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Art of Doctoring

MEDICAL EDUCATION

2. OBIETTIVI E IPOTESI DI RICERCA

I capitoli che hanno preceduto e introdotto questa ricerca hanno delineato un quadro teorico di riferimento che può essere così sintetizzato: le Medical Humanities stanno iniziando ad essere considerate una componente importante della formazione medica; la narrazione viene sempre più adottata come metodo per indagare e fare ipotesi, come strumento di studio per raccogliere nuovi dati e l’etica narrativa come una teoria che permette un incontro tra professionisti di diversa formazione e provenienza.

402 Per ulteriori informazioni sulla rivista, si rimanda al sito web:

Il programma in Medical Humanities & Arts presso la University of California, Irvine, (Department of Family Medicine), implementato al fine di migliorare alcune competenze nei futuri medici quali l'empatia, l’altruismo, la compassione e la predisposizione alla cura verso i pazienti, oltre che per affinare l’abilità di comunicazione clinica e la capacità di osservazione, è stato scelto per la mia ricerca perché considerato altamente rappresentativo dell’universo da indagare. L’idoneità del PMHA ad essere assunto a modello di studio e indagine si rivela, infatti, sia a livello dei corsi proposti (per ciò che concerne la scelta degli argomenti trattati), sia per la loro organizzazione (vale a dire per la loro distribuzione nei quattro anni che compongono la facoltà di medicina), sia per le finalità che si prefiggono di raggiungere e per le competenze che si propongono di sviluppare nei futuri medici.

L’abbondanza e il proliferare di ricerche sul ruolo delle Medical Humanities in ambito medico e il loro inserimento all’interno dei curricula

universitari non sono stati tuttavia accompagnati da una loro contestuale caratterizzazione esaustiva e definitiva, tanto che misurare e quantificare il loro impatto si rivela ancora molto impegnativo e complesso sia perché si tratta di un campo di studi ancora nuovo e in fieri, sia perché l’efficacia delle humanities non può essere dimostrata in modo sperimentale a causa delle loro

caratteristiche intrinseche.

Partendo dal presupposto che affidabilità e soggettività non si escludono tra loro e che, al tempo stesso, affidabilità e oggettività non sono intrinsecamente legate, questa ricerca si avvale di una strategia qualitativa (coerente, inoltre, con il paradigma narrativo nel quale rientrano le Medical Humanities) che, supportata dalla letteratura pertinente, si pone i seguenti obiettivi:

 ANALIZZARE i significati e il senso attribuiti dagli studenti alle Medical Humanities e, al contempo, INDIVIDUARE le loro conoscenze in merito e le loro aspettative;

 INDAGARE il punto di vista degli studenti rispetto alle competenze che le Medical Humanities si prefiggono di sviluppare e CAPIRE e se le ritengono utili nell’aiutarli a comprendere meglio l'impatto che la malattia ha sulla vita dei pazienti tale da considerare la loro integrazione importante per una pratica clinica più completa;

 COMPRENDERE la qualità dell’approccio alle Medical Humanities e identificare eventuali problemi e difficoltà che possono sorgere dalla creazione di un curriculum che comprenda insegnamenti di Medical

Humanities nelle facoltà di medicina403;

 RACCOGLIERE esperienze effettuate nell’ambito della formazione universitaria e continua a proposito di Medical Humanities al fine di ESPLORARE nuovi scenari ed EVIDENZIARE delle best practice attuate

a livello di percorsi formativi;

 VERIFICARE l’ipotesi che la lettura e la discussione intorno all’esperienza di malattia e riguardo alla relazione medico-paziente possa incentivare e migliorare l’empatia degli studenti e favorire, al contempo, una maggiore accettazione e considerazione delle humanities

per ciò che concerne lo sviluppo professionale degli operatori sanitari404.

