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Tecno ottimisti e tecno pessimisti

Capitolo 5. Conclusioni: gestire il cambiamento

5.1 Tecno ottimisti e tecno pessimisti

L’impatto della quarta rivoluzione industriale nel mondo del lavoro può essere una minaccia o un’incredibile opportunità e oggi, l’obiettivo, non è fermare l’innovazione, ma trovare i modi migliori per gestire la rivoluzione in atto.

Ma c’è chi non la pensa così. Il sostenitore più noto della tesi che l’eccessiva automazione può essere dannosa, e molto probabilmente anche pericolosa, è lo scrittore Nicholas Carr.

Nel suo libro del 2011 “Internet ci rende stupidi?” (The Shallows: How the internet

is changing the way we think, read and remember)117 esprime il suo punto di vista

sull’effetto negativo del web sul nostro modo di pensare.

Pochi anni più tardi, nel 2013, in un suo articolo pubblicato su “The Atlantic” 118,

l’autore si esprime una posizione simile raccontando aneddoti che potessero dimostrare quanto un’eccessiva meccanizzazione, nella quale molte attività umane vengono delegate alle macchine, potesse incidere negativamente sulle capacità cognitive dell’uomo, in certi casi con conseguenze imprevedibili e dannose.

Secondo Carr è necessario ripensare e fermare questo processo che sta velocemente trasformando il ruolo delle macchine da strumento di lavoro a potenziale sostituto del lavoratore stesso.

Seguire il consiglio di Carr e rifiutare il cambiamento in corso cercando di fermare la marcia della tecnologia sarebbe impossibile quanto anacronistico.

Gli sforzi per proteggere il passato a discapito del futuro non permetterebbero di cogliere tutte le possibilità di miglioramento e progresso generate da questa ondata innovativa.

Il modo nel quale il cambiamento verrà affrontato, determinerà due possibili

117 Carr Nicholas, The Shallows: How the internet is changing the way we think, read and remember,

Atlantics Book, 2011

118 Carr Nicholas (2013) The Atlantic, All Can Be Lost: The Risk of Putting Our Knowledge in the Hands of

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scenari, nei quali, la differenza la farà l’approccio alle problematiche lavorative ma anche sociali, economiche e politiche che la quarta rivoluzione industriale ci sta sottoponendo.

Sul futuro del lavoro, ricercatori, economisti, futurologi, imprenditori e esperti del tema, si dividono in due fazioni: i tecno ottimisti e i tecno pessimisti.

I più fiduciosi sulle opportunità offerte delle tecnologie sostengono che, come successo durante le precedenti rivoluzioni industriali, il progresso tecnologico riuscirà ad aprire nell’economia nuove possibilità di occupazione, con la nascita di nuove professioni, ad oggi inimmaginabili, che saranno in grado di assorbire le richieste di occupazione.

I tecno ottimisti, di cui il professor Erik Brynjolfsson è uno tra i più convinti rappresentanti, sono sicuri che la tecnologia della nostra era aprirà nuovi scenari lavorativi nei quali i robot non sostituiranno l’uomo ma lo assisteranno aiutandolo a raggiungere risultati migliori e potenziando le sue capacità.

Anche se la rivoluzione tecnologica in corso, nel breve periodo, è destinata a creare scossoni sociali da riequilibrare, nel lungo periodo, riuscirà a creare molti più posti di lavoro di quelli che saranno distrutti con un aumento diffuso del benessere della società.

Non credere in questa possibilità, secondo Gaggi, significa non credere nelle capacità dell’uomo di rigenerarsi, di plasmare il suo futuro.119

Di opinione opposta i tecno pessimisti: quelli che lanciano preoccupanti allarmi su un futuro del mondo del lavoro, che profetizzano una disoccupazione di massa nella quale le macchine la faranno da padrone arrivando a sostituire le persone in tutte le mansioni, dalle più semplici alle più complesse e cresceranno le tensioni sociali.

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Nel suo libro “The Rise and Fall of American Growth”120, il professor Robert

Gordon della Northwestern University, negli Stati Uniti, sostiene che le tecnologie digitali, per quanto importanti, non sono in grado di rivoluzionare la vita fisica della gente com’è avvenuto nelle fasi precedenti della rivoluzione industriale.

L’economia è quindi destinata a crescere pochissimo nei prossimi anni con un conseguente impatto negativo su redditi e occupazione.

Le innovazioni portate dalla quarta rivoluzione industriale, secondo Gordon, non sono in grado di contrastare i quattro venti contrari che frenano lo sviluppo: l’invecchiamento demografico, la fine del miglioramento della formazione scolastica, l’enorme mole di debiti pubblici e privati che grava su molti Paesi e l’aumento delle disuguaglianze economiche che incide negativamente anche sulla domanda di beni e servizi.121

C’è poi chi si colloca nel mezzo e allarga le valutazioni oltre la mera stima quantitativa tra posti distrutti e posti di lavoro generati.

Il giornalista Massimo Gaggi nel suo libro racconta l’incontro con lo scienziato e imprenditore cinoamericano Kai-Fu Lee.

Da trentasette anni impegnato nel settore delle tecnologie digitali, Kai-Fu Lee sostiene che l’intelligenza artificiale sia innegabilmente più potente di quella umana, ma manca di sensibilità, empatia, senso comune, capacità di ragionamento critico e, secondo lo scienziato, non arriverà ad acquisirle nei prossimi decenni.

Kai-Fu Lee rompe gli schieramenti delle correnti dei tecno ottimisti e i tecno pessimisti, convinto che, in futuro, ci sarà molto meno lavoro ma la considera un’opportunità, che, se tempestivamente gestita, non sarà una maledizione.

120 Gordon Robert J., The Rise and Fall of American Growth: The U.S. Standard of Living Since the Civil

War. Princeton University Press, 2016

121 Gaggi Massimo, Homo Premium. Come la tecnologia ci divide, Bari, Gius. Laterza & Figli Spa, 2018,

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Può infatti diventare:

un problema sociale micidiale se non corriamo per tempo ai ripari. Inventando nuovi mestieri, creando protezioni sociali, ma anche cambiando l’etica del lavoro che abbiamo oggi: quella che è stata plasmata da una rivoluzione industriale ormai alle nostre spalle.122

Kai-Fu Lee apre a riflessioni sulle quali entrambe le fazioni concordano: c’è bisogno di dare un nuovo significato al lavoro, riorganizzarlo in un sistema in grado di cogliere i benefici del progresso digitale, delineare delle linee guida comuni per uno sviluppo consapevole della tecnologia e delle sue applicazioni, definire valori etici condivisi.

Inoltre, per gestire l’impatto sociale delle tecnologie sul mondo del lavoro e sulla società, per evitare gli effetti peggiori che una disoccupazione tecnologica di massa potrebbe portare, i governi sono chiamati ad occuparsi e ad intervenire sulle disuguaglianze economiche e sociali che ne deriveranno.