La pluralità di fonti regolatrici della materia della disabilità non agevola il compito dell'interprete che voglia orientarsi nell'articolata legislazione multilivello vigente.
La verifica dell'efficacia dell'attuale normativa rispetto al raggiungimento dell'obiettivo della parità di trattamento e dell'inclusione delle persone disabili passa attraverso il problema della discriminazione nei rapporti, di non semplice soluzione perché il principio di uguaglianza che si pone a base del divieto propone risposte conflittuali rispetto al principio di libertà41.
Se per eguaglianza si intende uguale garanzia di accesso e di godimento dei diritti fondamentali, ivi compresa la libertà, non esiste una vera contrapposizione tra libertà ed eguaglianza, essendo i due principi sì antinomici, ma anche complementari: una legislazione "diseguale", capace di comprendere una realtà soggettiva multiforme, contribuisce dunque alla conciliazione delle diverse istanze.
Se, quindi, nel quadro dell'uguaglianza formale, irrompe la realtà rappresentata dagli ostacoli di fatto di cui all'art. 3 Cost. "che mettono alla prova l'adeguatezza dello schema formale rispetto al risultato, non soltanto sostanziale, che si vuole realizzare"42, per la ricostruzione
del significato da attribuire al concetto di discriminazione, è opportuno, alla luce dei valori dell'uguaglianza, della libertà e dignità, individuare il punto di equilibrio tra il ripristino della parità di trattamento e le contrapposte esigenze dell'autonomia privata e del mercato43.
Quest'ultimo termine di comparazione, nel campo della tutela dei diritti dei soggetti deboli, si affievolisce non solo quando si riscontra la violazione del principio di uguaglianza, ma anche quando la condotta è discriminatoria perché lesiva della dignità o della libertà della persona, terreno sul quale non sono previsti accomodamenti o soluzioni "ragionevoli". Gli atti lesivi del principio di uguaglianza o tali da provocare un pregiudizio alla dignità e alla libertà della persona sono colpiti con rimedi repressivi e risarcitori come l'azione inibitoria e con il risarcimento del danno che la l. n°67/2006 specificamente garantisce nel caso di accertamento delle condotte discriminatorie descritte nelle disposizioni. L'ingiustificato rifiuto di un servizio, la negazione dell'accesso ad un luogo, la restrizione o la limitazione alla partecipazione ad un'attività, qualora il comportamento lesivo integri una delle fattispecie descritte nella disposizioni applicabili, legittimano il ricorso al giudice e sono sanzionati secondo modalità di tutela che rispondono ai meccanismi di reazione tipici della
responsabilità extracontrattuale: è infatti esplicitamente riconosciuta la risarcibilità del danno non patrimoniale per la cui liquidazione può tenersi conto di alcune circostanze che sono d'ausilio per il giudice che procede ad una valutazione equitativa.
41 A. Gentili, Il principio di non discriminazione, cit. 210; ID., Il principio di non discriminazione nei
rapporti civili, in questa rivista, 2009, 207 V. anche E. Navarretta, Principio di uguaglianza, principio di non discriminazione e contratto, in Riv. dir. civ., 2014, 547; B. Checchini, Eguaglianza, non discriminazione e limiti dell'autonomia privata: spunti per una riflessione, Nuova giur. civ. comm., 2012, II, 186.
42 S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., 147.
43 N. Bobbio, Eguaglianza e libertà, Torino, 1995, 38. V. le considerazioni di M.V. Ballestrero,
Eguaglianza e differenze nel diritto del lavoro. Note introduttive, in Lav. e dir., 2004, 501 ss.; G. De Simone, Dai principi alle regole. Eguaglianza e divieti di discriminazione nella disciplina dei rapporti di lavoro, Torino, 2001.
Se la discriminazione deriva da una lesione di un diritto costituzionalmente tutelato, come la dignità e la libertà, in presenza dei requisiti della serietà del pregiudizio e della gravità della lesione, il diritto al risarcimento del danno è comunque garantito dalle norme generali (applicate in questo settore soprattutto dalla giurisprudenza amministrativa) che, tuttavia, non sembrano assolvere la funzione assegnata: sotto questo profilo, si è notato che neppure la legge n°67/2006, anticipatoria di un assetto poi consacrato con la ratifica della Convenzione sulla disabilità, offre una soluzione soddisfacente ai fini della tutela dei diritti delle persone disabili contro la discriminazione.
Come può agevolmente constatarsi dall'orientamento della giurisprudenza sul tema, peraltro non particolarmente ricca di decisioni, la liquidazione del danno non patrimoniale nel campo della discriminazione delle persone con disabilità è compiuta in misura simbolica e lo
strumento risarcitorio, in contrasto con le prescrizioni comunitarie sull'efficacia, adeguatezza, dissuasività delle sanzioni, non svolge la sua funzione riparatoria e deterrente, mentre i provvedimenti che obbligano alla rimozione del comportamento discriminatorio hanno portata limitata perché l'azione in giudizio determina i suoi effetti in tempi dilatati e viene promossa ex post, per porre rimedio a situazioni e fatti già verificatisi44.
Al raggiungimento dello scopo ostano quindi due fattori: il primo è quello culturale, costituito dall'insufficiente informazione sugli strumenti giudiziari - ancorché limitati negli esiti - cui fare ricorso e dalla mancata conoscenza della possibilità di ricorrere al sostegno delle associazioni, dotate di legittimazione attiva. Il secondo è quello economico che, dal lato della persona discriminata, implica i costi di un procedimento giudiziale e, dal lato dell'autore dell'atto, soggetto pubblico o privato, impone di provvedere al ripristino della parità di trattamento - con i limiti legislativamente previsti della sproporzione degli oneri finanziari e della carenza di risorse utilizzabili - dopo l'accertamento della violazione nelle singole situazioni "svantaggiose", ma in assenza di un progetto politico e sociale diretto alla prevenzione e dotato di sufficienti risorse45.