403

Questi obiettivi saranno verificati attraverso uno studio critico sul tema e in particolare prendendo in considerazione una ricerca condotta presso l’Università di Lund in Svezia da studiosi che hanno sostenuto che non c'è posto per le humanities nei programmi delle facoltà di

medicina poiché, nonostante gli studenti possano manifestare interesse al riguardo, vengono comunque a mancare strutture teoriche necessarie per comprendere ciò che stanno imparando in proposito e per darne una reale collocazione e coerenza all’interno della loro formazione. Cfr. paragrafo 2.3 e Appendice.

404 Il tema dell’empatia è molto vasto ed è attraversato da una riflessione che coinvolge sia filosofi

morali (interessati a capire se l’empatia, intesa – per usare le parole di J.J. Prinz – come an other-oriented emotional response congruent with the perceived welfare of another person, possa essere

considerata necessaria per la formulazione del giudizio morale), sia neuroscienziati (che hanno rintracciato una base fisiologica che spiegherebbe l’empatia anche a livello scientifico), sia studiosi in ambito educativo (l’interrogativo principale è, infatti, quello inerente alla possibilità di “insegnare l’empatia”). Senza escludere la letteratura al riguardo, in questa sede si è deciso di considerare l’empatia solo dal punto di vista della medical education e, nello specifico, come uno

degli obiettivi che le Medical Humanities si prefiggono di raggiungere. Per ulteriori informazioni si veda: J.A. Morris, D.C. Feldman, The dimensions, antecedents, and consequences of emotional labor, Acad Manag Rev., 1996;21:986-1010; C.E. Izard, J. Kagan, R.B. Zajonc (eds.), Emotions, Cognition, and Behavior, Cambridge University Press, Cambridge, 1984; A. Young, What Patients Taught Me: A Medical Student’s Journey, Wash: Sasquatch, Seattle, 2004; M. Hojat, S. Mangione, T. J. Nasca, S.

Rattner, J. B. Erdmann, J. S. Gonnella1, M. Magee, An empirical study of decline in empathy in medical School, Medical Education, 2004; 38: 934–941; S. Mangione, G.C. Kane, J.W. Caruso, J.S.

Gonnella, T.J. Nasca, M. Hojat, Assessment of empathy in different years of internal medicine training, Med Teacher, 2002;24:371–4; L.M. Bellini, M. Baime, J.A. Shea, Variation of mood and

empathy during internship, JAMA, 2002, 287: 3143–6; M. Hojat, J.S. Gonnella, T.J. Nasca, S.

Mangione, M. Vergare. M. Magee, Physician empathy: definition, components, measurement and relationship to gender and specialty, Am J Psychiatry , 2002;159: 1563–9; A. Moscrop, Empathy: a

lost meaning? West J Med., 2001; 175:59-60; C.L. Bylund, G. Makoul, Examining empathy in medical

encounters: an observational study using the empathic communication coding system, Health Commun., 2005, 18:123-140; J. Halpern, What is clinical empathy?, J Gen Intern Med., 2003;18:670-674;

E.R. Marcus, Empathy, humanism and the professionalization process of medical education, Acad Med., 1999;74:1211–5; D. Roter, J. Hall, R. Merisca, B. Nordstrom, D. Cretin, B. Svarstad,

Questo aspetto verrà indagato alla luce di un altro studio critico sul tema405, ossia quello che muove una critica al concetto di “empatia” che le humanities andrebbero

a sviluppare. J. Macnaughton (più volte citata in questa ricerca come esponente di rilievo negli studi sulle Medical Humanities), nel ritenere pericolosa una relazione tra medico e paziente improntata sull’empatia, ha sostenuto, in maniera provocatoria (Lancet, 2009), che se un medico risponde al disagio di un paziente con: “Io posso capire come ti senti”, è probabile che il paziente possa sentirsi truffato e risentito406.

