• Non ci sono risultati.

Nuove forme di lavoro “fluide”

Nel documento Bilancio e prospettive di una ricerca (pagine 46-54)

Parte I. Libro Bianco Parte II. Buone pratiche

LA DIMENSIONE PREVENZIONISTICA DELLA IV RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

2. Nuove forme di lavoro “fluide”

Va in secondo luogo affrontato il cambiamento che la rivoluzio-ne digitale porta all’interno dell’organizzaziorivoluzio-ne del lavoro. Di-versamente dai modelli di produzione di stampo fordista, la pre-stazione può ora – grazie alla diffusione di dispositivi con con-nessione internet – esser resa ovunque (33), in luoghi e tempi di-stanti da quelli tradizionali, consentendo di superare le logiche verticistiche e responsabilizzando il lavoratore, al quale viene ora chiesto di operare con maggiore autonomia all’interno dell’organizzazione produttiva. La prestazione diventa in un cer-to senso “fluida”, destandardizzata e frammentata (34), risultando via via sempre meno rilevanti i modi, i tempi e anche i luoghi in cui questa viene resa, essendo adesso possibile la gestione a di-stanza dei sistemi produttivi, perennemente interconnessi, così liberando dal vincolo di presenza fisica in azienda persino una figura quale quella del manutentore, storicamente legata alla ma-terialità dei mezzi di produzione.

I rischi emergenti dal lavorare in remoto sono stati posti in evi-denza dalle stesse istituzioni comunitarie e in particolare

(33) Sul punto cfr. P. PASCUCCI, Note sul futuro del lavoro salubre e sicuro… e sulle norme sulla sicurezza di rider & co., in Diritto della Sicurezza sul Lavoro, 2019, n. 1, p. 39, in cui viene affermato che «il lavoro ci insegue ovunque» e che «il con-fine tra il luogo e il tempo della prestazione lavorativa, da un lato, e le coor-dinate della vita privata o familiare, dall’altro, sbiadisce sempre più»; J.M ES-SENGER ET AL., Working anytime, anywhere: The effects on the world of work, Euro-found, ILO Research Report, 2017, pp. 21 ss.

(34) Sul punto L. NOGLER, Gli spazi di lavoro nelle città tra innovazioni tecnologiche e “regressioni” interpretative, in A. OCCHINO (a cura di), Il lavoro e i suoi luoghi, Vita e Pensiero, 2018, p. 38, afferma che il concetto di luogo di lavoro si è talmente allargato «fino al punto che per i nativi digitali il significato più immediato dell’espressione spazi di lavoro si riferisce molto probabilmente al modo in cui sono raggruppate tra loro le finestre sul desktop del compu-ter».

dall’Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro (35). Il pericolo oggi è quello di trascurare la tutela dei lavoratori inseriti in contesti aperti e fluidi a discapito non solo della salute e sicu-rezza tradizionalmente intesa, ma altresì della sua dimensione sociale. Infatti, seppur perennemente connessi, molti lavoratori tendono progressivamente ad isolarsi, incorrendo nel pericolo di una vera e propria perdita di identità (personale e professionale), in quanto sempre più spesso orfani di un luogo di lavoro in cui tessere relazioni di senso e costruire una vera e propria comunità di appartenenza. In questa prospettiva, infatti, la distanza fisica del lavoratore dalla sfera organizzativa del datore di lavoro, non-ché dal luogo tradizionale di lavoro in cui è facile instaurare inte-razioni con i colleghi, comporta il rischio di un maggiore indivi-dualismo e isolamento sociale dei lavoratori (36).

(35) EU-OSHA, Key trends and drivers of change in information and communication technologies and work location, 2017, reperibile, anche, in salus.adapt.it, alla voce Safety, Prevention and Inclusion Technologies/Big Data/Privacy.

(36) Si veda sul punto S. ZAPPALÀ, Smart working e fattori psico-sociali, in M.

