle caratteristiche costruttive del saxofono, Forsyth insiste sul fatto della
[…] essential simplicity of all these instruments, despite their elaborate external furniture and their outlandish appearance. If he will imagine the rods and keys removed from the Bb-Soprano he will see what the Saxophone actually is, a conical tube of metal pierced by holes with a singlebeating-reed at the smaller end. The twists and turns in the tubes of the heavier instruments are introduced only for convenience to the player.242
Si tratterebbe, quindi, di uno strumento apparentemente complesso ma di fatto abbastanza semplice, se spogliato dai suoi innumerevoli meccanismi. In merito all’estensione, Forsyth segnala che in Francia si producono strumenti in grado di arrivare al Si bemolle basso, ma che in Inghilterra non sono ancora impiegati diffusamente. Vengono evidenziate quindi ancora una volta le differenze geografiche nella produzione del saxofono. Per quanto riguarda la tecnica dello strumento, l’autore sottolinea la semplicità e la regolarità della sua tastiera; scale, arpeggi e disegni più «florid» sarebbero di facile esecuzione e d’effetto sul soprano, sul contralto e sul tenore.243 Anche i trilli sono relativamente semplici da eseguire, tranne nel
registro più acuto e più grave dello strumento, in cui è meglio evitarli.244
239 Ibid. 240 Ivi, p. 167. 241 Ibid. 242 Ibid. 243 Ivi, p. 168. 244 Cfr. ibid.
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Ma veniamo ora a quelle che per noi sono le considerazioni più importanti, quelle in merito al timbro e al repertorio del saxofono. Forsyth comincia così:
The tone of the Saxophone is curious: orchestrally a sort of bridge-quality between that of the Horns and the Wood-Wind. Thicker and heavier than the Clarinet, it has extraordinary powers, especially in the middle and lower registers of crescendo and diminuendo, of sostenuto, and of cantabile. When written in four-part harmony it produces at one time the effect of Violas and Cellos divisi with added Clarinets and Bassoons, at another the effect of the Organ diapasons. It is, however, less capable than the Clarinets and Bassoons of "dropping out of sight" when required. It always remains a little in evidence. This, of course, only applies to the p of the orchestra. On the other side, we must remember that in the
mf and the f of the orchestra it is distinctly below the level of the Horn-quartet.245
La capacità dello strumento di legare i legni agli ottoni (nello specifico ai corni) è insomma definita dall’autore come una sorta di «qualità ponte», che renderebbe possibile il loro collegamento in orchestra. L’idea che i saxofoni possano essere dispiegati a quattro parti, come delle viole o dei violoncelli divisi (qui, con l’aggiunta di clarinetti e fagotti) richiama quella di Gevaert nel Nouveau traité d’instrumentation del 1885, secondo cui è possibile impiegare il quartetto di saxofoni in orchestra allo stesso modo in cui si fa uso del quartetto d’archi. Sulla somiglianza invece del suono del quartetto di sax con quello dell’organo si era già espresso in Francia Widor, in Technique de l’orchestre moderne, del 1904 e stessa cosa farà poi Ricci in Italia, ne L’Orchestrazione nella sua essenza del 1920. Forsyth ne segnala, tuttavia, la difficoltà a “scomparire” quando richiesto: nei piani dell’orchestra, suo malgrado, il sax spicca sempre sugli altri strumenti; d’altra parte, in dinamiche quali mezzoforte e forte dell’orchestra rimane sempre al di sotto della sonorità del quartetto di corni.
Si passa poi a considerazioni sulle bande straniere, in cui, dice Forsyth, il saxofono è usato come strumento melodico o da “sottofondo”. La sua presenza è fondamentale quando si suona all’aperto, essendo di suono più ricco e più pieno di quello degli altri legni. E si forniscono di nuovo alcune informazioni “geografiche”: in Francia e in Belgio si possono trovare sempre cinque o sei saxofoni in partitura, mentre in Inghilterra: «[…] one or two at most are used. Of these one is invariably the Alto, and it is employed both harmonically and with various effective " doublings " as a solo instrument».246 Il sax, dunque,
è arrivato anche nelle bande inglesi, se pure con una presenza minore.
