• Non ci sono risultati.

Un importante passo in avanti verso la creazione di un siste-

ghi comunitari, per gli Stati membri, di introdurre previsioni sanzionatorie laddove ciò risultasse necessario per garantire l’osservanza della disciplina di fonte comunitaria. Tale prospettiva è stata poi recepita dalla Corte di Giusti- zia che, nella sentenza relativa all’affare del mais greco del 1989 e nella sua successiva giurisprudenza, ha non solo riconosciuto l’esistenza di un obbligo per gli Stati membri di sanzionare le violazioni della normativa comunitaria, ma ha anche precisato i contenuti dell’obbligo in questione in una duplice di- rezione: occorre, infatti, che le violazioni del diritto comunitario vengano sanzionate in condizioni sostanziali e processuali analoghe a quelle applicabi- li alle violazioni del diritto nazionale di natura ed importanza similari e, in secondo luogo, che le sanzioni abbiano comunque un carattere effettivo, pro-

porzionato e dissuasivo. Cfr. RIZ,Unificazione europea e presidi penalistici,

in AA.VV.,La giustizia penale italiana nella prospettiva internazionale, Mi-

lano, 2000, 87 e ss.

(59) Così, BERNARDI,Europeizzazione del diritto penale e progetto di Co- stituzione europea, cit., 11; BARGIS, Costituzione per l’Europa e cooperazio-

48

ma giudiziario europeo è stato avviato dalla sottoscrizione a Roma, il 29 ottobre 2004, della Costituzione per l’Europa (60), progetto però fallito a causa della mancata ratifica da parte di al- cuni Stati, ed è proseguito con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

Come conseguenza del fallimento della Costituzione per l’Europa, i Capi di Stato e di Governo hanno deciso, in occasio- ne del Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2006, di osservare

(60) Volendo riassumere nelle loro grandi linee le più importanti innova- zioni operate nel campo della giustizia penale, occorre muovere in primo luogo dall’abbandono del sistema in “pilastri”. La realizzazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia viene proposta quale obiettivo dall’Unione sin dagli articoli di apertura e viene a rientrare finalmente a pieno titolo tra tutte le altre « Politiche e azioni interne », disciplinate nel Titolo III della Parte III della Costituzione. Lo « Spazio » figura menzionato all’interno dell’art. I-14 nella lista dei settori in cui l’Unione ha una competenza non esclusiva ma concorrente con quella degli Stati membri. All’interno del Titolo relativo all’esercizio delle competenze dell’Unione l’art. I-42 reca le disposizioni par- ticolari relativo ad esso, prevedendo tra l’altro che la costituzione da parte dell’Unione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia debba avvenire an- che favorendo la fiducia reciproca tra le autorità competenti degli Stati mem- bri, in particolare sulla base del riconoscimento reciproco delle decisioni giu- diziarie ed extra-giudiziali. All’interno della Parte III della Costituzione, rela- tiva alle politiche e al funzionamento dell’Unione, l’art. III-257 apre il Capo IV, dedicato allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, proponendo quale obiettivo la realizzazione di tale spazio nel rispetto dei diritti fondamentali, nonché dei diversi ordinamenti e tradizioni giuridici degli Stati membri. In sostanziale parafrasi dell’attuale art. 29 TUE, la nuova norma prevede che a tal fine l’Unione dovrà adoperarsi per garantire un livello elevato di sicurezza attraverso misure di prevenzione e di contrasto della criminalità, del razzismo e della xenofobia, attraverso misure di coordinamento e cooperazione tra for- ze di polizia e autorità giudiziarie ed altre autorità competenti, nonché attra- verso il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie penali e, se ne- cessario, il ravvicinamento delle legislazioni penali. Al principio del recipro- co riconoscimento è dedicato, in particolare, l’art. III-270, secondo cui su tale principio si fonda la cooperazione giudiziaria tra gli Stati.

49

un “periodo di riflessione” sul futuro dell’Europa e, in occasione del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007, sono pervenuti ad un compromesso. È stato convenuto un mandato per la con- vocazione di una conferenza intergovernativa incaricata di adot- tare non più una Costituzione ma un Trattato di riforma.