NERI (a cura di), Smart working: una prospettica critica, Tao Digital Library, 2017, pp. 17 ss., in cui, richiamando alcuni studi internazionali, sottolinea come il lavoro a distanza può incidere sulla soddisfazione dei lavoratori se superiore ad un numero di ore lavorate fuori dai locali aziendali (15 ore set-timanali), con un conseguente peggioramento della relazione con i colleghi, in quanto «lo scambio di informazioni tramite la tecnologia non riesce a compensare la sensazione di isolamento sociale e la mancanza di interazioni faccia a faccia con i colleghi». Tra gli studi richiamati si segnala N. BLOOM,J.

LIANG,J.ROBERTS,Z.J.YING, Does Working from Home Work? Evidence from a Chinese Experiment, in The Quarterly Journal of Economics, 2015, vol. 130, n. 1, in cui un team di economisti ha esaminato un’agenzia di viaggi cinese con 16.000 dipendenti che aveva assegnato casualmente un piccolo gruppo del suo personale del call center a lavorare da casa. Inizialmente, l’esperimento sembrava un vantaggio per lavoratori e azienda. I dipendenti hanno lavorato di più e hanno affermato di essere più felici del proprio lavoro. Nel frattem-po, l’azienda ha risparmiato più di 1.000 dollari per dipendente in uno spazio ufficio ridotto. Ma quando l’agenzia ha implementato questa politica per l’intera azienda, è emerso un dato negativo che ha sommerso tutto il resto: la solitudine.

Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato come il lavoro a distanza si risolva in una prestazione contraddistinta da un numero di ore maggiore rispetto a quello reso nei locali dell’azienda (37). Altre ricerche hanno invece posto in risalto un dato differente, ovvero il mutamento qualitativo nella gestione dei tempi di vita privata e di lavoro, i quali nel lavoro a distanza tendono a sovrapporsi, compenetrandosi e permeandosi a vicenda, così comprometten-do quella separazione che consente un corretto bilanciamento vita-lavoro (38). Tale nuova organizzazione pone infatti l’imperativo di non trascurare il conseguente e potenziale danno sulla salute dei lavoratori da stress (39) dovuto alla mancanza del-la distinzione richiamata fra del-la sfera privata/familiare e del-la sfera lavorativa (40). Il fenomeno di remotizzazione della prestazione potrebbe quindi determinare, oltre all’aumento dello stress lavo-ro-correlato, quello dei disturbi psicosociali e delle probabilità di subire (nonché cagionare a terzi) infortuni a causa di un fisiolo-gico calo di attenzione (41).

(37) J.MESSENGER ET AL., op. cit., pp. 21 ss.

(38) COMMISSIONE EUROPEA, Documento di riflessione sulla dimensione sociale dell’Europa, COM(2017)206 final, 26 aprile 2017; M. WEISS, Digitalizzazione:

sfide e prospettive per il diritto del lavoro, in DRI, 2016, n. 2, p. 659; É. GENIN, Proposal for a Theoretical Framework for the Analysis of Time Porosity, in IJCLLIR, 2016, vol. 32, n. 3, la quale analizza situazioni di time porosity anche nel lavoro da casa inteso come lavoro senza orario, dunque diverso dal telelavoro.

(39) Definito come «una tipica forma di alienazione dei tempi moderni» in F.

MALZANI, op. cit., p. 86. Nell’accordo-quadro europeo dell’8 ottobre 2004 siglato da CES, UNICE, UEAPME, CEEP lo stress da lavoro viene definito dalle parti sociali come «uno stato, che si accompagna a malessere e disfun-zioni fisiche, psicologiche o sociali e che consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti».

(40) J. POPMA, The Janus face of the ‘New Ways of Work’. Rise, risks and regulation of nomadic work, ETUI Working Paper, 2013, n. 7, pp. 5 ss.