44 Resta tuttavia soggetta a diversa valutazione l'applicazione dei suddetti principi quando sia in gioco
non tanto l'inclusione nella società e nel lavoro, quanto l'autonomia contrattuale: v. sul tema diffusamente A. Gentili, Il principio di non discriminazione, cit., 219.
45 Secondo Gorassini, l'attenzione riversata sulle barriere esterne e sull'organizzazione delle strutture
proposta dai Disability Studies, stemperando gli aspetti della menomazione e della malattia, rischia di avallare un equivoco sullo stesso concetto di disabilità, con l’effetto di allargare eccessivamente i destinatari della tutela e facendo emergere, all'opposto, disuguaglianze anche sul piano economico originate dalla difficoltà di gestire il peso dei relativi costi sociali. A. Gorassini, Persona e disabilità: i paradossi degli attuali modelli di tutela giuridica, in Tutela della persona e Disability Studies, in M.L. Chiarella - G. Cosco - A.D. Marra - B. Saccà, (a cura di), Atti del Convegno Internazionale di Reggio Calabria, 2012, 85. In particolare, sugli aspetti economici della tutela dei disabili, v. le considerazioni di M.R. Saulle, I fondamenti storici delle norme standard, in AAVV. Le norme Standard sulle pari opportunità dei disabili, a cura di M.R. Saulle, Napoli, 1997, 11.
Il primo fattore è superabile: i più recenti interventi legislativi hanno mostrato una maggiore attenzione rivolta alla persona, accreditando un modello che mira al cambiamento della percezione sociale della disabilità e offre una lettura del fenomeno in termini di tutela dei diritti umani, come pare di percepire anche dagli atti normativi emanati in campo europeo. Posto che il problema, in astratto e in prospettiva, potrebbe riguardare tutti e non solo gli individui appartenenti alla categoria o al gruppo, diviene necessario promuovere una cultura della disabilità che trasmetta la consapevolezza della "non anormalità" della persona disabile e attribuisca al concetto di diversità (incluse le differenze di genere, età, origine etnica, colore, ecc.) la connotazione positiva insita nella varietà delle caratteristiche e delle attitudini umane. A tal fine lo Stato dovrebbe essere presente nel sensibilizzare la società, fin dai primi livelli di istruzione, alla situazione della disabilità, eliminando sentimenti di mero pietismo e
incentivando la collaborazione e la partecipazione della collettività, anche nell'obiettivo di pervenire ad una situazione di "interdipendenza" soggettiva, non necessariamente
sovrapponibile, in termini di autonomia, a quella delle persone non disabili46.
Il secondo fattore suscita interesse sotto più di un profilo che ci si limita in questa sede ad accennare. Riguardo alla limitata efficacia, per le ragioni sopra esposte, della tutela giudiziaria, una parziale soluzione può ottenersi con il potenziamento delle politiche di welfare e di prevenzione. Destinare un maggior quantitativo di risorse pubbliche alla valorizzazione dell'inserimento lavorativo (settore in cui sono già stati fatti passi avanti), alla migliore accessibilità dei servizi di trasporto, a favorire la mobilità e la vita indipendente attraverso programmi diretti a facilitare anche le più semplici, ma indispensabili attività quotidiane, come la lettura delle etichette dei prodotti (non solo dei medicinali), la
partecipazione ad uno spettacolo teatrale o ad una proiezione cinematografica, consentire la visita ad un museo, con mezzi e modalità che dovrebbero essere fruibili e conosciuti da chiunque (ad es. linguaggio Braille, linguaggio dei segni, sottotitolazione) rappresenta un traguardo della società sul piano della non discriminazione cui potrebbe contribuire, sul piano della partecipazione attiva, come è stato suggerito, anche il mondo del volontariato. L'impresa è audace perché richiede un investimento finanziario tanto più lontano dal realizzarsi quanto più a lungo perdurano i periodi di crisi economica, in cui l'impegno politico viene rivolto altrove, ma il lungimirante impiego di risorse in via preventiva porterebbe ad un risparmio sociale collettivo che, nell'ottica della riduzione della povertà, trova rispondenza con l'obiettivo dell'Agenda Europea 2030 per lo sviluppo sostenibile.
46 M.R. Marella, L'integrazione sociale delle persone disabili, cit., 185 e 212, che segnala l'importanza di
Tale politica potrebbe essere sorretta, sul piano amministrativo, dalla costituzione di un'Autorità indipendente garante della disabilità dotata di autonomia organizzativa e regolamentare, di poteri sanzionatori, di conciliazione e risoluzione di conflitti che consentirebbe di soddisfare le esigenze di tutela in tempi rapidi e con costi ridotti,
contribuendo così al raggiungimento dell'integrazione in condizione di imparzialità rispetto agli interessi coinvolti47.
In questo contesto non sarebbe da escludere, ai fini della concreta attuazione dei diritti proclamati a livello di principio, una razionalizzazione delle regole disseminate nelle varie leggi sul piano interno ed europeo in un unico testo normativo: la pluralità di fonti non agevola il lavoro dell'interprete nell'individuazione della disciplina applicabile e delle appropriate misure di tutela e ancor più scoraggia la reazione individuale alla violazione dei diritti lesi.
47 La figura del Garante attualmente è prevista con limitati poteri di intervento a livello locale in
alcune Regioni, mentre è tuttora pendente in Parlamento un disegno di legge (n°804/2013 (XVII legislatura) al quale non risulta che al momento sia stato dato più impulso.