• Non ci sono risultati.

La posizione di garanzia avente ad oggetto l’impedimento del reato altrui

6. Il contenuto degli obblighi di garanzia: le posizioni di protezione e le posizioni di controllo

6.5 La posizione di garanzia avente ad oggetto l’impedimento del reato altrui

Alla tradizionale bipartizione fondata sulla distinzione tra posizioni di tutela e posizioni di controllo, parte degli studiosi ha affiancato la categoria dell’obbligo di impedimento del reato

132

altrui306,con il quale si intende sia il potere del garante di vigilare e impedire la commissione di

fatti illeciti da parte di soggetti sottoposti al loro controllo e le cui caratteristiche personali generano il sospetto circa la realizzazione di azioni delittuose, sia il dovere di attivarsi per evitare la compromissione da parte dei terzi di beni nei cui confronti si ha un obbligo di tutela.

Secondo tale ricostruzione, dal verificarsi dell’evento lesivo a seguito dell’inadempimento del suddetto obbligo impeditivo deriva una responsabilità in capo al garante per il reato non impedito in concorso con l’autore della condotta attiva, attesa l’operatività dell’art. 40 cpv. in combinato disposto con l’art. 110 c.p307.

Ebbene, nella prima categoria, connotata dalla sussistenza in capo al garante di un dovere di impedire la commissione di reati da parte di terzi soggetti alla sua vigilanza, si suole far rientrare, ad esempio, il dovere dei genitori e dei tutori rispetto ai figli minori o agli incapaci di intendere e di volere desumibile dagli artt. 2047 e 2048 c.c., o la posizione degli amministratori di società che, ai sensi dell’art. 2392 c.c., sono tenuti ad impedire la commissione di illeciti societari ad opera di altri amministratori.

In tali ipotesi, l’obbligo di impedire la commissione di fatti illeciti rinviene il fondamento in una pregressa relazione intercorrente tra il garante e il terzo soggetto al suo controllo, che può derivare sia da un rapporto di subordinazione di diritto pubblico (rapporto di gerarchia tra diversi organi o uffici) o di diritto privato (relazione tra imprenditore e i suoi dipendenti), sia da un rapporto paritetico connotato dall’assenza di qualsivoglia posizione di autorità308.

Con riguardo al rapporto tra genitori e figli minori non emancipati, ad esempio, il dovere di impedire la commissione di reati deriva dalla sussistenza, in capo ai primi, di poteri di cura e di educazione legislativamente previsti.

Come rilevato in precedenza, però, affinché possa configurarsi un vero e proprio obbligo di impedimento è necessario che ricorrano dei concreti poteri impeditivi, posto che la loro mancanza consente, al più, di ritenere sussistente un mero dovere di sorveglianza. Sulla scorta di tale criterio, ad esempio, si tende a distinguere la posizione dell’amministratore di società che, ai sensi dell’art. 2392 c.c., dispone di effettivi poteri impeditivi, da quella dei componenti del collegio sindacale i quali, per converso, sono titolari di un mero obbligo di sorveglianza e di

306Cfr.L.BISORI,L’omesso impedimento del reato altrui nella dottrina e nella giurisprudenza italiane, in Riv. it.

dir. proc. pen.., 1997, p. 1365; G.GRASSO,op. cit., p. 293 ss.;I.LEONCINI,Obbligo di garanzia, obbligo di attivarsi e obbligo di sorveglianza, cit., p. 122 ss.

307 Sulla configurabilità di un concorso mediante omissione nel reato altrui, cfr. GRUNWALD,Die Beteiligung durch

Unterlassen, in Goltdammer’s Archive, 1959, 110 ss; A.KAUFMANN,Die Dogmatik der Unterlassungdelikte, op. cit., 291 ss.; C.ROXIN, Täterschaft und Tatherrschaft, VIII ed., Berlin, 2006, 468 ss.

133

controllo consistente nell’informare l’assemblea dei soci dei fatti di cui siano venuti a conoscenza309.

Nella seconda delle categorie menzionate, invece, si fa rientrare l’obbligo in capo al garante di impedire la commissione da parte di terzi di reati che ledono i beni affidatigli, come nel caso del genitore tenuto ad impedire l’uccisione del figlio. In altri termini, il garante è titolare di poteri di intervento e di vigilanza riferiti ai beni da questi protetti, cui non corrisponde, però, un analogo dovere di vigilanza sui terzi estranei che hanno posto in essere il reato310.