(41) Quanto in particolare ai c.d. rischi psicosociali, di fondamentale impor-tanza è il rapporto di ricerca EU-OSHA, Expert forecast on emerging psychosocial risks related to occupational safety and health, 2007, in cui sono stati individuati i dieci “nuovi” rischi psicosociali emergenti, laddove per “nuovo” viene

inte-Se infatti fino a qualche anno fa era ancora possibile osservare una netta separazione, salvo situazioni eccezioni definite “spe-cialissime” (42), tra quanto accadeva dentro il (luogo di) lavoro e ciò che rimaneva fuori, il superamento di questa distinzione oggi rischia di mettere in crisi i capi saldi della normativa in materia di salute e sicurezza, tradizionalmente fondati su un concetto cir-coscritto di organizzazione, tanto da interrogarsi sui confini della responsabilità del datore di lavoro e sull’attualità del concetto di

“occasione di lavoro”, sino a mettere in crisi la titolarità dell’obbligazione di sicurezza che impone alla normativa di ri-spondere ai cambiamenti del contesto lavorativo in modo ido-neo senza pregiudicare l’interesse organizzativo, da un lato, e, dall’altro, la tutela della persona: valori entrambi costituzional-mente garantiti in termini di libertà di iniziativa economica (art.

41 Cost.) e di diritto alla salute (art. 32 Cost.).

Quanto agli specifici rischi connessi al lavoro da remoto, pertan-to, si deve convenire che «il lavoro eseguito fuori dagli spazi tra-dizionali può indurre il lavoratore ad auto-imporsi ritmi eccessivi o livelli di performance superiori proprio per non perdere il

be-so o un rischio, precedentemente sconosciuto, causato da nuovi processi, nuove tecnologie, nuove tipologie di luoghi di lavoro e cambiamenti socia-li/organizzativi o una problematica a lungo conosciuta che solo ora viene considerata un rischio, per un cambiamento nella percezione sociale ovvero per l’acquisizione di nuove conoscenze medico-scientifiche. Detti rischi psi-cosociali emergenti sono classificati all’interno di sei macro-aree: nuove tipo-logie di contratto di lavoro e precarietà; orario di lavoro irregolare e flessibi-le; instabilità del posto di lavoro; intensificazione del ritmo lavorativo; invec-chiamento della forza-lavoro; violenza, mobbing e bullismo.

(42) Sul punto si veda quanto sostenuto in M. PERSIANI, Diritto della previden-za sociale, Cedam, 2014, pp. 185-186, in cui si afferma come «per le specialis-sime circostanze di modo, di tempo e di luogo in cui si svolge il lavoro nelle campagne, la sfera della vita privata del soggetto protetto non possa essere nettamente separata da quella delle sue occupazioni professionali, onde do-vrebbe considerarsi avvenuto in occasione di lavoro ogni infortunio connes-so anche parzialmente e indirettamente ad attività o contingenze della vita rurale e che l’occasione di lavoro nell’infortunio in agricoltura dovrebbe es-sere presunta, fino a prova contraria».

neficio del lavoro da remoto (ad es. riduzione o soppressione della pausa pranzo); inoltre, nel caso in cui scelga la propria di-mora come luogo di esecuzione della prestazione, il lavoratore può ignorare/sottostimare eventi morbigeni di lieve e media en-tità e rinunciare, implicitamente, al diritto al comporto per ma-lattia» (43). Anche con riferimento a questi rischi dovrà essere ef-fettuata la valutazione di cui agli artt. 28 e ss., d.lgs. n. 81/2008, e dovranno essere approntate misure idonee a contrastarli, prima fra tutte una specifica attività di formazione e informazione dei lavoratori che eseguano la prestazione in remoto, in quanto ogni tipologia di spazio può assumere la qualità di luogo di lavoro a condizione che ivi sia ospitato un posto di lavoro o esso sia ac-cessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro (44).

Una soluzione idonea ad arginare questo rischio potrebbe senz’altro essere rappresentata dalla generalizzazione del c.d. di-ritto alla disconnessione, già introdotto dall’art. 19, comma 1, l.

n. 81/2017, per il lavoro agile (45). Questa disposizione ha infatti

(43) F. MALZANI, Il lavoro agile tra opportunità e nuovi rischi per il lavoratore, in DLM, 2018, n. 1, p. 26.

(44) Cass. 5 ottobre 2017, n. 45808.

