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overbooking e truffa contrattuale

LA TUTELA DEL PASSEGGERO CONSUMATORE

4.3 overbooking e truffa contrattuale

Appare opportuno compiere una breve digressione, alla luce dei sempre più frequenti tentativi, operati per lo più dalla giurisprudenza, ed osteggiati dalla dottrina penalistica maggioritaria, tesi a sovrapporre il dolo-vizio della volontà civilistico con la truffa contrattuale ex art. 640 c.p..

L’operazione trae spesso giustificazione dalla volontà di coprire un’area di impunità, all’interno dei comportamenti menzogneri, nonché di rispondere ad istanze volte a sopperire a (presunte) lacune di tutela in sede civile335. Ecco allora che la

giurisprudenza tenta di forzare il dettato normativo, e reinterpretarlo, al fine di “allargare la fattispecie di truffa soprattutto nel campo della truffa contrattuale”336.

Una tale operazione logico-giuridica incontra però l’opposizione della dottrina, che sostiene che, in tal modo, non solo si estende il significato di una norma che, in quanto penale, è di per sé tassativa e, quindi, non suscettibile di siffatte interpretazioni, ma si sposta il bene tutelato, dal patrimonio alla libertà di contrarre che, se sul piano civilistico incontra la tutela sia dell’art. 1337 c.c., sia degli artt. 1439 e 1440 c.c., sul piano penalistico non è oggetto di tutela, poiché l’art. 640 c.p. ha come interesse il patrimonio, e non la libera determinazione dei contraenti.337

334 DI RAIMO R., Note minime sulle implicazioni sostanziali dell’art. 14 della dir. 2005/29/CE: a margine di una

proposta per il suo recepimento, in Contratto e impresa/Europa, n. 01/07, pag. 94

335 Nel caso di specie il citato DEIANA M. prospetta un eventuale ricorso alla fattispecie penalistica

proprio per porre un freno ad un comportamento scorretto, per cui l’ordinamento privatistico non è in grado (o meglio non parrebbe esserlo) di sviluppare forme di tutela che fungano da meccanismi deterrenti dall’uso di determinate pratiche commerciali illecite.

336 BICO F. – GUZZONI B., La truffa contrattuale, Giappichelli, 2003, pag. 155

337 SAMMARCO G., La truffa contrattuale, Giuffrè, 1998, pag. 116: “La necessità di salvaguardare la libertà

delle determinazioni che animano i rapporti economici e di garantire l’integrità e lo sviluppo del traffico giuridico non può quindi costituire motivo sufficiente per superare disinvoltamente, attraverso una sorta di incontrollata reazione al dilagare di un fenomeno siffatto, le barriere poste dalla proposizione legislativa al riguardo. Ma, al contrario, nel valutare la portata penalistica di quelle condotte che direttamente ineriscono al rapporto negoziale, sempre più urgente appare l’opportunità di distinguere, in aderenza con l’effettiva portata della disposizione codicistica, la rilevanza concreta di quelle manifestazioni che influendo negativamente sulle regole predisposte dai privati realizzino compiutamente gli elementi strutturali del reato, da quegli altri comportamenti invece, che pur

La condotta richiesta dall’art. 640 c.p., letta alla stregua del principio di tassatività del diritto penale, ha in sé delle caratteristiche tipiche, che limitano il concretarsi dell’elemento oggettivo della fattispecie solo a talune condotte ingannatorie, fatte di avvolgimenti dell’altrui psiche, fornite di peculiari modalità di esecuzione (gli artifici, appunto), alla luce delle quali deve essere valutata anche la condotta omissiva.

