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FEDERAZIONE ITALIANA DEI CENTRI SOCIALI

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Il m ovim ento dei centri sociali in Italia

Fatte queste premesse, lim itiam oci ora a considerare i centri sociali « isti­ tuzionalizzati », cioè gli organismi già esistenti, funzionanti com e tali, a n o i ormai noti e già organizzati. I centri sociali dove già si com pie una scuola di democrazia, dove cioè il m ovim ento di educazione degli adulti è sviluppato consapevolmente, con l’apporto dei gruppi utenti del centro.

N el nostro Paese esiste una Federazione Nazionale dei centri sociali; vi sono degli Enti che si occupano istituzionalmente dei centri sociali; vi sono già in realtà numerose esperienze, precise e valide, ricche di inten­ zioni e di significati, tanto che talvolta questi significati e intenzioni con ­ trastano, senza togliere niente — riteniam o — alla validità dei centri sociali, aggiungendo anzi una possibilità di più, una alternativa, una valida contraddizione.

N el nostro Paese si stampano alcune riviste che trattano con particolare interesse i temi dei centri sociali; sono state svolte sui centri varie in­ chieste; sono stati organizzati convegni di studio e seminari.

Cercando di seguire storicamente il cam m ino dei centri sociali, o per lo m eno il loro affermarsi nel cam po del servizio sociale, nel quale, almeno nel nostro Paese si p on gon o e deb b on o per forza di cose essere consi­ derati, com e prim o atto dobbiam o citare una inchiesta condotta dalla dottoressa Angela Zucconi, per con to del Consiglio E conom ico e Sociale

delle Nazioni Unite, che mirava ad accertare, attraverso un questionario,

la situazione in Italia dei centri sociali per un rapporto generale che ap­ punto l’O .N .U . intendeva pubblicare. Sulla base dell’inchiesta condotta, la Zucconi pu bb licò un articolo sul n. 16 di « Com unità » (dicem bre ’52), che è il prim o a tentare una precisazione teorica del centro, un censimento delle intenzioni e dei risultati correnti.

Accettata una definizione di centro sociale data dagli esperti francesi nella elaborazione del questionario O .N .U ., e svolta una serie di preci­ sazioni, proprio in rapporto alla situazione italiana, sugli elementi di tale definizione, la Zucconi concludeva il suo articolo con una pagina che riteniam o basilare:

« Il leader che si presentasse al « vicinato » come il suonatore di Hameln, (e la tentazione è fortissima) si accorgerebbe ben presto che il centro sociale

diventa fatalmente un punto di attrazione per ogni varietà di dilettanti, di falliti, di squalificati e di addomesticati. « Gli altri » possono interessarsi a queste iniziative, solo quando chi le sollecita, tiene presente il contesto, quel

« mondo migliore » non meglio identificato, per costruire il quale, comunque,

non si possono adoperare soltanto gli avanzi. Un centro sociale aperto sol­ tanto a individui dalle «munizioni bagnate », un centro sociale dal quale restassero escluse « le anime ad alta tensione », politica o religiosa, finirebbe

per essere un ennesimo istituto di ricovero, anziché Un modesto tentativo di rendere vera la democrazia.

Chi non tiene conto del contesto (l’azione sociale), immancabilmente abusa di queste tecniche del lavoro di gruppo (e la vita italiana ci offre più esempi di abuso che di uso); esse diventano artifici con i quali si tenta di imitare la vita spontanea, (si pensi ai comitati civici, ai villaggi del fanciullo, alle con­ sulte popolari, ecc...) o nei quali l’ ingenuo finirà di credere così ciecamente da sperare che essi soli bastino a produrre una migliore convivenza; peggio ancora se il leader è in mala fede; adopererà queste tecniche per assecondare e conservare il peggio negli individui e nella società; è il caso di quasi tutta la cosidetta educazione popolare, la quale zoppica con gli zoppi, si ubriaca con gli alcolizzati, chiude un occhio con i guerci, e tutto questo si chiama

« adeguarsi ai bisogni e ai gusti del popolo ».

Queste considerazioni non solo ci danno l’illusione che lo sviluppo indefinito del servizio sociale e in particolare dei centri sociali (la conquista delle città e delle campagne casa per casa) potrebbe bastare a risolvere i nostri problemi, ma ci fa propensi ad accentuare del servizio sociale proprio il suo aspetto di base avanzata, la sua funzione di osservatorio sociale: perchè il centro pre­ senta in nuce, i problemi e le soluzioni che altrove si manifestano « più grandi di noi » (del breve tempo concesso a una generazione della ristretta sfera di influenza di un individuo), comunque in proporzioni così smisurate, da sgomentare a priori la volontà di capire e di partecipare ».

