Su Jeronimus van Acken, detto Bosch, disponiamo di notizie molto scarse. Si presume sia nato intorno al 1450 a ‘s-Hertogenbosch, e stando ai documenti è possibile definirlo “un figlio d’arte”. Infatti sappiamo che il nonno era pittore, e la stessa infanzia e giovinezza di Bosch sono trascorse nella bottega di famiglia, dove operavano sia il padre che i fratelli. Bottega dove si pensa operò moltissimo anche Bosch, nonostante le nozze nel 1480 con Aleid van de Mervenne, che gli avevano recato “una cospicua dote e l’opportunità di una lenta, ma serena ascesa nella società borghese di ‘s- Hertogenbosch.”186
In contraddizione con i temi delle sue opere, l’esistenza di Bosch scorre tranquilla e serena nel suo paese d’origine, in cui si stabilisce per tutta la vita, ad eccezione di qualche viaggio ad Utrecht o in altre città fiamminghe. Sotto questo aspetto Bosch è ritenuto un pittore di provincia, “un artista che sta uno scalino più su di pittori folcloristici di Madonne da vendere ai devoti pellegrini che visitano la cattedrale della sua cittadina natale.”187
Un piccolo centro che, al contrario di quanto si pensa, offriva molte possibilità di lavoro.
Il centro di ‘s-Hertogenbosch era già abbastanza grande e vivace nel Duecento. Esso offriva molto lavoro agli artigiani che vi erano attivi, e operosi in particolar modo per le varie istituzioni religiose. Intorno alla metà dello stesso Duecento venne edificata la prima chiesa (dedicata a San Giovanni Evangelista), e successivamente vi si stabilirono i francescani e i domenicani. Durante il Trecento e il Quattrocento vennero fabbricati altri edifici sacri, cosicché nella prima metà del Cinquecento’s-Hertogenbosch contava più di trenta chiese e cappelle, favorendo possibilità di
185 Ibidem.
186 S. Bruno, Bosch, cit., p.17. 187
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lavoro per architetti, scultori, pittori, miniaturisti, orafi e ricamatori, per citare gli artigiani maggiormente impiegati dalle comunità religiose188.
Ed proprio tramite le comunità religiose che Bosch ottiene le sue commissioni; tra queste vi è la Confraternita di Nostra Signora, a cui Bosch si iscrisse intorno al 1486-87. Proprio attraverso i registri della confraternita, veniamo a conoscenza di alcuni suoi disegni per una vetrata policroma o per un crocifisso. La stessa produzione pittorica di Bosch è avvolta nel mistero. Delle sue opere non conosciamo le date, ed anche le firme adoperate sulle stesse sono state sottoposte ad una attenta cura per stabilirne la loro autenticità. Le opere firmate sono venti, di cui solo otto sono di sicuro state eseguite dallo stesso artista. Secondo Sigüenza, l’intera opera di Bosch può essere divisa in tre categorie generali:
La prima [categoria] comprende soggetti religiosi, quali episodi della vita e della passione di Cristo, l’adorazione dei Magi o Cristo che porta la croce; in questi primi dipinti esprime la sincerità e pietà religiosa dei saggi e dei virtuosi, e non vi si vedono mostruosità o bizzarrie; nella seconda categoria mostra l’invidia e la rabbia della falsa dottrina, che non si arrende prima di aver abbattuto la vita e l’innocenza, ovverosia Cristo, e in queste opere si vedono invece di farisei e gli scribi con i loro volti furibondi, crudeli e ghignanti, i quali nella veste e negli atti manifestano la furia di tali passioni. […] A parte queste, vi sono altre opere, molto ingegnose e non meno profittevoli, sebbene sembrino più ‛maccheronica’:[…]189
Altre categorie sono state stipulate in base allo stile del pittore.
Se nelle opere giovanili si dimostra ancora legato a una visione prospettica approssimativa, nelle grandi composizioni fantastiche della maturità egli elabora una nuova tecnica. Bosch crea una sorta di spazio vago, indefinito, in cui le numerose figurine in movimento, scaglionate in bande orizzontali o leggermente oblique, formano un primo piano continuo, contrapposto agli episodi sullo sfondo senza una reciproca integrazione. Molto personale e per certi versi anticipatrice è poi l’impaginazione delle ultime opere dove le figure vengono spinte in primo piano, in un continuo gioco a incastro di volumi, al di fuori di ogni dettaglio ambientale e con l’abolizione di ogni preoccupazione prospettica190.
