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Orientamenti giurisprudenziali contrastanti dopo la Sentenza

CAPITOLO II – Gli strumenti di risoluzione attualmente previst

5.5 Orientamenti giurisprudenziali contrastanti dopo la Sentenza

n. 2 del 2016 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Dopo la pronuncia dell’Adunanza Plenaria, la giurisprudenza non ha assunto una posizione uniforme.

In linea con il Consiglio di Stato si è pronunciato, sul tema della rinuncia abdicativa, il TAR Lazio, Roma, nel 2017202, fornendo risposta positiva circa la sufficienza della richiesta risarcitoria per equivalente monetario (implicante rinuncia al diritto di proprietà) per determinare il passaggio del diritto di proprietà dal privato all’amministrazione occupante.

Nel decidere un caso di occupazione illegittima da parte di un’amministrazione pubblica, i giudici del TAR romano hanno fatto riferimento, in aggiunta ai casi classici di cessazione dell’illecito permanente costantemente indicati dalla giurisprudenza amministrativa e ordinaria (fattispecie negoziali civilistiche, acquisizione coattiva ex art. 42 bis con le relative poste indennitarie e risarcitorie, restituzione del bene previa remissione in pristino stato e corresponsione del risarcimento) anche alla cd. rinuncia abdicativa insita nella semplice richiesta risarcitoria degli originari proprietari, considerandola come una nuova forma di acquisizione del diritto di proprietà delle pubbliche amministrazioni in assenza di altro titolo. Secondo tale pronuncia

202 TAR Lazio, Roma, Sez. II, sentenza 12 giugno 2017, n. 6894, in www.giustizia- amministrativa.it.

sarebbe sufficiente, ai fini del passaggio della proprietà del fondo irreversibilmente trasformato dal proprietario espropriato alla p.a. occupante, la trascrizione ex artt. 2643, comma 1203, n. 5 e 2645 c.c. dell’atto di liquidazione effettiva del danno dovuto: a supporto della propria posizione il TAR romano ha richiamato significativi precedenti che hanno, tutti, fatto riferimento alla rinuncia abdicativa ma senza spiegarne, in pratica, l’operatività204.

Con riferimento alla specifica ipotesi in cui il proprietario formuli la sola domanda di risarcimento del danno, con impliciti effetti abdicativi del diritto di proprietà, il TAR Lazio si richiama alla sentenza n. 4636 del 2016 del Consiglio di Stato, Sez. IV, in cui si specifica che stante la natura abdicativa e non traslativa dell’atto di rinuncia, il provvedimento con cui la p.a. liquida il danno costituisce un atto da trascriversi ai sensi degli artt. 2643, comma 1, n. 5 e 2645 c.c., anche al fine di conseguire gli effetti della acquisizione del diritto di proprietà in capo all’amministrazione, a far data dal negozio unilaterale di rinuncia.205 Dunque, da un lato si avrà il negozio unilaterale di rinuncia

203 Art. 2643 c.c.: “Si devono rendere pubblici col mezzo della trascrizione: […] 5) gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri precedenti […]. 204 Il TAR si richiama a Corte Cass., S.U., n. 735/2015; Cass. civ. 22096/2015; Cass. civ. 15283/2016; Cons. Stato, Ad. Plen., 2/2016; Cons. Stato, Sez. IV, 4636/2016. 205 Cons. di Stato, Sez. IV, sentenza 7 novembre 2016, n. 4636, in www.giustizia-

amministrativa.it:

“a) stante la natura abdicativa e non traslativa dell’atto di rinuncia, il provvedimento con il quale l’amministrazione procede alla effettiva liquidazione del danno - rappresentando il mancato inveramento della condizione risolutiva implicitamente apposta dal proprietario al proprio atto abdicativo che di esso rappresenta il presupposto - costituisce atto da trascriversi ai sensi degli artt. 2643, primo comma, n. 5 e 2645 cod. civ., anche al fine di conseguire gli effetti della acquisizione del diritto di proprietà in capo all’amministrazione, a far data

del privato, dall’altra l’atto di liquidazione dell’amministrazione da trascriversi presso la Conservatoria dei registri immobiliari.

Quello indicato dal TAR rappresenta quindi, a rigore, un modo di acquisto del diritto di proprietà di aree occupate e trasformate sine

titulo alternativo all’acquisizione coattiva ex art. 42 bis, all’accordo

transattivo e alla restituzione previa rimessione in pristino, soluzione perfettamente in linea con la giurisprudenza del Supremo Consesso della giustizia amministrativa.

