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TECNICHE E STRUMENTI DI MISURA DEL RADON

3.2 P RINCIPALI T ECNICHE DI M ISURA DEL R ADON IN A RIA

La misurazione del radon e della sua progenie avviene tramite la rivelazione di particelle α. Come tutte le particelle cariche, si va a sfruttare la proprietà di ionizzazione degli atomi o molecole del materiale attraversato. Il percorso delle particelle α dipende dalla densità del mezzo che attraversano. In aria sono in grado di percorrere alcuni centimetri, in materiali più densi, come plastica o tessuti umani, il loro cammino è di alcuni micron.

I diversi sistemi di misura del 222Rn possono essere, inoltre, classificati a seconda del tipo di campionamento utilizzato:

• campionamento attivo: il Radon e i suoi prodotti di decadimento sono indotti in prossimità del rivelatore o sul dispositivo di raccolta attraverso un’aspirazione forzata con un sistema di pompaggio meccanico. Tali rivelatori, visti i tempi di risposta, sono generalmente rivelatori real-time [Tommasino L., 1997].

• campionamento passivo: il Radon e i suoi prodotti di decadimento sono raccolti seguendo principalmente la naturale diffusione del gas, ma anche le proprietà di adsorbimento, solubilità e permeabilità. In questo caso le misure sono disponibili solo dopo successiva analisi in laboratorio. Tali rivelatori sono, per tale motivo, generalmente non real-time [Tommasino L., 1997].

3.2.1 Rilevatori attivi

I rivelatori attivi consentono di effettua un campionamento istantaneo, in brevi intervalli di tempo, o continuo della concentrazione del Radon in campioni di aria.

Si distinguono principalmente le seguenti categorie di strumenti attivi:

camere a ionizzazione: il radon si diffonde all'interno di una determinata camera, a volume noto, attraverso una membrana permeabile e decadendo ionizza l'aria. Gli ioni prodotti vengono quindi attratti da un catodo, collegato ad un sistema elettronico che registra le variazioni di carica e le traduce nel valore di concentrazione di radon in aria. Il campionamento può essere effettuato in flusso continuo o con prelievi istantanei. La sensibilità di tale strumento è dell’ordine di 10-14 A Bq: la minima concentrazione rilevabile dipende dal tempo di misura e dal

volume della camera. In commercio la camera a ionizzazione più diffusa per la misura continua del Radon è l’Alpha-guard (Figura 3.1).

dispositivi a barriera di superficie (metodo dei due filtri): l’aria dell’ambiente di misura viene campionata su di un apposito filtro, posizionato all’interno dello strumento di misura. Di fronte al filtro è posto un rivelatore a barriera di superficie che dopo un determinato tempo registra le particelle alfa emesse dal radon e con un algoritmo di calcolo ricava la concentrazione di attività di radon in aria. I fattori che influenzano tale tecnica di misura sono essenzialmente la sensibilità al fondo gamma ambiente, l’umidità e la polvere.

camere a scintillazione: la misura avviene grazie ad un apposito contenitore (più comunemente celle di Lucas), in cui è raccolta l’aria da esaminare. Le pareti interne di tali celle sono ricoperte da solfuro di zinco (ZnS), particolarmente idoneo al processo di scintillazione, detto appunto scintillante perché, se colpito dalle particelle alfa del radon, emette dei fotoni. Il volume interno della cella, riempito con l’aria d’analizzare (modalità attiva), è posto in contatto con un tubo fotomoltiplicatore attraverso la finestra trasparente. In tal modo i fotoni sono trasformati in un segnale elettrico, proporzionale all’energia trasportata dalla radiazione. Da tale segnale si ricava l'informazione sulla concentrazione di attività di radon. Anche per le camere a scintillazione il campionamento può essere effettuato a flusso continuo o con prelievi istantanei.

La sensibilità di questi sistemi è in genere molto elevata ed indicata per misurare anche concentrazioni di radon di pochi Bq/m³.

3.2.2 Rilevatori passivi

Normalmente la strumentazione viene definita passiva quando non necessita di essere alimentata da corrente elettrica. Essa consente di realizzare un campionamento integrato nel tempo, utilizzato per monitoraggi che richiedono un lungo periodo di osservazione e si basa

sul fatto che le particelle alfa, attraversando determinati materiali, lasciano una traccia nel loro passaggio che viene misurata successivamente in laboratorio.

Il documento “Linee Guida per le misure di concentrazione di radon in aria nei luoghi di lavoro sotterranei” individua in tali tecniche di misura quelle in grado di adempiere alle richieste avanzate dalla normativa, fatta salva l’adozione di quelle configurazioni più comunemente impiegate e conosciute, sottoposte negli ultimi anni a diversi interconfronti svolti presso il laboratorio inglese National Radiological Protection Board (UK) o presso i laboratori dell’ENEA - Casaccia .

