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Il processo di conquista di parte del territorio italico, a seguito di campagne militari conclusesi positivamente a danno delle popolazioni limitrofe, inauguro` una modalita` nuova di sfruttamento dell’agro pubblico attraverso la deduzione di colonie, particolarmente intensa negli anni successivi al 338 a.C., dopo lo sciogli- mento della lega latina (164). Ed e` chiaro che l’acquisizione di terre, talvolta molto

fertili, offrisse la possibilita` a chi si fosse indebitato di migliorare la propria condi- zione economica e di essere in grado di estinguere i debiti contratti. Una politica coloniale sistematica rappresento` la soluzione cui la classe dirigente romana, fra IV e III secolo a.C., ricorse di fronte al pericolo di una decadenza interna del corpo civico, e che permise di non falsare la compagine istituzionale con lo spostamento di elementi giovani degli strati sociali piu` bassi ed economicamente piu` disagiati verso nuovi territori. Questo contribuı` cosı` a creare un senso nuovo di responsabilita` ci- vica, che fu la premessa necessaria per il superamento delle forme di lavoro subor- dinate di tipo arcaico e per l’abolizione del nexum. Questo spostamento di nuclei consistenti di popolazione deve essere considerato un vero e proprio fenomeno mi- gratorio, che consentı` all’interno della compagine sociale romana di scaricare violen- te pressioni interne e di mettere in atto un ricambio sociale (165), dal momento che a

cittadini romani di strati sociali bassi, tra cui ovviamente si dovranno annoverare gruppi di indebitati, era permesso di rinunciare alla cittadinanza romana per acqui- sire quella latina della colonia.

L’alto numero di coloni dedotti nelle colonie latine posteriori al 338 a.C. viene collegato con l’incremento del territorio dello stato romano dopo l’assorbimento delle comunita` latine e con l’andamento della popolazione romana testimoniato dai risultati dei censimenti: un’eccedenza di circa 38.000 iuniores e` rilevabile dal 334 al 298 a.C. Sicuramente un favorevole sviluppo demografico e le numerose in- corporazioni devono aver fatto aumentare la popolazione romana, come ci testimo- nia Polibio all’inizio della prima guerra punica (166).

Per gli inizi del III secolo a.C. e` attestata la deduzione di undici colonie latine, collocate alla periferia del Sannio. Tale disposizione territoriale rispondeva chiara- mente a precise finalita` strategiche, e cosı`, per esigenze militari, le successive dedu- zioni coloniarie vennero realizzate in altre zone, e cioe` verso Campania, Sabina e

(159) La tradizione sulla remissione totale dei debiti, accolta da Appiano e dall’autore del de viris illu-

stribus, sembra nascere dalla constatazione che il divieto del prestito a usura imposto dal plebiscito Genucio resto` inoperante, come sostiene G. Poma, Il plebiscito Genucio ‘ne fenerare liceret’ (Liv., VII, 42, 1), «RSA» 19 (1989), pp. 67-91, spec. 76 ss., 91.

(160) L. Savunen, Debt Legislation in the Fourth Century B.C., in AA.VV., Senatus Populusque Roma-

nus. Studies in Roman Republican Legislation, Helsinki 1993, p. 144, 150. (161) Dion. Hal., 15.3.6; App., Sam., 1.1.

(162) Dion. Hal., 15.3.3: cemo*lemo| de+ sg&| e\notri*a| sat*sg| jt*qio| o< t%paso|, o%roi| g#m bot-

kole*moi| o\wx*mia jai+ lirhot+| ue*qerhai sg&| utkajg&|, sot*sot| jahi*rsgrim e\m sai&| po*kerim" e\m oi’| g#m so+ pkei&om le*qo| a\mersi*xm jai+ jasavqe*xm jai+ sg+m oi>joi pemi*am jai+ a\cmxri*am a\rle*mx| a\podidqarjo*msxm.

(163) E. Gabba, Allora i romani conobbero per la prima volta la ricchezza, «AIIN» 36 (1989), p. 11.