dal negozio unilaterale di rinuncia;

b) in ordine alla determinazione del quantum del risarcimento, questo deve essere commisurato al valore venale del bene al momento in cui si perfeziona la rinuncia abdicativa del proprietario al proprio diritto reale, e, trattandosi di debito di valore, con rivalutazione ed interessi al tasso legale, da calcolarsi fino al momento dell’effettivo soddisfo, tenendo presente che in materia di occupazione acquisitiva di un terreno, il risarcimento del danno è calcolato esclusivamente sul suo valore al momento in cui si è verificata la perdita del diritto di proprietà e l’ammontare del danno deve poi essere rivalutato e devono essere corrisposti gli interessi legali semplici applicati al capitale progressivamente rivalutato, non potendo essere riconosciute ulteriori ragioni di danno (cfr. Corte europea diritti dell’uomo, sentenza 22 dicembre 2009, Guiso – Gallisay c. Italia; successivamente Cass. civ., Sez. I, sentenza 9 luglio 2014, n. 14604);

c) quanto alla determinazione del risarcimento del danno per mancato godimento del bene a cagione dell’occupazione illegittima (per il periodo antecedente al momento abdicativo del diritto di proprietà), questo può essere calcolato – ai sensi dell’art. 34, co. 4, c.p.a., in assenza di opposizione delle parti e in difetto della prova rigorosa di diversi ulteriori profili di danno – facendo applicazione, in via equitativa, dei criteri risarcitori dettati dall’art. 42-bis t.u. espr. (cfr. da ultimo sul punto Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 2016 n. 3929; 28 gennaio 2016 n. 329; 2 novembre 2011 n. 5844), e dunque in una somma pari al 5% annuo del valore del terreno;

d) non spetta, invece, in difetto di prova specifica alcuna liquidazione in misura forfettaria del danno non patrimoniale sia in quanto ciò è previsto, dall’art. 42- bis, co. 1 e 5, t.u. espr. solo per il caso di correlativa acquisizione del bene con decreto della pubblica amministrazione (e non già in presenza di un negozio abdicativo del privato), sia in quanto – con riferimento non già alla perdita del diritto di proprietà ma solo con riferimento alla compressione delle facoltà di godimento – la misura del risarcimento disposta in via equitativa è da ritenersi omnicomprensiva di ogni ulteriore posta, ivi compresi gli accessori (interessi legali e rivalutazione monetaria)”.

Favorevoli alla rinuncia abdicativa sono state anche alcune prununce della Corte di Cassazione206, che hanno evidenziato una serie di aspetti vantaggiosi per il privato espropriato dal punto di vista pratico. In primo luogo, con la rinuncia al diritto implicita nella richiesta risarcitoria si valorizza il principio di concentrazione della tutela ricavabile ex art. 111 Cost., quale corollario del principio di ragionevole durata del processo, che risulterebbe pregiudicato dalla sua segmentazione in una fase amministrativa relativa al giudizio di legittimità degli atti espropriativi e in una fase civilistica per la determinazione del quantum da corrispondere al soggetto espropriato. Inoltre, la sola tutela risarcitoria offre maggiori garanzie di compensare integralmente l’utilità del bene perduto dal privato, poiché il quantum deve essere corrisposto al soggetto leso a titolo di risarcimento danno (che è ordinariamente integrale), e non a titolo di indennizzo. Infine, poiché il risarcimento del danno è connesso alla proposizione della relativa domanda da parte del privato in giudizio, implicante rinuncia abdicativa al diritto di proprietà, è da tale momento che si verifica un debito di valore, con tutte le relative implicazioni in tema di interessi legali e rivalutazione.

206 Si fa riferimento alle recenti Cass. civ., Sez. I, sentenza 24 maggio 2018, n. 12961; Cass. civ., Sez. I, sentenza 7 marzo 2017, n. 5886; Cass. civ., S.U., sentenza 6 febbraio 2019, n. 3517, resa in materia di impugnazione di un atto di asservimento coattivo in sanatoria ex art. 42 bis T.U.E, tutte in

Questa costruzione giuridica elaborata dalle suddette Corti, però, non appare del tutto convincente a detta di chi scrive. In base ai principi generali dell’ordinamento, il passaggio del diritto di proprietà richiede quantomeno la formazione di un titolo scritto, che sia un contratto, un sentenza o un provvedimento amministrativo, ma non si vede come tale passaggio possa conseguire alla mera proposizione in giudizio di una domanda risarcitoria (che secondo l’orientamento in questione implicherebbe, a sua volta, la volontà di abdicare al diritto). Posto che il giudice ordinario, in virtù dell’art. 112 c.p.c. si pronuncia solo sulla domanda e non oltre i limiti di essa, dalla sentenza con cui questo condanni la p.a. al risarcimento del danno richiesto dal privato attore, non potrà automaticamente desumersi la volontà del privato di dismettere il proprio diritto. Questo trova conferma anche nella pluriennale giurisprudenza della Corte di Strasburgo in tema di accessione invertita, che richiede, ai fini del passaggio del diritto di proprietà dal privato alla p.a., un provvedimento ablatorio valido ed efficace, adottato nel rispetto dei requisiti previsti dalla legge, e non dei semplici comportamenti di mero fatto.

