L A REGOLAMENTAZIONE DEL LE EMISSIONI IN ATMO SFERA ALLA LUCE DELLE PARTE V, TITOLO I, DEL D LGS 152/
2.1 P REVENZIONE E LIMITAZIONE DELLE EM ISSIONI IN ATMOSFERA DI IMPIANT I E ATTIVITÀ
A cinque anni di distanza dalla prima stesura della Parte V del d.lgs. 152/06, “Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera”, la materia delle cosiddette “emissioni in atmosfera” ha subìto un’importante evoluzione complessiva. È stato definito nuovamente il campo di applicazione della disciplina, introducendo la nuova definizione di “stabilimento” e riorganizzando in tal modo il regime autorizzatorio delle emissioni in atmosfera, sono state rimodulate le scadenze per la richiesta di nuove autorizzazioni rispetto a quelle già in essere e sono state integrate importanti definizioni già esistenti nella prima stesura della Parte V del d.lgs. 152/06.
La versione vigente della Parte V del d.lgs. 152/06, dopo le ultime modifiche introdotte dal d.lgs. 128/10, continua ad essere strutturata come nell’edizione originaria del 2006: Titolo I, Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti ed attività ( dall’art. 267 all’art. 281); Titolo II, Impianti termici civili (dall’art. 282 all’art. 290); Titolo III, Combustibili (dall’art. 291 all’art. 298).
L’articolato normativo è integrato da dieci allegati tecnici, anch’essi parzialmente modificati, e derivati dalla normativa previgente, abrogata dal d.lgs. 152/06.
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Il Titolo I rappresenta l’evoluzione del D.P.R. 203/88 ed è quello in cui si esplica il maggior potere dell’autorità competente nella concessione delle autorizzazioni e nella fissazione di limiti e prescrizioni specifiche per stabilimenti, impianti o attività.
In linea del tutto generale, nonostante le modifiche ed integrazioni apportate nel corso degli anni alla Parte V del Testo Unico dell’ambiente, si può affermare che, come sostenuto da numerosi esperti del settore, tra cui Sillani, la lettura del testo novellato della Parte V, all’indomani delle integrazioni e modifiche introdotte dal d.lgs. 128/10, appare ancora complicata, rendendo necessario, di fatto, un esame contestuale di più articoli per arrivare ad una comprensione lineare ed esaustiva degli specifici argomenti trattati46.
La Parte V, fin dalla prima stesura del 2006, continua ad applicarsi agli impianti ed alle attività che producono emissioni in atmosfera.
Per meglio comprendere l’evoluzione apportata alla Parte V del Titolo I del Testo Unico ambientale, l’argomento verrà affrontato confrontando la versione storica del d.lgs. 152/06 con la versione vigente, così come risultante dalle modifiche apportate dal d.lgs. 128/10.
Nello specifico, l’art. 267, comma 1, nella versione del 2006, rimasto peraltro immutato con il d.lgs. 128/10, stabilisce che il Titolo I, ai fini della prevenzione e della limitazione dell’inquinamento atmosferico, si applica agli impianti, inclusi gli impianti termici non disciplinati al titolo II, ed alle attività che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori-limite.
L’ambito di applicazione del Titolo I, nella sua versione originaria, va quindi rivolto a tutti gli impianti e a tutte le attività che generano
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Così Sillani in S. Maglia, G. Galotto, A. Sillani, Il Testo Unico Ambientale, Ed. Irnerio, 2011, p. 79.
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emissioni, eccetto, ai sensi del comma 2 dell’art. 267, gli impianti per l’incenerimento e coincenerimento dei rifiuti, disciplinati dal d.lgs. 133/05, e, ai sensi del comma 3, gli impianti sottoposti ad Autorizzazione integrata ambientale, per i quali resta fermo quanto previsto dal d.lgs. 59/05; per tali impianti l’Autorizzazione integrata ambientale sostituisce l’autorizzazione alle emissioni prevista dal Titolo I.
Il d.lgs. 128/10 modifica integralmente il comma 2 dell’art. 267, includendo nel campo di applicazione anche gli impianti di incenerimento e coincenerimento. Tale comma precisa che, per gli impianti di incenerimento e coincenerimento e per gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti, i valori limite di emissione e le altre prescrizioni sono stabiliti nell’autorizzazione di cui all’art. 208, cioè l’Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.
Infine lo stesso comma aggiunge che, per gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti, i valori limite e le prescrizioni sono stabiliti sulla base delle disposizioni contenute nell’art. 270 (Convogliamento delle emissioni) e nell’art. 271 (Valori limite di emissione e prescrizioni) della Parte V, Titolo I del d.lgs. 152/06 novellato dal d.lgs. 128/10.