Si passa poi all’orchestra “classica”. «Naturally in those countries [France and Belgium] where the Saxophone has been officially adopted in the army, and where no difference exists between civil and military pitch, its passage into the orchestra has been
245 Ivi, p. 169. 246 Ibid.
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easy»:247 l’immissione del sax in orchestra sarebbe dunque causata dal suo impiego prima nelle
bande militari, dalle quali sarebbe poi migrato spontaneamente alla sala da concerto. Nell’Ottocento, osserva Forsyth, i compositori francesi non sono andati molto aldilà dall’ideare dei brevi soli per lo strumento. Solo in tempi recenti, Richard Strauss ha introdotto un quartetto di saxofoni nella Sinfonia domestica, in cui, in ogni caso, funge da mero “riempitore” nelle armonie del registro medio.248 Anche Massenet avrebbe usato il quartetto
in un modo simile in orchestra;249 mentre d’Indy, in Fervaal, del 1897, ha impiegato il quartetto
di sax, ma con la variante del “doppio” contralto e l’esclusione del baritono; usa infatti il soprano, il contralto I, il contralto II e il tenore. Saint-Saëns avrebbe invece usato solo il soprano in Si bemolle nel poema sinfonico La Jeunesse d’Hercule.250
Forsyth sottolinea il fatto che i compositori francesi, fra cui Meyerbeer, Bizet, Massenet e Thomas, hanno dedicato delle piccole cantilene solistiche al sax alto in Mi bemolle; è proprio questo strumento a eseguire la celebre melodia dell’Innocent nell’Arlésienne di Bizet. Questo solo è stato più e più volte citato nei testi di strumentazione e suonato dai clarinettisti nelle sale da concerto inglesi: non è necessario riportare quindi, secondo Forsyth, l’esempio del solo nel suo trattato. Spesso il passaggio è suonato «on the Clarinet», forse per la difficoltà di reperire saxofonisti in terra britannica.251
Al posto del solo dell’Arlésienne l’autore fornisce un passaggio melodico in La minore tratto dalla Symphony n. 2 Apollo and the Seaman di Holbrooke, del 1907;252 sono presenti
qui il fagotto, il clarinetto basso, il sarrusofono soprano, il sax soprano e il sax tenore:
Esempio n. 5253
247 Ibid.
248 Cfr. ibid. Per quanto riguarda l’impiego dei sax nella Sinfonia domestica, abbiamo già fatto un accenno alla loro
presenza nel paragrafo dedicato al trattato L’Orchestrazione nella sua essenza, di Vittorio Ricci.
249 Non ci risulta, tuttavia, che Massenet abbia impiegato quattro saxofoni in una partitura; al massimo, ne
impiegò tre (contralto, tenore, contrabbasso), nel grand-opéra Hérodiade, del 1881. Sappiamo, inoltre, che il primo a immettere il quartetto di sax in orchestra fu Halévy, nel grand-opéra Le Juif errant del 1852, sebbene con una strana formazione: soprano, contralto I, contralto II, basso in Do.
250 Cfr. ibid. Molti testi segnalano la presenza di un sax soprano ne La Jeunesse d’Hercule di Saint-Saëns.
Controllando la partitura, tuttavia, non è possibile individuare la presenza dello strumento: CAMILLE SAINT- SAËNS, La Jeunesse d’Hercule. Poëme symphonique, op. 50 (partitura), Paris, Durand, s.d.
251 CECIL FORSYTH, Orchestration, cit., p. 169.
252 Joseph Holbrooke (Croydon, 1878 - London, 1958) fu un compositore, pianista e direttore d’orchestra
inglese. Figura rilevante della scena musicale inglese dei primi decenni del secolo XX, spese molte delle sue energie nel diffondere e pubblicizzare l’operato e la rinascita della produzione musicale inglese. Per un approfondimento sulla figura di Holbrooke si vedano: ANNE-MARIE FORBES, voce Joseph Holbrooke, in The
New Grove Dictionary of Music and Musicians, cit., vol. XI, pp. 616-617; Joseph Holbrooke. Composer, Critic and Musical Patriot, edited by Paul Watt and Anne-Marie Forbes, Lanham-Boulder-New York-London, Rowman &
Littlefield, 2015. Oltre a inserire il saxofono nella Symphony n. 2, Holbrooke gli ha dedicato un intero brano:
Concerto in B flat Major for Saxophone and Orchestra, op. 88, del 1927.
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Forsyth fornisce anche un altro esempio tratto dalla stessa Sinfonia; in questo caso il sax soprano e il clarinetto in Mi bemolle suonano lo stesso passaggio a distanza di terze:
Esempio n. 6254
Esempio n. 7255
Per concludere possiamo notare quanto Forsyth, all’inizio del secolo XX, sia particolarmente ben informato riguardo alle caratteristiche “fisiche” dello strumento e al suo repertorio, considerato nella sua evoluzione. Le sue specificazioni in merito alla ricezione e all’accoglienza del saxofono in Inghilterra sono considerevoli: ci fanno notare le differenze in merito al suo impiego “geografico” in orchestra. Sembrerebbe dunque che, agli albori del Novecento, il saxofono abbia sfondato, sebbene molto timidamente, le barriere delle sale da concerto britanniche.
