2 La disciplina generale del contratto di apprendistato e l’obbligo formativo
2.8 Gli obblighi formativi, il tutor aziendale e il sistema sanzionatorio
Il contratto di apprendistato è essenzialmente volto a consentire il conseguimento delle competenze tecnico-professionali per l'esecuzione della
148 In tal senso, la risposta del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ad inter pel lo n . 34 d el 15 ottobre 2010, www.lavoro.gov.it.
149 Cfr. Cass. Civ., sez. lav. n. 20357/2010.
150 Cfr. Corte Cost. 8 aprile 1993, n. 149.
prestazione professionale. L’obbligo formativo è un elemento essenziale del contratto di apprendistato che si affianca a quello retributivo ‘specializzando’ la causa contrattuale. Il datore di lavoro, infatti, è obbligato a corrispondere all’apprendista, a fronte della prestazione lavorativa, non solo una controprestazione retributiva, ma anche la formazione necessaria ai fini dell’acquisizione di una qualificazione professionale. L’onere di provare lo svolgimento dell’attività formativa grava sul datore di lavoro151.
Il contratto di apprendistato non può avere ad oggetto attività ‘elementari e routinarie’ che non richiedono un effettivo periodo di formazione. Infatti, secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione152 “nel contratto di apprendistato il dato essenziale è rappresentato dall'obbligo del datore di lavoro di garantire un effettivo addestramento professionale finalizzato all'acquisizione, da parte del tirocinante, di una qualificazione professionale, sicché il ruolo preminente che la formazione assume rispetto all'attività lavorativa esclude che possa ritenersi conforme a tale speciale figura contrattuale un rapporto avente ad oggetto lo svolgimento di attività assolutamente elementari o routinarie, non integrate da un effettivo apporto didattico e formativo di natura teorica e pratica”.
Le attività formative devono essere modulate in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, potendo assumere maggiore o minore rilievo, a seconda che si tratti di lavoro di elevata professionalità o di semplici prestazioni di mera esecuzione. Si può prevedere l’anticipazione della fase teorica rispetto a quella pratica, o viceversa, sempre che lo svolgimento dell’attività di formazione sia idoneo a consentire l’inserimento effettivo del lavoratore nell’impresa mediante l’acquisizione di una professionalità adeguata153.
Come già anticipato, la disciplina della formazione nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore è rimessa alle Regioni e alle Province autonome. In assenza di regolamentazione regionale il legislatore ha attribuito l’attivazione dell’apprendistato di primo livello al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali che ne disciplina l’esercizio con propri decreti (art. 43, comma 3).
151 Cfr. Trib. Roma, sez. lav., n. 3286 del 5 aprile 2017.
152 Cfr. Cass. Civ. n. 14754 del 2014, n. 11265 del 2013, n. 6787 del 2002.
153 Cfr. Cass. Civ., sez. lav. n. 2015 del 13 febbraio 2012.
Nell’apprendistato professionalizzante la disciplina della formazione finalizzata all’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche è, rimessa agli accordi interconfederali e ai contratti collettivi nazionali di lavoro, che in ragione del tipo di qualificazione professionale da conseguire, ne stabiliscono la durata e le modalità di erogazione (art. 44, comma 2). La formazione di tipo professionalizzante a carico del datore di lavoro è integrata da quella pubblica di base e trasversale, disciplinata dalle Regioni e Province autonome, per un monte complessivo non superiore a 120 ore per la durata del triennio (art. 44, comma 3).
Nell’apprendistato di alta formazione e ricerca compete alle Regioni e Province autonome la disciplina dei profili formativi sentite le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le Università, gli Istituti tecnici superiori e altre istituzioni formative e di ricerca comprese quelle in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione, dell’innovazione e del trasferimento tecnologico (art. 45, comma 4).
Ai fini dell’effettività della funzione formativa la normativa vigente conferma l’obbligo per il datore di lavoro di garantire agli apprendisti la presenza di un tutor o referente aziendale (art. 42, comma 5, lett. c, D.Lgs. n. 81/2015). Come è noto, la figura del tutor aziendale è stata introdotta dalla L. n. 196/1997 che gli ha attribuito il duplice compito di promuovere il successo formativo degli apprendisti e di favorire il raccordo didattico e organizzativo tra l’istituzione formativa e l’impresa154. Con il D.M. 28 febbraio 2000 n. 22155, che ha regolato la figura del tutor aziendale per l’apprendistato, sino alla sua abrogazione per effetto dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 167/2011, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, ha stabilito che il ruolo del tutor156 possa essere ricoperto dallo stesso datore di lavoro, se in possesso delle competenze adeguate, o da una persona che svolge attività lavorative coerenti con quelle dell’apprendista
154 Per un’attenta disamina della disciplina del tutor aziendale per l’apprendistato si veda D’Arista (2013).
155 D.M. 28 febbraio 2000 n. 22-Disposizioni relative alle esperienze p r ofe ssi on ali r ic hi est e p e r l o svolgimento delle funzioni di tutore aziendale ai sensi dell'art. 16 comma 3 della l egge n . 1 96 d el 2 4 giugno 1997 recante "Norme in materia di promozione dell'occupazione”.
