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L’OFFERTA DI INFORMATIZZAZIONE

Dopo aver analizzato il contesto e l’evoluzione della domanda nel mercato digitale, per completare la discussione, vorremmo continuare con uno studio sintetico di quella che è la situazione nella quale si trovano a concorrere le aziende che hanno come core business quello di offrire soluzioni tecnologiche.

Inizieremo ad inquadrare l’offerta con un’analisi della struttura dei costi delle aziende che producono quello che chiameremo “beni informazione”. Sono una categoria più grande che comprendono le aziende informatiche in senso stretto (ovvero che si limitano ad offrire soluzioni tecnologiche attraverso software e le attività ad essa correlate). L’osservazione delle curve di costo metteranno in evidenza alcuni aspetti che il management dovrebbe aver sempre in considerazione al momento di dettare strategie e politiche non soltanto per quanto riguarda l’organizzazione interna ma anche la più ampia strategia di marketing e indirizzamento gestionale.

Successivamente ci occuperemo di un argomento di attualità e di enorme importanza per il successo delle aziende: la qualità. Nell’azienda informatica la qualità non è soltanto importante, è vitale. Siamo consapevoli che una certificazione di qualità certamente migliora l’immagine dell’azienda presso i terzi soggetti quali clienti, fornitori, enti pubblici, e anche nei confronti dei dipendenti ecc. ma il miglioramento dell’immagine non deve essere la fine della certificazione bensì una conseguenza naturale di quello che dovrebbe essere il vero obbiettivo cioè il miglioramento continuo dei processi interni seguendo una logica e una filosofia nel modo di svolgere le attività che considera gli obbiettivi non come un punto di arrivo (fine a se stesso) ma come un punto di partenza per ulteriori miglioramenti. In un mercato così globalizzato questo costituisce uno dei punti per una strategia vincente. L’azienda informatica che intende adottare i sistemi di gestione della qualità

basati sulle norme della serie ISO 9000 potrebbe trovarsi in difficoltà al momento di applicarle poiché, come si può ben notare, adattate a realtà “industriali”. Per questa ragione sono state emesse delle linee guida di supporto all’interpretazione di queste norme in ambiti ICT, parliamo della norma base ISO 9000-3. Nonostante siano tante le nozioni ed i concetti riguardanti la qualità nell’azienda informatica riteniamo fondamentale soffermarci su quello che la norma ISO 12207 definisce “ciclo di vita del software”. E’ una definizione molto semplice ma vedremo in che modo ha dei risvolti enormi nel definire e progettare i manuali interni di qualità e nella struttura organizzativa interna.

Infine, concluderemo questo capitolo analizzando l’organizzazione interna delle aziende informatiche. L’informatica, come sappiamo, è un concetto molto ampio ed è caratterizzato dal fatto che ha molti sbocchi che chiameremo naturali (uno di questi è la robotica, le network solution ecc.). Le ramificazioni dell’informatica rappresentano tutte delle possibili scelte per le aziende d’informatica per diversificare le proprie attività e la propria gamma di servizi. Le scelte in questione si ripercuotono a livello organizzativo poiché non è agevole gestire attività appartenenti a processi aventi come clienti soggetti dei diversi ambiti ICT.

Sottolineeremo e ci concentreremo sull’importanza dei rami d’azienda e dell’organizzazione in gruppi societari (non ci stiamo riferendo necessariamente ad entità di grosse dimensioni) per la migliore gestione delle attività che offrono soluzioni tecnologiche, sui vantaggi di queste soluzioni organizzative e infine discuteremo i diversi fenomeni di aggregazione che si presentano con particolare enfasi in questo settore di attività.

3.1) ANALISI ECONOMICA DEI BENI INFORMAZIONE

Innanzitutto per capire le problematiche che devono affrontare la aziende informatiche vorremmo proporre un’analisi di tipo economica dell’offerta per poi passare ad argomenti più pratici e manageriali.

Per iniziare a comprendere meglio le dinamiche ed i problemi decisionali che devono affrontare le entità che offrono servizi ad alto contenuto tecnologico può essere utile avvalersi dei risultati che le scienze economiche hanno ottenuto attraverso delle analisi microeconomiche del mercato dei “beni informazione” (information goods). In particolare l’economia dell’informazione studia il funzionamento del mercato dell’informazione considerando sia la domanda che l’offerta. Dedicheremo questo paragrafo esclusivamente per esaminare il lato dell’offerta e quindi approfondiremo la struttura dei costi che tende a formarsi quando un’azienda si dedica alla produzione dei suddetti beni.

