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4.“Ordini” e “Collage” L’esperienza palermitana.

Il 19 marzo davo notizia febbrile del lavoro romano che stava portando alla nascita della «nostra rivista», editore Luigi De Luca. Seguivano precisazioni va- rie (numero delle pagine, testi in italiano e in inglese) e minuziosi conti in me- rito alla periodicità quadrimestrale o semestrale: conti senza l’oste perché De Luca morì improvvisamente e «Ordini, Studi sulla Nuova Musica, comitato di- rettivo: Franco Evangelisti- Domenico Guaccero-Egisto Macchi- Antonino Titone», appena nata lo seguì nella tomba. Si riuscì a pubblicare solo il primo numero, datato «Luglio 1959» (ma che in effetti uscì ad agosto) sicché Nino Buttitta poté affermare: «allora ho la collezione completa».76

Le parole di Titone anticipano già quella che fu la composizione del Comitato direttivo di Ordini, Studi sulla nuova musica con Guàccero di- rettore responsabile della rivista primogenita del sodalizio e dell’approfondirsi della conoscenza dei compositori romani e palermi- tani. A causa della prematura morte dell’editore della rivista Luigi De Luca, di Ordini fu pubblicato un singolo numero che accoglie oltre i contributi dei quattro redattori anche le firme di Theodor W. Adorno e Aldo Masullo, e costituisce una finestra significativa sul dibattito e la riflessione negli anni Sessanta sulla musica contemporanea. Parallela- mente alla nascita del GUNM e precedendo di poco l’esordio delle Set-

timane Palermitane, la vicenda di Ordini è considerata il primo snodo storico dei presupposti di ciò che in seguito avrebbe dato alla luce Nuova Consonanza. Nel novembre dello stesso anno di pubblicazio- ne della rivista, il gruppo di Ordini organizza a Roma un concerto di David Tudor presso il Ridotto del Teatro Eliseo così da ampliare le premesse formulate in sede teorica. Nonostante questa manifestazio- ne fu l’unico tentativo portato a termine dal gruppo di Ordini, richia- mò l’attenzione di un pubblico vasto e manifestò l’urgenza di un post- Darmstadt italiano. A tal proposito, vale rifarsi nuovamente alla co- struzione storica della genesi dell’associazione romana fornita da Da- niela Tortora, per evidenziare il ruolo cardine di questa rivista.

Già negli ultimi mesi del 1959 il ristretto circolo di giovani compositori inte- ressati alle avanguardie sembra prendere una maggiore consistenza e a matura- re l’intenzione di fondare una associazione destinata alla promozione e alla dif- fusione della musica contemporanea a Roma. Macchi ritiene che già con «Or-

76 ANTONINO TITONE,La pipa di Honneger, in Nuova musica: le settimane internazionali di Pa-

dini», ovvero un comitato di redazione della rivista, si possa parlare di un’associazione in atto: secondo la sua testimonianza, alla rivista e ai concerti avrebbe dovuto affiancarsi la nascita di un sodalizio recante, almeno nelle in- tenzioni di Evangelisti, lo stesso nome. La dicitura «Ordini» viene tuttavia messa da parte in quanto, richiamando il titolo di una composizione di Evan- gelisti, agli altri musicisti romani appare connotare in maniera eccessivamente personale un’iniziativa che, al contrario, mira a coinvolgere una vasta moltitu- dine di indirizzi e poetiche.77

Oltre a una introduzione a cura di Domenico Guàccero, i testi in ita- liano sono curati e tradotti in inglese da Robert W.Mann e William Waever, al termine della rivista vi è un inserto a carattere informativo e due rubriche intitolate «Letture» e «Corrispondenze». Nell’inserto contenuto nella rivista vi è l’annuncio, datato aprile 1959, a chiare let- tere della costituzione ufficiale del G.U.N.M a Palermo e dei due con- certi già tenuti dal gruppo nel corso del 1959, e la previsione di un ci- clo di ulteriori dieci concerti in cui sarebbero state eseguite musiche di Schoenberg, Strawinskj, Berg, Petrassi, Nono, Dallapiccola, Stockhau- sen, Boulez insieme a numerose composizioni in prima esecuzione assoluta. Ed infine, un concerto di musica elettronica con brani di Evangelisti, Pousser, Berio, Maderna e Stockhausen. L’intenzione è dunque, già nel 1959, quella di prevedere una manifestazione di più ampia portata che lasciano pensare a una già messa in cantiere delle Settimane Palermitane. Così come afferma Daniela Tortora già ancor prima della pubblicazione di Ordini, Titone aveva discusso a Roma con Evangelisti, Macchi, Guaccero e Paris al rientro da Darmstadt, il progetto delle future Settimane Internazionali di Nuova Musica, dove sarebbero confluite le attività del GUNM, per mezzo del contributo della “trincea romana”, come naturale e diretta conseguenza. Alla re- dazione gravitarono inoltre altre figure tra artisti e musicisti, tra cui Daniele Paris già coinvolto nel GUNM in qualità di direttore del gruppo strumentale. Tra i non musicisti va ricordato Franco Nonnis, amico di Evangelisti per la pregressa e coeva esperienza di Incontri di

