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Gli obblighi del datore di lavoro connessi all’esposizione alle polveri di amianto

6. Il contenuto degli obblighi di garanzia: le posizioni di protezione e le posizioni di controllo

6.4 Gli obblighi del datore di lavoro connessi all’esposizione alle polveri di amianto

All’interno della materia relativa alla sicurezza dei luoghi di lavoro assumono particolare rilievo le misure e le cautele atte a preservare l’integrità psicofisica e la salute del lavoratore soprattutto nelle ipotesi caratterizzate da una continua esposizione dell’attività lavorativa, e quindi dei lavoratori,alle polveri di amianto.

L'amianto (o asbesto) è un minerale molto comune in natura, che possiede quali caratteristiche peculiari la resistenza al calore e la struttura fibrosa. Proprio tali caratteristiche ne hanno favorito l'utilizzo sin dall'antichità, specie per la costruzione di coperture per edifici o di indumenti e tessuti d'arredamento a prova di fuoco302.

inquinamento o di porsi come cause efficienti di malattie professionali (Cass., 29 aprile 2011, n. 28779). Analogamente, in relazione alla vicenda “Montefibre”, la suprema Corte si è pronunciata in senso conforme, specificando che “in presenza di strutture aziendali complesse, la delega di funzioni esclude la riferibilità di eventi lesivi ai deleganti se sono il frutto di occasionali disfunzioni; quando invece sono determinate da difetti strutturali aziendali e del processo produttivo, permane la responsabilità dei vertici aziendali e quindi di tutti i componenti del consiglio di amministrazione. Diversamente opinando, si violerebbe il principio del divieto di totale derogabilità della posizione di garanzia, il quale prevede che pur sempre a carico del delegante permangano obblighi di vigilanza ed intervento sostitutivo. In definitiva, anche in presenza di una delega di funzioni ad uno o più amministratori (con specifiche attribuzioni in materia di igiene del lavoro), la posizione di garanzia degli altri componenti del consiglio non viene meno, pur in presenza di una struttura aziendale complessa ed organizzata, con riferimento a ciò che attiene alle scelte aziendali di livello più alto in ordine alla organizzazione delle lavorazioni che attingono direttamente la sfera di responsabilità del datore di lavoro” (Cass. sez. IV pen., n. 38991 del 10 giugno 2010 , punto 14 in diritto).

Sulla disciplina della delega di funzioni nell’attuale sistema normativo, T.PADOVANI,La delega di funzioni tra vecchio e nuovo sistema di prevenzione antinfortunistica, in Cass. pen., 2011, 1581 ss.; D’ALESSANDRO,La delega di funzioni nell’ambito della tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro alla luce del decreto correttivo n. 106/2009, in Riv. it. dir. proc. pen. 2010, p. 1125 ss.; T.VITARELLI,La disciplina della delega di funzioni, in Il nuovo diritto penale della sicurezza nei luoghi di lavoro, a cura di F.GIUNTA- D. MICHELETTI,

Milano 2010, p. 38 ss.

301 Si riporta qui di seguito il testo dell’art. 5 Dir. 12 giugno 1989, 89/391 CEE: Articolo 5 Disposizioni generali 1.

Il datore di lavoro è obbligato a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro. 2. Qualora un datore di lavoro ricorra, in applicazione dell'articolo 7, paragrafo 3, a competenze (persone o servizi) esterne all'impresa e/o allo stabilimento, egli non è per questo liberato dalle proprie responsabilità in materia. 3. Gli obblighi dei lavoratori nel settore della sicurezza e della salute durante il lavoro non intaccano il principio della responsabilità del datore di lavoro. 4. La presente direttiva non esclude la facoltà degli Stati membri di prevedere l'esclusione o la diminuzione della responsabilità dei datori di lavoro per fatti dovuti a circostanze a loro estranee, eccezionali e imprevedibili, o a eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili, malgrado la diligenza osservata. Gli Stati membri non sono tenuti ad esercitare la facoltà di cui al primo comma.

