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La scelta di dedicare alla ricerca di paesaggio e identità, imposta dalla colonizzazione all’uomo antillano, due paragrafi distinti, non corrisponde tuttavia ad una divisione diacronica di tale processo in due fasi: in realtà si tratta di un’evoluzione parallela, sincronica, che vede la nascita e la riscoperta identitaria andare di pari passo con l’esplorazione spaziale e geografica. Abbiamo già insistito su quanto sia importante per il nostro lavoro l’osservazione oculata dei segni lasciati dai personaggi di fantasia nelle opere che leggiamo: il lettore attento dovrà interpretare le tracce lasciate dallo scrittore, lettere e simboli di un linguaggio che gli viene chiesto di decifrare, strumento indispensabile nella lettura di uno spazio, di una natura e di un paesaggio che sembrano all’apparenza misteriosi ed impenetrabili.

Vogliamo eleggere un personaggio in particolare come rappresentante di questa sfida che gli scrittori lanciano prima a se stessi e poi al pubblico, con l’obiettivo comune di rendere la narrazione, intesa come luogo di dialogo tra lettore e autore, un laboratorio di sperimentazione continua: stiamo parlando dello schiavo marron, ribelle e fuggitivo per eccellenza, la cui fuga nei mornes dove cerca nascondiglio dal béké, e dai cani lanciati al suo inseguimento, a stretto contatto con la natura, attraverso un momento di estrema intimità tra l’uomo e la sua matrice di vita, la terra, simboleggia il tentativo di costruzione dell’identità che vede il passaggio obbligato nello spazio, nella natura.

Riscrittura in chiave moderna del mito della Fenice che rinasce dalle sue stesse ceneri, il marronnage, al di là del suo significato politico di sovversione, potrebbe suggerire all’uomo antillano un rito di purificazione, la morte dell’individuo colonizzato, depredato della sua vita e della sua terra, vittima della sete di potere del colonizzatore, ma che attraverso il contatto con la terra, quella

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natale, rinasce a nuova esistenza e ricostruisce la sua identità, proprio a partire dalle “ceneri” del suo passato di dolore97.

La figura del marron, ricca di significati culturali e politici nonché metaforici nella letteratura francofona, come testimoniano le opere di Chamoiseau e Glissant98, potrebbe ben simboleggiare anche il contesto anglofono della letteratura caraibica, accomunati da uno stesso tentativo di marronner99, inteso nell’accezione più ampia del termine, vale a dire sfuggire alla concezione canonica di geografia, di spazio, di territorio..., valicare i confini e le frontiere segnate dalle mappe coloniali, e finalmente “rimappare” il proprio spazio e con esso la propria identità.

Il nostro compito si carica dunque di un duplice significato: seguire tale percorso identitario attraverso le pagine dei romanzi, accompagnare i personaggi nel loro viaggio, indietro nel tempo, in un passato doloroso, negli abissi della terra e del mare, e del racconto, significa mettere a confronto due universi

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’NTONFO, L’homme et l’identité dans le roman des Antilles et Guyane françaises, Québec, Éditions Naaman, 1982 ; nella terza parte dell’opera, «Roman et quête d’identité», l’autore dedica un intero paragrafo dal titolo emblematico di Les marrons ressuscités, alla figura dello schiavo marron che lotta contro il destino imposto dal colonizzatore, allo scopo di mettere in rilievo «les moyens dont des personnages tirés du fond de l’esclavage ou de l’ère colonio- départementale ont usé pour échapper à une domination outrancière, pour vivre en complicité avec leur univers, pour avoir une présence au monde non imposée, pour être, selon les termes de Glissant, à leur “propre semblance”.», p. 230.

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A titolo d’esempio citiamo due dei numerosi romanzi antillani incentrati sulla figura dello schiavo marron, L’esclave vieil homme et le molosse di Chamoiseau e Ormerod di Glissant; il primo racconta la fuga di un vecchio schiavo marron attraverso i mornes e allo stesso tempo esplora l’universo intimo e misterioso dello schiavo ribelle, mentre il romanzo glissantiano segue da vicino la vita di un’intera comunità di schiavi marrons, guidati dalla figura carismatica della guerriera Flore Gaillard. Avremo modo nei prossimi capitoli di approfondire l’analisi di queste due opere che, insieme ad altri romanzi degli stessi autori, o di altri scrittori, sulle tracce degli schiavi ribelli, completano l’esplorazione dello spazio antillano attraverso i luoghi più reconditi, come i mornes, da dove parte il processo identitario del soggetto colonizzato. P.