Il 23 luglio 2007 è stata avviata la nuova conferenza intergo- vernativa, con il compito di concordare il testo di un Trattato di revisione dei Trattati esistenti, al fine di rafforzare “l’efficienza e la legittimità democratica dell’Unione allargata, nonché la coe- renza della sua azione esterna”. I negoziati si sono conclusi in occasione del vertice dei Capi di Stato o di Governo del 18 e 19 ottobre 2007 a Lisbona con l’approvazione del nuovo Tratta- to (61).

Il Trattato di Lisbona, che modifica sia il Trattato sull’Unione europea (TUE) che il Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), è stato formalmente firmato il 13 dicembre 2007 dai 27 Capi di Stato o di Governo e dai rispettivi Ministri degli Esteri. È entrato in vigore il 1° dicembre 2009, dopo essere stato ratifi- cato da tutti i 27 Stati membri, conformemente alle rispettive norme costituzionali.

La sua entrata in vigore ha aperto la strada ad una nuova Eu- ropa, in grado di tutelare più efficacemente gli interessi dei cit- tadini in un’Unione a 27 e di far fronte alle sfide poste dalla glo- balizzazione (62).

(61) Cfr., sul tema, GUERINI, Il diritto penale costituzionale dell’Unione

europea: appunti sul Progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, in AA.VV.,Il diritto penale dell’Unione europea. La normativa, la dottrina, la giurisprudenza europea in materia penale e la cooperazione giu- diziaria (a cura di GUERINI),Torino, 2008, 47 e ss.

(62) Cfr., sul punto, CASTELLANETA, In vigore il nuovo trattato di Lisbona

50

Le principali novità introdotte dal Trattato di Lisbona consen- tono all’Unione europea di: avere un’architettura istituzionale più lineare e armonica, con metodi di lavoro più efficienti e pro- cedure decisionali più trasparenti; essere più democratica, sicura e garante dei diritti dei cittadini europei; avere maggiore capaci- tà di azione, rimanendo attenta alle esigenze degli Stati membri e delle autonomie territoriali; avere un ruolo più attivo ed effica- ce sulla scena internazionale.

Non solo viene meno la distinzione tra “Comunità europea” e “Unione europea” in quanto la prima cessa formalmente di esi- stere e viene riassorbita nella seconda, ma viene anche superata la struttura dell’Unione fondata sui tre “pilastri” prevista dal Trattato di Maastricht e la loro soppressione comporta un’armonizzazione delle procedure e degli atti giuridici del- l’Unione.

I Trattato di Lisbona si prefigge di garantire un livello elevato di sicurezza, per una efficace azione di prevenzione e lotta con- tro la criminalità, sia attraverso il coordinamento e la coopera- zione tra forze di polizia e le autorità giudiziarie sia tramite il ri- conoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie penali e, se necessario, il ravvicinamento delle legislazioni penali (art. 67 TFUE).

Infatti, la cooperazione giudiziaria in materia penale è fonda- ta sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e del- le decisioni giudiziarie ed include il ravvicinamento delle dispo- sizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in molti settori ed in particolare in relazione a determinate sfere di crimi- nalità (art. 82 TFUE). Proprio a tal fine, il Parlamento europeo ed il Consiglio, deliberando mediante direttive, possono stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una

51

dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle impli- cazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni: terrorismo, tratta degli esseri umani e sfrutta- mento sessuale delle donne e dei minori, traffico illecito di stu- pefacenti, traffico illecito di armi, riciclaggio di denaro, corru- zione, contraffazione di mezzi di pagamento, criminalità infor- matica e criminalità organizzata, elenco che però può essere am- pliato, con decisione presa all’unanimità, dal Consiglio in vista dell’evoluzione della criminalità (art. 83 TFUE).

Inoltre, il Parlamento europeo e il Consiglio possono stabilire misure per incentivare e sostenere l’azione degli Stati membri nel campo della prevenzione della criminalità (art. 84 TFUE).

Il Trattato di Lisbona, pertanto, tende a spostare sul piano comunitario – attraverso l’utilizzazione delle direttive – l’azione di contrasto ai fenomeni criminali più pericolosi e pervasivi ter- ritorialmente, accelerando quel processo inarrestabile della pote- stà legislativa penale dell’Unione europea.