Anche il comma 3 dello stesso art. 267 è stato modificato integralmente dal d.lgs. 128/10. Tale comma precisa che per gli impianti sottoposti ad Autorizzazione integrata ambientale si applica quanto previsto dal Titolo III bis della Parte II del presente decreto; per tali impianti, l’Autorizzazione integrata ambientale sostituisce l’autorizzazione alle emissioni prevista dal Titolo I, ai fini sia della costruzione che dell’esercizio.
Il d.lgs. 128/10 introduce alcune correzioni e integrazioni alle definizioni di cui all’art. 268, tra le quali si segnala la distinzione tra la nozione di impianto e la nozione di stabilimento, nozioni che sono
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indispensabili per la definizione degli adempimenti che ricadono sui gestori e sull’amministrazione.
Ai fini della trattazione, si ricorda che la definizione più importante introdotta dal d.lgs. 128/10, all’interno della Parte V del d.lgs. 152/06, è quella di “stabilimento”.
Tale definizione, inserita all’interno dell’art. 268, comma 1, lett. h), di fatto, comporta la modifica dell’oggetto dell’autorizzazione: non più il singolo impianto ma l’intero stabilimento.
Lo stabilimento viene definito come un complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più attività che producono emissioni attraverso, ad esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni.
In questo modo, vengono ricondotti all’interno di un’unica struttura tutti gli impianti e le attività che sono in grado di produrre emissioni in atmosfera. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all’esercizio di una o più attività.
Come ha ritenuto la giurisprudenza, l’art. 268, lett. h), impone di considerare che il concetto di “stabilimento” può essere integrato anche dal singolo impianto che sia dotato di autonomia operativa, con la conseguenza che la natura “mobile” dell’impianto non costituisce caratteristica che di per sé lo sottragga alla disciplina sulle immissioni (Corte di Cassazione Penale, Sez. III, 7 gennaio 2013, n. 191)47.
In linea generale, quindi, per poter parlare compiutamente di uno stabilimento è necessario che esistano strutture stabili e fisse in un determinato sito anche se, all’interno dello stesso luogo, le emissioni possono provenire non solo da dispositivi fissi, ma anche da apparecchiature mobili, operazioni manuali, deposizioni e
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movimentazioni che non necessariamente sono in grado di generare emissioni convogliate, anzi, sostiene Sillani, si può ipotizzare che, al contrario, determinino prevalentemente emissioni di tipo diffuso48.
Come detto, la definizione di “stabilimento” sostituisce quella di “impianto”, definito dal previgente art. 268, lett. h), come il macchinario o il sistema o l’insieme di macchinari o di sistemi costituito da una struttura fissa e dotato di autonomia funzionale in quanto destinato ad una specifica attività; la specifica attività a cui è destinato l’impianto può costituire la fase di un ciclo produttivo più ampio.
Per “struttura fissa” la giurisprudenza aveva inteso una struttura destinata ad un impiego non temporaneo, indipendentemente dalle caratteristiche del suo ancoraggio al suolo. Si sarebbe trattato, quindi, di una stabilità non tanto fisica quanto temporale (Tribunale di Pinerolo, composizione monocratica, 3 maggio 2007, n.97)49.
La nozione di “impianto”, tuttavia, continua ad essere ancora presente nell’art. 268, lett. l), che lo definisce come il dispositivo o il sistema o l’insieme di dispositivi o sistemi fisso e destinato a svolgere in modo autonomo una specifica attività, anche nell’ambito di un ciclo più ampio.
Conseguentemente allo spostamento dell’attenzione dall’impianto allo stabilimento, si parlerà di:
a) stabilimento anteriore al 1988: uno stabilimento che, alla data
del 1° luglio 1988, era in esercizio o costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente, e che è stato autorizzato ai sensi degli artt. 12 e 13 del D.P.R. 203/88;
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Corte di Cassazione Penale, Sez. III, 7 gennaio 2013, n. 191. Aria. Nozione di stabilimento. In http://www.lexambiente.it/aria/146-cassazione-penale146/8929- aria-nozione-di-stabilimento.html
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Sillani in S. Maglia, G. Galotto, A. Sillani, Il Testo Unico Ambientale, Ed. Irnerio, 2011, p. 81 ss.
49 Tribunale di Pinerolo, composizione monocratica, 3 maggio 2007, n. 97. Aria. Nozione di struttura fissa. In http://lexambiente.it/aria/122-giurisprudenza- penale-merito122/2946-Aria.%20Nozione%20di%20struttura%20fissa.html
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b) stabilimento anteriore al 2006: uno stabilimento che è stato
autorizzato ai sensi dell’art. 6 o dell’art. 11 o dell’art. 15, comma 1, lett. b), del D.P.R. 203/88, purché in funzione o messo in funzione entro il 29 aprile 2008;
c) stabilimento nuovo: uno stabilimento che non ricade nelle
definizioni precedenti.