302“Già in epoca risalente, alcune tra le proprietà più caratteristiche dell'amianto, quali la filabilità e la tessibilità, la

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Gli ultimi decenni del secolo scorso hanno visto, tuttavia, grazie al progredire delle scoperte e delle acquisizioni della comunità scientifica, il graduale trasformarsi dell'amianto da sostanza idonea ai più svariati utilizzi, specie in ambito edilizio, a sostanza nociva e portatrice di morte.

Ciò ha inevitabilmente condotto all'emanazione di normative finalizzate al divieto dell'utilizzo dell'amianto in tutti i settori produttivi nei quali esso era impiegato; in particolare, vengono considerate le disposizioni contenute nel capo III del titolo IX del d.lgs. 81/2008 (“Protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto”) il cui campo di applicazione, come emerge dall’art. 246, è sussidiario rispetto alla normativa contenuta nella legge 27 marzo 1992, n. 257303 (“Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto”) la cui emanazione

ha fatto sì che l'Italia divenisse il primo Paese europeo a bandire completamente l'utilizzo dell'amianto304. Nonostante ciò, va rilevato, tuttavia, che le due normative hanno ad oggetto la

minerale in natura, si interessarono più ai profili, per così dire, “magici” dell'amianto, generalmente riconducibili alla sua resistenza al fuoco, che non alle straordinarie potenzialità di utilizzo nella vita pratica.” Cit.A.DI AMATO, La responsabilità penale da amianto, Milano, 2003, pp. 7-8.

303La l. n. 257/1992 è oggi considerata la legge in materia di amianto: con essa è stata istituita la Commissione

Nazionale Amianto (art. 4), sono state introdotte norme specifiche per il controllo delle imprese che si occupano di lavorazione, manutenzione, bonifica e smaltimento dell'amianto, che sono tenute ad inviare annualmente una relazione tecnica alla Regione e all'USL (art. 9), nonché apposite regole tecniche per gli interventi di bonifica (artt. 5-6 e 12).E’ stato previsto (art. 10) che ogni Regione debba approvare un Piano regionale di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell'amianto secondo la normativa statale di riferimento (D.P.R. 8/8/1994). A ciò si aggiunge l'obbligo per tutti coloro che operano nello smaltimento e nella rimozione dell'amianto di iscriversi ad una sezione speciale dell'albo delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti (art. 12). Sono state, inoltre, previste regole specifiche per quanto concerne la presenza di amianto negli edifici: in particolare, è stato stabilito l'obbligo per i proprietari degli immobili di notificare alle USL la presenza di amianto in matrice friabile, con conseguenti controlli da parte delle stesse USL (art. 12); è stata prevista una particolare disciplina in tema di “trattamento straordinario di integrazione salariale e pensionamento anticipato” a favore dei lavoratori che hanno subito una significativa esposizione all'amianto nel corso dell'attività lavorativa (art. 13).Sono infine state introdotte sanzioni in caso di inosservanza degli obblighi e dei divieti previsti dalla legge (art. 15) e, in particolare, è stato stabilito che alla terza irrogazione delle sanzioni previste da tale articolo, il Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato disponga la cessazione dell'attività dell'impresa

304 Va rilevato, tuttavia, che la normativa in materia di amianto ha iniziato a svilupparsi già a partire dagli anni

Venti attraverso l’adozione di disposizioni aventi la finalità di vincolare il datore di lavoro ad eliminare o quanto meno a ridurre la presenza di polveri nocive negli ambienti di lavoro. Tale evoluzione è proseguita, poi, negli anni Novanta una normativa volta a stabilire il livello di concentrazione di fibre di amianto disperse nell'aria considerato dannoso per la salute dei lavoratori. Il riferimento è al d.lgs. n. 277/1991, adottato in adempimento degli obblighi di derivazione comunitaria e, in particolare, della direttiva 83/477/CEE (Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro”) la quale, oltre a prescrivere l'eliminazione di alcune modalità di utilizzo dell'amianto, nonché l'adozione di adeguate tecniche lavorative idonee a tutelare la salute dei lavoratori, aveva introdotto un “valore limite” oltre il quale non era ammessa l’esposizione alle fibre di amianto aero-disperse. Tale normativa tuttavia è stata modificata dalla disciplina della Legge 257/1992 che ha proibito del tutto l'estrazione, importazione, esportazione e commercializzazione dell'amianto.