Riguardo proprio allo stile, la catalogazione incontra numerosi problemi interpretativi, dato che il pittore sperimentava le proprie tecniche al riguardo, oppure inseriva richiami stilistici risalenti ad anni precedenti.
Occorre sottolineare che non si potrebbe rappresentare tale processo evolutivo con una curva: è certo che i dipinti basati sulla nuova impostazione furono eseguiti contemporaneamente ad altri più arcaizzanti […] Questa sorta di ‛ballo di San Vito’ intellettuale si ripresenta nelle opere di tutti i grandi maestri, con grandi balzi avanti verso l’ignoto, seguiti da periodi di immobilità, di riflessione, di ripiegamento verso i punti di partenza191.
Purtroppo alcuni dipinti non sono arrivati ai giorni nostri perché deteriorati, dato che i materiali risultavano vulnerabili durante la fase di pulizia. Tuttavia dalle analisi dei quadri si è cercato di ricostruirne la tecnica: “Bosch rifiuta la finezza dei dettagli e i volumi plastici introdotti nella pittura da artisti come Van Eyck […] La sua è una esecuzione
188
S. Bruno, Bosch, cit., pp.14-15.
189
F. J. Sigüenza cit. in E. Larsen, Hieronymus Bosch cit., p. 14.
190 D.Battilotti (a cura di), Bosch cit., p. 39. 191
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piatta, a due dimensioni, grafica anziché pittorica: erede, sotto questo aspetto, dell’arte della illustrazione miniata […]192
.
Sebbene il linguaggio fosse “tradizionale” (alcuni critici hanno giudicato la sua pittura “alla prima” cioè priva di una fase preparatoria, sebbene altre indagini hanno mostrato la presenza di un disegno), le tele di Bosch spiccano per la bellezza e la potenza dei colori.
Nelle sue tavole, preparate con uno strato di vernice traslucida rosata sopra la base di gesso, il colore acquista brillantezza e trasparenza, gioca su insoliti accostamenti tonali di rosa e lilla con celesti, verdi giada, marroni, si accende di arancio, carminio, giallo zolfo nel divampare degli incendi, sfuma in una gamma molteplice di brume luminose nei bellissimi paesaggi. A volte si fa quasi “impressionistico”, raggrumandosi in sottili guizzi e scintillanti nervature ottenuti con una spazzolina intinta nel bianco. Nelle opere dell’ultimo periodo, invece, il colore si distende in zone piatte dai forti contrasti cromatici193.
Ma entriamo nel dettaglio dell’opera del pittore fiammingo. Nella produzione pervenutaci, la maggior parte è a soggetto religioso, dove traspare lo specchio di una società dominata dal male e dal peccato, dove eccellono i valori della fede incarnati da Cristo e i santi. Un esempio è il Cristo Portacroce (forse del 1502), in cui Cristo, dagli occhi chiusi e assorto quasi in un silenzio liturgico, è circondato da una serie di figure grottesche, dal carattere quasi animalesco. Un contrasto “per isolare e far risaltare la sua pacata e tragica espressione.”194
o in Ecce Homo, dove i ghigni dei volti “esprimono la collera e la malvagità della plebaglia.”195
Ancora più emblematico è il ciclo delle “tentazioni dei santi”, in particolar modo nel Trittico delle tentazioni di Sant’Antonio (1501) dove “si direbbe che esploda il delirio.”196
Infatti la presenza di figure tentatrici è fortissima, fatta risaltare dai loro caratteri zoomorfi e antropomorfi.
Quest’ultimo non è l’unico trittico realizzato da Bosch. Il trittico del carro del fieno (1516) esprime bene la concezione dell’essere umano come entità peccatrice, in preda all’avidità e in un certo senso alla follia. Lo si vede particolarmente nel pannello centrale dell’opera.
[…] un carro di fieno – simbolo dei bei terrestri – è trascinato verso l’ala destra del trittico (cioè verso l’inferno) da esseri mostruosi con teste di animali, e seguito da una frenetica folla comprendente individui d’ogni classe sociale (tra i quali anche l’imperatore e il papa) disposta a tutto pur di strappare una sola manciata di fieno197.
Nei pannelli laterali sono rappresentati rispettivamente il peccato originale e la cacciata degli angeli ribellatisi a Dio a sinistra, e l’inferno nel pannello di destra, in cui spiccano città dilaniate dal fuoco e peccatori in preda alle più atroci torture. Il trittico assume le sembianze di un percorso, dominato da relazioni di causa ed effetto: il male nato dal peccato originale (pannello di sinistra) si ripercuote sulla società terrestre (pannello
192
Ivi, p. 16.
