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Per concludere questa breve riflessione su Bosch, si è scelto di analizzare la tavola sui sette peccati capitali, che è stata d’ispirazione per Rafael Spregelburd nella scrittura della sua eptalogia teatrale. Per quanto riguarda i dati tecnici, si tratta di un dipinto ad olio su tavola, custodito al Museo del Prado di Madrid. Misura 120x150 centimetri, mentre per quanto riguarda la collocazione temporale è tuttora al vaglio dei critici. L’attribuzione a Bosch è dovuta alla firma posta in basso alla tavola. Lo stato di conservazione è piuttosto buono, sebbene si notino delle crepe, forse dovute anche a cattivi restauri, “specie in corrispondenza delle connessure tra gli elementi lignei costituenti la tavola.”213

Prima di affrontare il contenuto dell’opera, qualche considerazione merita la forma della tavola. Quest’ultima non era destinata ad essere appesa (sebbene Filippo II, re di Spagna l’avesse appeso nella sua camera da letto “come stimolo per le sue meditazioni”214

), ma ad essere un ripiano di un tavolo, ed è considerato un “ ‛unicum’ nella storia pittorica dei Paesi Bassi.”215

La fruizione avviene muovendosi circolarmente intorno alla stessa, da qualsiasi punto si voglia. Ovviamente è previsto un punto di vista principale, che è rappresentato “dalle composizioni dei quattro tondi verticali e dalle scritte”216

. In questo modo, lo spettatore compie una sorta di “percorso” intorno all’opera, creando un’interazione non

211

D.Battilotti (a cura di), Bosch cit., p. 40.

212 F. J. Sigüenza cit. in A. Breton, con la collaborazione di G. Legrand, L’arte magica cit., p. 169. 213

M. Cinotti (a cura di), L’opera completa di Bosch, Milano, Rizzoli Editore, 1966, p. 87.

214

D.Battilotti (a cura di), Bosch cit., p. 46.

215 M. Cinotti (a cura di), L’opera completa di Bosch cit., p. 87. 216

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solo visiva, ma cinetica (per quanto riguarda la lettura dell’opera), dove i limiti di inizio e di fine non sono scanditi da regole precise: “The picture, a table top, affects actively and in a variety of ways the people seated round and looking at it; it is not just ‛in a frame’”217

Fig. 1. Hieronymus Bosch, I sette peccati capitali, olio su tavola, cm 120 X 150, Museo del Prado, Madrid, 1500 circa.

L’impianto a ruota, scelto da Bosch, è una novità in pittura, che “trova riscontro in miniature e silografie medievali con le Arti liberali, i Vizi e le Virtù, e in silografie quattrocentesche coi Peccati, i Mesi, i sette giorni della Creazione”218

e si differenzia dai “tondi” italiani.

In the North, and particularly for Bosch, the circular arrangement known as the tondo held a totally different significante from the one it possessed in Italy. There its purpose was to present a collection of varying scenes, but for Bosch it is a kind of topography, not a guide to the cosmos but an aid in the differentiation and arrangement of moral dicta219.

217

C. Linfert, Hieronymus Bosch – The paintings complete edition, London, Phaidon publisher inc., 1959, p. 111.

218 M. Cinotti (a cura di), L’opera completa di Bosch cit., p. 88. 219

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Ed è nel contenuto che Bosch attua la sua rivoluzione. Egli non tratta le scene nello “stile dei ‛misteri’ medievali”220

sostituendo “alle figure allegoriche dei peccati, fino ad allora in voga, autentici squarci della vita quotidiana […]”221 Ma entriamo nello specifico della tavola. Quest’ultima è composta da cinque tondi e due cartigli, rispettivamente uno nel registro superiore e l’altro in quello inferiore. I quattro tondi rappresentano i Misteri novissimi: Giudizio finale e Paradiso (in alto e in basso a destra). Nel primo “campeggia Cristo sul globo, fra santi, apostoli e quattro angeli tubicini, mentre la scena del Giudizio è ridotta al primo stadio della resurrezione dei corpi, senza distinzione fra dannati ed eletti.”222

