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2 I LIMITI DELL’ANALISI DI BILANCIO

3.4 OUTSOURCING: UN’INVERSIONE DI TENDENZA

Secondo le teorie a base della new economy, ogni attività che non rientra nel core business deve essere portata fuori dell’azienda quando, dopo un attento esame del rapporto costi/benefici, risulta che l’esternalizzazione è in grado di farlo diminuire. I benefici relativi ad un’operazione del genere derivano innanzitutto dal risparmio di costi per impianti, attrezzature e manodopera relativi all’attività, in aggiunta ad una fornitura che , proprio perché affidata a specialisti esterni, dovrebbe presentare caratteristiche qualitative elevate ed accrescere così il valore del rapporto suddetto. Inoltre “ci sono

altri motivi che spingono all’outsourcing:”90

tra questi la possibilità di disporre di una liquidità maggiore da reinvestire nel core business, minori problemi di gestione del personale ma soprattutto “la possibilità di localizzare all’estero la manodopera, per usufruire così dei minori costi”91, in mercati dove sia il lavoro che l’ambiente risultano

meno tutelati. Un altro fattore determinante per la scelta dell’outsourcing è la maggiore flessibilità, fattore che risulta determinante nell’affrontare contesti competitivi mutevoli

dove il ciclo di vita del prodotto risulta sempre più breve. L’attività che di solito viene trasferita all’esterno presenta un grado di rischio molto

basso, e ,al contrario, se ne mantiene il controllo quando, anche se non direttamente

connessa al core business, presenta una rischiosità elevata riguardo la sua realizzazione. Per la decisione definitiva riguardo l’esternalizzazione di un’attività è necessario

considerarne i costi e confrontarli con quelli della soluzione interna, non solo riguardo al contratto di fornitura, ma anche alle persone coinvolte, ai tempi, e alla gestione “per valutare se il ricorso all’outsourcing non si rilevi, piuttosto che un risparmio, un aumento delle spese.”92

E’ da sottolineare che comunque un’operazione di outsourcing è oggettivamente

conveniente se sul mercato esiste un provider “in grado di assicurare forniture a prezzi più bassi e con un livello di qualità uguale o superiore rispetto a quanto realizzato all’intero.”93

Solitamente un processo di esternalizzazione riguarda le aree che supportano l’attività aziendale, i servizi e la tecnostruttura anche se negli anni

l’outsourcing ha raggiunto livelli sempre più vicini al core business. Fondamentale in questa situazione è la fiducia che il committente ha del proprio provider, poiché oltre alla produzione gli trasferisce informazioni importanti quali, ad esempio, le modalità di svolgimento dei processi interni “Il contratto ha tanto più successo quanto il

committente si rivolge all’outsourcer per instaurare un rapporto di partnership fino ad ottenere relazioni di comakership”.94

Il provider si configura come uno specialista ed in teoria dovrebbe offrire soluzioni

migliori rispetto a quelle praticabili dall’azienda anche se, almeno nelle fasi iniziali del

90

Ventricelli G., “Outsourcing. Conviene davvero esternalizzare?”, Milano, Etas, 2004, p. 4. 91 Ibidem.

92 Ivi, p. 19. 93 Ivi, p. 20. 94 Ivi, p. 35.

rapporto, dovrà integrare le risorse del committente con la propria realtà organizzativa. Quindi chi ricorre all’outsourcing risparmierà si sui costi di gestione, ma dovrà

affrontare “un probabile rallentamento della propria attività e un dilatarsi dei tempi nel raggiungimento dei risulatati”.95