Si può definire “bene informazione” tutto ciò che può essere digitalizzato; ad esempio: libri, immagini, musica, progetti, pagine web, software ecc. Analizzando il processo di produzione che caratterizza questi beni è intuitivo e naturale riconoscere che i costi fissi per produrli sono molto elevati, ma sono anche irrecuperabili. L’irrecuperabilità dei costi fissi di produzione dipende in larga misura dall’alto livello di personalizzazione che di solito viene richiesto a questi beni; si pensi ad esempio ad un sito web: il progettista dedica tempo e risorse per la progettazione e messa in funzione di un codice che può essere utilizzato per quella determinata pagina richiesta dal cliente e, una volta finito, quello stesso codice non potrà essere riutilizzato per la produzione di altri siti web; oppure si pensi ad un software gestionale sviluppato per la specifica

azienda per far fronte alle esigenze che la caratterizzano (in termini di gestione dell’attività). Questo ragionamento è valido particolarmente quando parliamo di prodotti dedicati a segmenti di mercato diversi. Sviluppare un nuovo bene informazione per un segmento di mercato diverso caratterizzato da consumatori con caratteristiche omogenee comporterà elevati costi fissi irrecuperabili.

Continuando l’analisi della struttura dei costi possiamo affermare che i costi variabili e marginali di produzione sono molto bassi o addirittura (quasi) nulli. Infatti, se torniamo al nostro esempio di prima, per quanto riguarda i siti web se l’azienda ha sviluppato una pagina online per un ristorante i costi per svilupparne un altro dedicato per un altro ristoratore (quindi appartenente allo stesso segmento di mercato) comporterà bassi costi perché’ esiste già una base utile dalla quale poter partire e l’attività consisterà nel personalizzare il sito in base alle esigenze del cliente. Oppure se si pensa ad un software gestionale dedicato ad uno studio commercialista, i costi per produrre una copia in più dello stesso prodotto/servizio (costo marginale) è pressoché nullo. Queste considerazioni ci consentono di ottenere le seguenti curve di costo che adesso mostreremo e che aiuteranno meglio a rappresentare le strutture produttive che normalmente si formano:

La prima conseguenza che riusciamo a intravedere è che la curva “pendenza costo medio” interseca quella del costo totale con un coefficiente angolare (che rappresenta il costo medio di produzione) decrescente all’aumentare dell’output. Questa composizione di costo si osserva in presenza di rilevanti

economie di scala (fenomeno per il quale al verificarsi una variazione

positiva dell’output si ottengono costi medi di produzione più bassi). Gli studi di microeconomia ci insegnano che in presenza di costi medi decrescenti questi saranno sempre maggiori ai costi marginali (in questa sede non discuteremo questi risultati).

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 PRE ZZ O QUANTITA'

Struttura di costi dell'offerta di informazione - 1

Costo Totale

Ci limiteremo ad un’osservazione grafica del fenomeno senza approfondire la sua dimostrazione poiché ai fini della nostra analisi vorremmo evidenziare il motivo per il quale nei mercati di beni informazione non risulta conveniente l’utilizzo di metodi basati sui costi di produzione per la fissazione dei prezzi (tra i quali il marginal cost pricing) poiché ci saranno perdite.

Gli studiosi di microeconomia hanno anche dimostrato che la regola aurea per un mercato efficiente è che il prezzo di un determinato bene sia uguale al suo costo marginale di produzione. Ricordiamo inoltre come le principali economie del mondo fanno leva su questo principio per l’emanazione di normative concorrenziali (antitrust) le quali vietano fusioni, cartelli e ogni forma di aggregazione che danneggi la concorrenza il tutto nell’ottica che i prezzi devono essere i più vicini possibile ai costi marginali. Nel mercato oggetto di analisi riusciamo ad individuare una naturale tendenza all’aggregazione e un potenziale fallimento del mercato nelle situazioni in cui questa condizione cerchi di essere imposta dall’autorità.

