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L’oggetto del sequestro probatorio: corpo del reato e cose ad esso pertinenti

pertinenti al reato”. Un’interpretazione senza soluzione di continuità rispetto agli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali formatisi in vigenza del codice Rocco. - 1.1.1.L’interpretazione di giurisprudenza e dottrina in riferimento all’art. 240 c.p. e 337 c.p.p. 1930. Rinvio -1.1.2.Corpo del reato e cose pertinenti al reato oggi. - 2.Decreto di sequestro probatorio ed onere motivazionale: la specificazione del nesso tra bene e reato e il fumus dell’illecito come contenuti necessari di ogni provvedimento. 2.1.Un primo orientamento della giurisprudenza di legittimità: sequestro obbligatorio del corpo del reato ed esigenze probatorie in re ipsa. - 2.2.L’orientamento della giurisprudenza di legittimità maggiormente attento alla compressione dei diritti fondamentali: la necessaria specificazione delle esigenze probatorie sottese a ogni sequestro probatorio.2.3.Il presupposto del fumus come astratta configurabilità del reato.

1. L’oggetto del sequestro probatorio: corpo del reato e cose ad esso

pertinenti.

Il sequestro probatorio(94), collocato tra i mezzi di ricerca della prova e finalizzato alle sole esigenze istruttorie, può avere ad oggetto, come indicato dall’art. 253 comma 1 c.p.p., il «corpo del reato» e le «cose pertinenti al reato».

Il legislatore definisce soltanto il concetto di corpo del reato all’art. 253 comma 2 c.p.p., il quale comprende «le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato

commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo».

La formula normativa include sia gli instrumenta delicti sia i producta sceleris.

Nella prima categoria rientrano tutte le cose utilizzate o destinate alla commissione di un reato, mentre nella seconda confluiscono il risultato empirico diretto della commissione del reato (prodotto), le conseguenze economiche vantaggiose derivanti da esso (profitto) e il corrispettivo pattuito e conseguito dal reo per la realizzazione dell’illecito.

94 In generale sul sequestro probatorio cfr. PAOLOZZI G., Il sequestro penale, Cedam, Padova, 1984; M. GARAVELLI, Il sequestro nel processo penale, Utet, Torino, 2002; M. MONTAGNA, I sequestri nel sistema delle cautele penali, Cedam, Padova, 2005, p.165 ss. G. TRANCHINA, voce Sequestro (sequestro penale), in Enc. Giur. Treccani, 1992, XXVIII, p. 1 ss.; R. CANTONE, I “sequestri” nel codice di procedura penale, in Arch. nuova proc. pen., 1996, p. 3 ss.

60 Il rimando evidente è alla norma che disciplina la confisca (art. 240 c.p.), antecedente all’odierno art. 253 c.p.p. e già impiegata da giurisprudenza e dottrina nella vigenza del codice del 1930 per la definizione della nozione in esame.

Nessuna indicazione normativa espressa è, invece, rintracciabile quanto alla nozione di cose pertinenti al reato, la cui elaborazione è affidata agli interpreti.

1.1. L’attuale (problematico) rapporto tra l’art. 253 c.p.p. e l’art. 240

c.p.: le nozioni di «corpo del reato» e di «cose pertinenti al reato».

Un’interpretazione senza soluzione di continuità rispetto agli

orientamenti giurisprudenziali formatisi in vigenza del codice Rocco.

1.1.1. L’interpretazione della giurisprudenza in riferimento all’art. 240

c.p. e 337 c.p.p. 1930. Rinvio.

Come si è visto, l’art. 253 c.p.p. unifica in una sola norma le previsioni contenute negli artt. 222 e 337 cod. 1930, le quali erano rispettivamente dedicate al sequestro del corpo del reato realizzato dalla polizia giudiziaria nei casi d’urgenza e delle cose pertinenti al reato operato dall’autorità giudiziaria.(95)

Nella vigenza del codice abrogato, il corpo del reato ai sensi dell’art. 222 cod. 1930, definito mediante il richiamo all’art. 240 c.p. relativo ai beni passibili di confisca, esprimeva secondo la giurisprudenza di legittimità un legame immediato con l’illecito penale, in quanto era individuato nell’oggetto materiale del reato ovvero nelle sue conseguenze empiriche dirette (prezzo, prodotto, profitto).