Nel secondo è rappresentata una cerchia “di anime sotto i portici di un chiostro, con al centro un soppalco nel cui sfondo si scorge Cristo in trono fra angeli.”223

Nella parte sinistra sono rappresentati La morte del peccatore (in alto) e l’Inferno (in basso). Nel primo è mostrata l’avidità dell’essere umano, impersonata dalla figura della donna che conta i denari lasciatigli in eredità, mentre il marito è sul letto di morte, nel secondo sono raggruppate tutte le punizioni per i vizi capitali:

[…] la composizione, si anima, articolandosi su piani paralleli rialzati, fino a sinistri bagliori degli incendi nello sfondo. […] Gli avari bollono in una caldaia; l’iracondo è trapassato dalla spada su un cavalletto; i superbi si guardano nello specchio del diavolo (il simbolo malefico del rospo s’arrampica sul ventre della donna); al goloso si dànno in pasto rospi e serpenti; il letto dei lussuriosi è assalito dai mostri; l’invidioso, sbranato dai cani; l’accidioso viene battuto sull’incudine […]224

Dal punto di vista stilistico, i tondi sono caratterizzati da “colori cupi e atonali, con schemi compositivi medievaleggianti”225

, richiamando uno stile più arcaico.

Il cartiglio, in alto e in basso, reca una scritta in caratteri gotici che può essere tradotta in questo modo. “«È un popolo privo di discernimento e di senno; o, se fossero saggi e chiaroveggenti, si occuperebbero di ciò che li aspetta […] Io nasconderò il mio volto davanti a loro, e considererò quale sarà la loro fine»”226

Una frase che si allaccia alla figura di Cristo, al centro del tondo centrale. Questo tondo ha le sembianze di un occhio. L’occhio di Dio che tutto osserva e giudica, rafforzata dalla scritta: «Attenti, attenti, Dio vede».227

L’occhio dell’Onnipotente appare rappresentato racchiuso in tre cerchi concentrici, con al centro la figura di Cristo risorto. Gli altri raffigurano la gloria divina che si irradia dall’iride, e il mondo che testimonia la follia dell’uomo228.

Nella parte esterna del cerchio sono raffigurate sette scene, che danno appunto il titolo all’opera. Ad ogni scena corrisponde un peccato capitale, riconoscibile anche dalla scritta in caratteri gotici. Il primo peccato, seguendo la prospettiva principale, è quello

220

M. Cinotti (a cura di), L’opera completa di Bosch cit., p. 88.

221 Ibidem. 222 Ivi, p. 88. 223 Ibidem. 224 Ibidem 225 Ibidem 226

S. Bruno, Bosch, cit., p. 111. L’interruzione è dovuta alla divisione tra registro superiore e inferiore.

227 D.Battilotti (a cura di), Bosch cit., p. 46. 228

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dell’Ira, giudicato il peggiore tra i sette. Già in questo Bosch si dimostra innovatore, poiché nella concezionale tradizionale il ruolo spettava alla superbia. L’ira rappresenta una lite da due ubriachi, “sullo sfondo di un ampio e plastico paesaggio campestre con fattoria”229

. Anche in questo caso Bosch gioca sul contrasto: al pacato e sereno aspetto del paesaggio corrispondono le espressioni grottesche dei due contendenti. Segue a destra la

Superbia, che rappresenta una donna di fronte uno specchio, retto da un diavolo. In questo

caso, il peccato viene associato alla vanità, ma quel che più affascina di questa scena è il richiamo ad un altro pittore fiammingo e ad un suo quadro in particolare. Si tratta del

Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434) di Jan Van Eyck. In Bosch non si ritrovano “quelle

preziosità luministiche e coloristiche”230 nell’opera di Van Eyck, in favore di un linguaggio semplice e piano. Tuttavia lo specchio che riflette il volto della donna di fronte a noi è un forte richiamo alla tavola di Van Eyck, dove lo specchio riflette l’intero ambiente. Lo stesso dicasi per la scelta della fonte luminosa, in entrambi i casi proveniente dalla finestra di sinistra. Si prosegue con la Lussuria, che rappresenta “entro una tenda semiaperta due coppie [che] si dilettano in un convito campestre, rallegrato da due buffoni: quello mascherato anticipa la tragica, maligna sguaiataggine di tutta la serie di mendicanti, buffoni e storpi che vedremo sfilare.”231

