• Non ci sono risultati.

Un nuovo turismo per la valle del Vajont

CAPITOLO 4 IL CASO STUDIO: LA DIGA DEL VAJONT

4.7 Un nuovo turismo per la valle del Vajont

I giornali di oggi, come ad esempio “Il Messaggero Veneto” parlano tuttora della diga del Vajont e soprattutto dei progetti che sono in atto per migliorare la sua fruizione turistica. Le iniziative e le idee per incentivare l’arrivo dei turisti sono molte, tra cui: favorire la viabilità ai disabili, costruire un vero e proprio ufficio informazioni, mettere dei fari di illuminazione, costruire una passerella di vetro e acciaio per poter assistere a un panorama mozzafiato, ma per ora mancano ancora dei fondi (Filippin, 2019). Nonostante ciò, la regione e gli enti pubblici non stanno mancando l’occasione per valorizzare il territorio e la sua storia, rendendo questi luoghi sicuri e segnalati per incrementarne le visite.

Dopo il disastro del ‘63, la valle del Vajont è diventata famosa per essere stato un luogo di disastro, rientrando quindi a fare parte del dark heritage. Numerose sono le escursioni sul coronamento della diga e a Longarone è sempre possibile visitare il cimitero monumentale delle vittime del Vajont.

Però, nonostante la valle possa essere considerata un luogo di morte e commemorazione, essa potrebbe essere in grado di sviluppare un turismo basato non solo sul ricordo, ma anche su un turismo elettrico71. Nel caso specifico del Friuli-

71

Il turismo elettrico è basato sulla scoperta del mondo dell’energia idroelettrica. Luoghi di interesse per approfondire questo tipo di turismo sono le centrali idroelettriche, le dighe e i bacini e laghi artificiali

128 Venezia Giulia, una delle poche centrali idroelettriche che hanno dato la possibilità di visitare una centrale elettrica è la Centrale Idroelettrica di Somplago, in cui i turisti hanno avuto la possibilità di percorrere la centrale fino alla sala macchine, potendo anche apprezzare un affresco di ottanta metri dell’artista Walter Resentera, che nel 1958 ha voluto rappresentare la storia del Friuli (www.ilfriuli.it, 2019). Un luogo tecnologico impregnato d’arte che si intreccia con la storia di un popolo.

Il progetto “Il Grande Vajont” aveva lo scopo di creare un enorme serbatoio idrico che facesse confluire l’acqua degli altri invasi della valle per soddisfare le richieste della produzione di energia elettrica. Il suo scopo iniziale non deve essere dimenticato. Anche se gli interventi idroelettrici sulla natura hanno modificato l’intero paesaggio del Vajont, una sua fruizione turistica a livello di turismo elettrico rimane ancora debole.

Per questo motivo, sempre rispettando gli aspetti storico-culturali del luogo, potrebbe essere utile incentivare delle visite per capire meglio il mondo energetico e i territori in cui esso si inserisce. La realtà idroelettrica può essere un’occasione per promuovere il territorio alpino della valle del Vajont, ricordando i tentativi di sfruttamento del suolo e della natura. Questi luoghi diventerebbero una meta turistica unica per tutti coloro che sono amanti delle montagne e che vorrebbero vivere un’esperienza di confronto tra i tentativi di modificare il territorio da parte dell’uomo e la forza distruttrice della natura. L’ENEL, proprietaria delle strutture e terreni della diga, ha già affidato alle associazioni di accompagnare, tramite visite guidate, i turisti lungo il coronamento della diga. Purtroppo, visitare la centrale del Colomber, cioè l’ex-centrale della diga del Vajont, non è più possibile, in quanto è andata distrutta in seguito al disastro del 9 ottobre 1963 ed è rimasta solo la caverna vuota. Quello che resta della centrale non è più attualmente raggiungibile, perché la strada per accedervi, che parte dalla frazione di Dogna, in provincia di Belluno, è stata chiusa. Nonostante la caverna dove c’era la centrale sia vuota, sarebbe interessante pensare di riaprire quella strada o trovare una via secondaria sicura per accedere alla caverna e installare dei pannelli e videoproiezioni che illustrino il funzionamento della centrale quando era attiva.