Sull’indirizzo di questa pagina esemplare si sono mossi gli sforzi degli studiosi di servizio sociale e degli Enti, nel nostro Paese, tendenti a ordi­ nare un contatto tra gli stessi, in m odo che le esperienze assunte potessero circolare, al punto da stabilire u n ’unità di indirizzo e le forze di un m o­ vim ento. T a li persone ed Enti costituirono poi un C om itato di Iniziativa per la costituzione di una Federazione Italiana dei Centri Sociali, che stabilì, tra l’altro, — avocandosi un com pito di studio ed anche di coor­ dinam ento tra le attività dei vari centri — di condurre una inchiesta indiretta, attraverso un questionario diffuso in tutti i centri sociali e in tutti gli enti di servizio sociale, anche indirettamente interessati al pro­ blem a del centro. A ll’inchiesta era proposto il fine di censire quelle ini­ ziative condotte sulla base dei requisiti stabiliti dalla definizione di cen­ tro sociale accettata.

I risultati dell’inchiesta fu ron o pubblicati nel prim o num ero della rivista « Centro Sociale », — che uscì a R om a nel settembre del ’54, — proprio allo scopo di trattare il tema dei centri sociali, oltre che dell’educazione degli adulti e delle inchieste sociali — insieme ad un articolo d ’apertura « Centri Sociali in Italia » tratto dalla relazione di Angela Zucconi, dele­ gata alla riunione del Com itato Permanente della Federazione Interna­ zionale dei Centri Sociali, tenutasi a N apoli, dal 1° al 4 giugno ’54.

In quel prim o num ero della rivista, A ch ille A rdigò, trattando il tema degli Enti di riform a e dei centri sociali, scriveva: « Va subito precisato

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diretta e quindi legati ad una dim ensione di gruppo o comunità, che consenta relazioni umane dirette fra tutti i suoi soci. »; e insieme, L u d o ­

vico Quaroni, sul tema: Il centro sociale com e edificio, insisteva dicen do: « T u tto questo, mi pare, ci dovrebbe indicare il posto che il centro sociale

deve occupare nella città moderna, così com e l’ ha sem pre occupato, si sia chiamato agorà, foro, piazza o shopping center; sia stato di bancarelle 0 di rostri, di campanile o di torre com unale, di cinema e di negozi, di biblioteca, di parco e di campi di gioco. T u tto questo ci dovrebbe indi­ care, cioè, il posto sociale del luogo nel quale gli individui e i gruppi svolgono principalm ente la loro vita di relazione, dove costruiscono, at­

traverso il contatto con gli altri, la loro vita individuale. »

Ci sembra di dover rilevare che quanto premesso dalla Zucconi era esat­ tamente ripreso da A rdigò e da Quaroni, in m odo che il prin cipio teorico alla base dell’istituzione dei centri sociali, risultava orm ai chiaramente impostato ed espresso.

Da quel m om ento è possibile qu in di vedere con esattezza ed in rapporto ad un principio unitario e valido, la form azione e l’andamento dei centri, il loro sviluppo, e i prim i risultati raggiunti. Risultati che consentirono l’individuazione di numerose forze impegnate in questo settore di attività e l ’individuazione di alcuni problem i universalmente riscontrati, per la discussione dei quali fu allestito — a cura della costituenda Federazione Italiana — il Convegno sui Centri Sociali, svoltosi a Palazzo Canavese nel giugno ’56.1

1 Elenco degli Enti rappresentati al Convegno (in ordine alfabetico): — Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI)

— Centro Italiano Femminile (CIF)

— Ente Gestione Servizio Sociale Case per Lavoratori — Istituto Casa Mia di Napoli

— Istituto Italiano per i Centri Comunitari (IICC)

— Unione Italiana per la Lotta contro l ’Analfabetismo (U.N.L.A.) — U N R R A CASAS

— Y oung M en’s Christian Association (YMCA) Altri Enti rappresentati al Convegno di Palazzo: —- Amministrazioni Comunali

— Amministrazioni Provinciali

— Centro Educazione Professionale Assistenti Sociali (CEPAS) — Centro Relazioni Sociali Olivetti (CRS)

— Centro Sociologia della Cooperazione — Istituti Autonom i Case Popolari (I.A.C.P.)

— Istituto per il Rinnovam ento Urbano e R urale del Canevese (I-R U R ) — M ovim ento di Collaborazione Civica (M.C.C.)