CHAMOISEAU, L’esclave vieil homme et le molosse, Paris, Gallimard, 1997 ; É. GLISSANT,

Ormerod, Paris, Gallimard, 2003.

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La figura dello schiavo marron o il fenomeno storico del marronnage come metafora di questa nuova tendenza delle letterature caraibiche tout court, e nello specifico di quella francofona, ritorna con insistenza non solo nelle opere letterarie ma anche nella produzione teorica; citiamo, a titolo d’esempio, due opere critiche, S. CROSTA, Le marronnage créateur: dynamique textuelle chez Édouard Glissant, Sainte-Foy, Grelca, 1991; R. BURTON, Le roman marron: études sur la littérature martiniquaise contemporaine, Paris, L’Harmattan, 1997.

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paralleli, la realtà e la finzione, da sempre alla base di qualsiasi costruzione narrativa. La letteratura caraibica richiede allo stesso modo un duplice impegno, al lettore e allo scrittore: esplorare lo spazio geografico significa esplorare anche lo spazio della pagina, sapere leggere il paesaggio è scavare nel passato, narrare storie significa chiamare in causa la Storia, creare personaggi implica mettere in discussione la propria identità, come scrittore, come uomo e come appartenente ad un popolo, leggere un libro è interrogare se stessi e il mondo.

Dicono che quando un libro, una poesia, un personaggio, uno scrittore siano in grado di sollevare anche uno solo di questi affascinanti interrogativi, allora vuol dire che hanno trasmesso qualcosa al mondo e che si è di fronte ad un’opera d’arte...; gli scrittori da noi scelti e le loro opere hanno scelto di marronner, a noi il compito di seguirli e scoprirne il posto nell’universo letterario.

Prima di affrontare l’analisi dettagliata delle opere che esplorano il paesaggio seguendo le tracce degli schiavi marrons e scavando, dunque, nel passato temporale e spaziale della società antillana, cercheremo in questo paragrafo conclusivo del primo capitolo di indagare lo stretto rapporto tra paesaggio e identità che caratterizza tutta la produzione caraibica, non solo francofona, e qualsiasi riflessione sulla rappresentazione letteraria dello spazio. Il panorama teorico e letterario caraibico offre una vasta produzione di testi che rimandano fin dai titoli allo stretto legame tra la coordinata spaziale e la componente socio-identitaria; la selezione bibliografica del presente lavoro mostra con evidenza le numerose declinazioni della dicotomia spazio-identità nonché le pratiche scritturali che richiamano il discorso, già affrontato nel paragrafo precedente, sull’utilizzo del linguaggio, o meglio dei linguaggi specifici di varie discipline, la geografia, la psicologia, l’antropologia…, come contenitori di significati altri.

Scorrendo gli autori delle sezioni “Spazio e letteratura antillana, “Spazio e identità” e “Antologie e testi di letteratura antillana” da noi scelti, la metafora fisiologica del “cannibalismo letterario” 100 assunta per analizzare quel processo

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di rinegoziazione e rielaborazione dei concetti spaziali normativi operato dalla teoria letteraria, sembra trovare una valida applicazione. La coordinata spaziale viene esplorata in tutte le sue varianti, a partire dai semplici “espaces”, “pays”, “terre”, “réel” o da declinazioni insulari come “islands”, “île”, “arcipelago”, “archipels”, “insularité”, fino ad arrivare ad espressioni frutto di connubi tra discipline come geografia-letteratura101 o ancora scrittura-paesaggio, “les mots de la terre”, “les fruits du cyclone”, “archipels littéraires”, “espaces d’une écriture antillaise”, “la scénographie postcoloniale”102.

Il titolo di questo paragrafo non è di certo casuale, ma rimanda ad un elemento fondamentale delle società creole e la cui conoscenza è imprescindibile per qualunque studioso di cultura caraibica, vale a dire il rapporto tra paesaggio e identità. La scelta del vocabolo paesaggio risponde alla necessità di avere come termine di paragone nel corso della nostra riflessione sulla componente identitaria, non un semplice concetto astratto, un’etichetta fine a sé stessa come spazio, bensì uno “spazio soggettivo”, che non sia il frutto di un’astrazione o di una rappresentazione mentale, ma il risultato dell’impronta, della trace lasciata dal soggetto colonizzato.

Il passaggio da spazio a paesaggio operato nei due paragrafi vuole essere dunque la messa in pratica della teoria sull’uso del linguaggio come tecnica scritturale di revisione di significati: nel corso del primo capitolo abbiamo evidenziato come lo spazio caraibico abbia subito una metamorfosi, di forma e di contenuto, a partire da uno spazio colonizzato, per secoli terra sterile di usurpazioni e violenze, passando attraverso l’esplorazione soggettiva dello stesso spazio trasformato in luogo, fino alla creazione di un vero e proprio paesaggio, laddove tale termine con accezione positiva si carica di connotati, spaziali e identitari, definiti dal soggetto e da esso personalizzati tramite la creazione di uno spazio proprio, questa volta non imposto dagli altri, ma scelto, voluto.

