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Operazioni relative al funzionamento del reattore

Nel documento Sezione OIngegneria nucleare (pagine 69-72)

1.6 Controllo dei reattori nucleari

1.6.10 Operazioni relative al funzionamento del reattore

Il normale funzionamento di un reattore comprende tre distinte fasi operative: l’avviamento, il funzionamento a potenza, l’arresto. In ciascuna delle tre fasi si rende necessario l’uso di un op-portuno gruppo di strumenti di controllo per la sicurezza delle operazioni.

1. Avviamento del reattore. Si possono distinguere tre tipi di avviamento del reattore: l’av-viamento a freddo che si riferisce all’avviamento di un reattore nuovo o di un reattore in cui

no stati appena sostituiti gli elementi di combustibile o di un reattore che è rimasto spento per parecchi giorni; l’avviamento a caldo che si rende necessario quando occorre rimettere in

funzio-ne un reattore che, per una qualsiasi ragiofunzio-ne, ha subito un arresto per breve tempo; l’avviamento a livelli di potenza quando occorre aumentare la potenza del reattore da un livello a un altro a

causa di un aumento della richiesta. L’avviamento a freddo richiede particolari cautele poiché, quando il reattore è spento da molto tempo o è nuovo, possiede la massima reattività disponibile nel caso in cui tutti i gruppi di barre vengano estratti. Infatti non vi sono veleni che introducano reattività negative e la temperatura è quella ambiente (il coefficiente di temperatura del combusti-bile è quasi sempre negativo, O-1.6.5). Inoltre, se il reattore è nuovo, vi è in esso la massima concentrazione di isotopi fissili. D’altra parte il flusso neutronico è quasi nullo: si riduce alle po-che fissioni spontanee dell’238U presente ma è, comunque, fuori dalla possibilità di essere misura-to dagli strumenti. Una volta estratte le barre di emergenza, si inizia l’estrazione delle barre di re-golazione grossolana. Nulla avviene finché il reattore rimane sottocritico. Ma, mentre le barre sal-gono, si raggiunge improvvisamente la criticità e può avvenire che il reattore diventi poi sopracri-tico con una reattività corrispondente a un periodo troppo basso. In tal caso la densità neutronica potrebbe raggiungere livelli pericolosi in tempi troppo brevi (prima cioè che gli strumenti di mi-sura del flusso e del periodo segnino qualcosa).

Quanto affermato (O-1.6.4) a proposito della bassa velocità di estraz. delle barre vale soltanto in caso di reattore caldo. A reattore freddo la velocità di sicurezza sarebbe così bassa da richiede-re tempi di avviamento proibitivi. L’inconveniente può esserichiede-re facilmente ovviato con l’avviamento del reattore mediante l’introduzione di una sorgente di neutroni. Se in un reattore sottocritico si introduce una sorgente di neutroni (sono disponibili sorgenti che emettono 106 ÷ 107 neutr/s), que-sti iniziano la reazione a catena e il flusso neutronico sale a un valore asintotico che dipende dall’intensità della sorgente, dal valore ρ0 di reattività (valore negativo) e dal valore della vita me-dia neutronica all’equilibrio critico, Λ. Se S0 è il numero di neutroni che la sorgente introduce in un s in un cm3 di nocciolo del reattore, la densità neutronica raggiunge, qualche minuto dopo l’in-troduzione della sorgente, il valore asintotico:

Noti il termine S0 di sorgente, la vita media Λ e disponendo del grafico di taratura delle bar-re, basta fissare queste in una posizione corrispondente a un valore ρ0 < 0 per cui si abbia un va-lore n sufficientemente elevato perché possa essere misurato dagli strumenti. Il fenomeno è noto sotto il nome di moltiplicazione sottocritica. Quanto ora affermato può essere ottenuto

analitica-mente dalle equazioni generali (O-1.6.3) per: ρ (t) = – ρ0; s0 (t) = S0.