(164) A. Bernardi, Incremento demografico a Roma e colonizzazione Latina dal 338 a.C. all’eta`dei Grac-

chi, «NRS» 30 (1946), pp. 272-290. Cfr. E.T. Salmon, Roman Expansion and Roman Colonization in Italy, «Phoenix» 9.2 (1955), pp. 63-75; e per ulteriore bibliografia vd. U. Laffi, La colonizzazione romana tra la guer- ra latina e l’eta` dei Gracchi: Aspetti istituzionali, «DArch» ser.3 6.2 (1988), pp. 23-33.

(165) P.A. Brunt, Social conflicts in the Roman Republic, London 1971, p. 2.

(166) Plb., I.16.4. Per altre fonti vd. P. MacKendrick, Cicero, Livy and Roman Colonization, «Athe-

Piceno (167). Non bisogna pero` sottovalutare il fatto che questi massicci invii di iu-

niores nelle colonie latine fossero legati alla situazione sociale ed economica del cor- po civico romano. Sicuramente la colonizzazione alleggeriva la tensione e il disagio sociale esistenti a Roma. Con molta probabilita`, come ipotizza Tibiletti (168), la legge

agraria Licinia Sestia non risolse i problemi di conflitto sociale del IV secolo a.C. con l’ammissione dei plebei allo sfruttamento dell’agro pubblico. I beneficiari di tale provvedimento, infatti, saranno stati soprattutto i ricchi plebei, impegnati nella lot- ta per la parificazione con i patrizi nella direzione politica dello stato, e non i plebei piu` poveri.

Il grave problema dell’indebitamento, aggravato da un servizio militare che si faceva sempre piu` pesante, porto` alla decadenza economica di un numero conside- revole di piccoli proprietari e quindi alla loro discesa dalle classi serviane inferiori degli adsidui a quella dei proletarii. Il ricorso alla deduzione di colonie latine permise alla classe di governo romana di offrire anche ad adsidui, che si andavano proleta- rizzando, la possibilita` di riacquistare la perduta autonomia economica in un conte- sto sociale del tutto nuovo. Con questa modalita` il governo romano si garantiva nel- le colonie latine una preziosa riserva di soldati, sempre disponibile. Non e` sicuro che fra i beneficiari delle assegnazioni coloniarie e viritane vi fosse anche la plebe urba- na. Puo` essere che per le assegnazioni viritane, anche nell’alta e media repubblica, si sia verificata un’ammissione dei proletari, mentre per le deduzioni si puo` escludere la loro partecipazione, dal momento che queste erano riservate ai soli veterani, equi- tes e pedites, e dunque a proprietari agricoli (169).

Inoltre, la deduzione di colonie latine aveva il duplice vantaggio di non allar- gare troppo il territorio dello stato romano vero e proprio, non mettendo in crisi le strutture politiche, e di poter inserire e valorizzare, nell’ambito latino coloniario, le popolazioni locali preesistenti, come nel caso della colonia latina di Brindisi (170),

dedotta fra il 247 ed il 244 a.C., dove e` attestato che gli elementi piu` eminenti della citta` messapica siano stati assorbiti nella colonia latina.

L’importanza del nexum che stabiliva di fatto uno stato di subordinazione del debitore al creditore e che si era andato sostituendo all’antica clientela gentilizia, al- tra forma di dipendenza sociale e di lavoro subalterno, ando`, quindi, affievolendosi come conseguenza non di atti politici o di provvedimenti legislativi, che per tutto l’arco del IV secolo a.C. si susseguirono, ma del mutare delle condizioni sociali e del venir meno generale di forme di lavoro coatto dipendente (171). E questo avvenne