101

Per le espressioni derivanti dal binomio geografia-letteratura si vedano le note n. 62, 63, 64 e 65 del paragrafo precedente.

102

Non forniamo qui le note bibliografiche di tutte le espressioni citate, onde evitare noiose digressioni o ripetizioni, ma rimandiamo alle sezioni della Bibliografia critica di riferimento.

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Una terza componente entra dunque in gioco, l’identità, e chiama in causa tutte quelle discipline che ne studiano i vari aspetti, la sociologia, la psicologia, l’antropologia103…, e che arricchiscono ulteriormente la riflessione portata avanti finora.

Spazio-scrittura-identità, ecco dunque definita la triade concettuale alla base della nostra ricerca e in generale di qualsiasi discorso sulla realtà e la società creole, laddove le diverse rappresentazioni scritturali e finzionali di uno spazio così ambiguo e complesso aprono una lunga serie di interrogativi sull’identità culturale, che in tale contesto assume il più delle volte un’accezione individuale e collettiva allo stesso tempo104.

Di chiara derivazione filosofica105, il concetto di identità è tuttavia una nozione di frontiera, caratterizzata da complessità e pluralità, e si situa al crocevia delle varie discipline che hanno come oggetto di studio l’essere e le sue rappresentazioni. Nell’ambito delle letterature francofone e anglofone, e in generale caraibiche, risulta evidente la molteplicità della componente identitaria, il concetto di identità essendo strettamente legato a quello di alterità, l’Io e l’Altro diventano elementi fondanti dell’identità stessa, in quanto l’alterità e le differenze escluse dal Sé veicolano l’affermazione dell’identità stessa106; senza dimenticare l’arbitrarietà di tale nozione, dato soggettivo e oggettivo allo stesso tempo, nella reciproca individuazione delle identità del Sé e dell’Altro, relativo ad una determinata società e cultura, e ai suoi paradigmi, legato alle coordinate spaziali e temporali, dunque soggetto a continui mutamenti.107

La questione dell’identità nelle culture e letterature cosiddette postcoloniali, successive alla colonizzazione e da essa fortemente influenzate, è stata oggetto di numerosi studi e ricerche nelle discipline più disparate, a partire dal periodo post-

103

Per un panorama dell’antropologia applicata alla realtà antillana si veda F. AFFERGAN, Anthropologie à la Martinique, cit.

104

Per uno studio storico e teorico del processo di creolizzazione nelle letterature coloniali e postcoloniali, alla luce delle complessità dell’identità culturale odierna, si veda C. BONGIE, Islands and exiles. The creole identities of Post/Colonial literature, Stanford UP, 1998.

105

P.RICŒUR,Soi-même comme un autre, Paris, Éditions du Seuil, 1990.

106

F. GROSS,Autrui, Paris, Hatier, 1994.

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indipendenze fino ad oggi, e in ambito letterario il discorso teorico sulla ricerca identitaria del soggetto colonizzato ha portato ad una fiorente produzione di opere su tale tematica108.

Particolarmente interessante ai fini della nostra ricerca la voce “Identità” che compare all’interno dell’Abbecedario postcoloniale 109. Passa in rassegna in poche pagine, senza pretese di esaustività, ma con lucidità e chiarezza scientifica, la definizione, o meglio la ridefinizione di identità alla luce dei nuovi paradigmi culturali e letterari del postcoloniale.

Se è un dato di fatto che «è a seguito degli eventi storici legati alla colonizzazione che per tante culture extra-europee il concetto di identità […] è entrato in crisi»110, poiché lo scontro violento con l’Altro ha fatto crollare certezze e stabilità del Sé innescando processi di alienazione, crisi identitarie e deculturazione, difficilmente cancellabili con la partenza del colonizzatore, è anche vero che il confronto con l’Altro, lo “sguardo dell’Altro”111, che il soggetto colonizzato ha finalmente il coraggio di reggere, gli ha svelato una nuova visione di sé e della sua collettività.