Questa ultima considerazione però ci conferma il fatto che la regola concorrenziale provoca un fallimento nel mercato dei beni informazione.

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 0 1 2 3 4 5 6 7 COS TO QUANTITA'

Struttutura di costi dell'offerta di informazione - 2

Costo medio Costo marginale

Avendo chiarito che un mercato perfettamente concorrenziale non riuscirebbe ad affermarsi vediamo le strutture che invece garantiscono la sostenibilità per le aziende informatiche, potendo affermare l’esistenza di due situazioni estreme forse quella più plausibile si trova all’interno di quello che chiameremo un “continuum” di soluzioni di mercato:

1) Monopolio o oligopolio con impresa dominante

2) Concorrenza monopolistica: cioè si offre lo stesso tipo di bene ma con differenti varietà (differenziazione di prodotto)

Forse la soluzione ottimale è una combinazione delle due strutture di produzione e di costo precedenti ove non c’è un monopolista ma ci sono poche imprese che cercano la leadership attraverso una strategia di differenziazione del prodotto (si osservi infatti il modo in cui i grandi colossi dell’internet (google, microsoft) si comportino come aziende dominanti nel mercato.

Essendo i beni d’informazione sicuramente prodotti dell’ingegno possiamo procedere ad individuare alcune loro caratteristiche tra le quali61:

1) Non escludibilità: è molto difficile escludere un consumatore da un’informazione anche se lui non contribuisce ai suoi costi di produzione (free rider): si pensi, per quanto riguarda il software, al modo in cui molti utenti ottengono licenze illegali da internet per l’utilizzo di programmi di cui non hanno pagato il prezzo di acquisto. La conseguenza diretta è una diminuzione degli incentivi per i produttori i quali a volte non riescono a coprire i costi di produzione. 2) Non rivalità: quando un consumatore utilizza un’informazione non

riduce la sua disponibilità per altri utenti: in termini pratici questo implica che il costo marginale di servire un altro consumatore è

61 Arrow, K. 1962. Economic Welfare and the Allocation of Invention. Santa Monica, California. Bureau

tendenzialmente nullo: si pensi per esempio al fatto che realizzare una copia di un software già esistenti per il produttore non ha costi.

In particolare notiamo come i beni in questioni di fatto presentano le caratteristiche dei beni pubblici. Ricordiamo inoltre che la produzione di beni pubblici, di fatto, non dà al soggetto privato gli incentivi necessari per lo svolgimento delle attività in modo proficuo e soddisfacente. Questo problema è noto da molto tempo (Il premio nobel Arrow ha approfondito la questione) per questo motivo si tende a proteggere la proprietà intellettuale con diverse soluzioni che presentano sia vantaggi che svantaggi (che però non approfondiremo) oggetto di studio dagli economisti.

Alcune di queste sono la creazione della cosiddetta proprietà intellettuale, dei brevetti, copyright, licenze ecc.

Il management di un’azienda informatica o comunque che offre servizi e soluzioni ad alto contenuto tecnologico non può non aver presente le conclusioni precedenti per il motivo che aiutano a comprendere meglio le dinamiche da un punto di vista macroeconomico (e quindi consentono di avere una visuale d’insieme), per comprendere meglio i concorrenti e anche la propria realtà operativa.

Dopo questa breve introduzione alle caratteristiche strutturali e di costo dell’offerta di prodotti tecnologici passiamo ad analizzare aspetti non più economici ma di stampo più manageriale riguardanti problemi anche di gestione e di organizzazione interna della attività.

3.2) LA QUALITÀ NELLE AZIENDE INFORMATICHE

Così come in diversi settori (per esempio per quello dell’energia, per quello sanitario ecc.) esistono normative e sistemi di gestione della qualità definiti ad hoc (sia da norme internazionali sia da norme italiane) e nell’ambito delle aziende informatiche riusciamo ad individuare i seguenti corpi di norme:

1) I SISTEMI DI QUALITÀ DELINEATI DALLE NORME ISO 9001:

Il corpo generale di questo sistema di gestione è stato analizzato in modo dettagliato dalla letteratura manageriale, in questa sede vorremmo focalizzarci soprattutto sui risvolti che potrebbero interessare le aziende informatiche.