Proprio perché le Medical Humanities hanno bisogno di un’indagine e di un’elaborazione sia concettuale che empirica via via sempre più dettagliate,

1997;36(8):1138–61; S.S. Kim, S. Kaplowitz, M.V. Johnston, The effects of physician empathy on patient satisfaction and compliance, Eval Health Prof, 2004; 27 (3):237–51; M. Hojat, J.S. Gonnella,

S. Manione, Empathy in medical students as related to academic performance, clinical competence and gender, Med Educ, 2002; 36:522–7; L. Boella, Sentire l’altro. Conoscere e praticare l’empatia, Raffaello

Cortina, Milano, 2006; E. Stein, L’empatia, trad. ita. M. Nicoletti, Franco Angeli, Milano, 1999;

P.Ricoeur, Sé come un altro, Jaka Book, Milano, 1993; J. Decety, P.L. Jackson, The functional

architecture of human empathy, Behav Cogn Neurosci Rev, 2004;3(2):71–100; J. Shapiro, Walking a

mile in their patients’ shoes: empathy and othering in medical students’ education, Philosophy, Ethics and Humanities in Medicine, 2008, 3: 10.1186/1747-5341-3-10; V. Masini, Medicina narrativa. Comunicazione empatica ed interazione dinamica nella relazione medico-paziente. In: Id. (A cura di) Salute e

Società – Teoria e metodologia, Franco Angeli, Milano, 2005; S. DasGupta, R. Charon, Personal

Illness Narratives: Using Reflective Writing to Teach Empathy, Academic Medicine, 2004, Vol.79,

No. 4/April; M. Anfossi, M.L. Verlato, A. Zucconi, Guarire o curare? Comunicazione ed empatica in medicina., La Meridiana, Bari, 2008; R. Garden, R. Elizabeth, The Problem of Empathy: Medicine

and the Humanities, New Literary History, Volume 38, Number 3, Summer 2007, pp. 551-567; J.

Macnaughton, The dangerous practice of empathy, The Lancet, Vol 373 June 6, 2009; R. Charon,

Narrative Medicine. A Model for Empathy, Reflection, Profession, and Trust, JAMA, 2001;286:1897-

1902; Z. E. Neuwirth, Physician empathy—should we care?, Tha Lancet, Vol 350 August 30, 1997; T.

Singer, The neuronal basis and ontogeny of empathy and mind reading: Review of literature and implications for future research, Neurosci. Biobehav. Rev, 2006, 30, 855–863; C. Lamm, C.D. Batson, J.

Decety, The neural substrate of human empathy: Effects of perspective taking and cognitive appraisal, J. Cogn. Neurosci., 2007, 19, 42–58; P. Jackson, E. Brunet, A. Meltzoff, Empathy examined

through the neural mechanisms involved in imagining how I feel versus how you feel pain.

Neuropsychologia, 2006, 44, 752–761; P. Jackson, A. Meltzoff,, J. Decety, How do we perceive the

pain of others? A window into the neural processes involved in empathy, NeuroImage, 2005, 24, 771–

779; N. Eisenberg, J.A. Strayer, Empathy and Its Development, Cambridge University Press,

Cambridge, 1987; J. Decety, P.L. Jackson, The functional architecture of human empathy, Behav. Cogn. Neurosci. Rev., 2004, 3, 71–100; J. Decety, C. Lamm, Human empathy through the lens of social

neuroscience, ScientificWorld Journal, 006, 6, 1146–1163; N. Eisenberg, Emotion, regulation, and moral

development, Annu. Rev. Psychol., 2000, 51, 665–697.

405 Riguardo alla scelta dei modelli critici, nella somministrazione delle interviste, sono stati presi

in considerazione i due ritenuti maggiormente rappresentativi degli interrogativi che le Medical Humanities hanno sollevato.

406 Cfr. Appendice. L’affermazione di J. Macnaughton è stata sottoposta all’attenzione degli

studenti durante l’intervista al fine di ricevere un loro commento a riguardo. Tra i tanti studi sull’empatia si è optato per questo articolo per due motivi: il primo riguarda il fatto che l’autrice è co-director del Centre for Medical Humanities dell’University of Durham all’avanguardia negli studi sulle Medical Humanities e il secondo inerisce alla provocazione che esso solleva.

il punto di arrivo della ricerca, alla luce di questi obiettivi, sarà anche quello di utilizzare i dati e i risultati come base per capire quali sono le modalità adeguate nel gestire al meglio gli insegnamenti di Medical Humanities.