Fasce sonore, e pittore poliedrico che seguirà a partire dall’esperienza di

Ordini, e fin dalla Prima delle Settimane Palermitane, così come le vi-

77TORTORA, Nuova Consonanza, Trent’anni di musica contemporanea in Italia (1959-

1988), LIM Editrice, Lucca 1991, p.35

cende di Nuova Consonanza, in veste di responsabile grafico attraver- so la sua esperienza nelle arti figurative.

Il mondo contemporaneo è fondamentalmente scisso, ma allo stesso tempo tende all’integrazione. La cultura vive in sé pienamente questa dolorosa dialet- tica: ma anche essa tende a comporsi in unità. Così accade che per un artista d’oggi non basta essersi espresso; egli non può rintanarsi nel proprio hortus con-

clusus, egli deve affrontare, quanto più possibile il contatto, l’urto con altri

campi dell’esistere, con altri ordini di realtà. La musica, per un certo tempo affi- data a facili intuizionismi, non può sottrarsi a questa intersezione con altre di- scipline. Il mondo contemporaneo presenta un tipo particolare di struttura or- dinata, anche dove esso cade nell’irrazionale o nell’angoscia. Occorre dunque studiare tale struttura nei suoi vari ordini estetico, filosofico, scientifico, sociale senza perciò limitarsi entro ad una analisi pedestre e morta. Gli ordini della realtà contemporanea vanno visti nella loro vivente interrelazione. E non deve mai essere dimenticato che l’artista non è un individuo fuori dalla storia, fuori dai problemi umani del suo tempo. Questo nostro tempo di cui possiamo, tut- ti e ciascuno essere le vittime o i quotidiani costruttori e che perciò ci condi- ziona ad una scelta decisiva. L’integrazione non potrà attuarsi per miracolosa partenogenesi. Allora uno studio sugli ordini musicali non sarà soltanto un esa- me di tecniche e poetiche più o meno personali. Anche in ciò si manifesta la tendenza all’unità, all’unità tecnica e di espressione, unità di contenuti e di forme. Unità di analisi e di sintesi, unità di mondo morale e di arte. Unità non coatta, ma che salva il privilegio della individualità del dibattito, dell’opposizione78.

La prefazione di Ordini può essere interpretata come un manifesto, lì dove i suoi redattori possono essere intesi come musicisti, composito- ri, musicologi militanti, nella ferma volontà di confrontarsi ed espri- mersi per mezzo di una rivista multidisciplinare, che non si soffermi solo entro l’ambito musicale, e che faccia riferimento anche in termini sociologici rilevanti alla società contemporanea in cui l’artista vive ed è immerso. Il ruolo che avrebbe dovuto ricoprire presumibilmente

Ordini, sarebbe stato oltre ad essere luogo privilegiato di riflessioni

teoriche, di dibattito e confronto, quello di supporto alle iniziative ar- tistiche e culturali al fine divulgativo. Gli ordini della realtà a cui si fa riferimento nella prefazione avrebbero trovato una chiave di lettura significativa e unitaria all’interno della rivista che purtroppo ebbe vita brevissima. Prendendo in esame l’articolo di Macchi contenuto nella 78 DOMENICO GUACCERO, Prefazione, in «Ordini», studi sulla nuova musica, A. 1, n. 1 (lu-

rivista, già citato nel corso di questa trattazione, Produzione e consumo

della nuova musica risulta una risposta esaustiva alle tematiche cardine

richiamate in prefazione. Pur partendo da una riflessione sulla nuova musica e sulla comprensione dei suoi valori, il confronto con la rice- zione di queste nuove sonorità a partire da un riferimento esplicito sulla ricezione del nuovo fenomeno musicale da parte della società contemporanea non viene messo a tacere.