Successivamente all’emanazione di queste norme sono state dettate delle linee guida per riuscire ad adattarle a diversi ambiti di attività (dato che in generale utilizza soprattutto definizioni e concetti riguardanti prevalentemente ambiti di natura industriale). Nel nostro caso stiamo parlando della normativa ISO 90000-3 che rappresenta una guida per l’applicazione delle ISO 9001 allo sviluppo e alla manutenzione del software e sarà perciò il nostro punto di riferimento.

Le norme ISO 9001 identificano quelli che sono i requisiti minimi che un

sistema di gestione della qualità deve garantire. In particolare è previsto

che un’organizzazione (nel nostro caso l’azienda informatica) debba essere in grado di:

a) Identificare i processi necessari per la gestione della qualità: l’organizzazione dovrebbe identificare i processi che hanno come obiettivi lo sviluppo di software e manutenzione dello stesso;

b) Individuare le sequenze e le interazioni dei suddetti processi: nell’ambito del settore in analisi la norma fa riferimenti ai processi: - Nei modelli di sviluppo dei ciclo di vita del software, dei suoi

aggiornamenti e la sua evoluzione;

- Riguardanti i piani di sviluppo software, che dovrebbero basarsi sullo stesso modello di ciclo di vita;

c) Determinare i criteri ed i metodi per assicurare che sia i processi sia i controlli sugli stessi si svolgano effettivamente;

d) Assicurare la disponibilità di mezzi e informazioni necessarie per supportare le operazioni ed il monitoraggio dei processi;

e) Implementare le azioni atte a raggiungere gli obiettivi preposti e il continuo miglioramento dei processi.

Dalla lettura di questi punti riusciamo a cogliere come, per le norme ISO, il controllo di qualità è una funzione trasversale che coinvolge tutte le funzioni aziendali. Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto, così come ci spiegano le più moderne teorie di management e di organizzazione industriale, grazie ad uno strumento organizzativo chiamato “team”, può essere caratterizzato da una continuo flusso informativo tra le diverse funzioni aziendali coinvolte secondo una logica di “concurrent engineering” così anche devono essere viste ed interpretati gli insiemi di attività che hanno come obiettivo “garantire la qualità”. Infatti così come i project manager altro non sono che figure manageriali intermedie responsabili di tutti gli aspetti che riguardano un determinato progetto (nel nostro esempio pensiamo allo sviluppo di un nuovo prodotto) così è anche per il responsabile della qualità, egli è il responsabile del progetto “garantire la qualità” intesa in tutti i suoi significati e che deve coinvolgere tutti i soggetti che appartengono all’organizzazione.

L’azienda informatica non soltanto vende software, ma si incarica anche della manutenzione dello stesso, l’aggiornamento e deve inoltre garantire assistenza al cliente. Le aziende siano esse private o enti pubblici quando decidono di

rivolgersi al mercato per soddisfare i loro bisogni di ICT di solito esternalizzano attività di gestione dati, immagazzinamento degli stessi e servizi di warehouse. Nell’ambito della gestione della qualità delle organizzazioni in questione (altro non sono che i clienti dell’azienda informatica) queste attività si presentano di vitale importanza perché facenti parte di processi più ampi (si pensi per esempio a processi che hanno come obiettivo la comprensione del cliente nell’ambito della funzione di marketing, l’attività di corretta gestione dei dati riguardanti la clientela è essenziale per condurre in modo adeguato indagini di mercato e ancora di più per garantire l’affidabilità dei risultati delle indagini stesse). Inoltre le norme ISO prevedono che le attività esternalizzate che influiscono la conformità dei prodotti ai requisiti devono rimanere sotto controllo da parte dell’ente che le ha esternalizzate e che detto controllo debba inoltre essere identificato nel sistema interno di gestione di qualità.

Questo mette in evidenza come l’azienda informatica debba essere vista come un fornitore “partner” per il committente perché i suoi servizi sono di molta importanza per il corretto svolgimento della propria attività interna o anche esterna e come queste stesse attività debbano rimanere sotto controllo da parte dell’ente che le intende automatizzare facendo ricorso ai mezzi di Information e Communication Technology. In poche parole questo potrebbe essere interpretato nel senso che l’azienda informatica che garantisce la qualità dei suoi prodotti e servizi non solo migliora se stessa ma migliora anche l’affidabilità dei propri clienti (per chiarire meglio questo ragionamento si pensi al comune che esternalizza l’attività di gestione delle entrate tributarie avvalendosi di un software offerto da una casa specializzata; la qualità di detto software garantisce la corretta applicazione dei tributi locali (in termini di calcoli numerici, aggiornamento tempestivo alle ultime normative vigenti, destinatari ecc) gestiti in modo informatizzato e quindi di conseguenza nell’affidabilità dell’azienda stessa nei confronti del comune committente ma anche dell’amministrazione locale nei confronti dei propri cittadini).

