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Le nuove tipologie di conflitto

Sezione II – Strumenti Regionali

Sezione 3 – Statuti dei Tribunali Penali Internazionali

1- Le nuove tipologie di conflitto

Nella maggior parte dei casi, gli atti di distruzione del patrimonio culturale, non sono fini a se stessi. Una consapevolezza sulla gravità della situazione esistente (non solo per il caso dell'Afghanistan), emerge nell'ambito dell'UNESCO, a partire dai documenti preparatori alla trentunesima Conferenza Generale221, in particolare nella

Risoluzione intitolata Acts Constituting a Crime against the Common Heritage of

Humanity222, e nel saluto rivolto dal Direttore Generale all'apertura del V° Meeting

degli Stati parte alla Convenzione dell'Aja del 1954223, nel novembre 2001224.

Durante il saluto di benvenuto il Direttore Generale evidenziò infatti che risulta sempre più forte la necessità di rafforzare e ampliare la capacità di prevenzione e protezione del patrimonio culturale, mettendo in atto un sistema di sanzioni contro coloro che deliberatamente lo distruggono e danneggiano. Sempre secondo il Direttore, la Convenzione dell'Aja rappresenta un buon esempio di come tali sanzioni dovrebbero operare: la necessità di implementare la stessa non deve quindi diminuire con il tempo dato che i conflitti armati, sia internazionali che interni, enumerano sempre più attacchi diretti contro il patrimonio culturale. Egli ricorda inoltre che, le sanzioni previste ai sensi della Convenzione dell'Aja sono limitate a situazioni di conflitto armato o di occupazione, ma che nel mondo si stanno verificando dei preoccupanti nuovi sviluppi «[...] namely, attempts to kill part of the identity of a

people through the destruction of cultural heritage. The demolition of the Bamiyan statues in Afghanistan was not due to actual conflict, but was the act of an occupying power. This destruction was aimed at erasing part of the very identity of the Afghan people»225. Il Direttore rammenta, poi, che la Conferenza Generale lo aveva invitato a

221 Revised Provisional Agenda proposed by the executive Board at its 162nd session, consultabile al sito internet http://unesdoc.unesco.org/images/0012/001230/123054e.pdf .

222 UNESCO Doc. 31/C/Res. 26, 2 Novembre 2001, consultabile online all'indirizzo

http://www.nulk.cz/files/kestazeni/diverzita.pdf , p.65.

223 Address by Mr Koïchiro Matsuura, Director-General of the UNESCO, at the Opening of the fifth meeting of the States Parties to the 1954 Hague Convention for the Protection of Cultural Property in the Event of Armed Conflict, DG/2001/115, UNESCO, 5 Novembre 2001, consultabile online al sito http://unesdoc.unesco.org/images/0012/001241/124158e.pdf .

224 ZAGATO L., La protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato all'alba del secondo Protocollo 1999, Torino, 2009, p.243.

225 Address by Mr Koïchiro Matsuura, Director-General of the UNESCO, at the Opening of the fifth meeting of the States Parties to the 1954 Hague Convention for the Protection of Cultural Property in the Event of Armed Conflict, DG/2001/115, UNESCO, 5 Novembre 2001.

preparare un progetto di Dichiarazione contro la distruzione intenzionale dei Beni Culturali226, poiché «it is imperative that we respond quickly and effectively to these

new threats, which put at risk the cultural heritage of particular peoples and the common heritage of humanity. A new system of prevention is required to respond to these new realities»227. Verso la fine del suo discorso, egli ritorna sull'importanza

delle sanzioni contro coloro che distruggono il patrimonio culturale in quanto è fondamentale riconoscere «that such attacks do notarise simply from ‘the heat of the moment’ but are calculated, pre-meditated and deliberate; in fact, they often form part of a strategy of hostility, especially in inter-ethnic conflicts»228.

Due punti fondamentali devono essere quindi tenuti presenti: innanzitutto il fatto che, se nel passato, durante un conflitto armato, la distruzione o il danneggiamento dei beni culturali era sempre stata considerata come una delle conseguenze inevitabili della guerra, e spesso erano stati giustificati da necessità di ordine militare, ora non appare più così. La distruzione del patrimonio culturale, nel momento in cui sia compiuta in maniera intenzionale e sistematica, non può più essere semplicemente considerata una componente inerente o un semplice danno collaterale prodotto dalle attività belliche; bensì un atto destinato ad attaccare il bene culturale per ciò che esso rappresenta, e quindi come un crimine intenzionale perpetrato (anche) al fine di cancellare da un territorio qualsiasi simbolo che possa dimostrare storicamente la tradizionale presenza di un popolo nemico.