Per quanto concerne la normativa antecedente agli anni 90, viene innanzitutto in rilievo, anche se solo indirettamente, l'art. 17 del “Regolamento generale sull'igiene del lavoro” (approvato con R.D. 14 aprile 1927, n.530, rubricato “difesa dell'aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi”), che riguardava tutte le attività lavorative caratterizzate dalla presenza di agenti potenzialmente nocivi per la salute dei lavoratori (tra cui anche polveri) e imponeva al datore di lavoro di adottare misure idonee ad impedirne la diffusione negli ambienti di lavoro. È poi utile ricordare che, con il R.D. 13 maggio 1929, n.928, è stata introdotta nel nostro ordinamento l'assicurazione obbligatoria contro le “malattie professionali”, specificamente a carico dei datori di lavoro del settore industriale.

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tutela di beni differenti, giacché le disposizioni del capo III del titolo IX sono volte a proteggere il diritto alla salute dei singoli lavoratori, a differenza della l. n. 257/1992 che, nel disporre la cessazione dell’impiego dell’amianto, tutela principalmente l’integrità e la salubrità dell’ambiente e della salute pubblica305.

Quanto alle disposizioni del d.lgs. n. 81/2008, va rilevato che esse sono introdotte dall’art. 246 che, nel delimitare l’ambito di applicazione oggettivo, individua espressamente le polveri rientranti nel concetto di amianto e cioè:

-l’actinolite d’amianto, n. CAS 77536-66-4

-la grunerite d’amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5 -l’antofillite d’amianto, n. CAS 77536-67-5

-il crisotilo, n. CAS 12001-29-5 -la crociodolite, n. CAS 12001-28-4

- la tremolite d’amianto, n. CAS 77536-68-6

Le singole condotte sono costituite dall’inosservanza delle prescrizioni previste dall’art. 248 ss. quali, ad esempio, la ricerca e l’individuazione della presenza di amianto, cui sono obbligati sia il datore di lavoro che il dirigente o il preposto, nei casi in cui vi sia anche solo un minimo dubbio circa la presenza della suddetta sostanza nociva. Trattasi di un’omissione integrante una contravvenzione, analogamente a quanto previsto dall’art. 249, che ha ad oggetto l’incriminazione della violazione da parte del solo datore di lavoro dell’obbligo di procedere a una valutazione dei rischi connessi alla diffusione delle polveri di amianto.

Sebbene inizialmente l'applicazione della normativa fosse limitata a sei patologie tassativamente individuate, successivamente, con la legge 12 aprile 1943, n.455, l'assicurazione obbligatoria è stata estesa anche all'asbestosi, soprattutto alla luce degli studi compiuti degli anni precedenti che avevano condotto la comunità scientifica ad una piena consapevolezza circa la relazione tra esposizione ad amianto ed insorgenza della suddetta patologia.

Con l’avvento della Carta costituzionale la quale, com’è noto, ha valorizzato il diritto alla salute ex art. 32, è stata introdotta la disciplina di cui al D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303 (“Norme generali per l'igiene del lavoro”), che si pone come obiettivo quello di stabilire, a carico dei datori di lavoro, le regole fondamentali di comportamento idonee a proteggere i luoghi di lavoro dalla presenza di agenti nocivi (rifiuti tossici, gas, vapori, fumi, polveri ecc.), stabilendo inoltre sanzioni penali in caso di inosservanza di tali regole. Ebbene, con riguardo ai doveri del datore di lavoro, di rilievo è la disposizione contenuta all'art. 21 del D.P.R. 303/1956 (“difesa contro le polveri”), che al primo comma in riproduce l'art. 17 del citato R.D. n. 530/1927, sottolineando l'obbligo del datore di lavoro di adoperarsi al fine di impedire o ridurre, per quanto possibile, lo sviluppo e la diffusione delle polveri negli ambienti di lavoro; i commi successivi introducono invece specifiche regole con finalità di prevenzione.

