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Gli ostacoli all’integrazione

di Vera Lomazzi

5. Il caso della Scuola B: integrazione come cura delle relazioni nella comunità locale

5.4 Gli ostacoli all’integrazione

Nonostante le condizioni favorevoli all’integrazione degli stranieri, evi-denziate nel corso dell’analisi, nel periodo dello studio di caso la scuola ha registrato delle contestazioni da parte di alcuni genitori italiani proprio in merito alle attività di educazione interculturale, che vengono considerate dai genitori italiani della scuola dell’infanzia di Cogno un indizio che con-corre a definire il quadro di una “discriminazione al contrario”, “una poli-tica di privilegio verso gli extracomunitari”63. Simili argomentazioni han-no portato a esprimere dissenso anche fra genitori di altri plessi dell’istituto64. Sebbene solitamente le ricerche non prendano in considera-zione i genitori come protagonisti nel contesto scolastico, gli intervistati ri-tengono invece che la famiglia rivesta un ruolo primario nel determinare il benessere scolastico degli alunni e la loro propensione all’integrazione. Si ritiene, quindi, che una posizione dei genitori oppositiva alla scuola e all’integrazione possa generare negli alunni malessere e difficoltà nelle

re-63 Le parole sono quelle espresse dai genitori in una lettera rivolta alla dirigente dell’istituto nel giugno 2012 e raccolta anche nel materiale dello studio di caso. Conferma della situazione di ten-sione viene data anche dalle parole di un intervistato, che descrive i motivi di tenten-sione: “c’è un gruppo di genitori che ancora fa fatica ad accettare le situazioni in cui la scuola si trova e pensano che il paese arriverà a trovarsi completamente nelle mani degli stranieri e che ormai tutti gli al-loggi siano nelle loro mani. (…) Alcune mamme non escono da sole e vanno in giro con il velo e quindi non c’è possibilità di incontrarle fuori, in questo paese poi il 20% della popolazione è stra-niero e c’è una crisi lavorativa quindi c’è molta tensione. I genitori italiani pensavano poi che i bambini, per via delle varie attività per i bambini stranieri, siano svantaggiati” (Genitore, intervi-sta 3).

64 Prima della lettera inviata dai genitori della scuola dell’infanzia di Cogno, infatti, un insegnante aveva parlato in un fuori intervista di proteste orali sugli stessi temi rivolte da genitori della scuo-la primaria di Piamborno alle insegnanti.

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lazioni interetniche,con evidenti ricadute tanto sul clima generale quanto in modo più diretto anche sull’apprendimento.

Il primo luogo dove si dovrebbe sperimentare l’integrazione dovrebbe essere la famiglia, mentre in molti casi la famiglia è proprio il luogo dove si cerca di salvaguardare l’identità. (Dirigente)

Durante il giorno cerchiamo di fare di tutto al meglio, ma poi bisogne-rebbe abolire tutti i pregiudizi e stereotipi che esistono nei confronti degli immigrati. I ragazzi si comportano in un determinato modo per-ché assorbono ciò che dicono o dimostrano i genitori. È chiaro che se i ragazzi sentono dire ininterrottamente affermazioni negative sui ra-gazzi stranieri questi non possono risultare indifferenti. La scuola fa tanto e aiuta i ragazzi a superare questi pregiudizi e accettarsi anche se purtroppo non abbiamo modi di relazionarci anche con le famiglie. (In-segnante scuola secondaria primo grado, intervista 11).

All’interno della scuola, una questione cruciale, secondo gli intervistati, è quella di una non completa condivisione del modello d’integrazione tra i docenti. Sebbene in termini formali la condivisione del modello per l’integrazione degli alunni stranieri sia abbastanza scontata, si rileva che non tutti i docenti operano di fattoin accordo con esso.