L’eredità di «Ordini» non andò dispersa, la necessità di un luogo di dibattito culturale e privilegiato venne colto immediatamente nel gen- naio-ottobre del 1962 da ben sei numeri parlati dal titolo “Collage. Dia-

loghi di cultura. Rivista mensile parlata a cura di Paolo Emilio Carapezza, Gae- tano Testa, Antonino Titone” e si avvaleva dell’appoggio editoriale di

Flaccovio. Il primo numero della ‘rivista parlata’ debuttò l’8 gennaio del 1962, nella saletta all’ammezzato della casa editrice libreria Flacco- vio di Palermo, l’incontro fu presieduto dallo stesso Salvatore Fausto Flaccovio. Rappresentava una grande scommessa per l’editore paler- mitano, che affiancandosi al circolo vivace di intellettuali, permetteva un acceso dibattito sulla situazione culturale della città dalle mostre agli eventi culturali, affrontando anche tematiche relative ai problemi sociali. L’operazione effettuata da Flaccovio attraverso il proprio sup- porto, lungi dall’escludere l’editoria aveva incentivato attraverso la neonata pratica della rivista parlata, quale aspetto assolutamente inno- vativo, nuove esperienze via via sempre più diffuse: come la poesia sonora, le audio-riviste su supporto magnetico, a dimostrazione di una progressiva stanchezza verso il supporto cartaceo e una rinnovata fiducia nei confronti della forma dialogica.79

Ciò che i suoi ideatori non si aspettarono fu l’enorme entusiasmo con la quale fu recepita l’iniziativa, che accolse il vasto consenso del suo auditorio presumibilmente proprio grazie alla scelta di ricorrere alla forma parlata, a cui soggiaceva una profonda motivazione sociale: 79Cfr. MARINA GIORDANO, “Collage”: un’esperienza di esoeditoria d’avanguardia nella

Palermo degli anni Sessanta, in Tecla temi di critica e letteratura artistica, 29 dicembre 2010,

n°2, PP.107-129.L’autrice ricostruisce nell’articolo qui citato, la storia di Collage fin dagli

albori, fornendo un’analisi dettagliata di ogni numero di questa rivista. L’articolo in questione, come specificato in nota è tratto dal cap. I del volume Palermo 60’.Arti visive:

fatti, luoghi, protagonisti, Flaccovio, Editore, Palermo,2006. della stessa autrice. In questa

sede, è divenuto uno strumento prezioso per richiamare alla memoria questa esperienza editoriale palermitana, in particolare per l’approfondimento della fase iniziale di «Collage» in forma dialogica e come analisi completa dei nove numeri della rivista.

il risveglio degli animi attraverso il dibattito e il confronto con gli altri. Il suo successo può essere imputabile ad una maggiore efficacia co- municativa, per ogni numero della rivista era prevista la seguente struttura: per il dibattito erano previsti trenta minuti, con la possibilità di avvalersi di altre forme di comunicazione come l’ascolto della mu- sica per mezzo di nastri magnetici, letture di testi poetici, visione di quadri, sculture e recitazione di testi teatrali. I redattori dispongono in totale di ottantacinque minuti di tempo per ogni numero della rivista, tutti gli articoli venivano rigidamente cronometrati e tagliati qualora sforassero il limite temporale predisposto. Notevole, l’importanza at- tribuita al ruolo del dibattito come sottolineato dallo stesso Titone:

A questo punto viene inserito il dibattito di trenta minuti in cui si cerca di lega- re redattori e pubblico nella discussione degli argomenti trattati. È l’unica parte della rivista che non viene letta, ma improvvisata. Ad essa si è voluto riservare un ampio spazio perché in un certo senso sta ad indicare lo spirito di “Colla- ge” che tende ad un incontro vivo, libero, di opinione, di convinzione, di temi da discutere, tra i redattori che assumono la veste di stimolatori e il pubblico che in un certo senso è proprio l’elemento fondamentale di “Collage”, rivista che non vorrebbe avere autori ma solo lettori. “Collage” viene chiuso infine da un notiziario breve, rapido immediato, polemico, in cui alla notizia letteraria si avvicenda il fatto di costume, la curiosità culturale, la nota politica impegnata, il puro fatto di cronaca.80

