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Panoramica sui dati raccolti

5. RISULTATI DELLA RICERCA

5.1 Panoramica sui dati raccolti

19 È importante sottolineare che i dati rilevati sui profili social delle banche esaminate non sono stati in

60 due colonne per ogni coder: una per la classificazione di primo livello, una per quella di secondo livello.

Specularmente, per i contenuti in entrata (“In”) sono stati rilevati: il tipo di banca; il nome della banca; il nome della pagina (se presenti più pagine per lo stesso istituto bancario); la data e l’ora dell’intervento; l’orario della prima risposta da parte della banca (se presente); il tempo intercorso tra l’intervento del cliente e la risposta del gestore della pagina; il nome dell’utente che ha pubblicato il messaggio; il genere; l’anno di nascita (se disponibile); se l’utente in questione dichiara o meno di lavorare per quell’istituto bancario; il tipo di post; il contenuto; il numero di parole. Nuovamente, per Facebook è stato rilevato il numero di ciascuna reaction e di commenti; per Twitter, invece, il numero di re-tweet, di preferito e di commenti. Anche nel caso dei fogli “In” sono state predisposte le colonne per la classificazione dei contenuti da parte dei coders.

Tutte le informazioni che sono state inserite nel database erano reperibili direttamente sulle pagine prese in esame, eccetto quelle riguardanti gli utenti. Infatti, dalle fan page e dai profili delle banche su Twitter è possibile rilevare solamente il nome di chi ha pubblicato il contenuto. Per tutte le altre informazioni è stato necessario aprire il profilo dell’utente e cercare, nelle informazioni personali, gli altri dati (sesso – quando non riconoscibile dal nome utente –, anno di nascita, eventuale posizione lavorativa nella banca in questione). Non sempre queste informazioni sono state reperite a causa delle impostazioni relative alla privacy selezionatedagli utenti. Quando il sesso non era classificabile come maschio (M) o femmina (F) si è inserita la dicitura “NC”, non classificabile. Questo è stato il caso di profili aziendali20 o dei profili condivisi da più utenti (per esempio, marito e moglie). Allo stesso modo si è proceduto per l’anno di nascita, inserendolo quando presente o classificandolo come “ND” – non disponibile – quando non rilevabile o come “NS” – non ha senso – nel caso di profili condivisi da più persone o utilizzati da aziende.

20 Nonostante la policy di Facebook dica che tutte le istituzioni diverse dal singolo individuo devono

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Figura 7: Estratto tabella per monitoraggio Facebook In

Figura 8: Estratto tabella per monitoraggio Facebook Out

Figura 9: Estratto tabella per monitoraggio Twitter In

62 4.5.2 Metodologia di classificazione dei dati: Content Analysis

La content analysis viene definita come “a research technique for making replicable

and valid inferences from texts (or other meaningful matter) to the contexts of their use” (Krippendorff, 2004, p. 18). In altre parole, la content analysis è un esame attento,

dettagliato e sistematico, è l’interpretazione del corpo di un materiale nello sforzo di identificare modelli, temi e significati (Lune e Berg, 2012). Quindi l’analisi del

contenuto è un approccio analitico utilizzato per identificare la presenza di concetti e temi all’interno di serie di dati qualitativi.

L’analisi qualitativa del contenuto può essere considerata un metodo misto, in quanto si compone di step di analisi sia qualitativi che quantitativi:

“The Qualitative Content Analysis is a mixed methods approach: assignment of categories to text as qualitative step, working through many text passages and analysis of frequencies of categorie sas quantitative step” (Mayring, 2014, p. 10).

Oggetto di ricerca può essere qualsiasi corpus di messaggi, prodotto da ogni tipo di emittente, rivolto a qualsiasi tipo di ricevente (Maneri, 2004). Nel nostro caso, il corpus di messaggi è composto da tutti i contenuti pubblicati dalla banca e dagli utenti sulle 20 pagine Facebook e Twitter prese in analisi dal 01/03/2017 al 31/08/2017.

Ai fini di questo tipo di analisi, il testo viene codificato in categorie che possono assumere vari livelli (per esempio: parole, significati delle parole, espressioni, frasi e temi) e poi esaminato nuovamente per poterlo interpretare. Utilizzando dei codici si associano significati alle informazioni e si possono determinare i temi che vi compaiono (Tuten e Solomon, 2014).

Il sistema di categorie è il punto centrale della content analysis quantitativa, è lo strumento centrale di analisi. Proprio per questo, durante la fase “qualitativa” della

content analysis è necessario stare molto attenti a come tali categorie vengono

costruite (Mayring, 2014).