In teoria poi l’outsourcer dovrà investire sulla formazione dei propri dipendenti e sulle

tecnologie per svolgere la propria attività, ma siamo sicuri che questo avvenga? E’ possibile che questo decida di vendere al proprio cliente ciò che ritiene più

vantaggioso, risparmiando magari sulla formazione dei dipendenti e

sull’implementazione di idonee tecnologie. E poi chi garantirà al committente che il personale utilizzato dal provider, magari assunto con contratto di lavoro flessibile e a

termine, sia realmente motivato e competente per la mansione svolta? Sembra che la teoria dell’outsourcer più efficiente possa essere messa in dubbio. Molto

probabilmente l’unica motivazione accettabile alla base di una politica di outsourcing è

quella dell’abbattimento dei costi fissi, in particolare quello del personale. La dipendenza dall’outsourcing può essere inoltre pericolosa se il fornitore è l’unico

presente sul mercato: questo godrà di un elevato potere contrattuale, tanto maggiore quanto l’attività risulterà personalizzata ai bisogni del cliente. “Nel momento in cui l’azienda indebolisce le proprie competenze, perché demandate all’esterno, potrebbe incontrare grossi problemi a trovare un nuovo fornitore o a ritornare sui proprio passi.”96

Sarà poi difficoltoso effettuare un controllo di qualità dato che solitamente vengono

esternalizzati processi che non sono noti o per i quali non si hanno le idonee competenze. Il risultato potrebbe essere un servizio con qualità inferiore rispetto a quello precedentemente realizzato internamente, il tutto nel nome di un ipotetico risparmio sui costi. Chi si avvale dell’outsourcing per realizzare manufatti dovrà stabilire dettagliatamente i termini del contratto, i requisiti del prodotto ed effettuare periodici controlli. Tutte attività che comunque prevedono il sostenimento di ulteriori costi. Inoltre, se non si instaura un rapporto di collaborazione esclusiva, c’è il rischio che i concorrenti diretti entrino in contatto con le linee strategiche, i processi o know how dell’azienda committente, con il rischio emulazione delle fonti di vantaggio

competitivo.

95 Ivi, p. 63.

La possibilità di tornare indietro presenta comunque delle difficoltà, dovute soprattutto “al fatto che l’azienda si priva completamente della propria struttura organizzativa e…perde completamente la conoscenza e l’esperienza sul processo esternalizzato.”97

Per ricostruire ciò che era stato dismesso è necessario percorrere all’indietro al strada dell’esternalizzazione, procurandosi la liquidità necessaria per investire sulle strutture e sulle risorse umane . Tutto questo può essere giustificato dalla volontà di riportare in azienda attività che hanno un nuovo valore, attività divenute fondamentali per la sopravvivenza e il raggiungimento del vantaggio competitivo, per le quali supervisione e un controllo sono divenute così importanti tali da non poter essere demandate a terzi. Il comportamento della 2C è oggi perfettamente in linea con quanto appena affermato circa i dubbi relativi alla reale convenienza ed efficienza dell’outsourcing, tanto che ha da poco intrapreso una strada che ha l’obiettivo di riportare in azienda tutte le fasi del processo produttivo, fasi sulle quali si è resa conto è indispensabile, per vari motivi,

avere il controllo. ”E’ difficile avere la certezza della bontà delle scelte effettuate, scelte che spesso

derivano da un punto di vista personale e non è detto che riflettano le vere esigenze del mercato. Abbiamo scelto di riportare tutte le fasi del processo produttivo all’interno dell’azienda non tanto per una mancanza di fiducia verso i nostri partner e neanche per

un motivo strettamente qualitativo. La motivazione principale della nostra scelta è sicuramente dettata dalle difficoltà con

cui le piccole aziende devono confrontarsi, difficoltà intese in questo caso come forza contrattuale e grandezza della commessa richiesta. Spesso quindi ci trovavamo di fronte a fornitori che richiedevano per le loro prestazioni un costo per noi troppo elevato che faceva abbassare drasticamente la marginalità del prodotto finito. E’ stata quindi una scelta per aumentare la nostra competitività sul mercato perché, nonostante gli investimenti da effettuare per dotarsi di impianti idonei e di nuova manodopera, crediamo che nel medio-lungo periodo riusciremo ad operare su degli ottimi livelli di efficienza”.

97 Ivi, p. 87.

3.5 IL RISCHIO DI MERCATO: ECCESSIVA DIPENDENZA DA UN PICCOLO