In questi termini, le pagine della rivista erano rappresentate dai minu- ti e il rigore con il quale questi venivano rispettati permetteva l’equilibrio complessivo di tutta la rivista. Circa la struttura della for- ma dialogica di Collage si espresse nel dettaglio Titone in un articolo apparso su «Il Tempo», dove spiegò anche come sopraggiunse l’idea di una rivista parlata. Parafrasando la testimonianza di Titone, l’idea iniziale elaborata una sera in compagnia di Carapezza e Testa, nasceva tra la stanchezza nei confronti dell’ambiente accademico, e la necessi- tà di fondare un club estemporaneo all’insegna del più spericolato avan-

guardismo, composto da un piccolo gruppo di amici, intellettuali in cui

si potesse ascoltare musica, recitare testi teatrali, esporre opere d’arte. Da lì all’idea del giornale parlato il passo fu breve, e la sera stessa nella casa di Titone vennero buttate giù le prime idee sul sommario, gli ar-

80 ENZO QUARANTINO,Un musicologo, uno scrittore, un pittore e Flaccovio hanno creato “Col-

lage”, una singolare nuova divista, «Il Tempo», 18 febbraio 1962, in Visione che si ebbe nel cielo di Palermo, p.265

ticoli, e il titolo del primo numero e anche chi avrebbe potuto suppor- tare questa idea: Flaccovio. Una rivista democratica, che oltre a la- sciarsi ‘leggere’ in forma completamente gratuita, abbatteva definiti- vamente con il dibattito, la quarta parete tra redattori e lettori, attra- versando le tematiche culturali e agganciandosi alle questioni sociali. Un’idea come questa non poteva non suscitare richieste di smasche- ramento circa l’orientamento politico dei suoi redattori, a cui rispose accuratamente Testa.

“Collage” non ha una tendenza ortodossamente politica. Nonostante ciò, è precisamente impegnato in una posizione umanistica che va dalla partecipa- zione ai fatti politici a quella per i fatti economici, di costume, di cultura in un senso stretto. Tale partecipazione ha come caratteristica una esigenza di de- mocratizzazione dei rapporti fra autorità sia politica, sia amministrativa, sia prettamente culturale e di cittadinanza, intendo per cittadinanza sia gli studenti e le loro esigenze, sia gli impiegati e quindi le esigenze di una certa classe di la- voratori. Ma è assurdo provocare fatti di cultura pretendendo di restare fuori da qualsiasi impegno politico. C’è piuttosto da dire che ogni tendenza politica per quanto progressista o reazionaria conduce in sé, il più delle volte elementi che si inseriscono fattivamente nelle prospettive di una società in evoluzione. In questo senso i redattori di “Collage” assumono di volta in volta un preciso impegno politico che aspira a rappresentare, ad esprimere questi elementi fat- tivi senza un’etichetta di partito.81

Il successo con il quale fu accolta l’iniziativa, spinse a spostare il se- guente numero della rivista in un’altra sede dalla Libreria Flaccovio al Salone delle Mostre del Banco di Sicilia, così che nel marzo del 1962 uno spazio più ampio del precedente accolse un numero di duecento ascoltatori, prevalentemente formato dall’ambiente universitario, oltre che da studenti e docenti, si segnala la presenza dell’antropologo Ni- no Buttitta, del musicologo Roberto Pagano, o scrittori come Michele Perriera, ma anche dall’entusiasmo della critica e della stampa cele- brando la nascita di un fenomeno avanguardista e totalmente innova- tivo a Palermo. Il sesto numero di Collage palesò stretta relazione che intercorreva fra la rivista e le Settimane Palermitane, sia per l’attenzione dimostrata per la musica d’avanguardia sia per gli stessi fondatori in comune. Fu presentato all’aula Scarlatti del Conservato- rio di Musica V. Bellini di Palermo durante la Terza Settimana Inter- nazionale di Nuova Musica, il 7 ottobre del 1962 segnando inoltre la

conclusione di «Collage» nella sua forma parlata. La conclusione della versione parlata viene associata ai costi che questa rivista non riusciva a coprire, visto che per le sue edizioni non era previsto alcun biglietto di ingresso e i testi e le registrazioni dei numeri speciali non potevano essere realizzati per lo stesso motivo.