Pertanto, le direttive assumono grande importanza per la rea- lizzazione, sul piano del diritto comunitario, di quel processo di armonizzazione delle legislazioni penali degli Stati membri e per la realizzazione di forme di ravvicinamento legislativo indi- spensabili per la creazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia affermato dall’art. 67 TFUE (63).

In questo modo si sono definitivamente poste le basi per av- viare quel processo di armonizzazione europea indispensabile per contrastare efficacemente la criminalità organizzata transna- zionale, la cui perseguibilità presuppone la costituzione di un si- stema normativo, penale e processuale, integrato sul piano del

(63) Sul tema si veda la ricostruzione di MANES, L’incidenza delle deci-

sioni quadro sull’interpretazione in materia penale: profili di diritto sostan- ziale, in Cass. pen., 2006, 1150 e ss.

52

diritto comunitario, in grado di affrontare tali emergenze crimi- nali senza trovare ostacoli nelle singole legislazioni statuali e nei principi che, storicamente, ne hanno caratterizzato, sul piano ter- ritoriale, il dispiegarsi.

La scelta di accelerare tale processo di integrazione normati- va non può che essere salutata con favore, tenuto conto del pro- cesso di crisi irreversibile del principio di territorialità del diritto penale, che appare obiettivamente inadeguato all’inquadramento di fenomeni criminali transnazionali, caratterizzati da una di- mensione geografica sfuggente e tale da non poter essere contra- stata in una prospettiva nazionalistica.

Naturalmente, il superamento della dimensione nazionale del- la lotta alla criminalità organizzata transnazionale non può che comportare lo spostamento dell’azione di contrasto su un piano parzialmente sfalsato rispetto a quello del diritto penale sostan- ziale, come quello della cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri dell’Unione europea che, nella prospettiva normativa delineata dal Trattato di Lisbona, appare andare incontro ad un ulteriore potenziamento.

Infatti, il modello normativo recepito dal Trattato di Lisbona non può essere configurato alla stregua di un sistema sovrano, non puntando a conglobare gli ordinamenti dei singoli Stati membri in un unico ordinamento costituzionale, ma mirando al riconoscimento degli apparati normativi nazionali in una pro- spettiva tipicamente internazionale, che si caratterizza per una vocazione pluralista che punta sulla cooperazione giudiziaria per contrastare i fenomeni criminali transnazionali che coinvolgono il suo territorio.

La cooperazione giudiziaria integrata all’interno degli Stati dell’Unione europea, dunque, è fondamentale per realizzare un’efficace azione di contrasto alla criminalità organizzata

53

transnazionale all’interno dello spazio di libertà, sicurezza e giu- stizia dell’Unione europea (64).

Viste le modifiche apportate dal Trattato di Lisbona, e nono- stante i risultati conseguiti dai Programmi di Tampere e dell’Aja nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, l’Europa ha conti- nuato e continua tutt’oggi a far fronte a sfide che devono essere affrontate in modo globale. Si è, pertanto, resa necessaria l’adozione di una nuova agenda che consenta all’Unione ed ai suoi Stati membri di trarre vantaggio da questi risultati e di rac- cogliere le sfide che li attendono.

A tal fine, il Consiglio europeo il 4 maggio 2010 ha adottato un nuovo programma pluriennale, denominato Programma di Stoccolma per un’Unione aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini (65), per il periodo 2010-2014.

Questo programma punta alla realizzazione di una serie di priorità tra le quali lo sviluppo di una strategia di sicurezza in- terna dell’Unione per garantire la protezione dei cittadini e la lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo. Nello spirito della solidarietà, la strategia dovrebbe cercare di intensificare la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, nonché la cooperazione nella gestione delle frontiere, della protezione civile e delle catastrofi.

In particolare, per le condotte penalmente rilevanti nei settori dei reati particolarmente gravi con una dimensione transfronta- liera, derivante sia dalla loro natura o dal loro impatto sia dal- l’esigenza specifica di combatterli su basi comuni, dovrebbero essere previste definizioni comuni dei reati e livelli minimi co- muni di pene massime. Il Consiglio europeo, pertanto, invita la

(64) CENTONZE, Criminalità organizzata e reati transnazionali, cit., 441. (65) Il testo del Programma di Stoccolma è pubblicato su G.U.C.E. del 4 maggio 2010, C 115, 1.