Secondo la giurisprudenza di legittimità la locuzione «cose pertinenti al reato» ai sensi dell’art. 337 c.p.p.1930 sottintendeva, invece, un legame indiretto col reato, poiché includeva tutte quelle cose che servivano anche indirettamente all’accertamento del reato e delle eventuali circostanze, all’individuazione del suo autore nonché alla dimostrazione degli elementi idonei a far desumere la personalità del reo e i moventi che lo avevano determinato al reato.

La dottrina maggioritaria, a seguito di un ampio dibattito, aveva configurato un rapporto di genus a species tra le due nozioni, ritendo la prima più ampia e comprensiva della

95 Per la ricostruzione delle nozioni di «corpo del reato» e «cose pertinenti al reato» nella vigenza del codice abrogato più ampiamente cfr. Cap. I, Sez. I, § 1.2.

61 seconda, secondo un’impostazione poi condivisa anche dalla giurisprudenza di legittimità.

1.1.2. Corpo del reato e cose pertinenti al reato oggi.

Il codice dell’88 non sembra discostarsi da questo schema concettuale, tanto che nell’art. 253 comma 1 c.p.p. l’accostamento delle due nozioni è operato, come chiarisce la Relazione al Progetto preliminare, per offrire «una definizione sufficientemente

comprensiva del concetto di corpo del reato»(96), differenziandola dalla più estesa nozione di cose pertinenti all’illecito penale.

La giurisprudenza di legittimità, nel delimitare il concetto di «corpo del reato», pone l’accetto sul rapporto di immediatezza che intercorre tra il bene e il reato e sull’attitudine dimostrativa diretta della res. Essa include nella nozione le cose acquisite direttamente col reato o da queste create, quelle che rappresentano comunque un vantaggio patrimoniale o non patrimoniale tratto dal reato e, più in generale, qualsiasi bene economicamente valutabile dato o promesso all’autore del reato per la realizzazione dell’illecito.(97)

Nel definire la nozione di “cose pertinenti al reato” la giurisprudenza di legittimità(98) condivide le elaborazioni formatesi sull’art. 337 c.p.p. 1930 e sostiene un legame più ampio e meno intenso con il reato rispetto a quello insito nel concetto di “corpo del reato”. La locuzione «cose pertinenti al reato» comprende, oltre al corpus delicti e ai producta

sceleris, le cose che servono anche indirettamente ad accertare la commissione del fatto,

il suo autore e le circostanze del reato, in riferimento a ogni possibile legame tra il bene e l’illecito rilevante ai fini del processo.

In conclusione, le due nozioni odierne di corpo del reato e di cose pertinenti al reato si pongono in un rapporto di continuità rispetto alle omologhe elaborate dalla giurisprudenza nella vigenza del codice abrogato.

96 Cfr. Relazione al progetto preliminare, in G.U., 24 ottobre 1988, p. 68

97 Cass. pen., 17 dicembre 1990, in Arch. nuova proc. pen., 1991, p. 468; in senso conforme Cass. pen., 5 giugno 1992, Tognoni, in CED Cass., n. 191737 e Cass. pen., 12 maggio 1993, Alvaro, in CED Cass., n. 196908.

98 Cfr. Cass pen., Sez. VI, 11 gennaio 1991, n. 32 in Riv. pen., 1992, p. 200 e in senso conforme anche Cass. pen., 7 aprile 1997, Iannini, in CED Cass., n. 207591; Cass. pen., Sez. III, 12 febbraio 2002, n. 13641, in Cass. pen., 2003, p. 970; Cass. pen., Sez. II, 13 marzo 2007, n. 12929, in Cass. pen., 2008, p. 2025.

62 Questa continuità si può spiegare alla luce dell’identità di funzioni attribuite all’istituto nel vecchio e nel nuovo codice: in entrambi i casi il sequestro resta legato ed esigenze di tipo istruttorio.

2. Decreto di sequestro probatorio ed onere motivazionale: la