In questa scena non mancano gli elementi simbolici, come l’arpa, che posta sul terreno e quindi inutilizzata, sta “a significare la trascuratezza del Divino.”232

L’Accidia mostra “un uomo immerso in un sonno profondo, seduto accanto al fuoco, al centro della composizione; accanto a lui una Bibbia chiusa:”233

accanto all’uomo c’è una monaca, che con un rosario in mano cerca di ricordare all’uomo i suoi doveri (la donna è una chiara allegoria della Fede.) La Gola mostra due contadini che mangiano avidamente, sotto gli occhi di un bambino ben nutrito, che segue il cattivo esempio dei due uomini. Non mancano i riferimenti simbolici come un gufo dagli occhi sbarrati e una cappello forato da una freccia, che richiamano rispettivamente il peccato e l’eresia. L’Avarizia mostra un giudice pronto a farsi corrompere dalle due parti in causa, raffigurati espressivamente con il tendere la mano e lo sguardo rivolto all’accusato in segno di complicità. Infine l’Invidia raffigura “una via cittadina con il borghese che cerca di sedurre la moglie di un altro parlandole attraverso l’inferriata; il mercante che guarda di traverso il nobile col falcone in pugno, tenendo in mano un osso, concupito dal cane che pure ha già dinanzi a sé altri ossi, a loro volta desiderati da un altro cane.”234

La tavola si mostra essere così una sorta di spaccato sociale dell’epoca, cogliendo più l’aspetto quotidiano che non situazioni astratte o soprannaturali. Una scelta che si è ripercossa anche nello stile adoperato dal maestro.

229

M. Cinotti (a cura di), L’opera completa di Bosch cit., p. 88.

230 S. Bruno, Bosch, cit., p. 114. 231

M. Cinotti (a cura di), L’opera completa di Bosch cit., p. 88.

232

Ibidem.

233 S. Bruno, Bosch, cit., p. 114. 234

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Al contrario di quanto avviene nelle rappresentazioni tradizionalistiche di soggetti religiosi durante questa fase della carriera di Bosch, vediamo nei tondi che compongono il quadro una maniera più rozza e campagnola, sia nella resa delle figure, sia nell’ambientazione delle scene.235

[…] Bosch ha dipinto il mondo qual è: una situazione ben diversa rispetto alle scene religiose tradizionali. Diventa perciò comprensibile che invece delle figure allungate riservate al soprannaturale, abbia disegnato e dipinto questi soggetti in maniera più grezza, più contadina, in una parola, più evocativa della loro reale quotidianità236.

Un aspetto questo da tenere in considerazione. Un modo per non fare una morale astratta o distante dal mondo reale, ma che fosse perfettamente riscontrabile in alcuni comportamenti dell’essere umano. Ovviamente l’intento dell’opera è religioso, data la vastità di simboli che ne offrono continui richiami, e la presenza di quell’occhio al centro della tavola, che pone l’essere umano sotto la minaccia del giudizio e quindi della condanna divina. Si potrebbe affermare che questa tavola rappresenta perfettamente il clima religioso dell’epoca, dove temi come il peccato o l’eresia erano fortissimi, e la paura della dannazione eterna andava di pari passo con il timore di finire sotto la lente d’ingrandimento dell’Inquisizione. Sotto certi aspetti, la si potrebbe definire un’opera catartica, dove il contatto con i comportamenti dei rei, portava lo spettatore/fedele a redimersi, e a confidare in quel premio raffigurato dal Paradiso nel tondo in basso a destra. Molto di più che una semplice tavola, ma una riflessione sull’epoca di Bosch e, perché no, anche su quella contemporanea, per verificare attraverso il confronto in cosa la nostra società e i nostri “peccati” si differenziano da quelli dell’epoca di Bosch. Partendo proprio da questo spunto che Rafael Spregelburd ha concepito la sua Eptalogia, il cui contenuto tratteremo nel prossimo capitolo.

235 E. Larsen, Hieronymus Bosch cit., p. 30. 236

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