Dalla caduta del muro di Berlino ad oggi, nascono in tutto il mondo, conflitti di tipo misto, che non vedono contrapposti due diversi Stati (e quindi due gruppi di combattenti comparabili per dimensioni, organizzazione e modalità di combattimento) ma generalmente regimi statali da un lato e dall'altro gruppi di guerriglieri, spesso accomunati per caratteristiche culturali, etniche o religiose. In questo tipo di conflitti, il valore simbolico insito nel patrimonio culturale lo rende ancora più vulnerabile: esso diventa intenzionalmente oggetto di attacco perché 226 È proprio nella risoluzione precedentemente citata che il Direttore Generale dell'UNESCO viene invitato «to formulate, for the 32nd session of the General Conference, a Draft Declaration against the Intentional Destruction of Cultural Heritage based on those existing principles and on the debates on this item discussed at this 31st session of the General Conference», UNESCO Doc. 31/C/Res.26, 2 Novembre 2001.

227 Address by Mr Koïchiro Matsuura, Director-General of the UNESCO, at the Opening of the fifth meeting of the States Parties to the 1954 Hague Convention for the Protection of Cultural Property in the Event of Armed Conflict, DG/2001/115, UNESCO, 5 Novembre 2001.

228 Address by Mr Koïchiro Matsuura, Director-General of the UNESCO, at the Opening of the fifth meeting of the States Parties to the 1954 Hague Convention for the Protection of Cultural Property in the Event of Armed Conflict, DG/2001/115, UNESCO, 5 Novembre 2001.

identificativo del gruppo avversario229. Il tratto caratterizzante gli attuali conflitti

armati, è quindi il fatto che la distruzione del patrimonio culturale è diventato l'obiettivo militare principale, in unione con lo scopo di attuare l'eliminazione di qualsiasi evidenza della cultura e dell'identità dell'avversario230. Tale progetto,

definito dalla dottrina “pulizia etnica culturale”231, non è un avvenimento esclusivo

della prima fase delle guerre nell'Ex-Jugoslavia: tale fatto ha caratterizzato anche altri conflitti in tutto il mondo, con il culmine nella distruzione delle vestigia culturali-religiose del proprio stesso passato, raggiunto dai Talebani attraverso la

distruzione delle statue di Bamiyan.

La guerra nell'Ex-Jugoslavia rimane comunque l'esempio più emblematico degli ostacoli cui andò incontro il sistema internazionale di tutela del patrimonio culturale in caso di conflitto armato elaborato all'Aja nel 1954, quando venne chiamato ad

affrontare questa nuova tipologia di conflitti232.

Oltre a quanto detto fino ad ora, l'ultima tendenza evolutiva della fenomenologia di opposizione di rilievo internazionale è collegata all'emergere degli atti terroristici internazionali, che trovano un parallelo, con riferimento al patrimonio culturale, negli atti di distruzione internazionale233. Il fenomeno terroristico enfatizza l'alto “valore

229 LEANZA U., Conflitti simmetrici e conflitti asimmetrici e protezione dei beni culturali, in Benvenuti P., Sapienza R. (a cura di), La tutela internazionale dei beni culturali nei conflitti armati, 2007, p.39.

230 ZAGATO L., Rassicurare anche le pietre, ovvero: il patrimonio culturale come strumento di riconciliazione? in Picchio Forlati M. L. (a cura di), Rassicurazione e memoria per dare un futuro alla pace, Padova, 2012, p.114.

231 POLITI M., GIOIA F., La responsabilità penale individuale per violazione degli obblighi posti a tutela dei beni culturali in tempo di conflitto armato, in Benvenuti P., Sapienza R. (a cura di), La tutela internazionale dei beni culturali nei conflitti armati, 2007, p.211; ZAGATO L., Rassicurare anche le pietre, ovvero: il patrimonio culturale come strumento di riconciliazione? In Picchio Forlati M. L. (a cura di), Rassicurazione e memoria per dare un futuro alla pace, Padova, 2012, p.113.

232 ZAGATO L., Rassicurare anche le pietre, ovvero: il patrimonio culturale come strumento di riconciliazione? in Picchio Forlati M. L. (a cura di), Rassicurazione e memoria per dare un futuro alla pace, Padova, 2012, p.116, ricorda che la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia era stato tra i primi a ratificare la Convenzione dell'Aja del 1954; ed uno dei pochi ad essersi adoperato per assolvere l'obbligo di salvaguardia che la Convenzione impone, fin dal tempo di pace, allo Stato possessore dei beni culturali. In particolare aveva organizzato siti e rifugi e ne aveva divulgato tra le popolazioni l'ubicazione. Proprio tale attività avrebbe paradossalmente funzionato da acceleratore nella devastazione del patrimonio culturale del Paese.