L’avviamento a caldo è un’operazione molto meno pericolosa. Se non è trascorso molto tem-po dall’arresto, il livello della densità neutronica può avere ancora valori misurabili. Per esempio, dopo 15′ dallo spegnimento a causa del periodo di – 80 s (O-1.6.2), il flusso neutronico è dimi-nuito di un fattore 105. Se il reattore funzionava a piena potenza P0, dopo 15′ la potenza è 10–5 P0 e quindi è ancora perfettamente rilevabile dagli strumenti. Inoltre il reattore è caldo e quindi

Fig. 36. Portate di misura dei vari tipi di indicatori di flusso neutronico.

n Λ S0

ρ0

--- neutr/cm3

– =

dispone di meno reattività a causa del coefficiente di temperatura negativo (O-1.6.5). Un grave problema è invece rappresentato dall’eventuale presenza di un forte picco di avvelenamento da

135Xe. Si supponga, per es., che un reattore a U arricchito lavori a piena potenza con un flusso neutronico dell’ordine di 2 · 1014 neutr/cm2 s. Come risulta dalla figura 31, l’avvelenamento corri-spondente di equilibrio è Ψ0 = 0,052. Si faccia l’ipotesi che il reattore freddo, privo di veleni, di-sponga, a barre tutte estratte, di una reattività ρ = 0,20. Dalla figura 32 si vede che, a 1h e 30′ dall’arresto, l’avvelenamento Ψ ha già raggiunto un valore pari a 4,2 Ψ0 cioè 0,218. Essendo

z  1 (si è supposto combustibile arricchito), la reattività introdotta dalla concentrazione di 115Xe è ρv = –Ψ = – 0,218. Anche estraendo tutte le barre, il reattore è ancora sottocritico essendo ρ = 0,20 – 0,218 = – 0,018 = –1800 pcm e non è quindi più possibile il suo avviamento. Per poterlo avviare occorre attendere circa 35 ore, come risulta evidente sempre dal grafico della figura 32. Dopo 11 ore dall’arresto l’avvelenamento sale a 9,4 Ψ0 = 0,49 e poi comincia a diminuire. Nel ca-so considerato quindi, o il reattore viene riavviato entro 1 ora e mezzo circa dall’arresto, oppure per poterlo fare occorre attendere un giorno e mezzo. In tal caso si ricade nell’avviamento a fred-do se si trascura il fatto che fred-dopo 35 ore il reattore è ancora fortemente avvelenato. Con l’avvia-mento però l’avvelenal’avvia-mento scende rapidamente al valore di equilibrio Ψ0, non appena il flusso neutronico ha raggiunto nuovamente il livello che aveva prima dello spegnimento poiché i neutro-ni termici contribuiscono fortemente all’asportazione di gran parte degli isotopi di 135Xe che si erano accumulati. Può accadere che il livello di potenza di un reattore venga temporaneamente ri-dotto di una piccola frazione per una diminuita richiesta di carico. Quando la richiesta torna ad essere equivalente alla piena potenza del reattore, si presenta il problema dell’avviamento a livello di potenza. L’operazione non offre particolari difficoltà. Può essere effettuata manualmente o au-tomaticamente con l’impiego del servomeccanismo di controllo. Tutto quanto occorre è di portare il reattore alla potenza richiesta in un tempo più breve possibile compatibilmente con l’esigenza di un periodo non troppo basso e con le esigenze della dinamica del sistema termovettore.

2. Funzionamento a potenza del reattore. Durante il funzionamento del reattore alla sua nor-male potenza di esercizio il sistema di controllo automatico che muove le barre di regolazione fi-ne compensa tutte le piccole variazioni transitorie di reattività a breve termifi-ne, mentre per la compensazione delle variazioni a medio e lungo termine (avvelenamento da 135Xe, da 149Sm, esaurimento del combustibile ecc.) interviene il sistema di controllo che agisce sulle barre di com-pensazione.

3. Arresto del reattore. Può essere effettuato deliberatamente (per esempio, per la ricarica del combustibile o per operazioni varie di manutenzione) e, in tal caso, il procedimento usato non ha alcuna importanza in quanto il reattore dovrà poi rimanere spento per un lungo periodo di tempo. Le barre di controllo possono quindi essere inserite quanto velocemente si vuole. Se inve-ce si prevede un arresto per breve tempo, è bene provvedere a un arresto lento mediante l’inser-zione lenta delle barre fino al raggiungimento della massima potenza tollerabile per le operazioni di manutenzione o riparazione che si debbono effettuare. Ciò non soltanto minimizza gli effetti del picco di avvelenamento da Xe, ma facilita anche le operazioni di riavviamento per quanto si è già visto. Si tenga presente inoltre che, anche dopo lo spegnimento completo, vengono ancora liberate dal reattore grandi quantità di calore come risultato del decadimento radioattivo dei pro-dotti di fissione. Onde assicurare la continuità di funzionamento del reattore, l’arresto rapido di emergenza deve essere evitato per quanto è possibile. Il sistema di sicurezza non deve intervenire per piccole fluttuazioni di potenza che possono essere causate da variazioni di portata del refrige-rante o da fluttuazioni statistiche degli stessi servomeccanismi di regolazione o dei circuiti elettro-nici cui sono asserviti. Il sistema di sicurezza deve essere quindi progettato in maniera che in ca-so di scarca-so pericolo vi sia un ritardo fra il momento in cui il disfunzionamento viene rivelato e il momento in cui lo spegnimento automatico ha inizio. Soltanto quando il livello di potenza su-pera notevolmente (di solito del 20%) il valore di piena potenza o quando il periodo scende a va-lori di pochi secondi, si presenta la necessità dell’arresto rapido automatico. La rapidità del siste-ma di emergenza è poi essenziale nel caso di incidenti per avviamento a freddo che costituisce, come visto, una delle situazioni potenzialmente più pericolose nelle operazioni relative al