193 D.Battilotti (a cura di), Bosch cit., pp. 38-39. 194
S. Bruno, Bosch, cit., p.126.
195
E. Larsen, Hieronymus Bosch cit., p. 30.
196 A. Breton, con la collaborazione di G. Legrand, L’arte magica, Milano, Adelphi, 1991, p. 170. 197
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centrale), in preda alla dannazione che sconta nel girone dell’inferno (pannello destra). Una volta chiuso, i pannelli davano le sembianze a Il cammino della vita o Il vagabondo; metafora “dell’impervia e transitoria avventura umana”198
, dato che intorno a lui si svolgono una rapina (a sinistra) e una sorta di danza scandita dal suono di una cornamusa, “strumento associato al godimento e alla lascivia”199
.
Le visioni infernali e la dannazione dei peccatori sono espresse in particolar modo in un altro trittico, uno dei più famosi della produzione artistica di Bosch: Il trittico del
giardino delle delizie (1480-1490). Forse uno degli emblemi dell’opera di Bosch, per la
presenza in massa di creature bizzarre e grottesche, che ne hanno caratterizzato lo stile.
Creature rintracciabili nelle fonti si mescolano ad animali fantastici e inconsueti, mostruosi ibridi creati dalla fantasia dell’artista […] Figure raccapriccianti, in cui corpi di rettili si uniscono con libertà a volti umani, ali di uccello e zampe di insetto, danno un volto concreto al male che, nell’universo di Bosch, si nasconde in ogni aspetto dell’esistenza200
.
Il trittico chiuso raffigura La creazione del mondo, dove la terra è raffigurata dentro una sfera di vetro, dove galleggia sul mare. Al suo interno, sono presenti strutture che richiamano elementi marini come conchiglie, e varie forme di piante. Non si sa quale momento della creazione Bosch abbia voluto illustrare. L’ipotesi più condivisa è quella del terzo giorno della creazione, dal libro della Genesi. (1, 20-23). Non appena gli sportelli si aprono, l’osservatore è subito catturato dalla varietà di figure che dominano la scena, in particolar modo nello scomparto centrale, che rappresenta appunto il giardino delle delizie, dove l’umanità è in preda alla lussuria.
Nello scomparto centrale del trittico sono raffigurati nudi di entrambi di sessi (fra i quali anche uomini e donne di colore), uniti in coppie o in gruppi all’interno di curiose forme vegetali o minerali. La parte superiore della composizione è occupata dalla cavalcata della Libidine attorno alla fontana della giovinezza. Nella vasca circolare si bagnano donne che recano sul capo corvi (simboli dell’incredulità), pavoni (simboli della vanità) e ibis (voraci di pesci morti, alludono alle gioie passate), mentre alla lussuria (e ad altri peccati) rimandano tutti gli animali che partecipano alla cavalcata201.
Il pannello di sinistra mostra il paradiso terrestre, dove viene rappresentata la creazione di Eva (nel registro inferiore). Una fontana rosa è posta al centro del dipinto e “corrisponde per cromia e verticalità al Cristo benedicente”202
. Nel registro superiore e inferiore si aggirano parecchi animali, alcuni esotici come elefanti e giraffe, mentre sul fondo si stagliano quattro montagne “dalle forme geometriche-astratte”203
. Sebbene un ambiente del genere possa suggerire “inquietanti germinazioni”204
, è nel pannello di destra (L’inferno musicale) che il trittico raggiunge il suo carattere prettamente inquietante.
198
Ivi, p. 135.
199
Ibidem.
200 A. Devitini Dufour (a cura di), Bosch, follia, vizi e virtù: alla deriva tra realtà e fantasia cit., p. 54. 201
S. Bruno, Bosch, cit., p.47.
202
Ivi, p. 52.
203 Ibidem. 204
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Vediamo un orrore dietro l’altro, fuochi e torture e ogni genere di paurosi demoni che stanno fra l’animale, l’uomo e la macchina, e tormentano e infieriscono per l’eternità sulle povere anime peccatrici. Per la prima e forse per l’ultima volta un artista era riuscito a dare forma concreta e sensibile ai terrori che avevano pesato come un incubo sull’uomo del medioevo205.
L’opera prende il nome dalla presenza di numerosi strumenti musicali, usati dai diavoli infernali come strumenti di tortura. L’elemento di novità non consiste in questo, ma nella rappresentazione dell’inferno, dominato dal colore “blu notte”206
, mentre nel pannello centrale domina il rosso.
