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Oltre il reddito da lavoro

Capitolo 5. Conclusioni: gestire il cambiamento

5.3 Il ruolo dello Stato

5.3.2 Oltre il reddito da lavoro

Scartata l’ipotesi di bloccare il processo innovativo, la soluzione più efficace individuata da tutti gli economisti chiamati a ipotizzare il modo per mitigare o risolvere gli effetti portati dalla disoccupazione tecnologica è stata scritta per la prima volta quasi 50 anni fa.

L’idea del reddito di base, o reddito minimo garantito, che oggi può sembrare una proposta “socialista” di un sistema statale paternalista e interventista, è stata invece ideata agli inizi degli anni Settanta dall’economista e sociologo conservatore austriaco Friedrich Von Hayek (1899 – 1992).

La proposta di Hayek non cercava una equa distribuzione ma era una forma di assicurazione contro le avversità, con una funzione sociale ed economica

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efficiente in una società che stava rapidamente cambiando lasciando all’individuo sempre più solo nei rischi creati dalle condizioni del mercato.

Anziché ampliare lo stato sociale costringendolo ad intervenire con sistemi di welfare, sussidi alimentari e politiche assistenzialiste, che alla fine si rivelerebbero molto più costose su base pro capite e molto più inique nel loro impatto, Hayek, in linea con le idee liberali del libero mercato, voleva lasciare la libertà di scelta individuale permettendo a tutti di partecipare al mercato.

Secondo Erik Brynjolfsson, e Andrew McAfee, se da un lato il reddito minimo garantirebbe a tutti un tenore di vita base assicurando un ampio bacino di consumatori in grado di acquistare sul mercato e sostenere l’economia, allo stesso tempo lascerebbe alla gente la scelta di migliorare o meno le proprie condizioni lavorando, investendo o avviando un’impresa. Il progresso economico sarebbe messo quindi alla buona volontà degli individui.129

Ma lavorare non è solo un modo per guadagnare dei soldi, crea anche le condizioni nelle quali le persone realizzano sé stesse, sviluppano autostima, socializzano.

L’economista Andrew Oswald ha confermato l’importanza del lavoro nella vita dell’individuo con una ricerca che ha rilevato come una disoccupazione di sei mesi o più possa danneggiare la sensazione di benessere, disorientare profondamente e alterare altre misure della salute mentale, circa quanto la morte del coniuge, e solo una minima parte di questo declino è dovuta alla perdita del reddito ma riconducibile invece ad una perdita di autostima.130

L’impatto individuale si ripercuote sulla società nella quale una disoccupazione dilagante incide sull’aumento della criminalità, dei disagi famigliari, delle dipendenze da alcool, da droghe o da gioco, della dipendenza dal sussidio.

129 Brynjolfsson Erik, McAfee Andrew, La nuova rivoluzione delle macchine. Lavoro e prosperità nell’era

della tecnologia trionfante, Milano, Feltrinelli, 2017, pp. 245 - 246

130 Peck Don, (2010), The Atlantic, How a New Jobless Era Will Transform America:

https://www.theatlantic.com/magazine/archive/2010/03/how-a-new-jobless-era-will-transform- america/307919/

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Se l’occupazione diventa non solo una necessità del sistema economico ma diventa anche una necessità psicologica dell’individuo e un fattore portatore di stabilità della convivenza civile, la proposta dell’economista Milton Friedman (1912 – 2006), premio Nobel per l’economia nel 1976, discepolo di Von Hayek e fondatore della scuola neoliberista di Chicago, può essere una soluzione valida per soddisfare entrambe le esigenze: fornire una rete di sicurezza universale senza disincentivare il lavoro.

La strumento di politica fiscale proposto da Friedman riguarda una imposta negativa sul reddito attraverso la quale chi si trova al di sotto di un definito minimo imponibile riceverà un sussidio che verrà ridotto e alla fine eliminato all’aumentare delle altre fonti di reddito.