La tematica della ricerca identitaria è stata a lungo trattata in letteratura, sia durante il periodo coloniale sia dopo l’affrancamento dai colonizzatori, con tutte le rielaborazioni dei concetti di identità (e con essa di alterità) veicolati dai mutamenti storico-politici in atto. La nozione di identità culturale e la problematica ad essa correlata, vede nel corso degli eventi un’alternanza continua tra l’accezione individuale e quella collettiva, con un ritorno negli anni più recenti «ad una rinegoziazione e ad una ridefinizione in chiave dialettica del concetto di identità»112. Gli esiti di tale processo di formazione dell’io, attraverso la continua decostruzione e riarticolazione dei concetti basilari di identità e

108

Non potendo nel presente lavoro indagare la diffusione della problematica identitaria come soggetto romanzesco nel vasto panorama delle letterature caraibiche, ci limitiamo alle opere degli autori francofoni e anglofoni scelti per la nostra ricerca che testimoniano ampiamente tale tendenza.

109

C.FRATTA, “Identità” in S.ALBERTAZZI,R. VECCHI (a cura di), Abbecedario postcoloniale I,

Biblioteca di letterature omeoglotte, Quodlibet, 2001, pp. 45-51.

110

Ibidem, p. 46.

111

S.ALBERTAZZI, Lo sguardo dell’Altro. Le letterature postcoloniali. Roma, Carocci, 2000.

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alterità, saranno necessariamente antitetici113, soggetti ad arbitrarietà e imprevedibilità, e condurranno alla creazione di una nuova identità, incerta e labile, luogo virtuale della lotta continua tra una specificità alienante e una globalizzazione omogeneizzante.114

A questo punto una lunga serie di quesiti si impone, segnaliamo in questa sede i più interessanti ai fini della nostra ricerca sulla coordinata spaziale e che adatteremo di volta in volta alle particolarità del contesto di riferimento: quale ruolo assume lo spazio nel processo identitario? In che misura la relazione del soggetto allo spazio influenza la formazione dell’identità? Quali forme e rappresentazioni letterarie dello spazio emergono nel contesto caraibico? Lo scrittore può essere uno strumento di definizione dell’identità culturale, allo stesso tempo individuale e collettiva?

Prima di entrare nel vivo della questione nel prossimo capitolo, dove la rappresentazione letteraria dello spazio antillano verrà scandagliata attraverso un’analisi della teoria e l’esplorazione dei processi paralleli di creazione romanzesca e di costruzione identitaria, vogliamo in questa sezione conclusiva soffermarci brevemente sulla presenza, nei testi teorici da noi selezionati, del connubio spazio-identità, laddove il primo termine contempla entrambe le accezioni, geografica (lo spazio reale) e scritturale (lo spazio della pagina).

Se Chamoiseau indaga su cosa significa veramente scrivere in un paese colonizzato115 o segue con Confiant le “tracées” della letteratura116, mentre Milne studia le opere dello scrittore di Texaco attraverso l’esplorazione degli “espaces

113

C.LEVI-STRAUSS,L’identité, Paris, Grasset, 1977.

114

Tale dualismo tra locale e globale, tra cultura specifica e globalizzante, con la nascita dei fenomeni di ibridismo, meticciato, interculturalità, creolizzazione… rappresenta una delle più recenti teorie sull’identità totale, quella che annulla le frontiere tra l’Io e l’Altro, senza tuttavia cancellare le specificità e le differenze, come sostiene, ad esempio, la visione glissantiana del Tout-Monde. Per una visione d’insieme dei processi di creolizzazione, e un’esamina nonché messa in discussione della lunga serie di etichette e nozioni applicate alle realtà culturali dello spazio caraibico (métissage, mondialisation, globalisation…), si veda «Questions d’identité aux Caraïbes : postcolonialisme, postmodernité, multiculturalisme», Collectif. Châteauneuf-le- Rouge, Vent d’ailleurs, 2002 in Portulan, Octobre 2002.

115

P. CHAMOISEAU, Écrire en pays dominé, cit.

116

P. CHAMOISEAU, R. CONFIANT, Lettres créoles. Tracées antillaises et continentales de la littérature : 1635-1975, Paris, Hatier, 1991.

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d’une écriture antillaise” 117, lo scrittore antillano vede la sua immagine riflessa nello specchio della letteratura. 118

Il concetto di identità viene analizzato in rapporto al soggetto, “l’homme et l’identité”, o alla realtà circostante, “espace et identité”, e declinato in tutte le sue varianti, ora al singolare, “identité”, ora al plurale, “identités” o “identities”, passando dall’accezione individuale a quella collettiva; i processi identitari conducono a fenomeni socio-psicologici come “l’auto-exotisme”, o di alienazione, “place and displacement”, “the shock of space and time” ed esilio “islands and exiles”, dove l’alterità, veicolata da “stereotipi culturali”, compare sotto forma di “peau noire, masques blancs” o “The other America”.