L’impostazione sopra descritta, tuttavia, è stata messa in discussione da altra parte della dottrina che, a seconda dei casi, ha evidenziato la superfluità o la pericolosità della categoria dell’impedimento di reati altrui. Riguardo al profilo della superfluità, infatti, è stato rilevato che gli obblighi aventi ad oggetto l’impedimento di reati altrui risultano essere sovrapponibili sia agli obblighi di protezione di determinati beni, sia alle posizioni di controllo di fonti di pericolo, di guisa tale che la creazione di una categoria ad hoc si presenta come inutile. Tale superfluità, ad avviso di tale dottrina, risulta palese soprattutto nei casi in cui l’obbligo impeditivo abbia ad oggetto la realizzazione dell’evento ad opera di un soggetto incapace il quale, in presenza di determinate condizioni, oltre ad essere oggetto di protezione, potrebbe essere parificato ad una fonte di pericolo da controllare.

309In particolare, il tema relativo alla possibilità di configurare in capo ai componenti del collegio sindacale di una

società un vero e proprio obbligo di impedire l’agire delittuoso degli amministratori è fonte di diversità di opinioni in giurisprudenza e in dottrina la quale prevalentemente esclude che l’obbligo di vigilanza affidato ai sindaci sia sufficiente a fondare un obbligo impeditivo, essendo questi titolari solo di un obbligo di controllare e di informare gli organi societari provvisti di tali poteri.

Per converso, la giurisprudenza tende a ravvisare in capo a questi un vero e proprio dovere impeditivo ex art. 40 cpv. c.p., atteso che il potere di vigilanza sull’attività di gestione degli amministratori è funzionale a impedire la commissione di reati da parte di questi. In particolare, secondo quest’ultima impostazione, il fondamento della posizione di garanzia rivestita dai componenti del collegio sindacato è rinvenibile in diverse disposizioni del codice civile, tra le quali gli artt. 2403 c.c. (“ Il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto”), 2407 c.c., comma 2 (“I sindaci sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”) e 2409 c.c., che riconosce agli stessi un potere di denuncia diretta all’autorità giudiziaria, ove vi sia il fondato sospetto che gli amministratori abbiano posto in essere attività delittuose. In tal senso, Cass. pen. sez. II, 12 febbraio 2009, n. 20515, secondo la quale “il sindaco di società per azioni, anche individualmente nell’esercizio dei suoi poteri di controllo e di vigilanza, ha il dovere di intervenire tutte le volte in cui gli amministratori della società (facendo od omettendo) violino la legge generale e in particolare la legge penale. Ne consegue che nel caso in cui un sindaco abbia conoscenza di attività distruttive poste in essere da amministratori, egli ha il dovere di intervenire per impedirne la realizzazione e, in mancanza, deve essere ritenuto responsabile a titolo di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione eventualmente commesso”.

310Ex adverso, in relazione al dibattito attinente alla sussistenza di un dovere in capo agli appartenenti alle forze

dell’ordine di impedire la commissione degli altrui reati, secondo l’impostazione prevalente in dottrina dall’art. 55 c.p.p. non è possibile desumere un generico obbligo avente ad oggetto la tutela di tutti i beni dei consociati dalla realizzazione di qualsiasi illecito nei loro confronti, bensì solo un mero dovere di attivarsi o di sorveglianza. Risulta configurabile, invece, un dovere di impedimento di tali soggetti in relazione a reati ben determinati o nei limiti di compiti specifici loro attribuiti, come nel caso dell’agente di scorta deputato a tutelare i beni dell’uomo politico da qualsivoglia tipo di aggressione. In tal senso L.BISORI,op. cit. p. 1390;G.GRASSO, Il reato omissivo improprio, cit.,

134

A tale osservazione, però, è stato obiettato che la generica inclusione dei soggetti da proteggere nel novero delle fonti di pericolo risulta una forzatura, soprattutto in vista del fatto che gli obblighi di impedimento del reato altrui possono riguardare sia i soggetti incapaci che quelli capaci. A tal proposito, infatti, si suole fare l’esempio dell’amministratore di una società, le cui condotte difficilmente possono essere considerate una fonte di pericolo da neutralizzare da parte degli altri amministratori sui quali grava l’obbligo di impedire la commissione di reati societari311.

Analogamente, il riconoscimento della sussistenza dell’obbligo di impedire l’altrui illecito e della conseguente responsabilità del garante a titolo di concorso omissivo è stato considerato rischioso312 sia perché, nell’equiparare l’omissione alla volontà di concorrere nel

reato altrui commissivo, si ampliano eccessivamente le maglie della tipicità, sia per le possibili frizioni con il principio di personalità della responsabilità penale, posto che la condotta del terzo è espressione di una piena libertà di autodeterminazione313.

Ebbene, in relazione alla prima tipologia di rischio, sono state avanzate delle preoccupazioni con riguardo al pericolo di realizzare una “tipicità eccessivamente estesa”, giacché l’applicazione congiunta degli artt 40 cpv. e 110 c.p., che di per sé costituiscono delle clausole di parte generale estensive della tipicità, consentirebbe di addebitare una responsabilità a titolo di concorso nei confronti del garante inerte anche qualora l’omissione non abbia riguardato l’intero fattotipico, bensì solo una porzione di esso.