Infatti va precisato che, poichè nell’Allegato I –bis del D.Lgs. 230/95 il livello di azione per la concentrazione di radon è fissato in termini di concentrazione di attività media annua, le misure devono ricoprire un intervallo di anno solare attraverso una o più esposizioni. Pertanto la misura integrata con strumentazione passiva, eseguita sull’anno (o eventualmente su alcuni mesi nel caso in cui siano applicabili condizioni di riferibilità ad un valore medio annuo), è particolarmente indicata per determinare in maniera rappresentativa la concentrazione del gas radon indoor, in quanto media i fattori di variabilità del radon in un ambiente confinato (per es. le tipiche fluttuazioni giornaliere e stagionali).

La durata del periodo d’esposizione va valutata preventivamente, in quanto nel caso di esposizioni molto lunghe ed in presenza di concentrazioni molto elevate del gas radon, il dosimetro può andare in saturazione, cioè può perdere la capacità di registrare la reale concentrazione di radon. In questo caso bisogna ripetere la misura per periodi consecutivi più brevi. Dato che i costi della misura sono relativamente bassi, questi sistemi sono particolarmente indicati per l’esecuzione di campagne di misura.

Le tecniche di tipo passivo utilizzano diversi tipi di rilevatori adatti allo scopo: • rilevatori ad elettrete;

• canestri a carboni attivi; • rilevatori a tracce nucleari.

3.2.2.1 Rilevatori ad elettrete

E’ un sistema passivo ad integrazione e si basa sull’utilizzo di una camera a ionizzazione di materiale plastico conduttore e da un disco di teflon (elettrete) che mantiene un potenziale elettrostatico stabile (Figura 3.2). Il solo gas radon si diffonde all’interno della camera a ionizzazione attraverso appropriate fessure filtrate. Per effetto del campo elettrostatico prodotto dall’elettrete all’interno della camera a ionizzazione gli ioni negativi, generati dal decadimento del radon e raccolti dall’elettrete, provocano una diminuzione della carica elettrostatica mentre gli ioni positivi vengono raccolti e neutralizzati dalle pareti della camera. Misurando attraverso un voltimetro la differenza di potenziale dell’elettrete, misurata prima e dopo il posizionamento del dosimetro, proporzionale alla concentrazione di radon nell’ambiente di misura e al tempo di esposizione, si determina, usando opportuni fattori di

calibrazione, la concentrazione media di radon nella camera e quindi nell’ambiente [Moroni M., 2000].

La sensibilità dell’elettrete è in genere molto elevata ed indicata per misurare anche concentrazioni di radon di poche decine di Bq/m3. Il sistema è indicato per brevi (alcuni giorni) e lunghi tempi (mesi) di esposizione. I principali limiti dell’elettrete sono da che il potenziale elettrostatico del disco risente dei campi elettromagnetici locali e che dosimetro ad elettrete è sensibile al fondo gamma dell’ambiente da misurare, per cui la discriminazione della radiazione α da quella γ richiede una particolare procedura. Inoltre lo strumento di lettura del potenziale superficiale degli elettreti (voltmetro) va tenuto in ambienti a bassa umidità e normali condizioni di temperatura.

3.2.2.2 Canestri a carboni attivi

Il canestro a carbone attivo è generalmente una scatola metallica cilindrica contenente i carboni attivi che adsorbono il radon presente nell'aria (Figura 3.3). Dopo un tempo di esposizione, dell'ordine di qualche giorno i canestri vengono analizzati in laboratorio o per mezzo di tecniche di scintillazione liquida o con spettrometria gamma, tipicamente si usa uno scintillatore allo ioduro di sodio.

Dai risultati dell'analisi spettrale, dalla conoscenza del tempo di esposizione e del fattore di calibrazione si ricava la concentrazione relativa al periodo di esposizione. La tecnica dei

Figura 3.3 – Canestri a carboni attivi.

Figura 3.2 – Elettrete visto in sezione chiuso e aperto (con foto di elettrete con associato voltmetro digitale).

carboni attivi è adatta a misure di concentrazioni anche inferiori ai 20 Bq/m3 e richiede pochi giorni per la sua realizzazione, ma può essere applicata anche per determinare la concentrazione media annuale eseguendo una misura ogni 3 mesi. Il limite principale consiste nella forte dipendenza dalle condizioni ambientali di temperatura e umidità [L. Tommasino, 1988; APAT, 2004].