Ogni docente è una persona a sé, quindi vediamo quelli che sono un pochino più sensibili e quelli che assolutamente reputano che bisogna trattarli tutti (gli studenti) allo stesso modo e quindi le regole che val-gono per gli italiani devono valere in modo uguale anche per gli stra-nieri (Insegnante distaccata sul CTI).

In particolare, come emerso anche in altre ricerche65, sono gli alunni più fragili su cui si catalizza il fastidio di alcuni docenti.

C’è il ragazzino tranquillo, bravo, integrato, non disturba, non aggredi-sce, allora non ci sono problemi di sorta. I problemi emergono quando il ragazzino straniero mette in atto delle modalità di comunicazione e di comportamento che spiazzano e allora i fenomeni di colpevolizza-zione assumono delle connotazioni di tipo etnico. (Dirigente)

65 Si veda per esempio: Maggioni, Vincenti (2007), dove si evidenzia un duplice atteggiamento degli insegnanti, che da un lato negano l’alterità, ma dall’altro assimilano gli studenti migliori e rifiutano chi fa più fatica.

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In un caso, riferito da un’insegnante, i colleghi hanno contribuito a so-stenere la polemica di alcuni alunni e genitori verso un ragazzino stra-niero, certificato dalla Asl per un disturbo del comportamento, ma considerato da molti un fannullone per “indole di razza”, rivelando, sot-to la superficiale accettazione, una distanza sociale non indifferente, ol-tre che una tendenza alla “etnicizzazione dei rapporti sociali” che non aiuta di certo il processo di integrazione nelle realtà multietniche66.

Anche insegnanti sensibili, inoltre, “molte volte pongono i problemi, poi però quando c’è da fare la formazione non la fanno” (insegnante di-staccata sul CTI) , probabilmente a causa della fatica ulteriore che questa comporta. In definitiva, l’idea di scuola che esprimono “molti docenti è che i bambini debbano stare lì e il loro compito sia quello di ascoltarti, avere rispetto di te e imparare. Questo è un modo di pensare che è diffuso nel 40-50% dei docenti” (Dirigente).

Alla luce di queste considerazioni appare rilevante il fatto che il conte-sto esterno alla scuola esprima un modello d’integrazione finalizzato all’assimilazione dei residenti stranieri, piuttosto che allo scambio inter-culturale. Questa mentalità non può che penetrare nel contesto relazionale scolastico, attraverso stereotipi e luoghi comuni, veicolati da genitori e in-segnanti, generando discontinuità contraddizioni e tensioni nell’azione della scuola. Un esempio di questa mentalità è rintracciabile nella lettera dei genitori di Cogno alla dirigente, dove si sostiene: “se proprio dobbia-mo promuovere qualcosa, promuoviadobbia-mo la nostra cultura, le nostre usan-ze e aiutiamo chi ha scelto di venire in Italia a diventare italiano”67.

Non da ultimo vi è anche l’atteggiamento vittimistico di alcune fami-glie straniere che può essere d’ostacolo all’integrazione.

È certo che molti alunni stranieri si sentano vittime, cioè vivano il fatto che magari i compagni facciano una battuta come un elemento di di-scriminazione. (Dirigente)

Molti genitori non riescono ad accettare che il figlio possa avere dei problemi oppure che debba essere curato, spesso per la paura di essere discriminati. (Genitore straniero, professione mediatore culturale, in-tervista 9)

66 Per approfondire si veda Peano Cavasola, 2012. L’insegnante a cui si fa riferimento (intervista 11) conferma di fatto una tendenza, già rilevata dalle ricerche sociologiche sulla scuola, a espri-mere atteggiamenti razzisti in contesti scolastici “difficili”. Si veda: Serpieri, 2011.

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Ovviamente il problema avviene tra i nuovi arrivi, quando un bambino ad esempio cade o si fa male, il genitore straniero viene spesso a scuola a chiedere spiegazioni per paura di essere discriminato. (Insegnante scuola infanzia, intervista 3)