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2. Il PCI nel dopoguerra

3.3 Onore, parentela, discendenza

3.3.1 Padri e figli, vecchi e giovani

Nelle pagine precedenti abbiamo già incontrato espressioni che sono debitrici della figura della parentela, che è, secondo quanto scrivono Ginsborg e Banti, «una delle matrici fondamentali del linguaggio nazionale»:417 Terracini che parla del «dolore che tutta la nazione prova per la perdita atroce dei migliori suoi figli. Essi erano il tragico simbolo della nostra Patria...»;418 «il popolo Romano, l'autentico popolo che dette vita ed alimento al movimento di resistenza, sia ancora una volta vicino e solidale con i suoi figli migliori»;419 Grieco che ricordando Matteotti dice: «Il popolo italiano è in marcia, ricco degli insegnamenti dei suoi figli migliori, e tra questi primo quello di Giacomo Matteotti»;420 Ingrao, nella sua orazione ai caduti della guerra partigiana: «Tu giovinetto Di Nanni, assediato nella casa di Torino, uno solo contro duecento, che ti lanciasti nel vuoto consumata l'ultima cartuccia, figlio dei Manara e dei Mameli»;421 sempre Ingrao: «Forse già sono asciutte le lacrime sul ciglio delle madri, dei fratelli, degli amici?»;422 la Direzione del PCI che nel commemorare la morte di Giuseppe Rossi scrive che «il Partito Comunista Italiano inchina le sue bandiere di lotta davanti a questo figlio della classe operaia»;423 Pajetta che parla dei militanti del MSI come «forse degli uomini che possono essere fratelli domani».424

417A. M. Banti, P. Ginsborg, Per una nuova storia del Risorgimento, in Id., Storia d'Italia, Annali 22, Il Risorgimento, Einaudi, Torino 2007, p. XXVIII.

418Il compagno Terracini rievoca il martirio dei trucidati della Storta, in «l’Unità», 8 giugno 1948.

419I partigiani difenderanno il patrimoni della Resistenza, in «l'Unità», 6 giugno 1948. 420“Il nome di Matteotti appartiene a tutto il popolo italiano”, in «l'Unità», 11 giugno 1948. 421Pietro Ingrao, Parla tu, compagno Curiel, in «l'Unità edizione piemontese», 14 ottobre 1948. 422Ivi.

423Il compagno Rossi è morto improvvisamente, in «l'Unità», 14 agosto 1948.

424Gian Carlo Pajetta, Contro un antico inganno, in «l'Unità. Edizione piemontese», 28 ottobre 1948.

Questo, come già abbiamo altrove rilevato, è una spia del fatto che certi elementi discorsivi propri del discorso nazional-patriottico sono utilizzati dai massimi dirigenti del PCI. Scrivono Banti e Ginsborg che «immaginare la nazione come un sistema di parentela, cioè come un reticolo relazionale che si estende all'indietro verso le generazioni precedenti, che agisce nell'oggi verso i coevi, e che si proietta verso il futuro delle generazioni a venire»425 significa da un lato immaginare la nazione come comunità di discendenza, dotata di una sua genealogia; dall'altro lato significa fare del nesso biologico tra generazioni e individui un dato fondamentale, da cui deriva il ricorso a termini come «sangue» e «lignaggio» per indicare i nessi che legano i membri della comunità.426

La proiezione del linguaggio parentale nella sfera della nazione, porta al formarsi di una serie di espressioni metaforiche: «madre-patria»; «padri della patria», per indicare i fondatori della comunità nazionale; «fratellanza» a definire il legame tra i membri della comunità; «famiglia» per riferirsi alla comunità nazionale nel suo complesso. È evidente la potenza emotiva di un simile accostamento tra la sfera della parentela e quella della nazione, poiché toglie astrazione al concetto di quest'ultima, «e gli restituisce una semplice e immediata comprensibilità».427

Negli esempi che abbiamo visto in apertura di paragrafo e in altri che seguiranno, il linguaggio parentale viene utilizzato indifferentemente sia in riferimento alla comunità nazionale, sia alla comunità di partito. Questo fatto è frutto della duplice vocazione, nazionale e internazionale, del PCI, di cui tratteremo più dettagliatamente nel paragrafo seguente.428

Vediamo ora un elenco di esempi decontestualizzati, in cui su «l'Unità» viene utilizzato un lessico parentale: in un discorso durante la campagna elettorale riportato su «l'Unità» del 28 marzo, Togliatti afferma che la vittoria del Fronte sarà «la vittoria della pace, della libertà, dell'indipendenza dell'Italia». Il segretario

425A. M. Banti, P. Ginsborg, Per una nuova storia del Risorgimento, Ibid., p. XXVIII-XXX. 426Ibid., p. XXIX.

427Ibid., p. XXX.

opera un raffronto tra la situazione attuale e il Risorgimento: come l'Austria- Ungheria si oppose a Carlo Alberto e tutte le cancellerie europee insorsero contro il progetto di Garibaldi di unificare l'Italia manu militari, così avviene ora con l'imperialismo straniero che vuole mantenere l'Italia asservita e impedire che essa diventi una vera democrazia, per poi insanguinarne i figli nella prossima guerra.