156 Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la Circolare n. 5/2013, ha precisato che “il tutor o referente aziendale, in ragione della capacità di autodeterminazione delle p art i so c i ali p re vist a d al legislatore, deve essere in possesso esclusivamente dei requisiti individuati dalla contrattazione collettiva essendo sostanzialmente abrogato il D.M. 28 febbraio 2000”.
e che abbia un’adeguata esperienza lavorativa nel settore (almeno tre anni) e sia inquadrato ad un livello contrattuale pari o superiore a quello che l’apprendista consegue alla fine del periodo di apprendistato.Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la risposta all’interpello n. 49/2009, ha precisato che l’attività del tutor rimane, nei suoi tratti fondamentali, quella descritta nel richiamato D.M. 28 febbraio 2000 secondo il quale “il tutore aziendale per l’apprendistato ha il compito di affiancare l’apprendista durante il periodo di apprendistato, di trasmettere le competenze necessarie all’esercizio delle attività lavorative e di favorire l’integrazione tra le iniziative formative esterne all’azienda e la formazione sul luogo di lavoro”. Successivamente, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la Circolare n. 5/2013, ha precisato che “le competenze del tutor aziendale sono disciplinate dagli accordi interconfederali ovvero dai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionali dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
Da ultimo, il legislatore, con il D.I del 12 ottobre 2015, nel definire le finalità della funzione tutoriale nei percorsi di apprendistato di primo e terzo livello, ha ribadito che il compito del tutor è quello di affiancare l’apprendista nel percorso di apprendimento e nel monitoraggio del suo corretto svolgimento.
Relativamente agli aspetti sanzionatori per omessa formazione e ai criteri di attribuzione della responsabilità datoriale, la disciplina vigente stabilisce che “in caso di inadempimento nell’erogazione della formazione a carico del datore di lavoro, di cui egli sia esclusivo responsabile e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità formative di cui agli artt. 43, 44 e 45, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100%, con esclusione di qualsiasi sanzione per omessa contribuzione” (art. 47, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015)157. Tale disposizione evidenzia l’esigenza, ai fini della configurazione dell’inadempimento formativo, del duplice requisito della esclusiva
157 In merito, si veda Del Punta (2019) il quale sostiene che “per quanto la normativa non lo sancisca i n modo espresso, si ritiene comunemente che il datore di lavoro gravemente inadempien te al l’ ob b li go formativo sia esposto ad un’azione giudiziaria del lavoratore al fine di far accertare che non si è trattat o di vero apprendistato, e richiedere, di conseguenza le differenze retributive non percepite a c au sa d e l sottoinquadramento dell’apprendista e/o impugnare il licenziamento ad nutum disposto dal d at o re d i lavoro al termine del periodo di apprendistato”.
responsabilità del datore di lavoro e della gravità della violazione tale da impedire il raggiungimento dell’obiettivo formativo158.
Come osservato in dottrina159 “il D.Lgs. n. 81/2015, in continuità con la disciplina previgente in caso di inadempimento nell’erogazione della formazione, ha fissato la pesante sanzione economica indicata nell’art. 47, comma 1, ma non ha contemplato la stabilizzazione quale conseguenza a carico del datore di lavoro”160. Tuttavia, pur in assenza di una specifica indicazione del legislatore, la giurisprudenza161 ha ritenuto che “in caso di inadempimento degli obblighi di formazione da parte del datore di lavoro, si determina la trasformazione ab initio di tale rapporto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con il conseguente riconoscimento ex tunc ai lavoratori del trattamento giuridico ed economico previsto dagli accordi collettivi, qualora l'inadempimento abbia un'oggettiva rilevanza, concretizzandosi nella assenza totale di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e quindi trasposti nel contratto”.
L’art. 47, comma 2 prevede, inoltre, un regime sanzionatorio per i casi di violazione della disciplina generale delle tre tipologie di apprendistato di cui all’art. 42, comma 1, nonché delle previsioni contrattuali collettive attuative dei principi di cui all’art. 42, comma 5, lett. a), b), c)162. Tale regime si sostanzia nella contestazione di sanzioni amministrative da parte degli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e legislazione sociale nei modi e nelle forme di cui all'articolo 13 del D.Lgs. n. 124/2004, previa trasmissione del relativo rapporto alla Direzione territoriale del lavoro (DTL).
158 In merito si veda Toscano (2015).
159 In merito, si veda Luciani (2016) il quale precisa che “pur in assenza di una specifica indicazi on e d el legislatore del D.Lgs. n. 81/2015, la giurisprudenza, per l’inottemperanza degli obblighi formativi ritien e che ricorrano, sulla base delle regole di diritto comune (art. 1419 c.c.) la nullità del patto formativo e l a definitiva ‘stabilizzazione’ del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”.
160 Sul punto si veda Rausei 2016 il quale afferma che “la sanzione economica di cui all’art. 47, comma 1 è ascrivibile alla categoria delle c.d. sanzioni civili, in quanto inci d ent e su l la m i su ra d e i c o nt r ib ut i previdenziali dovuti”.
161 Cfr. Trib. Roma, Sez. Lav., n. 6696 del 2 settembre 2019, Cass. Civ., sez. VI, n. 3344 del 19 febbraio 2015.
162 In merito, si veda Rausei (2016) il quale precisa che “l’art. 47, comma 2 del D.Lgs. n. 81/2015 colpisce la violazione del disposto normativo che pone l’obbligo della forma scritt a ai fini della prova del contratto di apprendistato contenente in forma sintetica il piano formativo individuale (art. 42, c o mm a 1) nonché la violazione delle previsioni contrattuali collettive che attuano i principi relativi al l’ ar t. 4 2, comma 5, lett. a), b) e c).
In relazione agli aspetti sanzionatori per inadempimento nell’erogazione della formazione, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la Circolare n.
5/2013, ha chiarito che “rispetto a ciascuna tipologia di apprendistato occorre mettere in evidenza quali siano i ‘margini’ della responsabilità datoriale in ordine agli obblighi formativi in quanto solo rispetto a tali ‘margini’ è possibile un intervento ispettivo volto a ripristinare un corretto svolgimento del rapporto di apprendistato ovvero l’applicazione del regime sanzionatorio”.