254 CECIL FORSYTH, Orchestration, cit., p. 172.
255 JOSEPH HOLBROOKE, Apollo and the Seaman (partitura), London, Novello and company, 1908, p. di
copertina e p. 3. Come è possibile notare dalle immagini, la partitura richiede il saxofono soprano in Si bemolle e il saxofono tenore in Si bemolle, anche se «ad libitum». La precisazione è sicuramente da riferirsi alla difficoltà dell’epoca nel trovare musicisti d’orchestra in grado di suonare in maniera soddisfacente lo strumento.
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André-François Marescotti, Les instruments d’orchestre, leurs caractères, leurs
possibilités et leur utilisation dans l’orchestre moderne
Nell’Avant-Propos del suo trattato del 1950, André-François Marescotti (Carouge, 1902 – Ginevra, 1995) si esprime subito benevolmente a proposito del saxofono e del suo futuro in orchestra:
[…] nous avons tenu à traiter également une nouvelle famille d’instruments à vent : les saxophones. Ils n’ont encore fait qu’une timide apparition dans nos orchestres modernes, mais la richesse de leurs ressources et de leurs possibilités ne manqueront pas à l’avenir de leur créer une place prépondérante dans nos ensembles symphoniques.256
Marescotti ha studiato prima al Conservatorio di Ginevra (pianoforte con Alexandre Mottu, strumentazione con Joseph Lauber, composizione con Henry Chaix) e poi al Conservatorio di Parigi (composizione, con Roger-Ducasse). Nel 1924 assume l’incarico di «choirmaster» alla chiesa del Sacro Cuore, a Ginevra; diviene poi docente di pianoforte presso il Conservatorio della stessa città, nel 1931.257
Attivo in numerose organizzazioni musicali svizzere, Marescotti è inizialmente influenzato dalla musica di Debussy, Ravel e Roussel. Più tardi inizia a interessarsi al Neoclassicismo. Raggiunge la fama internazionale con Fantasque, pezzo per pianoforte del 1939 scritto per il Geneva International Music Competition. Ha una crisi profonda nel 1942, dopo aver assistito a un’esecuzione del Wozzeck di Berg, che lo porta a studiare il metodo compositivo della Seconda Scuola di Vienna per sette anni, per poi tornare a scrivere impiegando il metodo dodecafonico. È evidente, comunque, che da questo momento in poi sia la poetica di Berg sia gli eccessi dell’Espressionismo avranno una profonda influenza sulla produzione musicale di Marescotti. Vince alcuni concorsi importanti fra cui, nel 1963, il Composer’s Prize della città di Ginevra e, nel 1964, il premio della Swiss Musicians’ Association.258
Torniamo ora al trattato di strumentazione del 1950. Nel testo, vi è una sezione dedicata alla disposizione degli strumenti in orchestra; nel «Grand Orchestre» Marescotti inserisce la famiglia dei saxofoni dopo il gruppo degli ottoni e prima di quello delle percussioni, aggiungendo una piccola nota: «Il serait préferable et plus naturel de placer les
256 ANDRÉ-FRANÇOIS MARESCOTTI, Les instruments d’orchestre, leurs caractères, leurs possibilités et leur utilisation
dans l’orchestre moderne, Paris, J. Jobert, 1950, p. 2.
257 Cfr. ROMAN BROTBECK, voce André-François Marescotti, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians,
cit., vol. XV, p. 845.
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saxophones entre la clarinette-basse et les bassons.»259 L’ordine con cui l’autore inserisce i
vari saxofoni è contralto, soprano, tenore, baritono; mette dunque, stranamente, l’alto al primo leggio, forse perché si tratta dello strumento più usato in orchestra. Nella sezione «Petit Orchestre ou Orchestre de Chambre» inserisce invece un solo sax (dopo il gruppo degli ottoni e prima di quello delle percussioni) e specifica che si dovrebbe trattare «éventuellement» di un contralto.260
Marescotti dedica poi una cospicua e approfondita sezione del trattato alla descrizione dei saxofoni. Secondo l’autore, lo strumento è stato accolto favorevolmente fin dalla sua prima apparizione nell’Ottocento. Riferisce poi che ne esistono due famiglie (Si bemolle-Mi bemolle; Fa-Do) e specifica che si possono avere due tipi di ensembles, il «Petit chœur» e il «Grand chœur»: il primo composto da soprano, alto, tenore e baritono, il secondo dagli stessi con l’aggiunta di sopranino e basso.261 Anche Marescotti ci informa che gli
strumenti in Fa e in Do sono poco usati, mentre quelli della famiglia in Mi bemolle e Si bemolle «sont largement répandus dans les musiques d’harmonie et dans les formations spécialisées pour l’exécution de musique dite " legère " ou de " danse " (jazz).»262
Per quanto riguarda la diffusione del saxofono in orchestra, l’autore afferma che lo strumento è presente solo eccezionalmente in tale organico, poiché è apprezzato in maniera diseguale dai compositori. Marescotti fornisce qui una possibile spiegazione dell’ostilità dei musicisti verso lo strumento; vale la pena di riportarne l’intero ragionamento per la sua originalità:
Certains ne craignent pas de confier au Saxophone des passages importants voire de premier plan, d’autres compositeurs les ont en aversion ou simplement les ignorent.