Le categorie individuate per questo lavoro di ricerca sono suddivise in due livelli di codifica. Il primo livello è composto da 14 categorie – 6 per i contenuti “dalla banca agli

63 utenti” e 8 per i contenuti “dagli utenti alla banca” –, mentre il secondo livello ne conta 4621.

4.5.3 Lo schema di codifica e i coders

Il primo passo da fare in una content analysis è sviluppare uno schema di codifica che guidi i codificatori nell’analisi dei contenuti. Se lo schema è ben impostato e orienta i

coders verso i concetti centrali, può essere considerato uno schema valido (Potter e

Levine-Donnerstein, 1999).

“[…] a coding scheme is essentially a translation device that allows investigators to place utterances into theoretical categories” (Potter e Levine-Donnerstein, 1999,

p.267)

Uno schema di codifica, quindi, consiste in un insieme di regole che guida i codificatori nel decidere quale sia la categoria più corretta per un certo contenuto. Mediante tale schema, la classificazione dei contenuti dovrebbe diventare sistematica.

Di fatto, l’intento di chi progetta lo schema di codifica è quello di massimizzare l’influenza di tale schema al fine di minimizzare (o eliminare) il bisogno dei coders di far ricorso a un proprio schema. Lo schema di codifica è un modo per rendere il processo di codifica uniforme per tutti i codificatori, cosicché lo schema possa essere ritenuto sistematico e quindi “scientifico”. In ogni caso, la soggettività dei soggetti che hanno il compito di codificare i contenuti, trattandosi di esseri umani, non è completamente eliminabile. Lo scopo dello schema sarà quindi quello di ridurre al minimo tale soggettività, spingendo ogni codificatore a usare un proprio schema quanto più possibile simile agli altri schemi (Potter e Levine-Donnerstein, 1999).

"How categories are defined ...is an art. Little is written about it."

(Krippendorff, 1980, p. 76).

Ogni lavoro di content analysis ha bisogno di un proprio schema di codifica ad hoc, che rispecchi quelli che sono gli intenti della ricerca. Per questo in letteratura non si trovano delle regole fisse, ma solamente delle linee guida. È pertanto necessario

64 ricordarsi che queste categorie devono “...rispondere alle leggi di una buona classificazione - esaustività, esclusività22, unicità del fundamentum divisionis - ed essere il più possibile esplicitate” (Maneri, 2004). Non devono rimanere margini di ambiguità che, secondo Maneri (2004), possono essere eliminati operando in più direzioni:

• Utilizzare categorie dal significato semplice e non ambiguo. Si deve evitare che i codificatori utilizzino interpretazioni soggettive per colmare gli eventuali vuoti presenti nelle categorie;

• Fornire istruzioni procedurali chiare ed esaurienti, che coprano tutte le situazioni che i coders potrebbero incontrare.

I coders coinvolti in questo lavoro di analisi dei contenuti – Giulia, Michele, Elena, Riccardo, Martina23 – hanno avuto il compito di classificare tutti gli elementi rilevati sui due social network presi in esame seguendo una griglia di classificazione elaborata ad

hoc. La presenza di più codificatori è condizione necessaria per testare il grado di

coerenza nei processi decisionali di codifica e per testare l’affidabilità dello schema di codifica utilizzato (Potter e Levine-Donnerstein, 1999).

Dai coders ci si aspetta solitamente un certo grado di oggettività, ma ogni decisione presa da questi è inevitabilmente, in qualche misura, soggettiva. Più il giudizio richiesto risulta essere difficile, maggiore sarà la soggettività portata in gioco dal codificatore. D’altra parte, però, lo schema di codifica non può dare ai coders tutte le linee guida che riducano la codifica a una semplice attività di registrazione di contenuti. La presenza di questo grado di soggettività, in ogni caso, non rende l’impresa della codifica invalida e inaffidabile a priori. Anzi, è proprio grazie a questo livello intrinseco di soggettività che, se viene raggiunto un certo grado di consenso, una griglia di codifica può ritenersi ben strutturata (Potter e Levine-Donnerstein, 1999).

22 Secondo il principio dell’esaustività, nessun contenuto rilevato deve essere escluso dalla

classificazione: tutti devono trovare collocazione tra le categorie previste. Secondo il principio della mutua esclusività non devono rilevarsi ambiguità nell’assegnazione dei contenuti alle categorie: ogni contenuto deve trovare collocazione in una ed una sola categoria di classificazione.