Nonostante la norma che stiamo commentando sia molto più ampia per ora ci limiteremo all’analisi dei requisiti minimi del sistema così come precedentemente definiti.

2) LE NORME ISO 12207.

Nel paragrafo precedente, evidenziando i requisiti di base di un sistema di qualità, abbiamo introdotto il concetto di ciclo di vita (life cycle). Ebbene la norma che ci apprestiamo ad analizzare è dedicata proprio a quei processi coinvolti nel ciclo di vita del software.

Essendo questi standard di riferimento universali gli stessi hanno anche come obiettivo quello di rendere omogenee alcune definizioni di base oltre che a cercare di diffondere alcuni concetti chiavi per la corretta predisposizione di documentazione interna e di manuali di qualità in qualsiasi organizzazione. Cerchiamo di introdurre la corretta definizione di ciclo di vita. La norma, notiamo, non definisce il concetto di “software life cycle” ma aggiunge l’aggettivo “architecture” cioè chiarisce il ciclo di vita dell’architettura del software. Quindi nel ciclo di vita è prevista la definizione di un’architettura di tipo top-level la quale è costruita con un set di processi e con delle

interrelazioni lungo i processi stessi. Inoltre il ciclo inizia con la definizione

di un’idea o di un bisogno che può essere soddisfatto (anche parzialmente) dal software e finisce con il ritiro dello stesso dal mercato.

Questo set di processi di tipo top-level vengono inoltre classificati in 3 macro- categorie:

a) Processi primari b) Processi di supporto

Non volendo però restare nel vago riportiamo il seguente diagramma proposto dalla stessa norma:

Le diverse attività risultate dalle ramificazioni dei macro-processi sono da intendersi di tipo esemplificativo e non esaustivo.

Ora potremmo chiederci perché introdurre il concetto di architettura nell’ambito del ciclo di vita? Perché è così rilevante suddividerlo in processi? Innanzitutto faremo un passo indietro e definiremo un processo aziendale (o business process) come è un “insieme di attività interrelate, svolte all'interno dell'azienda, che creano valore trasformando delle risorse (input del processo) in un prodotto finale (output del processo), destinato ad un soggetto interno o esterno all'azienda (cliente) e che ha valore per il destinatario dello stesso processo”62. Il processo è teso al raggiungimento di un obiettivo aziendale, determinato in sede di pianificazione, se questa è presente.

Risponderemo alle domande precedenti affermando che questi sono utilizzati per la gestione del ciclo di vita. Quelli primari comprendono attività quali l’acquisizione, la fornitura, manutenzione, sviluppo ecc. e sono, diciamo, le

prime che si verificano nel ciclo di vita e da esse ne scaturisce. Poi abbiamo quelli di supporto e la loro funzione è appunto “supportare” tutti gli altri processi, tra questi possiamo facilmente individuare la documentazione, la certificazione di qualità, attività di audit (interno o esterno) ecc.

Infine, ma non per questo meno importante, un processo organizzativo che ha i seguenti obiettivi:

a) Stabilire il ciclo di vita (cioè determinare la selezione delle idee e quando il software uscirà dal mercato, avvalendosi anche della funzione di marketing);

b) Controllare il ciclo di vita; c) Migliorare il ciclo di vita.

Abbiamo visto come l’architettura del ciclo di vita sia composta da questo set di 3 macro-processi suddivisi in diversi attività. Risulta utile utilizzare la definizione di “attività” che la stessa norma ci suggerisce. Un’attività è intesa come un set di azioni atomiche ed elementari che utilizzano/consumano input (“data, information, control”) e producono un output (“data, information, control”).

Di seguito riportiamo uno schema rappresentativo della struttura di un processo come inteso dalla stessa norma ISO 12207:

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