grazie all’indipendenza economica che i gruppi sociali subalterni riacquistarono di fatto con la colonizzazione che seguı` la conquista militare. In questa ottica, guerra, conquista, colonizzazione e schiavitu` furono fenomeni cosı` strettamente connessi che e` impossibile stabilirne la priorita` fattuale o logica. E` anche vero sottolineare che gli esiti favorevoli degli scontri militari condotti nel corso del IV secolo a.C. contro alcune popolazioni italiche portarono all’inevitabile affluenza di schiavi pri- gionieri di guerra nell’Urbe. Harris non ha dubbi sul fatto che a partire dal 350 a.C. Roma ando` acquisendo un numero sempre piu` significativo di nuovi prigionieri di guerra e la stessa istituzione dell’aerarium sanctius nel 357 a.C. per la tassa sulla ma- numissione del 5% confermerebbe questa crescita esponenziale della schiavitu` (172).

Una nuova concezione espansionistica, come nota Serrao (173), basata soprattutto

sulle potenzialita` derivanti dall’incremento numerico dei prigionieri di guerra porto` ad intensificare la schiavitu`, mentre altri rapporti di dipendenza, come il nexum, si assottigliarono. Si tratta di due fenomeni concomitanti e reciprocamente condizio- nanti. L’istituto del nexum perse importanza nel momento in cui si affermo`, attra-

(167) F. Coarelli, Colonizzazione e municipalizzazione: Tempi e modi, «DArch» ser.3 10.1-2 (1992),

pp. 21-30, spec. 27. Per un’analisi degli effetti positivi della colonizzazione vd. E. Gabba, Allora i romani co- nobbero per la prima volta la ricchezza, «AIIN» 36 (1989), pp. 9-17; S. Oakley, The Roman Conquest of Italy, in War and Society in the Roman world, J. Rich - G. Shipley (edd.), London-New York 1993, pp. 9-37, spec. 18- 22.

(168) G. Tibiletti, Il possesso dell’‘ager publicus’ e le norme ‘de modo agrorum’ sino ai Gracchi, «Athe-

naeum» 26 (1948), p. 216.

(169) Discordanti sono le opinioni degli storici sui beneficiari delle assegnazioni coloniarie: adsidui o

proletarii. F. Cassola, Aspetti sociali e politici della colonizzazione, «DArch» ser.3 6.2 (1988), pp. 5-17, spec. 7-9, sostiene che i coloni fossero adsidui, equites o pedites, considerando anacronistica la tradizione sulla pre- senza plebea; anche E. Kornemann, s.v. Coloniae, in PW RE IV.1 (1900), c. 572, escludeva i proletarii; mentre T. Mommsen, Ko¨nig Philipp V und die Larisa¨er, «Hermes» 17 (1882), pp. 481-482 e E.T. Salmon, Roman Colonization under the Republic, London 1969, p. 179 nt. 115, ne sostenevano l’invio; e P. A. Brunt, Italian Manpower 225 B.C. - A.D. 14, Oxford 1971, p. 28, ammetteva entrambe le possibilita`.

(170) E. Gabba, L’elogio di Brindisi, «Athenaeum» 36 (1958), pp. 100-101, sostiene l’ipotesi che l’epi-

grafe si riferisca a un magistrato di Brindisi; la possibilita` che si tratti invece di Q. Fabio Massimo Cunctator e`

sostenuta di recente da F. Cassola, Ancora sull’elogio di Brindisi, in Scritti di Storia Antica. Istituzioni e Politica. II Roma, Antiqua 68, Napoli 1994, pp. 91-101.

(171) Sulla differenza sostanziale che separa il nexum da altre forme di lavoro dipendente vd. P.W. De

Neeve, Colonus. Private Farm-Tenancy in Roman Italy during the Republic and the Early Principate, Amsterdam 1984, pp. 68-69. Sull’evoluzione della condizione sociale dei clientes in relazione all’indebitamento vd. N. Rouland, Pouvoir politique et de´pendance personnelle dans l’Antiquite´ romaine. Gene`se et roˆle des rapports de cliente`le, Bruxelles 1979, pp. 119-126. Per ulteriore bibliografia vd. F. De Martino, Intorno all’origine della schiavitu` a Roma, «Labeo» 20 (1974), pp. 163-193; id., Riforme del IV secolo a.C., «BIDR» ser.3 17 (1975), pp. 29-70, spec. 39-48, vd. anche nt. n. 7 in CAPITOLO I Difficolta`politico-sociali, crisi finanziarie e debiti fra V e III sec. a.C.