A tal proposito, tuttavia, da parte dei sostenitori dell’autonomia della categoria di obblighi esaminata è stato obiettato che l’applicazione della disciplina del concorso di persone al garante inerte non deve essere confusa con l’applicazione congiunta delle due norme de quibus. In altri termini, la loro operatività cumulativa è inibita dal fatto che la funzione estensiva della tipicità di cui all’art. 110 c.p. è già svolta dall’art. 40 cpv. che consente, per

311 In questo senso,I.LEONCINI,Obbligo di garanzia, op. cit., p. 125. Tra i sostenitori dell’autonoma rilevanza della

categoria de qua, si veda G.GRASSO,Il reato omissivo improprio, p. 328, secondo il quale la differenza tra gli

obblighi impeditivi del reato altrui e quelli di controllo e di protezione risiede nella natura dei poteri attribuiti al garante, i quali sono di matrice giuridica nella prima categoria e, viceversa, di matrice fattuale negli obblighi di protezione e controllo. Contra, I.LEONCINI,op. ult. cit., p. 126 secondo la quale la titolarità di un potere giuridico

riguarda anche i suddetti obblighi, benché essa possa assumere un carattere più marcato nelle posizioni impeditive dell’altrui reato.

312 Ne riferisce, A.BOIDO,Le posizioni di garanzia, in Commentario al codice penale, a cura di RONCO, cit., p.

355.

313 Con riguardo al rapporto tra l’obbligo di impedire il reato altrui e l’interferenza dell’altrui libertà di

autodeterminazione, cfr.L. BISORI, op. ult. cit., p. 1367, secondo il quale l’interferenza impeditiva del garante

risulta lecita (e possibile) solo nelle ipotesi in cui l’ordinamento abbia riconosciuto al garante degli specifici poteri giuridici di impedimento nei confronti del terzo, di guisa tale che “il primo è in gradi di interferire direttamente (e lecitamente) con l’intera condotta di reato posta in essere dal secondo”. In quest’ottica, ad esempio, si spiega l’intervento impeditivo dell’amministratore di una società di capitali il quale, per espressa previsione legislativa (art. 2932 c.c.), è legittimato ad esercitare degli specifici poteri (interdittivi e di interferenza) nei confronti degli altri amministratori onde evitare la commissione di reati in danno della società o dei terzi creditori.

135

l'appunto, all’inerzia del garante “di accedere a tutti i connotati di tipicità e disvalore della condotta altrui314”.

Tale preclusione, però, non impedisce di applicare al garante la disciplina del concorso di persone nei casi in cui la sua omissione abbia ad oggetto l’intera fattispecie di reato commesso da un terzo, poiché in questo caso il fatto è già di per sé tipico ai sensi dell’art. 40 cpv. c.p. ed è, al contempo, anche concorsuale, siccome l’omissione di questi accede al reato altrui. Ne deriva, quindi, che nel caso in cui l’obbligo del garante abbia ad oggetto l’impedimento di un determinato evento lesivo, ma l’omissione di questi concretamente riguardi solo una porzione del fatto posto in essere da un terzo, non è possibile legittimare l’applicazione della disciplina di cui all’art. 110 c.p. poiché, in tal modo, configurando una responsabilità per omissione in relazione a delle ipotesi insuscettibili di commissione per omissione nella forma monosoggettiva,si aggirerebbe l’operatività dell’ art. 40 cpv.

In relazione al profilo della compatibilità con il principio di personalità della responsabilità personale, giova dare atto della ricostruzione proposta da alcuni studiosi secondo i quali, onde evitare che l’affermazione dell’autonomia della categoria in questione possa comportare un vulnus al suddetto principio, si dovrebbe ripensare il contenuto dell’obbligo impeditivo e ritenere che l’oggetto di tale posizione sia l’impedimento dell’evento lesivo previsto dalla norma e non, invece, la realizzazione del reato ad opera di terzi. In tal modo, infatti, si eviterebbe “ di attribuire qualsivoglia rilevanza alla possibilità di mero fatto, occasionale e indeterminata, che il garante abbia di interferire in qualche modo con il comportamento dell’autore del reato e riconduce l’attenzione, invece, sulla disponibilità che il garante abbia o del bene protetto, in virtù della quale gli sia consentito di sottrarlo alla altrui condotta illecita, o della fonte di pericolo , in virtù della quale gli sia consentito di arginarne la potenziale dannosità315”.

314L.BISORI,op. cit.,p. 378. 315A.BOIDO, op. cit., p. 357.

136