23 Michele ha rivestito il ruolo di coder dal 01/03 al 15/06, dopodiché è stato sostituito da Elena fino alla

fine del periodo di monitoraggio e rilevazione (31/08). Riccardo e Martina hanno svolto il ruolo di coders solo per un giorno, andando a codificare le rilevazioni che non erano state rilevate precedentemente.

65 Dall’analisi della letteratura (Lune e Berg, 2012) si evince che sarebbe fortemente consigliato far ideare e redigere lo schema di codifica da un soggetto terzo rispetto ai codificatori. In questo specifico caso, il sistema di codifica è stato ideato dal professor Gandolfo. Il coinvolgimento dei coders nella creazione dello schema, infatti, potrebbe condizionare l’intero lavoro, andando a uniformare il loro modo di interpretare le categorie nel momento in cui queste vengono definite. Questi soggetti dovranno però essere coinvolti nella preliminare fase di test del sistema di categorie.

La fase di test serve a “individuare eventuali problemi di ambiguità, di carenza di esaustività o mancanza di pertinenza delle definizioni operative, che possono riguardare le istruzioni di codifica, la definizione dei concetti e delle dimensioni in cui si articolano” (Maneri, 2004). Inoltre, “è opportuno che questo test venga fatto dai codificatori, in modo da individuare eventuali divergenze nella codifica dei medesimi

item che segnaleranno problemi di ambiguità o scarsa esplicitazione delle regole di

codifica” (Maneri, 2004).

Non essendo stata individuata in letteratura una tempistica massima per la fase di test, è stato possibile decidere una scadenza a discrezione dei soggetti coinvolti nella ricerca. Tale fase, pertanto, è durata dal 1 al 17 marzo.

Durante il primo periodo di rilevazione i coders hanno proceduto ad analizzare i contenuti rilevati utilizzando un primo schema di codifica. In questa fase i ricercatori si sono confrontati esponendo dubbi e difficoltà incontrate. Seguendo tali osservazioni si è proceduto alla modifica delle due griglie di classificazione. In particolare, si è intervenuti su:

• CATEGORIA B

o La sottocategoria B3, nella sua versione iniziale, voleva individuare “notizie prese da altri canali della banca”. Tuttavia, tale classificazione, a differenza delle due precedenti, non andava a indagare la tipologia di notizia (economica o non economica), ma solo la fonte. Dal momento che ciò che più interessa al fine di questo lavoro di ricerca è il tipo di contenuto, si è proceduto in un primo momento a eliminare la categoria B3. Tale categoria è stata reinserita poi per la necessità di poter catalogare quelle notizie non collegate a prodotti o servizi venduti dalla

66 banca, ma riguardanti altre aziende: “Notizie, inviti a partecipare e segnalazioni di iniziative promozionali di altre aziende”.

• CATEGORIA C: la categoria, inizialmente volta a raccogliere solamente gli inviti ad eventi organizzati o sponsorizzati dalla banca, è stata ampliata anche alle comunicazioni relative a tali eventi. In particolare:

o La sottocategoria C4 è stata modificata da “raccolte fondi per iniziative umanitarie e attività no-profit” in “Attività no-profit in senso lato”, andando ad accogliere raccolte fondi e iniziative umanitarie come in origine, ma anche la pubblicazione del rapporto CSR ed altro ancora. • CATEGORIA E

o Per le sottocategorie E1 ed E2 è stato necessario specificare ulteriormente la definizione dei contenuti rientranti in tali categorie, così come sono stati necessari ulteriori esempi.

• CATEGORIA F: inizialmente tale categoria non prevedeva sottocategorie, ma conteneva genericamente “ringraziamenti, avvisi e saluti”. Durante la fase di test è però risultato necessario specificare che i ringraziamenti erano “di circostanza” e suddividere ulteriormente i contenuti confluenti in questo gruppo in due sottocategorie:

o F1: ringraziamenti e frasi di circostanza rivolte ai clienti, saluti e auguri alla clientela.

o F2: avvisi e comunicazioni generiche ai clienti (anche singoli) che non prevedono ulteriori attività né da parte della banca, né da parte del cliente.

• CATEGORIA I

o Nella sottocategoria I2 è stato necessario specificare che tra i servizi erogati online rientra anche la gestione dei conti correnti (principalmente, nei commenti degli utenti si faceva infatti riferimento al servizio di home banking).

o In I4, invece è stato necessario specificare che l’insoddisfazione poteva riguardare il servizio ricevuto dalla banca nel suo insieme. Quindi anche segnalazione di più problemi e disservizi rientranti in qualsiasi ambito dell’attività bancaria, ma con preciso riferimento ad episodi (a

67 differenza della categoria P, dove proteste e critiche non sono riconducibili a fatti o episodi documentati).