Per i giovani sarebbe anche stimolante attivare delle attività didattiche interattive o all’aperto per comprendere meglio il funzionamento della diga e l’importanza che avrebbe dovuto avere se avesse funzionato. L’impianto idroelettrico e le attività didattiche volte a promuovere la diffusione di un turismo elettrico possono essere

129 una risorsa per il territorio che andrebbe ad affiancarsi con quello del Dark Tourism già esistente. Il turismo alpino ne gioverebbe perché ci sarebbe un miglior apprezzamento della destinazione e la destagionalizzazione dell’offerta.

Nei dintorni della diga vi sono già presenti escursioni e itinerari72, tra cui “I sentieri della Nongola e della Moliesa”, un percorso circolare della durata di 3 ore, che è essenziale per avere un panorama generale della valle del Vajont e per poter capire la sua storia; il “sentiero del Carbone”, che collega il paese di Erto con quello di Casso, il cui nome deriva dal fatto che era il sentiero era percorso per trasportare il carbone vegetale; il sentiero “Tra leggenda e realtà” che attraversa la frazione di San Martino fino a Erto (www.parcodolomitifriulane.it/itinerari).

Accanto alle nuove attività, volte alla scoperta del mondo idrologico, si dovrebbe anche incentivare uno sviluppo a livello territoriale e promozionale. Certamente, l’offerta dovrebbe essere adeguatamente sostenuta da una promozione commerciale di rilievo. Ci dovrebbe essere una diffusione di cartellonistica fisica, volantini cartacei presso le strutture ricettive, pubblicità sui siti istituzionali e di promozione locale.

Target di riferimento per migliorare lo sviluppo del turismo nella valle del Vajont sono le famiglie, gli sportivi, i giovani e gli studenti. Le famiglie potrebbero essere indirizzate a visitare i paesi di Erto e Casso, ormai quasi completamente abbandonati, per poter anche aiutare l’economia dei paesi incentivando così gli ultimi residenti a restare. Utile sarebbe anche finanziare la creazione di un’applicazione mobile che permetta di vedere i sentieri montani con i vari gradi di difficoltà e il tempo di percorrenza, i luoghi di ristoro e che inviti il turista a condividere l’esperienza nei social network attraverso l’uso di un hashtag comune. Inoltre, potrebbe essere inserita una sezione dedicata alle curiosità naturali e faunistiche del luogo, senza dimenticare anche gli aspetti storico-culturali e le tradizioni degli ertocassani. Per i giovani e gli studenti sarebbe importante creare una coscienza civica, in modo che possano apprezzare il territorio e le sue caratteristiche. Il Centro Visite di Erto e Casso potrebbe dedicare uno spazio per studenti di ingegneria e geologia in cui possano studiare la costruzione della diga e la composizione geologica della montagna con modellini della diga e della frana. Per gli studenti di psicologia invece, sarebbe interessante proporre delle ricerche sulle condizioni psicologiche dei

72

Gli itinerari completi e le mappe sono accessibili online sul sito del Parco Nazionale delle Dolomiti Friulane (www.parcodolomitifriulane.it)

130 sopravvissuti alla frana, non solo coinvolgendo Longarone, ma anche gli ultimi abitanti di Erto, Casso e tutti i militari, pompieri e carabinieri, che hanno assistito la popolazione subito dopo il disastro. Inoltre, attraverso l’uso della realtà aumentata e delle proiezioni in 3D, si potrebbe insegnare ai gruppi scolastici la storia del Vajont e le sue cause, rendendo il sottile confine tra passato e presente sempre più sottile. Per far partecipare attivamente i giovani dovrebbe essere installato uno spazio espositivo per fargli esprimere le proprie idee e riflessioni. Per i più sportivi invece, proseguire con le escursioni notturne lungo il coronamento e le attività di arrampicata (offrendo anche lezioni collettive e private) risultano essere un fattore stimolante per tenersi in forma e ammirare il paesaggio.

Tutte queste iniziative potrebbero creare nel turista sia un interesse verso gli aspetti più tecnici e geologici, sia verso gli aspetti storici e commemorativi. Erto e Casso diverrebbero delle nuove mete turistiche, non solo conosciute per il disastro del Vajont, ma anche per il suo turismo elettrico e i suoi percorsi alpini.