— M ovim ento Comunità

— Opera Nazionale Assistenza Religiosa e M orale agli Operai (O.N.A.R.M .O.) — Società Olivetti

— Società Umanitaria — Rivista « Centro Sociale » — Rivista « Infanzia Anormale » —- Rivista « Scuola e Città » — Rivista « Urbanistica »

In quel Convegno vennero alla luce una serie di temi e dati interessanti, e già si delinearono le due grosse linee di impostazione che il m ovim ento dei centri sociali ha, com e m eglio vedrem o poi, assunto in Italia. Una, che si preoccupa programmaticamente dell’educazione degli adulti, che fa del centro, in definitiva, una sede tecnica e di servizio; l’altra, che dà al centro un significato più vasto di « scuola di democrazia », di lu ogo di incontro e di discussione, che ne fa il m otore della vita sociale e p o li­ tica della com unità interessata. Questa distinzione ha diverse ragioni ed è valida in questa fase transitoria; ma è soprattutto legata al particolare m om ento che il m ovim ento dei centri sociali sta attraversando; non c o ­ stituisce cioè una frattura incolm abile all’interno del m ovim ento stesso, tanto che si verifica all’interno di quasi tutti gli Enti organizzatori. E questo vu ol dire che n on deriva tanto dall’impostazione ideologica, quan­

to dalle pratiche possibilità.

E’ però anche da notare che gli Enti p u b b lici interessati ai centri, sono, per loro natura, portati a capire soprattutto la funzione dei servizi ed a restare agnostici di fronte ad u n ’intenzione largamente politica, nel senso sopradetto di scuola di democrazia.

Risalendo a quanto detto nelle premesse, la distinzione è stata anche det­ tata dalle caratteristiche dei territori, cioè dal fatto che alcuni Enti hanno istituito centri in zone rurali dai p iccoli paesi, o in n u ovi quartieri, o in com prensori di riform a, e qu in di hanno trovato quella predisposizione favorevole — cui si accennava all’inizio — ad uno sviluppo del centro, tendente a coprire tutto il paesaggio um ano a trecentosessanta gradi. Invece altri Enti si sono trovati ad agire nelle città o nelle zone in du ­ striali, a fondare centri che necessariamente hanno dovuto avere un ca­ rattere di servizio, proprio perchè l’am biente non poteva ricevere altro.

Enti organizzatori di Centri Sociali

Ma per vedere m eglio in pratica, com e queste due linee di principio si sono formate e com e, secondo esse, si è mossa e si m uove l’organizzazione dei centri sociali, sarà opp ortu n o considerare l’attività d i alcuni Enti o Istituti, e precisamente l ’attività dell’ U N R R A CASAS, dell’IN A CASA,

dell'U nione Nazionale p er la L otta contro l’A nalfabetism o, e dell’Istituto Italiano dei Centri Com unitari, che ci sembrano i più rappresentativi.

Naturalmente un censimento dei centri sociali non potrebbe escludere le istituzioni degli Enti di riform a Agraria, delle A .C .L .I., dell’Istituto

A u ton om o Case Popolari (I.A .C .P .), dell’E N A L , dell’ Y.M .C.A. e di altri

numerosi Enti.

L ’U N R R A CASAS e F IN A C A SA sono due Enti di edilizia popolare, che hanno ritenuto opp ortu n o affiancare alla loro attività materiale u n ’opera di assistenza per la ripresa e il reinserim ento sociale degli assegnatari dei

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loro alloggi; il primo, operando generalmente in zone rurali dell’Italia Centro-M eridionale; il secondo, su tutto il territorio nazionale e special- mente sui grossi centri urbani.

L ’U nione Nazionale per la lotta con tro l’Analfabetism o è un Ente morale che ha iniziato nel dopoguerra u n ’opera di diffusione dell’alfabeto, adot­ tando fin dall’inizio la form ula del centro sociale anche per risolvere i problem i di educazione di base.

L ’Istituto Italiano dei Centri Com unitari organizza tutti i centri com u ­ nitari del M ovim ento Com unità nel Piem onte e in altre regioni d ’Italia, proponendosi soprattutto i com piti di un organo di studio, di ricerca m etodologica e di consulenza.

L ’attività di alcuni Enti

U N R R A CASAS

L ’U N RRA CASAS iniziò nel ’47 una attività di assistenza sociale a favore delle famiglie assegnatane dei suoi alloggi, allo scopo di risolverne i problemi di emergenza, derivanti dal fatto che le stesse provenivano dai campi profughi, dai baraccamenti, dalle grotte, dalle lunghe peripezie dello sfollamento di guerra e si trovavano in una sede spesso nuova.