Questa proposta permetterebbe di unire al reddito minimo garantito un incentivo alla ricerca e al mantenimento di un’occupazione ma incoraggerebbe anche ad effettuare le dichiarazioni dei redditi e a scoraggiare il lavoro irregolare.

Secondo Friedman poi, rispetto alla gestione di complesse politiche di welfare statali per mettere a sistema e rendere efficaci i programmi assistenziali, la sua gestione non andrebbe ad impattare sul sistema burocratico in quanto si baserebbe sull’attuale infrastruttura per le dichiarazioni dei redditi.

5.3.3 Tassazioni alternative

Secondo Erik Brynjolfsson, e Andrew McAfee una soluzione per recuperare i fondi necessari all’erogazione di un sussidio statale può essere la tassazione su quei beni e servizi che non risentono di un aumento dell’imposizione fiscale. Le imposte “pigoviane”, che vengono applicate alle attività produttive che creano

esternalità negative come l’inquinamento, hanno il vantaggio di incentivare la

riduzione dell’attività indesiderabile, anche attraverso l’utilizzo di tecnologie in grado di efficientare o monitorare i processi, e di generare entrate per lo stato che possono essere distribuite ai cittadini sotto forma di servizi o politiche di welfare.

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redditi più elevati delle “superstar”, come gli atleti professionisti, gli amministratori delegati o le celebrità, secondo i due professori, può essere una soluzione per generare entrate pubbliche senza provocare effetti negati sulla crescita del sistema economico.131

In Italia, il deputato del Partito Democratico Francesco Boccia, nel 2013 si è fatto promotore di una proposta di legge definita “web tax” che ha l’obiettivo di regolamentare la tassazione per le multinazionali che operano in rete al fine di garantire maggiore equità fiscale ed evitare monopoli e concorrenza leale. Facendo pagare le imposte indirette alle grandi del Big Tech, che operano e fanno profitti in diversi paesi del mondo ma non utilizzano la partita iva del paese in cui erogano i servizi o commercializzano prodotti, gli stati potrebbero far emergere e contrastare ad un’elusione fiscale su scala globale di decine di miliardi di euro.

La possibilità per lo stato di trovare delle entrate alternative rispetto alle tasse sul reddito da lavoro potrebbe incentivare una riduzione delle spese e degli obblighi a carico dei datori di lavoro che si troveranno così più incentivati ad assumere.132

In un mondo del lavoro generato dalla quarta rivoluzione industriale, nel quale le tecnologie diventano sempre più economiche, efficienti e in grado di sostituirsi all’uomo in sempre più mansioni, è necessario vengano ridotti i vantaggi nell’“assumere” un dipendente digitale rispetto ad un lavoratore in carne ed ossa che diventerebbe, per un datore di lavoro, la soluzione più costosa, meno efficiente e più tassata, andando ad alimentare la disoccupazione tecnologica.

Il ruolo dello stato diventa cruciale nella transizione che stiamo vivendo per attutire gli effetti negativi della mancanza di lavoro sul breve termine e immaginare il futuro nel lungo termine.

Gli interventi necessari sono molteplici: garantire una più equa distribuzione della

131 Brynjolfsson Erik, McAfee Andrew, La nuova rivoluzione delle macchine. Lavoro e prosperità nell’era

della tecnologia trionfante, Milano, Feltrinelli, 2017, pp. 238-242

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ricchezza tra i cittadini, arginare il potere delle grandi multinazionali dell’economia digitale, regolamentare i servizi offerti sui nuovi mercati della condivisione, tutelare chi ci lavora e chi continua ad offrire le stesse prestazioni nei canali tradizionali.

Ultimo ma importantissimo compito che avrà lo stato sarà quello di creare un sistema scolastico lungimirante in grado di fornire alle nuove generazioni un’adeguata preparazione per il futuro che li aspetta.