On leur reproche leur sonorité : acidulée dans l’aigu du soprano, laiteuse pour l’alto et le ténor, un peu grosse et grasseyant pour le baryton ; leurs vibratos d’un goût douteux, etc., etc… en oubliant que ces critiques proviennent plus de la manière médiocre de jouer de l’instrument que de véritables défauts de facture.
Personne ne juge les qualités du Trombone, de la Trompette ou de la Clarinette en entendant certaines élucubrations de mauvais jazz ; il est vrai que ces instruments ont depuis longtemps leurs lettres de noblesse.
Pourquoi ne fait-on pas de même pour le Saxophone ?
Dissociés d’une littérature discutable et joués avec goût, les Saxophones révèlent des qualités
259 ANDRÉ-FRANÇOIS MARESCOTTI, Les instruments d’orchestre, leurs caractères, leurs possibilités et leur utilisation
dans l’orchestre moderne, cit., p. 6.
260 Ivi, p. 7.
261 Ivi, p. 68. È chiaro qui il riferimento al trattato di Gevaert, Nouveau traité d’instrumentation, in cui l’autore fa
riferimento al possibile impiego in orchestra del «petit chœur» e del «grand chœur» di saxofoni.
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remarquables et des possibilités expressives d’une richesse exceptionnelle.263
Marescottiattribuisce quindi il pregiudizio negativo della maggior parte dei compositori sul saxofono al modo deplorevole in cui spesso lo strumento è impiegato; soprattutto, a dire dell’autore, nelle improvvisazioni jazzistiche. Tutto dipenderebbe da come il saxofono viene suonato, non tanto dalla sua natura intrinseca:
En effet, si l’exécutant surveille son émission, le son obtenu est homogène, d’une splendide intensité, vibrant, pouvant passer facilement du pianissimo presque parfait à un forte chaleureux et, ceci, aussi bien dans des passages rapides que dans des gammes chromatiques ou diatoniques, des arpèges, des trilles ou batteries.264
Se il saxofonista è in grado di controllare l’emissione dell’aria, il suono sarà dunque di una fascinosa intensità, in grado di muoversi da una dinamica all’altra assai facilmente, in tutti i tipi di scrittura, anche i più virtuosistici.
Secondo il compositore, lo strumento è equiparabile al flauto per l’agilità, al clarinetto per l’espressione e a due o tre fagotti, corni o clarinetti per l’intensità; oltretutto, il sax si può unire perfettamente a quasi tutte le famiglie dell’orchestra. D’altra parte però sarebbe meglio che lo strumento potesse «smussare» il suo timbro caratteristico; secondo Marescotti è quasi inevitabile che ci si stanchi presto di un timbro così particolare. Ecco la soluzione proposta:
On doit donc l’utiliser avec économie comme soliste, et doser judicieusement ses interventions dans les ensembles, car là encore c’est plus la manière d’instrumenter qui importe que les qualités ou les soi- disant défauts de l’instrument.265
Di nuovo, non si tratterebbe quindi di mancanze dello strumento in sé, ma della scorretta strumentazione effettuata dai compositori: è bene non abusare degli interventi solistici del sax e dosare anche la sua partecipazione ai gruppi strumentali.
Marescotti si chiede poi se il saxofono vada situato nel gruppo dei legni o degli ottoni. E qui l’autore cita un articolo, Où placer les Saxophones?, del colonnello G. B. Sanford.266
Il nostro autore afferma di condividere alcune delle opinioni di Sanford; cita infatti qualche frase tratta dall’articolo:
[…] le Saxophone est également un croisement des bois et des cuivres, mais en sens inverse (des cornets). Il a le tuyau cuivre et le bec et la mécanique bois ; (le bec Clarinette et la mécanique Flûte –
263 Ibid.
264 Ivi, pp. 68-69. 265 Ivi, p. 69.
266 Marescotti nel trattato (p. 69) cita in nota questi estremi bibliografici: G. B. SANFORD, Où placer les