• CATEGORIA N

o In N1 è stato necessario inserire la dicitura “Anche foto” dal momento che le banche, per creare engagement, richiedono ai propri fan/follower di commentare mostrando loro foto o immagini relative all’argomento di cui stanno parlando.

• CATEGORIA P

o Tra le critiche e i giudizi estremamente negativi sulla banca e le sue attività, si è ritenuto necessario inserire anche le critiche verso le attività solamente sponsorizzate dalla banca stessa.

• CATEGORIA Q

o Nell’ambito del gruppo Q3 è stato specificato che, oltre alle informazioni, vi rientrano anche altri tipi di contenuto (solitamente immagini) non interpretabili.

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70 Per quanto riguarda l’attività “dalla banca agli utenti”, il primo livello delle categorie di classificazione va a investigare tre ambiti: l’ambito commerciale, l’ambito promozionale e quello relazionale (i contenuti a seguire sono tratti da Gandolfo, 2017).

Figura 13: Classificazione di primo livello contenuti Out

Dell’ambito commerciale (categoria A) fanno parte quei contenuti che la banca pubblica per promuovere i propri prodotti e servizi finanziari, cercando di attrarre l’attenzione dei visitatori della pagina e convincerli ad acquistarli. In questo caso il social network viene utilizzato alla stregua di un qualsiasi altro media tradizionale, in ottica “one-to-many” e con finalità persuasiva.

La costruzione della reputazione, invece, viene perseguita attraverso le due categorie comprese nell’ambito promozionale, le categorie B e C. Infatti, qui non troviamo mai riferimenti a prodotti o servizi della banca, ma piuttosto a iniziative di carattere ludico (giochi, contest, eventi sportivi, concorsi) o riguardanti le iniziative no profit di cui la banca è promotrice o sostenitrice. Attraverso queste iniziative e la divulgazione di notizie di interesse generale, gli istituti bancari cercano di costruire la propria immagine (positiva) agli occhi non solo dei propri clienti, ma del pubblico in generale, andando a incrementare anche la propria awareness.

Le ultime tre categorie – D, E, F – rientrano invece nell’ambito relazionale. Tutti i post pubblicati rientranti in queste categorie sono volti a creare occasioni di contatto e stimolare la nascita di un dialogo diretto con i fan.

La categoria D, in particolare, contiene tutte le domande che la banca rivolge direttamente ai propri clienti-utenti nell’intento, oltre che di costruire un dialogo, di raccogliere maggiori informazioni sui loro comportamenti su temi di carattere

71 economico-finanziario e non solo: vi rientrano anche sondaggi su temi come attualità, ambiente, sport, comportamenti di consumo e abitudini personali.

Le risposte che la banca dà alle richieste e lamentele degli utenti rientrano nella categoria E, mediante la quale la banca svolge un servizio simile a quello del “customer

care”, andando ad assistere, per quanto possibile attraverso i social, gli utenti in

difficoltà. La categoria F, infine, racchiude ringraziamenti, avvisi e saluti, cioè tutte quelle comunicazioni da parte della banca che contribuiscono a creare un rapporto amichevole con gli utenti, facendo capire che la banca è composta di persone e che quindi è possibile stabilire un rapporto anche con l’istituzione.

Analogamente, anche il primo livello di classificazione dell’attività social dagli utenti alla banca può essere scomposto in relazione ai tre ambiti che si vanno a indagare: area customer care, area sviluppo della relazione, area uso improprio.

Figura 14: Classificazione di primo livello contenuti In

Nell’area customer care rientrano le prime due categorie (I e L). Qui si raccolgono reclami, proteste e segnalazioni di malfunzionamenti, ma anche domande e richieste di ulteriori informazioni riguardo i prodotti e servizi forniti dalla banca.

Le categorie M, N e O rientrano invece nell’area dello sviluppo della relazione. Rientrano in queste categorie i contenuti che gli utenti rivolgono spontaneamente alla banca come suggerimenti, sollecitazioni o complimenti, ma anche quelli in risposta alle domande poste dalla banca stessa agli utenti. Potremmo dire che qui si raccolgono tutti quei contenuti che la banca è riuscita, direttamente o indirettamente, a sollecitare. Raccoglie tutti quei contenuti che derivano dal coinvolgimento dei propri

72 L’area “uso improprio” (categorie P e Q) unisce quelle esternazioni dei fan/follower che sono avulse, non collegabili al contesto o a episodi accaduti o addirittura non interpretabili.