Nel 1963, all’insegna della ricerca di una maggiore stabilità la reda- zione di «Collage» abbandonò la sua forma dialogica, trasformandosi nella sua forma scritta in diretta continuità con l’esperienza preceden- te, pubblicò altri nove numeri, con dei significativi cambiamenti e le relative precisioni al titolo della rivista: “Collage. Dialoghi di cultura. Rivi-

sta trimestrale di Nuova Musica e di Arti Visive Contemporanee” a cura di

Carapezza e Titone, con collaborazioni stabili dalle firme di D. Guac- cero e H.K. Metzger e in seguito M. Kagel e M. Bristiger; per il setto- re delle arti visive L. Alloway, M. Calvesi, M.de La Motte, M. Diaco- no, O. Hahn, J. Reichardt, V. Rubiu. I numeri furono pubblicati tra il 1963 e il 1970 a Palermo e comportarono anche un cambiamento ul- teriore: dall’editore Flaccovio a Denaro, e l’uscita dalla redazione di uno dei soci fondatori, Gaetano Testa. L’uscita di Flaccovio fu de- terminata dal fatto che lo stesso editava già un’altra rivista stampata “Sicilia” in collaborazione con l’Assessorato del Turismo e non pote- va sopperire ai costi di produzione. Fu ad ogni modo coinvolto nell’ultimo numero di dicembre del 1970 come editore. Va precisato che era già in seno alle aspettative iniziali, che avevano i redattori su

Collage, l’idea di una futura pubblicazione e ad un passaggio alla forma

stampata, non appena raggiunto in un momento di maturazione e di consolidamento dell’iniziativa, lo avevano già anticipato le parole di Titone nella sua intervista per «il Tempo» nel febbraio del 1962:

Per quanto riguarda le prospettive di “Collage”, gli elementi su cui, noi redat- tori, più puntiamo, sono anzitutto tre: 1) intervento di personalità pubblica- mente impegnate; 2) promozione di manifestazioni di largo respiro […] 3) trattazione approfondita di temi particolari cui saranno dedicati numeri specia- li. Fino a giungere alla pubblicazione vera e propria, cioè di “Collage” stampa- ti: Flaccovio, infatti, è il nostro editore nel vero senso della parola. Egli pubbli- cherà di tanto in tanto una raccolta degli interventi più significativi di due o di tre numeri della rivista, in speciali quaderni di “Collage”. Se da questo si passe-

rà poi alla pubblicazione mensile della rivista, per il momento non lo sappia- mo.82

Per questo motivo il primo numero ‘stampato’ riporta una doppia numerazione ‹n.1(7), anno 2, nuova serie›, a voler ribadire la continuità con la forma parlata antecedente, un volume di circa cento pagine dal- la copertina rosso vivo e titoli in nero fino alla sesta uscita le coperti- ne furono caratterizzate da maggiore vivacità; i saggi vennero pubbli- cati in lingua originale a due colonne con traduzione in italiano. Della grafica, dell’impaginazione e dell’ideazione delle copertine se ne occu- pò direttamente Titone, dal numero sei a seguire, le copertine come recensito da Giordano acquistarono maggiore vitalità richiamando di- rettamente le tematiche trattate e a conferma di rivista-sodalizio di arti visive e musica. Notevole ad esempio, la settima uscita della rivista dove sulla copertina sono visibili due particolari lavori di Michelange- lo Pistoletto e un particolare dalla partitura di Phasen di Roland Kayn, con relativi articoli di approfondimento all’interno del volume.

Un numero più articolato e cospicuo di intellettuali gravitò all’interno della redazione, avvalendosi anche di corrispondenti dall’estero e per conferire alla rivista un taglio internazionale i testi vennero sempre tradotti anche in inglese. Il primo numero di «Colla-

ge», a conferma della diretta filiazione e della coerenza con le promes-

se di «Ordini», vanta firme e riferimenti già presenti nella precedente esperienza editoriale, a riprova del ponte permanente tra Roma e Pa- lermo, tra le quali quella di Domenico Guaccero, designato alla reda- zione nella sezione musica; così come le pagine tratte da “Random or

not random” di Franco Evangelisti con relativa recensione a cura di Ca-

rapezza, e tra le letture l’immancabile contributo di Macchi, un artico- lo descrittivo della sua Parabola, seconda composizione per teatro su testo di Titone, seguite da alcune foto tratte dalla sua partitura.83

La rivista aveva un formato un po’ più complesso rispetto alla versione parlata, le sezioni rigidamente suddivise, ma equilibrate fra musica ed arti visive, come si evince dalla sola lettura dal sommario, comprendeva per entrambe due saggi critici e le rubriche per la sezio- ne musica Collazione, Verifica, Letture, Asterisco, e per quelle di arti visive