The contrasting picture of Hell on the right could hardly be more striking. For apart from the all- consuming flames of Satanic fugace Bosch’s Hell is a frozen, dead place where nature has died. The pools are covered with ice, and a night mare tree with the face of a man has lost its bark207.
C’è chi ha visto “la tentazione di leggere alla rovescia tutto l’insieme”208
in questo “matrimonio del Cielo e dell’inferno.”209
Ma quello che traspare in maggior misura, dalla lettura dell’opera, è il senso del peccato e l’implacabile punizione divina che attende i dannati. Non mancano infatti scene macabre all’interno dell’inferno: sulla sinistra in basso, si vede un dannato crocifisso alle corde di un’arpa, mentre sulla destra “seduto su un alto trono di legno si trova un colossale mostro con la testa d’uccello (il ‛Principe dell’inferno’), intento a cibarsi di dannati che poi defeca in una buca più in basso.”210
Sullo sfondo ritorna l’idea dell’atrocità della guerra, dove una città è in preda delle fiamme e attaccata da esseri diabolici. Lo stessa tema è stato trattato anche nel trittico Il Giudizio
Finale (1482 circa), dove nel pannello centrale troneggia Cristo in atto di giudicare i vivi e
i morti, mentre nei pannelli laterali sono rappresentati rispettivamente il Peccato originale e l’Inferno.
Nella produzione di Bosch, e in particolar modo in queste ultime opere, sono presenti numerosi elementi simbolici. La fantasia e la bizzarria con i quali sono stati concepiti alcuni di essi non hanno trovato riscontro nelle fonti dell’epoca. Ma l’universo simbolico di Bosch è talmente ampio che alcuni si pongono su più livelli interpretativi. L’alchimia è tra le pratiche maggiormente prese di mira dal pittore, e perciò particolarmente simboleggiata nella sua produzione artistica.
Tra le fonti più enigmatiche figura l’alchimia, pratica semiclandestina che si proponeva di mutare i metalli meno preziosi in argento e oro e di arrivare addirittura alla creazione della vita in laboratorio, sconfinando in tal modo nell’eresia. In Bosch essa assume carattere negativo, demoniaco e i suoi simboli sono spesso assimilati a quelli della lussuria: gli accoppiamenti per esempio, spesso dentro ampolle di vetro o nell’acqua, richiamano la congiunzione alchemica, e così l’uso dei colori può a volte far pensare ai diversi stadi della trasformazione della materia; torri
205
E. H. Gombrich, La storia dell’arte raccontata da E. H. Gombrich, Torino, Einaudi, 1966, p. 349.
206
A. Breton, con la collaborazione di G. Legrand, L’arte magica cit., p. 178.
207 J. Rowlands, The garden of earthly delights: Hieronymus Bosch, Oxford, Phaidon, 1979. Nel volume non
sono segnate le pagine.
208
A. Breton, con la collaborazione di G. Legrand, L’arte magica cit., p. 178.
209 Ibidem. 210
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merlate, alberi cavi, incendi, oltre che simboli infernali e di morte, alludono al forno degli alchimisti211;
Nonostante la presenza massiccia di simboli e di elementi misteriosi, la pittura di Bosch riesce a offrire un quadro esauriente dell’umanità. Viene risaltato il suo stato di peccatore, in preda ai vizi e ai piaceri della carne e del denaro. In questo contesto le visioni infernali assumono l’aspetto di un monito, un destino che accomunerà l’intero genere umano se non si seguono quei modelli di salvezza che sono le azioni di Cristo e gli esempi dei santi. Pur spogliandola della sua componente religiosa (così fondamentale all’epoca), la pittura di Bosch risulta di valore, poiché denota i caratteri peggiori dell’essere umano e li mostra sì sotto un’ottica satirica, ma che non cela elementi di verità, che trovano spazio anche nella realtà contemporanea. Per ritornare al contesto storico del pittore, non essendo questo un trattato di sociologia contemporanea, esiste un quadro che forse più di tutti ha affrontato il tema in questione (ovviamente in primo luogo dal punto di vista religioso), ma che si presenta come una sorta di spaccato sulle categorie sociali dell’epoca.
La differenza che esiste, a mio parere, tra i quadri di quest’uomo e quelli di altri pittori consiste in questo, che gli altri cercano più spesso di dipingere gli uomini quali appaiono dall’esterno, mentre soltanto costui ha l’audacia di dipingerli quali sono all’interno212
.