Per testare il grado di coerenza nei processi decisionali dei codificatori, occorre che ci sia una sovrapposizione nella codifica, cioè almeno due codificatori devono prendere decisioni sullo stesso materiale. I giudizi dei due codificatori possono così essere confrontati direttamente. Il loro grado di accordo può essere calcolato facendo ricorso a vari indici, tra i quali l’indice K di Cohen.

4.5.4 Il grado di coerenza: l’indice K di Cohen

Per verificare il grado di coerenza nel processo di codifica posto in essere dai coders, occorre verificare la sovrapposizione nelle codifiche: i giudizi sullo stesso materiale devono, almeno in parte, convergere. A tale scopo, nella content analysis sono solitamente coinvolti almeno due coders che analizzano lo stesso campione di rilevazioni. Attraverso questa doppia codifica del materiale, il giudizio dei coders può essere direttamente comparato.

Per valutare il grado di coerenza si cerca la percentuale di concordanza tra i coders. A tale scopo, i metodi più conosciuti sono tre: pi di Scott, Kappa di Cohen e Alpha di Krippendorff. Per questo studio si è deciso di utilizzare l’indice Kappa di Cohen.

L’indice Kappa di Cohen è un coefficiente statistico che rappresenta il grado di accuratezza e affidabilità in una classificazione. Esprime la concordanza reale, cioè escludendo quella dovuta al caso. È un indice di concordanza calcolato in base al rapporto tra l’accordo in eccesso e l’accordo massimo ottenibile (Potter e Levine- Donnerstein, 1999).

𝐾 =(𝐹0− 𝐹𝐶)

(𝑁 − 𝐹𝐶)

Dove:

N = Numero totale dei giudizi fatti da ciascun giudice; F0 = Numero di giudizi su cui i giudici concordano

73 FC = la percentuale di concordanza per effetto del caso

Se K = 1, allora la statistica rappresenta il caso ottimo. Infatti -1 < K < +1.

Esistono diversi "gradi di concordanza", in base ai quali possiamo definire se l’indice Kappa di Cohen risultante sia dovuto al caso oppure assuma valori ottimi (http://www.statisticshowto.com/cohens-kappa-statistic/):

• se k assume valore pari a 0, allora la concordanza è dovuta al caso; • se k assume valori compresi tra 0,1-0,2 allora la concordanza è minima; • se k assume valori compresi tra 0,21-0,4, allora la concordanza è scarsa; • se k assume valori compresi tra 0,41-0,6, la concordanza è moderata; • se k assume valori compresi tra 0,61-0,8 la concordanza è sostanziale • se k assume valori compresi tra 0,81-0,99 la concordanza è quasi perfetta; • se k assume valore pari a 1, la concordanza è perfetta.

Per il coefficiente di concordanza, devono esser realizzate le seguenti condizioni di validità:

1. Le unità sono indipendenti;

2. Le categorie della scala nominale sono indipendenti, mutualmente esclusive ed esaustive;

3. I giudici operano in modo indipendente. Queste assunzioni ne implicano altre due:

4. I giudici hanno lo stesso livello di competenza;

5. Non esistono restrizioni nell’attribuzione alle categorie.

Sebbene il coefficiente K debba essere superiore a 0,6 per avere una buona concordanza, nella ricerca qualitativa difficilmente può essere raggiunto un perfetto accordo tra diversi analisti, in quanto l’interpretazione, anche se guidata dallo schema di codifica, ha sempre una certa soggettività.

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5. RISULTATI DELLA RICERCA

5.1 Panoramica sui dati raccolti

Come spiegato nel paragrafo 4.5.2, la content analysis è un approccio analitico utilizzato per identificare la presenza di concetti e temi all’interno di serie di dati qualitativi. Tale analisi può essere considerata un metodo misto, in quanto si compone di step di analisi sia qualitativi che quantitativi.

L’unità di analisi, in questo caso, coincide con i contenuti pubblicati dalla banca e dagli utenti sulle 20 pagine Facebook e Twitter prese in analisi dal 01/03/2017 al 31/08/2017.

Il testo è stato codificato in categorie di primo e di secondo livello, rendendo possibile un’analisi quantitativa dei dati.

Tabella 3: Totale contenuti rivolti dalle banche agli utenti e dagli utenti alle banche

Nel periodo di monitoraggio sono stati raccolti, complessivamente, 20454 contenuti

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