233 LEANZA U., Conflitti simmetrici e conflitti asimmetrici e protezione dei beni culturali, in Benvenuti P., Sapienza R. (a cura di), La tutela internazionale dei beni culturali nei conflitti armati, 2007, p.53; per approfondimenti vedi CARCIONE M., Terrorismo e Patrimonio Culturale. Un “conflitto” a carattere non internazionale, 2002, p.1 online all’indirizzo

http://www.provincia.asti.it/hosting/moncalvo/sipbc.htm ; in cui lo studioso afferma che nella situazione sopra descritta «una fattispecie come il terrorismo -che fino ad una decina di anni fa sarebbe stato certamente posto al di fuori della nozione di conflitto bellico, oltre ogni ragionevole dubbio – entra prepotentemente nelle tematiche di diritto internazionale bellico, sicuramente in modo forzato ma con autorevolezza e gravità, proprio in conseguenza della catastrofica causa scatenante rappresentata dall'evento “bellico” dell'11 settembre 2001».

simbolico” dei beni culturali più rappresentativi di un popolo o di un'intera civiltà234. In seconda istanza, ci si rende conto che questi stessi fatti non vengo più perpetrati solo nel contesto di conflitto armato, ma anche a prescindere da questo; e hanno come unico scopo quello della eliminazione di qualsiasi manifestazione della memoria storica e culturale dell'avversario, di tutto ciò che è stato lasciato dalle generazioni precedenti, e in sostanza, dell'identità di un popolo, di un gruppo o di una collettività235. La ratio di tali azioni risiede nell'intento discriminatorio

contrassegnato dalla volontà di arrecare un'umiliazione o una mortificazione alle comunità che si riflettono nello stesso patrimonio, causando di conseguenza un indebolimento del senso di appartenenza, unità e orgoglio di tale comunità che a sua volta, nei casi peggiori, può addirittura degenerare nell'annullamento dell'identità culturale delle stesse. Il problema quindi, non è “solamente” il patrimonio culturale colpito, ma il fatto che viene messo a rischio un ulteriore bene estremamente prezioso, ovvero l'identità della comunità a cui il bene in questione appartiene236.

Benché il punto cruciale del V° meeting degli Stati Parte alla Convenzione dell'Aja del 1954 fosse l'entrata in vigore del secondo Protocollo del 1999, risultava comunque chiaro al Direttore Generale, all'Executive Board e alla Conferenza, che il sistema di protezione convenzionale predisposto dalla Convenzione dell'Aja del 1954 (e dai relativi protocolli), capace di dare risposta alla maggioranza dei problemi evidenziati nei primi decenni di applicazione della stessa237, rischiava di dimostrarsi

inadeguato davanti ai problemi che caratterizzano i nuovi conflitti. Da qui, la diretta constatazione che una rapida entrata in vigore del secondo Protocollo non sarebbe stata sufficiente238.

234 CARCIONE M., Terrorismo e Patrimonio Culturale. Un “conflitto” a carattere non internazionale, 2002, p.4 vedi l'esempio dell'attacco terroristico di New York: «la prima finalità dell'attacco era quella di “colpire al cuore” la civiltà occidentale nei suoi simboli più rappresentativi del potere economico (Torri del World Trade Center) e commerciale (Pentagono) […] hanno scelto di colpire i monumenti simbolo della cultura del progresso economico occidentale, globale e consumistico, ma anche dell'architettura del '900 [...]».

235 NAPOLETANO N., La protezione del patrimonio culturale dell'umanità: la distruzione intenzionale dei beni culturali come crimine internazionale dell'individuo, in A.A.V.V. Alberico Gentili. La salvaguardia dei beni culturali nel diritto internazionale: atti del convegno: dodicesima Giornata gentiliana, San Ginesio 22-23 Settembre 2006, Milano, 2008, p..

236 LENZERINI F., La distruzione intenzionale del patrimonio culturale come strumento di umiliazione dell'identità dei popoli, in Zagato L. (a cura di), Le identità culturali nei recenti strumenti UNESCO. Un approccio nuovo alla costruzione della pace, 2008, p.8.

237 ZAGATO L., La protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato all'alba del secondo Protocollo 1999, Torino, 2009, p.238.

238 ZAGATO L., La protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato all'alba del secondo Protocollo 1999, Torino, 2009, pp.243-244; specifica che la Convenzione dell'Aja si estende anche a casi di occupazione militare: sotto questo aspetto la distruzione delle statue dei Buddha da parte dei Talebani, essendo secondo il Direttore «an act of occupying power», ricadrebbe