L’elenco delle opere che indagano il processo identitario di tali culture e letterature, facendo dialogare discipline e metodi di ricerca diversi, potrebbe continuare a lungo; non volendo il nostro intento essere esaustivo, ci limitiamo ad alcune opere che sembrano esemplari della tendenza critica e teorica di analizzare la letteratura alla luce delle dinamiche identitarie e dei tentativi di rinegoziazione di concetti normativi come spazio, identità e scrittura.119

Di grande interesse risulta lo studio di André ’Ntonfo sul rapporto tra uomo e identità nel romanzo antillo-guyanese120, che esplora la rappresentazione

117

L. MILNE, Patrick Chamoiseau. Espaces d’une écriture antillaise, Amsterdam/New York, NY 2006, in “Francopolyphonies” (collection dirigée par Gyssels K. et Stevens C.), Volume 5.

118

La metafora dello specchio come strumento dello scrittore antillano per indagare la propria identità di individuo e di appartenente alla collettività, attraverso le tecniche scritturali di mise en scène o mise en abyme, riprende l’immagine dello “sguardo dell’altro” di Silvia Albertazzi e conferma lo stretto legame tra alterità e identità nel processo di formazione dell’io che va di pari passo con la creazione artistica. L.MOUDILENO,L’Écrivain antillais au miroir de sa littérature : mises en scène et mises en abyme du roman antillais, Paris, Karthala, 1997.

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Forniamo qui di seguito una piccola selezione di opere, alcune già citate, che trattano la tematica dell’identità, e del rapporto tra spazio e identità, nelle letterature antillane e che, nonostante la diversità di approcci, ci hanno suggerito interessanti spunti di riflessione nel corso della nostra ricerca: C. BONGIE, Islands and exiles. The creole identities of Post/Colonial literature, cit.; A. ’NTONFO, L’homme et l’identité dans le roman des Antilles et Guyane françaises, Québec, Éditions Naaman, 1982 ; ORUNO D.LARA,De l’oubli à l’histoire. Espace et identité caraïbes (Guadeloupe, Guyane, Haïti, Martinique), Paris, Maisonneuve et Larose, 1998 ;

M. ROSELLO, Littérature et identité créole aux Antilles, Paris, Karthala, 1992 ; “Questions

d’identité aux Caraïbes : postcolonialisme, postmodernité, multiculturalisme”, Collectif, cit.

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’NTONFO,op. cit. Si tratta di uno studio relativo ad un corpus di una dozzina di opere di cinque autori antillo-guyanesi (J. Zobel, É. Glissant, M. Lacrosil, B. Juminer e S. Etchart) attraverso un approccio di ricerca specifico della sociologia della letteratura. L’opera dello specialista africano, di grande lucidità e puntualità accademica, si compone di tre parti, “Roman

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dell’universo antillano attraverso la visione che alcuni autori ne danno nelle loro opere, alla ricerca di un’identità che trova nella scrittura e nell’immaginazione del reale un valido strumento di espressione, «l’écriture elle-même modifie cette vision personnelle des auteurs, que la vie propre du texte littéraire vient à son tour gauchir, infléchir, accentuer, systématiser, la vision déjà subjective du réel. […] ». Lo spazio geografico informa lo spazio letterario e viceversa, dunque, e insieme si fondono in uno spazio altro, nuovo, il già citato “Terzo spazio di enunciazione” di Bhabha, come se la creazione letteraria potesse dar vita ad una Martinique universale, ricorrente nelle diverse opere prese in analisi da ’Ntonfo, «Tout se passe comme si la Martinique du Monde tel qu’il est était la même que la Martinique des Jours immobiles ou de Diab’-là». 121

L’immagine di immobilità della realtà antillana, con una situazione di eterna stasi dove «tutto è cambiato e tutto è rimasto come prima»122 è un leitmotiv ricorrente nella letteratura, a testimonianza di quanto gli eventi storico-politici che hanno interessato le Antille per oltre quattro secoli abbiano sempre condotto a diverse forme, talvolta esplicite altre volte celate sotto le maschere del legittimismo gratuito, di “colonizzazione”. Da qui l’importanza degli scrittori e dello strumento letterario come “luogo” di messa in discussione, dove è finalmente possibile dire l’indicibile della loro differenza e le contraddizioni della complessa realtà antillana.

et peinture du milieu”, “Roman et absence d’identité”, “Roman et quête d’identité”, dove i concetti di romanzo, identità e spazio sono esplorati e messi a confronto con l’obiettivo comune di «tenter de préciser la vision que les auteurs choisis donnent (consciemment ou

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