funzio-namento del reattore. È però inevitabile un certo ritardo anche nell’arresto rapido di emergenza. Esso generalmente varia da 30 a 50 millisecondi.

Circa il controllo dei reattori veloci, si accenna qui brevemente soltanto alle principali diffe-renze esistenti fra la dinamica dei reattori veloci e quella dei reattori termici. Innanzitutto, a causa dell’assenza del moderatore, il valore di Λ (O-1.6.1) è molto minore nei reattori veloci che in quelli termici (circa 0,1 μs contro i 10 ÷ 1000 μs di un reattore termico). Ciò perché la quasi to-talità delle fissioni avviene a energie elevate e cioè subito dopo che i neutroni sono stati liberati dai nuclei fissionati o dal decadimento dei precursori. Non intercorre quindi fra una fissione e la successiva il grande intervallo di tempo (tempo di diffusione) che, in media, il neutr. trascorre nei reattori termici come neutrone termalizzato; il tempo di diffusione, come si può vedere in

O-1.2.10, tabella 4, è sempre >> di quello di rallentamento; nei reattori veloci il rallentamento è

praticamente inesistente. Altro fatto importante è la forte concentrazione del combustibile nel noc-ciolo, necessaria a rendere possibile la reazione a catena per fissioni veloci (O-1.3.1). Ciò fa sì che il reattore sia molto sensibile alle più piccole variazioni della configurazione fisico-geometrica del nocciolo stesso che, oltretutto, è anche di dimensioni molto ridotte a confronto di quelle di un reattore termico di pari potenza. Sono quindi possibili situazioni impreviste di forte sopracriticità della struttura come risultato, per es., di un riassestamento degli elementi di combustibile. È sem-pre necessaria la sem-presenza di un sistema di sicurezza a intervento molto rapido e di grande affi-dabilità. A ciò si aggiunga la notevole diminuzione dell’effetto stabilizzante dei neutroni ritardati. Per esempio, mentre per un reattore termico che usi come combustibile l’235U, il valore di

(O-1.6.1, tab. 13), il che costituisce la presenza di un contributo stabilizzante di reattività di – 650

pcm, nel caso di un reattore veloce a 239Pu lo stesso contributo si riduce a – 210 pcm. In altre parole, mentre per un reattore veloce un imprevisto aumento di reattività di 210 pcm è sufficiente a ridurre il valore del ciclo neutronico a circa 0,1 μs (vita media neutronica senza contributo dei neutroni ritardati), per un reattore termico è necessario un aumento di reattività imprevisto più che triplo per ridurre il ciclo neutronico per un valore che nel peggiore dei casi è di 10 μs (in gene-rale è dell’ordine delle centinaia di μs) (O-1.6.2, es. 2).

Per quanto riguarda le equazioni della cinetica (O-1.6.3) esse sono, per i reattori veloci, mol-to più attendibili che non per i reatmol-tori termici; in un reatmol-tore veloce le fissioni avvengono prati-camente quasi tutte ad energie elevate e quindi è più facile calcolare il valore,del ciclo neutronico che, per i reattori termici, è complicato dalla presenza del rallentamento. Lo studio dei vari coef-ficienti di reattività è però molto complesso per la presenza nel nocciolo di canali percorsi da Na liquido che viene generalmente usato come refrigerante (O-1.8.9) e per la maggiore sensibilità della struttura alle variazioni delle proprietà fisiche e geometriche.

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