54

Commissione ad esaminare se il livello di ravvicinamento sia sufficiente in relazione alle decisioni quadro adottate e riferire sulla necessità di stabilire definizioni e sanzioni comuni nonché a prendere in considerazione la presentazione di nuove proposte legislative qualora si renda necessario un maggiore ravvicina- mento.

L’obiettivo primario della cooperazione dell’Unione in mate- ria di applicazione della legge è il contrasto della criminalità con una precipua dimensione transfrontaliera, e questo non soltanto in un’ottica di lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, ma anche di contrasto della delinquenza diffusa transfrontaliera che ha pesanti ripercussioni per il quotidiano dei cittadini del- l’Unione.

A tal fine, il Consiglio europeo esorta le autorità competenti degli Stati membri a valersi il più possibile, nelle situazioni ap- propriate, dello strumento investigativo rappresentato dalle squadre investigative comuni. Inoltre, Europol ed Eurojust do- vrebbero essere sistematicamente coinvolti nelle principali ope- razioni transfrontaliere e informati della creazione di squadre investigative comuni.

Il Consiglio europeo invita, poi, gli Stati membri e la Com- missione a promuovere attivamente e a sostenere le misure di prevenzione della criminalità, concentrandosi sulla prevenzione della criminalità diffusa e della criminalità transfrontaliera di cui i cittadini europei subiscono gli effetti nel loro quotidiano.

Pertanto, i presupposti della lotta contro tali fenomeni crimi- nali saranno la sistematizzazione dello scambio di informazioni, lo sfruttamento generalizzato delle possibilità offerte dalle agen- zie dell’Unione e dagli strumenti europei d’indagine nonché, ove necessario, lo sviluppo di tecniche investigative e preventive comuni e l’intensificazione della cooperazione con i paesi terzi.

55

Per l’attuazione di queste priorità la Commissione il 20 aprile 2010 ha inviato al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comita- to economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni la comunicazione il Piano d’azione per l’attuazione del programma di Stoccolma al fine di creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia per i cittadini europei (66).

Dopo l’adozione del programma di Stoccolma e del relativo piano d’azione, l’Unione europea si è prefissa di intervenire in modo più determinato nel combattere e prevenire le forme gravi di criminalità organizzata.

A tal fine, il Consiglio europeo ha approvato il Progetto di strategia di sicurezza interna per l’Unione europea, per la predi- sposizione di un modello di sicurezza europeo (67).

Questa strategia enuncia le sfide, i principi e gli orientamenti per affrontare le minacce alla sicurezza in materia di criminalità organizzata, terrorismo e calamità naturali provocate dall’uomo. Per darvi attuazione nel periodo 2011-2014 la Commissione ha adottato il 22 novembre 2010 la Comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla strategia di sicurezza interna del- l’Unione europea in azione, predisponendo cinque tappe verso un’Europa più sicura (68).

Questa comunicazione definisce cinque obiettivi strategici, con azioni specifiche per ciascun obiettivo.

Il primo obiettivo che si propone è di smantellare le reti cri- minali internazionali attraverso l’eliminazione dell’attrattiva fi- nanziaria che le alimenta. Per raggiungere questo obiettivo, le

(66) Cfr. Commissione europea, Bruxelles 29 aprile 2010, COM(2010)171 definitivo/2.

(67) Cfr. Consiglio dell’Unione europea, Bruxelles 8 marzo 2010, CO EUR-PREP 8 JAI 182.

(68) Cfr. Commissione europea, Bruxelles 22 novembre 2010, COM/2010/0673 definitivo.

56

azioni proposte puntano ad individuare e smantellare le reti cri- minali; proteggere l’economia dall’infiltrazione della criminalità e confiscare i beni di origine criminale.

Gli altri obiettivi sono: prevenire il terrorismo e contrastare la radicalizzazione e il reclutamento; aumentare i livelli di sicurez- za per i cittadini e le imprese nel ciberspazio per combattere la criminalità informatica; rafforzare la sicurezza attraverso la ge- stione delle frontiere; aumentare la resilienza dell’Europa alle crisi e alle calamità.

4. I documenti di programma predisposti per prevenire e