Successivamente, in seguito all'adozione della direttiva CEE del 19 settembre 1983 n. 477, il legislatore italiano ha provveduto ad emanare il d.lgs. 15 agosto 1991, n. 277 (“attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro”) le cui disposizioni, contenute negli artt. 22-37, sono andate a sostituire, per espressa previsione normativa, le norme contenute nel D.P.R. n. 303/1956, in particolare gli artt. 4 e 21. Tra le più importanti ricordiamo l'art. 31 (“superamento dei valori limite di esposizione”), che prevede in caso di superamento un obbligo del datore di lavoro di identificare e rimuovere la causa dell'evento adottando misure appropriate; l'art. 24 (“valutazione del rischio”), che impone al datore di lavoro di effettuare una valutazione del rischio derivante dall'emissione di polveri di amianto.

305 In questo senso,A.MACCARI,Le sanzioni in materia di sostanze pericolose, in Il nuovo diritto penale della

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Un ruolo fondamentale, inoltre, è occupato dall’art. 251, che pone a carico del datore di lavoro il dovere di porre in essere una serie di misure di prevenzione e protezione (es. sottoposizione dei locali adibiti al trattamento dell’amianto a regolare pulizia e manutenzione oppure regolare stoccaggio e trasporto, in appositi imballaggi chiusi, dell’amianto o dei materiali che rilasciano polveri di amianto) le quali, tuttavia, a causa della loro genericità e indeterminatezza, sotto il profilo penalistico rendono maggiormente complesso l’accertamento dell’infrazione. Speciali forme di protezione e prevenzione sono costituite dalle misure di igiene di cui all’art. 252, che fornisce un catalogo delle prescrizioni da rispettare in relazione all’abbigliamento civile e da lavoro, al luogo di deposito dell’abbigliamento e ai luoghi di lavoro.

L’art. 253 prescrive, altresì, il dovere di procedere ad un monitoraggio periodico, per un periodo di otto ore, delle fibre di amianto, al fine di garantire il rispetto del valore limite indicato dall’art. 254 (0,1 fibre per centimetro cubo di aria) e di evitare, quindi, che i lavoratori siano esposti a concentrazioni superiori alla suddetta soglia. Ove si superi tale limite e non sia possibile ridurlo mediante adeguate misure, l’art. 254 impone al datore di lavoro e al dirigente una serie di obblighi da rispettare quali far impiegare ai lavoratori, in via temporanea, un dispositivo di protezione individuale delle vie respiratorie, predisporre cartelli volti a segnalare il superamento della soglia di esposizione oppure adottare misure finalizzate ad evitare la dispersione della polvere al di fuori dei locali.

Tra gli obblighi previsti in capo al datore di lavoro rientrano, infine, l’informazione e la formazione dei lavoratori esposti alle polveri provenienti da amianto, i quali devono essere resi edotti di una serie di fattori indicati dall’art 258, come le proprietà dell’amianto e i suoi effetti sulla salute (incluso l’effetto sinergico del tabagismo), le procedure di lavoro sicure e le operazioni che possono comportare un’esposizione a tale sostanza. Anche in tali ipotesi, la violazione delle prescrizioni indicate dà luogo a una fattispecie contravvenzionale la quale, però, analogamente all’inosservanza degli obblighi di cui sopra,può costituire altresì un elemento rilevante ai fini dell’accertamento della colpa specifica, per eventuali lesioni o morte dei lavoratori per esposizione ad amianto ex art. 589 e 40, comma 2, c.p.