(172) W.V. Harris, Roman Warfare in the Economic and Social Context of the Fourth Century B.C., in

Staat und Staatlichkeit in der fru¨hen ro¨mischen Republik, W. Eder (ed.), Stuttgart 1990, p. 499. Sul peso eco- nomico che le immissioni di prigionieri ebbero a Roma vd. M.K. Hopkins, Conquerors and Slaves. Sociological Studies in Roman History, Cambridge 1978, I, p. 8, 108-111; W.V. Harris, War and Imperialism in Republican Rome 327-70 B.C., Oxford 1979, pp. 51-53; T.J. Cornell, The Failure of the Plebs, in Tria corda. Scritti in onore di A. Momigliano, E. Gabba (a cura di), Como 1983, p. 120; id., The Beginnings of Rome. Italy and Rome from the Bronze Age to the Punic Wars (c.1000-264 BC), London-New York 1995, p. 333.

(173) F. Serrao, Diritto Privato Economia e Societa` nella storia di Roma, 1 Prima Parte, Napoli 1984,

verso l’immissione di schiavi, la possibilita` di avere a costi contenuti forza lavo- ro (174). Lo sviluppo di un’offerta alternativa di manodopera, e cioe` l’impiego di

masse di prigionieri di guerra ridotti in schiavitu` e ricordati regolarmente nelle fonti storiografiche fin dai primi anni delle guerre sannitiche, ando` a incidere ovviamente sulla compagine sociale, mettendo in evidenza come un debitore-nexus, costretto a lavorare nelle proprieta` dei creditori, per assolvere i debiti contratti, finisse per essere piu` gravoso per un creditore di quanto in realta` potesse sembrargli utile e prezioso. In termini economici era sicuramente piu` conveniente l’acquisizione di uno schiavo che il mantenimento di un nexus, che, una volta assolto il debito, avrebbe troncato sicuramente il suo rapporto di dipendenza con il creditore; ed e` ovvio che le immis- sioni di prigionieri di guerra a Roma ben presto vanificassero il ‘valore’ che le operae semi-servili dei nexi avevano avuto un tempo. Al prezzo sempre decrescente degli schiavi si contrapponeva il lavoro dell’asservito per debiti, che aveva, invece, costi piu` alti ed implicava maggiori fastidi e responsabilita`, dal momento che il nexus ri- maneva pur sempre un uomo libero, con i suoi diritti e doveri di cittadino, e cioe` elettore e soprattutto soggetto all’arruolamento.

Purtroppo la perdita dell’opera di Livio per i libri relativi agli anni compresi fra il 293 a.C. e il 218 a.C. e quindi la grossa lacuna di informazioni che questo com- porta fa sı` che per quasi tutto il III secolo a.C. non si possano avere testimonianze che permettano di connettere a un difficoltoso reperimento di nuove reclute nell’e- sercito la gravita` dei debiti contratti dai cittadini. Certamente in questo lasso di tempo si saranno presentate situazioni dove e` possibile riconoscere la presenza di figure affini ai nexi, come sembra testimoniare una vicenda di storia militare della terza guerra sannitica (175). Si tratta, infatti, di un episodio risalente al 291 a.C. e

tramandato da fonti letterarie distinte : il console Lucio Postumio Megello avrebbe impiegato i soldati dell’esercito che comandava per compiere opere di disboscamen- to in una sua proprieta`, ubicata non lontano dal luogo delle operazioni militari (176).

Come ha giustamente rilevato Gabba (177), l’utilizzo per lavori privati di soldati e`

giustificato pensando solo che si tratti di una fase in cui nexi e clientes non esiste- vano piu`.