(45) Per lavoro agile si intende quella modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, di cui agli artt. 18 ss. della l. n. 81/2017, contraddistinta dallo svolgimento di una sua parte all’esterno dei locali aziendali, senza una postazione fissa, senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività la-vorativa. In tema, cfr. M. TIRABOSCHI, Il lavoro agile tra legge e contrattazione collettiva: la tortuosa via italiana verso la modernizzazione del diritto del lavoro, in DRI, 2017, n. 4, pp. 921 ss.; con specifico riferimento ai profili prevenzionistici dell’istituto, invece, si veda L.M. PELUSI, La disciplina di salute e sicurezza appli-cabile al lavoro agile, ivi, pp. 1041 ss. Per quanto qui rileva, pare interessante osservare come il lavoratore agile, responsabilizzato – ove adeguatamente formato – rispetto alla gestione dei rischi presenti nell’ambiente di lavoro esterno all’azienda, sia destinato a diventare una sorta di tecnico della pre-venzione in miniatura, dovendo pur possedere un bagaglio minimo di com-petenze specialistiche in materia di analisi dell’ambiente di lavoro e valuta-zione dei rischi ivi presenti. Infatti, nella modalità agile di organizzavaluta-zione della prestazione, il lavoratore ha libertà di scelta, salvo che l’accordo

indivi-positivizzato il diritto del lavoratore di rendersi irreperibile nei confronti del proprio datore di lavoro, e dell’organizzazione im-prenditoriale nel suo complesso, senza che ciò comporti alcuna conseguenza pregiudizievole sul piano del trattamento retributi-vo o contrattuale, né tantomeno rispetto alla prosecuzione del rapporto di lavoro.

Ma questo diritto dovrebbe essere esteso a tutti i rapporti di la-voro subordinato in cui al lavoratore siano consegnati strumenti in grado di garantire la sua reperibilità al di fuori dei locali azien-dali. Si è infatti osservato come la disconnessione debba esser concepita quale una concretizzazione della disciplina prevenzio-nistica orientata al principio della massima sicurezza tecnologi-camente possibile e debba pertanto essere predisposta ogniqual-volta vengano assegnati al lavoratore strumenti informatici in grado di diffondere l’impegno lavorativo oltre l’orario di lavoro, ivi compreso il semplice accesso alla posta elettronica (46).

Fintantoché questa previsione di legge rimarrà confinata al cam-po di applicazione del lavoro agile, al di fuori di detta fattispecie saranno i singoli datori di lavoro a dover valutare, ad esempio, se vi sia o meno il rischio che i propri dipendenti lavorino in moda-lità always on, così esponendosi quantomeno a un innalzamento dei livelli di stress o a burnout. E in caso affermativo, i datori stessi, coadiuvati da tecnici quali i componenti del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, avranno il compito di individuare le misure tecniche e organizzative

neces-duale non preveda diversamente, della sede di svolgimento della prestazione esterna ai locali aziendali, essendo di conseguenza chiamato a valutare l’idoneità di questi luoghi ad ospitare la prestazione, sia in termini di sicurez-za e di condizioni igienico-sanitarie dei locali, che di conformità degli im-pianti elettrici utilizzati e di adeguatezza della ventilazione, della temperatura, dell’illuminazione e dell’ergonomia della postazione di lavoro.

(46) A. DONINI, I confini della prestazione agile: tra diritto alla disconnessione e obbli-ghi di risultato, in M. VERZARO (a cura di), Il lavoro agile nella disciplina legale col-lettiva ed individuale. Stato dell’arte e proposte interpretative di un gruppo di giovani stu-diosi, Jovene, 2018, p. 129.

sarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle stru-mentazioni tecnologiche di lavoro, tenuto conto altresì dei limiti in materia di orario di lavoro imposti dalla normativa comunita-ria, nonché delle deroghe previste dall’art. 17, comma 1, della di-rettiva 2003/88/CE del 4 novembre 2003 in cui viene previsto che «la durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi».