Al di là delle diverse determinazioni di gran parte della giurisprudenza, che sempre più tende ad accostare la condotta civilistica del raggiro-vizio della volontà338 (intesa

peraltro nella sua recente interpretazione estensiva339) a quella della truffa, una tale

operazione appare irrispettosa di quella natura di extrema ratio che è propria della norma penale, e “rivolta a spersonalizzare il reato attraverso una sorta di volgarizzazione dei vari requisiti, ora svalutando il significato della condotta, con il considerare, tra l’altro, rilevante qualsiasi comportamento menzognero produttivo di danno patrimoniale attraverso il necessario tramite dell’errore del soggetto passivo, ora diluendo inspiegabilmente il concetto di profitto ingiusto e riducendolo a nozione <<quasi inafferrabile>> (Marini, Profili della truffa nell’ordinamento penale italiano, pag. 67), ora infine soggettivizzando a dismisura la nozione del danno attraverso l’applicazione di criteri estensivi dell’ambito di operatività della norma, volti cioè a tutelare in ogni modo la libera disposizione del proprio patrimonio”340

delineandosi come violazioni di un medesimo imperativo di buona fede, non rientrano in nessun modo tra gli schemi previsti dalla figura di truffa”

338 BICO F. – GUZZONI B., La truffa contrattuale, Giappichelli, 2003, pag. 155: “ci si riferisce non solo agli

indirizzi giurisprudenziali che mirano ad estendere il concetto di artifizi e raggiri mediante una ricostruzione in senso causale del reato de quo (ritenendo cioè la sussistenza di artifizi e raggiri idonei ogniqualvolta si sia, in concreto, verificato un errore da parte del soggetto passivo), ma altresì alle tendenze giurisprudenziali che danno rilevanza al silenzio e alla nuda menzogna ai fini della configurabilità del reato di truffa” ed ancora “Altra parte della giurisprudenza, secondo una tendenza ricostruttiva incline a configurare gli artifici ed i raggiri in maniera alquanto lata, ha finito, invece, per considerare tali qualsiasi espediente utilizzato per indurre altri in errore, inclusa la semplice menzogna. (…) un simile indirizzo applicativo viene contestato in dottrina da FIANDACA – MUSCO, Diritto Penale, parte speciale. Volume II, pag. 138, in quanto estende i confini della punibilità della truffa oltre ogni ragionevole limite, mentre, in coerenza con la concezione del diritto penale come extrema ratio, la fattispecie in esame non può essere invocata per reprimere qualsivoglia menzogna (…) La giurisprudenza è orientata ad ammettere la possibilità che il reato di truffa venga realizzato anche attraverso un comportamento omissivo; generalmente a tal fine si richiede l’esistenza di un obbligo giuridico, in capo al soggetto attivo, di rivelare le circostanze taciute” FANELLI A., Dei delitti contro il patrimonio mediante frode, in I delitti contro il patrimonio. Volume XI, in Codice Penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, a cura di LATTANZI G. - LUPO E., Giuffrè, 2000, pag. 273 -275. IBIDEM per una rassegna di sentenze in tal senso, nonché in SAMMARCO G., La truffa contrattuale, Giuffrè, 1998, pag.126-127

339 In completa inversione di tendenza, in tempi risalenti era invece la dottrina civilistica a restringere il

concetto di dolo-raggiro per modellarlo sui criteri di condotta penalmente rilevante. Del resto, la tematiche della linea di confine tra truffa civile e truffa penale ha coinvolto i giuristi sin dall’ottocento.

In realtà, la tipicità della condotta penalistica non può essere superata da accostamenti con gli obblighi informativi,341 che hanno in sede civile il loro preciso riferimento

normativo nell’art. 1337 c.c., ma, invece, non albergano nella lettera dell’art. 640 c.p.. Ciò ancor più se si osserva il dato letterale della norma, che non parla – come per altri reati invece ha fatto (falsità in scrittura privata etc..) – di semplice menzogna, ma cerca una perifrasi che esprima il quid di attività ingannatoria richiesto dalla fattispecie.342

Pertanto, pur dando atto dell’esistenza, in seno alla giurisprudenza di una tendenziale volontà di allargamento della fattispecie penalistica, e di sovrapposizione con l’istituto civilistico in esame (il dolo – vizio della volontà), non si può non rilevare come codeste istanze appaiano mosse, sì, da un desiderio di accrescimento della tutela, ma non conformi al dettato normativo.