Alla conferenza programmatica del Fronte Democratico Popolare, prende la parola Rodolfo Morandi, che è un socialista della corrente favorevole alla fusione con il PCI:

L'idea informatrice di questo programma […] è il principio essenziale secondo cui la nazione deve poter assicurare lavoro a tutti i suoi figli in un'atmosfera di libertà e di pace. Il programma del Fronte è né più né meno quello espresso dalla coscienza delle masse nella guerra di liberazione, e l'impegno di allora si rinnova oggi. […] Questa […] è la nostra lotta, che va al di là della lotta elettorale, che ha assegnato ai lavoratori il compito di salvare il nostro lavoro difendendo nella nostra terra la libertà e la pace, come già ad essi fu assegnato il compito di salvare la dignità del paese contro gli invasori stranieri. La nostra lotta che ha assegnato ai lavoratori il compito di salvare il nostro lavoro, difendendo la nostra terra la libertà e la pace, come già ad essi fu assegnato il compito di salvare la dignità del paese contro gli invasori stranieri.429

In questo intervento è rilevabile sia l'immagine di comunità di parentela che quella di comunità di discendenza: la nazione intesa come madre-patria deve assicurare il lavoro ai suoi figli e i lavoratori devono raccogliere il testimone di coloro che li hanno preceduti che hanno lottato per liberare l'Italia dall'invasore straniero.

I democristiani sono anche coloro che «cercano di trarre ogni vantaggio a scopo elettorale da ogni iniziativa che dovrebbe andare a beneficio di tutto il popolo italiano».430 Come con i fondi per i disoccupati, che secondo «l'Unità» le autorità democristiane riescono a far controllare dall'Azione Cattolica: «L'on. De Gasperi si convinca che se riesce a fare il suo comodo con gli aiuti americani (che

429Realizzeremo riforme di struttura per dare a tutti i cittadini certezza di vita, in «l'Unità», 1 aprile 1948.

son fatti appunto per questo), i lavoratori italiani non permetteranno mai ch'egli approfitti dei fondi che essi, con generoso slancio, donano ai loro fratelli».431

Nel discorso di apertura del VI Congresso Togliatti manda un saluto ai comunisti greci che sono nel pieno della guerra civile contro i nazionalisti, aiutati dagli angloamericani: «Non solo come comunisti, perché sappiamo che tra quei combattenti ci sono i nostri fratelli di fede: noi lo mandiamo come italiani, perché sappiamo che la causa della libertà e dell'indipendenza della Grecia, nel corso di tutto il secolo passato è sempre stata unita alla causa dell'indipendenza e della libertà dell'Italia».432

Il lessico parentale emerge anche quando i dirigenti o i giornalisti comunisti utilizzano la metafora del «partito-famiglia»: Come scrive Bellassai, per molti militanti l'incontro con il partito costituisce uno spartiacque nella propria vita. Il militante, da quando fa il suo ingresso nel partito entra in una dimensione nuova,433 e l'iscrizione è intesa come inizio di una seconda vita,434 scandita da passaggi e ritmi propri, diversi da quelli della vita ordinaria.435 La vera famiglia per il buon militante comunista è il partito e tutti gli altri affetti devono essere subordinati alla militanza e alla fedeltà ad esso,436 tanto che un eccessivo coinvolgimento affettivo nei confronti della famiglia viene considerato un grave difetto.437 E infatti nel commemorare la morte di Giuseppe Rossi, Luigi Longo ne esalta, come un carattere fondamentale, il fatto che «al disopra di tutto, al disopra della sua salute, della sua famiglia, degli affetti personali egli aveva un grande interesse, un grande affetto: l'interesse per l'emancipazione dei lavoratori, l'affetto per la grande famiglia del Partito Comunista».438 E, a proposito della scissione

431Ivi. 432Ivi.

433Cfr S. Bellassai, La morale comunista, cit., p. 63.

434M. Boarelli, La fabbrica del passato. Autobiografie di militanti comunisti (1945-1956), Feltrinelli, Milano 2007, p. 177.

435F. Andreucci, Falce e martello. Identità e linguaggi dei comunisti italiani fra stalinismo e

guerra fredda, Bononia University Press, Bologna 2005, pp. 239-241, G.C. Marino, Autoritratto del PCI staliniano 1946-1953, Editori Riuniti, Roma 1991, pp. 75-100.

436Cf. M. Boarelli, La fabbrica del passato, cit. p. 176. 437Cfr. M. Casalini, La famiglia comunista, cit., p. 50.

dell'ala democristiana dalla CGIL, Di Vittorio definisce gli scissionisti come persone che «pugnalano alle spalle la Confederazione, rischiando di spezzare la grande famiglia unitaria»439 tradendo «il giuramento di tutti i lavoratori italiani, di non lasciarsi mai più dividere da nessuna manovra, di restare fedeli alla propria unità, alla loro grande CGIL».440

Nel linguaggio dell'organo di stampa comunista è presente anche l'altra implicazione dell'utilizzo della metafora parentale: il concepire la comunità (la Nazione nel caso del Risorgimento, il Partito nel caso de «l'Unità») in senso genealogico, come una comunità di discendenza: così, ad esempio, i posteri sono quelli che realizzeranno le aspirazioni dei caduti: «Noi che gli [a Giuseppe Rossi] sopravviviamo – vecchi compagni di lavoro e i giovani che al suo appello vennero alla lotta – dobbiamo essere degni del suo esempio e dell'eredità che ci lascia: portare avanti l'opera sua fino alla vittoria finale».441 Di qui le invocazioni ai martiri, perché i coevi tengano fede a ciò per cui hanno lottato i predecessori. Emerge così l'immagine di una comunità di partito i cui membri sono legati da vincoli che si trasmettono di generazione in generazione.