Quanto alle misure in concreto attuabili al fine di garantire la di-sconnessione, si è affermato che il mero rispetto delle 11 ore consecutive di riposo giornaliero non basterebbe a garantire quella tutela cui mira il diritto alla disconnessione, essendo piut-tosto necessario prevedere delle fasce di reperibilità entro le qua-li il lavoratore deve rendersi raggiungibile per il datore di lavoro, ma al di fuori delle quali egli avrà diritto a non esserlo (47). In quest’ottica, lo spegnimento dei singoli dispositivi telematici as-segnati ai lavoratori, o quello centralizzato delle strumentazioni di connessione aziendale, sarebbero il solo modo per prevenire efficacemente il rischio di intrusioni del datore di lavoro oltre i tempi di lavoro (48).

In senso contrario, si è obiettato che non sarebbe sufficiente in-trodurre in azienda un mero divieto di contatto via email o tele-fono al di fuori dell’orario di lavoro o lo spegnimento dei server aziendali, poiché, nell’ottica di soddisfare le finalità di tutela per-seguite dalla normativa (non solo rispetto alla connessione in orari extra-lavorativi, ma anche rispetto al rischio di una presta-zione resa necessaria in questi tempi riservati alla vita privata, ancorché svolta in modalità off-line), a rilevare dovrebbe essere l’effettivo carico di lavoro assegnato al dipendente, anche

trami-(47) C. SPINELLI, Tempo di lavoro e di non lavoro: quali tutele per il lavoratore agile?, in giustiziacivile.com, 31 agosto 2018, p. 8.

(48) A. FENOGLIO, Il diritto alla disconnessione del lavoratore agile, in G. ZILIO

GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo e del lavoro agile, Cedam, 2018, pp. 558 ss.

te il raggiungimento di quegli obiettivi di cui all’art. 18 della l. n.

81/2017 (49).

Se dunque il concetto di organizzazione e luogo di lavoro si è progressivamente evoluto sino a diventare “fluido”, sullo stesso piano sono da interpretare i rischi che travalicano sempre di più dall’azienda al territorio circostante (50). In un contesto in cui i mutamenti del lavoro hanno comportato il superamento dei confini dell’impresa il rischio che corriamo è quello di assistere alla conseguente e progressiva perdita del tradizionale luogo di lavoro, il quale passa dall’essere inserito stabilmente all’interno dei locali aziendali sino al disperdersi nel territorio circostante all’impresa, rendendo quasi obsoleta la differenza tra le due di-mensioni (51), nonché, di conseguenza, quella tra salute (e sicu-rezza) occupazionale e salute pubblica (52). In questa prospettiva, del resto, sembra altresì «difficile negare che il rapporto fra am-biente di lavoro e amam-biente generale sia, tanto sul piano del no-me quanto su quello della cosa, un rapporto di continenza, e che entrambi contengano, rectius circondino, al di là delle diversità di contesto, l’uomo» (53).

(49) E. DAGNINO, Il diritto alla disconnessione nella legge n. 81/2017 e nell’esperienza comparata, in DRI, 2017, n. 4, p. 1034.

(50) G. LOY, Al principio, sta il principio della fatalità, in L. GUAGLIANONE, F.

MALZANI (a cura di), op. cit., pp. 52 ss.

(51) Sul superamento della dicotomia “ambiente esterno” e “ambiente inter-no” nonché dell’identificazione tra luogo di lavoro e azienda, con le conse-guenti ripercussioni sul territorio circostante e sull’ambiente generalmente inteso, si veda in particolare P. TOMASSETTI, Diritto del lavoro e ambiente, ADAPT University Press, 2018.

(52) Per un approfondimento sul superamento della distinzione tra lavoratori e cittadini nonché tra salute sul lavoro e salute pubblica cfr. il rapporto cura-to da Bensadon e Barbezieux per il Ministro del lavoro francese, Articulation entre santé au travail et santé publique: une illustration au travers des maladies cardiova-sculaires, 2014, e la bibliografia tematica del Centre de documentation de l’Irdes, in www.irdes.fr, sezione Publications par thèmes, voce Santé et travail.

(53) R. DEL PUNTA, Tutela della sicurezza sul lavoro e questione ambientale, in DRI, 1999, n. 2, pp. 151-153.

3. Un approccio olistico: ergonomia organizzativa e Total

Nel documento Bilancio e prospettive di una ricerca (pagine 46-54)