A dimostrazione del fatto, come già anticipato, che non tutta la giurisprudenza amministrativa ha seguito le orme del Consiglio di Stato in tema di rinuncia abdicativa, possiamo richiamare una recente

pronuncia del TAR Reggio Calabria207, con la quale il decidente ha radicalmente disatteso la soluzione secondo cui il ricorrente proprietario sarebbe facoltizzato a formulare una domanda di mero risarcimento del danno per equivalente (a fronte dell’irreversibile trasformazione del fondo) e contestualmente rinunciare alla proprietà del bene, abdicando al diritto, oppure a chiederne la sua restituzione. La tesi della rinuncia abdicativa implicita nella richiesta del risarcimento per equivalente monetario, per il TAR in questione, urterebbe contro un ostacolo giuridico evidente, laddove si riconnette il risarcimento del danno all’esito di un comportamento volontario posto in essere discrezionalmente dal proprietario medesimo. La rinuncia, infatti, è un negozio giuridico unilaterale il cui solo effetto è quello dismissivo del diritto di proprietà, mentre l’effetto acquisitivo da parte dell’Ente occupante è solo effetto di secondo grado. Per i giudici calabresi, è palese che non può essere ricollegato al comportamento illecito dell’amministrazione il danno da perdita della proprietà legato ad un atto meramente dismissivo, posto che difetterebbe il necessario nesso di consequenzialità diretta imposto dall’art. 1223 c.c.

Il TAR Reggio Calabria chiarisce allora, a chiari note, che la rinuncia (la cui sola natura è abdicativa) è negozio unilaterale, con effetto dismissivo automatico, che “non può far sorgere un illecito in capo al

207 TAR Calabria, Reggio Calabria, sentenza 12 maggio 2017, n. 438, in

terzo acquirente a titolo originario (Stato ex art. 827 c.c.208), né tantomeno a carico dell’ente espropriante, il cui acquisto avviene semmai in base ad un autonomo titolo provvedimentale (art. 42-bis del TUE)”. Il trasferimento della proprietà potrà aversi solo all’esito di una vicenda traslativa, che nulla ha a che vedere con l’istituto della rinuncia abdicativa.

Per cui, alla luce della ricostruzione offerta dal TAR Calabria, a fronte dell’irreversibile trasformazione del bene da parte di un’amministrazione pubblica, questa avrà unicamente l’obbligo di sanare l’illecito restituendo il terreno, previa rimessione in pristino e con corresponsione del risarcimento per il periodo di occupazione temporanea, ovvero, in via subordinata, di adottare il decreto di acquisizione ex art. 42 bis (salva sempre la possibilità di un accordo transattivo tra le parti): altre soluzioni non sono possibili.

Forti perplessità sulla rinuncia abdicativa sono state espresse recentemente anche dal TAR Calabria, Catanzaro209. La pronuncia esplicita come, in verità, l’ordinamento sovranazionale recepito dall’ordinamento italiano, anche a fronte della sopravvenuta irreversibile trasformazione del bene espropriato per effetto della realizzazione di un’opera pubblica e nonostante l’espressa domanda in

208 L’art. 827 c.c. prescrive che “I beni immobili che non sono di proprietà di alcuno spettano al patrimonio dello Stato”.

209 TAR Calabria, Catanzaro, Sez. II, sentenza 14 novembre 2016, n. 2176, in Foro amm. (II), 2016, fasc. 11, pag. 2788.

tal senso da parte del ricorrente, “esclude la possibilità di una condanna puramente risarcitoria a carico dell’amministrazione, poiché una tale pronuncia postula l’avvenuto trasferimento della proprietà del bene, per fatto illecito, dalla sfera giuridica del ricorrente, originario proprietario, a quella della PA che se ne è illecitamente impossessata”: tale esito (comunque sia ricostruito in diritto, ovvero che sia considerato come rinuncia abdicativa implicita nella domanda solo risarcitoria, ovvero come accessione invertita), per i giudici calabri è vietato del Primo Protocollo addizionale della CEDU e dalla pluriennale giurisprudenza della Corte di Strasburgo210.

Poiché, come è noto, la realizzazione dell’opera pubblica non rappresenta un impedimento alla possibilità di restituire l’area illegittimamente appresa, è necessario un passaggio intermedio211, finalizzato all’acquisto della proprietà del bene da parte dell’Ente espropriante, ossia della applicazione dell’art. 42 bis.

210 Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 3 ottobre 2012, n. 5189, in Riv. giur. ed., 2012, 5, I, pag. 1219.

211 La sentenza richiama, in motivazione, Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 12 novembre 2015, n. 5172 e sentenza 16 novembre 2007, n. 5830; TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, sentenza 28 novembre 2014, n. 2029; TAR Campania, Salerno, Sez. II, sentenza 14 gennaio 2011, n. 43, tutte in www.giustizia-amministrativa.it.

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