A medesima conclusione si deve quindi giungere nell’analisi del caso dell’overbooking; indubbiamente, un risvolto penalistico343 avrebbe un certo effetto deterrente, ma non

può non rilevarsi che si tratterebbe di una forzatura della lettera della legge “al fine di

341 “… il silenzio di per sé non varrebbe mai ad integrare il reato di truffa, perché l’equiparazione

dell’omettere all’agire è in linea generale esclusa proprio rispetto ai reati di evento a forma vincolata come la truffa (nello stesso senso Mantovani, diritto. P.s., patrimonio, 161 s.): infatti artifici e raggiri, se interpretati rigorosamente, implicano un attivarsi diretto ad ingannare la vittima che risulta difficilmente compatibile con un contegno di passività” FANELLI A., Dei delitti contro il patrimonio mediante frode, in I delitti contro il patrimonio. Volume XI, in Codice Penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, a cura di LATTANZI G. - LUPO E., Giuffrè, 2000, pag. 275-276

Analoga posizione, contraria all’integrazione del reato attraverso il semplice silenzio si rinviene in Marini, Profili della truffa nell’ordinamento penale italiano, pag. 69: “per quanti sforzi logici si facciano crediamo che gli artifici o raggiri non possono ragionevolmente ritenersi concretati dalla mera violazione di un obbligo specifico di dire il vero (o di astenersi dal dire il falso o dal tacere quel che si sa) o dall’interferire, con il proprio comportamento menzognero, nella sfera giuridica altrui (cd. menzogna espressiva)”

Ed ancora SAMMARCO G., La truffa contrattuale, Giuffrè, 1998, pag.184: “non sembra in linea di massima possibile far rientrare nell’ambito dei moduli causativi punibili quelle attività che operando per il tramite di affermazioni mendaci, si esauriscono nella mera violazione di un obbligo specifico di dire il vero” ed a pag. 188: “… la particolare natura della condotta punibile delineata dal legislatore e le note tipicizzazioni di essa, impediscono di qualificare negativamente ai fini della truffa il comportamento meramente menzognero, cioè il fatto del reo che consiste nell’avanzare un’affermazione mendace, essendo invece necessario, quanto meno, che vi persista ed anche senza darne prova, che respinga gli eventuali dubbi avanzati da controparte”

342 CARACCIOLI, Reati di mendacio e valutazione, pag. 111: “se il codice avesse voluto punire anche la

menzogna pura e semplice non avrebbe sentito la necessità di ricorrere a formule più ricercate come queste, bastava che avesse parlato di fatti falsi (usando un espressione del tipo <<chiunque falsamente affermando>>”

343 Il ricorso a fattispecie penalistiche come misura punitiva e deterrente dell’overbooking è stato attuato in

Belgio, dove accanto alla sanzione amministrativa, comminata dall’Organismo di Controllo nazionale (NEB), si sovrappone anche la sanzione penale. Sul punto si veda il citato rapporto della Commissione Europea in esecuzione dell’art. 17 Reg. 261/04/CE – cap. 2 della presente trattazione.

far rientrare nella previsione normativa quelle situazioni che viceversa ne sono state escluse”.344

Negando, quindi, validità al ricorso a rimedi penalistici, ancor più si ritiene opportuno sottolineare l’efficacia, anche deterrente, di una tutela risarcitoria nei termini su descritti, ossia andando a colpire l’ingannevolezza dell’informazioni in ordine all’effettiva prestazione dedotta in contratto.

E’pur vero che il vettore potrebbe decidere (non di non fare uso della pratica dell’overbooking, ma semplicemente) di apporre una clausola chiara in tal senso, intervenendo così sulla determinazione dell’oggetto del contratto, ma evitando di incorrere nella descritta responsabilità precontrattuale.

Potrebbe ritenersi, in tal caso, che il passeggero finirebbe per trovarsi in una posizione deteriore, atteso che il vettore continuerebbe a far uso, in modo lecito, della pratica in questione, e che, inoltre, in caso di effettivo verificarsi del diniego d’imbarco, non si potrebbe più parlare di risarcimento del danno, ma di un mero “indennizzo” (cosa che, in dottrina, invero è già stata prospettata nell’attuale situazione), che non preveda più risarcimenti e responsabilità, ma reciproche assunzioni del rischio, ammortizzate dall’esistenza di somme compensatorie.