3.2.2.3 Rilevatori a tracce nucleari

Tale sistema di misura (dosimetri) sono composti da un contenitore e da un rivelatore a tracce nucleari (elemento sensibile). I rivelatori nucleari a tracce o SSNTD (Solid State Nuclear Track Detector) sono dei polimeri, realizzati in sottili lastre, largamente utilizzati per monitorare l’esposizione al radon della popolazione.

In commercio i tipi più diffusi sono:

• LR-115 e CN-85 (nitrato di cellulosa) prodotti dalla Kodak-Pathè ( Francia); • CR-39 (poliallildietilene glicoldicarbonato) prodotto dalla Page Mouldings-

Pershore (UK), dalla American Acrylics and Plastic ( USA) e dalla Intercast Europe S.p.A (Italia);

• Makrofol (policarbonato) prodotto dalla Bayer AG tedesca (R.Adriamanatena, 1997).

I rivelatori CR-39 sono dei polimeri realizzati in sottili lastre, sensibili alle radiazioni alfa ed insensibili alle altre radiazioni.

Rilevatori e dosimetri prima dell’esposizione subiscono un trattamento antistatico al fine di evitare accumuli di cariche elettrostatiche sulle loro superfici [Tommasino L., 1988].

Anche in questo caso è sfruttato il potere ionizzante delle particelle cariche: i dosimetri hanno la funzione di veri e propri filtri e camere di diffusione; essi infatti sono opportunamente progettati per consentire il passaggio per diffusione o per permeazione delle molecole del solo 222Rn (5.48 Mev) e dei suoi prodotti di decadimento sviluppati all’interno del dosimetro stesso radon che producono, per effetto del suo decadimento, una serie di radiazioni alfa sui rivelatori. Tali particelle alfa hanno una certa massa e una certa velocità e nella loro interazione con la materia, l’energia che possiedono viene rilasciata durante gli urti con gli atomi o le molecole del mezzo attraversato. A causa della loro massa relativamente grande, sono in grado di ionizzare il mezzo che attraversano, ossia di romperne i legami molecolari e atomici producendo ioni.

Mentre in molti materiali gli ioni si ricombinano e non rimane alcun segno del passaggio della radiazione, nel caso dei materiali dielettrici le particelle pesanti (nuclei di fissione, particelle α ) passando attraverso essi, trasferiscono un’elevata frazione di energia per unità di percorso, provocando delle fratture ai legami polimerici del sensore lungo la traiettoria della particella.

Le particelle alfa che interagiscono con il materiale causano un danno ai legami chimici (traccia latente) , il quale viene evidenziato mediante un trattamento chimico e/o elettrochimico. Tali processi amplificano la traccia sino a renderla misurabile con tecniche basate sulla lettura ottica.

Il danno, o “traccia latente”, generato a seguito della rottura dei legami molecolari, essendo dell’ordine di alcune decine di nanometri, può essere solo osservato con microscopi elettronici; tuttavia se il materiale è sottoposto alla tecnica dell’ ”attacco chimico” (trattamento con soluzioni acide o alcaline a temperature di alcune decine di gradi) queste tracce si sviluppano fino a diventare visibili ai normali microscopi ottici o addirittura, in alcuni casi, ad occhio nudo.

Dal conteggio del numero di tracce che si sviluppano, proporzionale alla concentrazione di radon presente nell’ambiente in cui il materiale è stato esposto e al tempo di esposizione, non è possibile valutare le variazioni tipiche della concentrazione del radon che avvengono in brevi intervalli di tempo (giorno-notte, mutamenti dei parametri atmosferici), ma essa consente di ricavare la concentrazione di attività media (RAC) di tale gas specifica di un determinato ambiente, caratteristica questa fondamentale perché fornisce precise informazioni sull’esposizione a cui sono sottoposte le persone che vivono e lavorano nel locale monitorato durante il periodo di misura.

La stabilità della traccia latente, l’elevato grado di affidabilità della tecnica (la sensibilità dei rivelatori a tracce è in genere molto elevata ed indicata per misurare anche concentrazioni di radon di poche decine di Bq/m3) ed il basso costo rendono tali rilevatori particolarmente attraenti per campagne di misura di radon su larga scala, integrate su lungo periodo (il sistema è particolarmente indicato per tempi di esposizione superiori al mese fino ad un massimo, indicativamente, di un anno).

In commercio ve ne sono di forme e dimensioni diverse, sempre comunque con un volume di ingombro piuttosto contenuto (dell’ordine di pochi centimetri cubi), estremamente maneggevoli e leggeri.

Paragonati ai materiali termoluminescenti ed agli elettreti, i rivelatori a traccia registrano le particelle α con alta sensibilità e selettività, essendo, tra l'altro, insensibile alla radiazione debolmente ionizzante (γ e β) [APAT, 2004; Durrani S. A., 1997].