A un’assistenza del genere, subentrò un’assistenza più qualificata, che pian piano cominciò a considerare i problemi dei nuclei familiari come tali: la famiglia e il suo stato di bisogno; la famiglia e la casa; la famiglia e il suo stato sociale e morale; i rapporti fra i genitori, fra i genitori e i figli; allar­ gando il suo interesse anche ad alcuni problemi locali in relazione alle esigenze del gruppo degli assegnatari, cioè all’asilo, alla colonia, al patronato scolastico, ecc. A poco a poco, di fronte all’Assistente Sociale si presentò il gruppo degli assegnatari come tale, con tutti i suoi problemi di relazioni, sia all’interno che all’esterno. E spesso, giacché il CASAS era intervenuto in piccoli paesi delle zone rurali, dalle dimensioni comunitarie, spontanea­ mente, insieme al gruppo degli assegnatari, si presentò all’Assistente Sociale, con tutti i suoi problemi di rapporti e di espressioni sociali, l’intero paese. Allora, intorno alla sede allestita dall’Assistente Sociale, — magari soltanto per ospitare il gioco dei ragazzi, o il corso di economia domestica o di taglio e cucito per le madri di famiglia, — incominciarono a fiorire le iniziative dei vari gruppi, sia per una esigenza spontanea, sia perchè intanto l’Assistente Sociale aveva iniziato ad interessarsi al problema dell’educazione degli adulti, magari promuovendo la istituzione dei corsi sovvenzionati dal Ministero della Pubblica Istruzione.

Forse, per una pressione spontanea degli ambienti, gli Assistenti Sociali, e quindi l’Ente, capirono la necessità di sviluppare la loro azione su un piano comunitario, di affrontare le complesse situazioni locali, di sprigionare nelle popolazioni possibilità di libere iniziative che potessero ricondurle su un piano storico. Appare evidente, come tutto questo lavoro abbia potuto poi sfociare nella istituzione di numerosi centri sociali, coronando in questo modo tutte le iniziative fino a quel momento assunte, spesso dagli stessi gruppi che

ormai si muovevano, depositari di una cittadinanza, ad esercitare tutte quelle azioni che dalla cittadinanza stessa discendono.

Alcuni dei centri sociali U N R R A CASAS costituiscono veramente la sede di tutte le forze vive del paese o del quartiere, che si muovono in senso assolu­ tamente democratico, elaborando via via i temi della loro vita sociale. Pos­ siamo citare i centri dell’Abruzzo, fra i quali quelli di Orsogna, Pietransieri, e Castel di Sangro; i centri dell’Appennino Romagnolo; quelli della Ca­ labria (Scilla e Cutro), e quelli della Sicilia, di Gela, Regalbuto, Bufera. L ’U N R R A Casas è un Ente Statale, un ente cioè, che per la sua stessa posi­ zione pubblica, deve necessariamente pensare al centro soprattutto come a una sede di servizi e a una sede di educazione degli adulti, intesa, più che come una libera circolazione delle idee, come una diffusione di nozioni e di temi.

Riteniamo però che le azioni dei gruppi abbiano superato queste intenzioni dell’Ente, che non ammettono, per esempio, nelle biblioteche dei centri sociali la presenza di certi libri, di certi giornali politici e che non ammettono nell’ambito del centro la discussione dei temi politici, anche di carattere generale, sovrastanti le particolari interpretazioni dei partiti. I gruppi con la loro azione sono risaliti dai metodi della discussione al principio essenzial­ mente democratico che li fonda. Cioè, il problema democratico della convi­ venza, della ricerca di una cultura con il contributo di tutti, ha superato la funzione di servizio del centro, attraverso l’allenamento alla discussione, attraverso la fornitura di mezzi opportuni.

Forse si pone oggi per l’U N R R A CASAS il problema di capire questo, e di lasciare assoluta libertà ai suoi centri di vivere la loro vita fino in fondo, con tutte le conseguenze alle quali i gruppi vorranno mirare. Siccome non pensiamo che l’Ente possa volontariamente accettare tale principio, riteniamo che questi centri sociali potranno ancora vivere se riusciranno essi stessi ad acquistare la loro libertà, procurandosi da soli quei mezzi e quei servizi che l’Ente fino a questo momento ha loro concesso. E’ necessario cioè che i centri trovino la loro vita al di fuori della tutela dell’Ente, nella forza stessa d’ini­ ziativa dei gruppi locali, dei quali dovrebbero diventare patrimonio esclusivo. E questo ci sembra possibile proprio per il buon lavoro svolto dal CASAS, che ha posto le basi per una completa autonomia dei gruppi nella gestione dei centri.

IN A CASA

L ’INA CASA, per quanto abbia affidato le sue attività e la gestione dei suoi centri ad un Ente di Servizio Sociale appositamente istituito al di fuori della sua stessa figura giuridica di Ente pubblico, non ha potuto evitare quell’agno­ sticismo e quelle limitazioni, che abbiamo riscontrato anche nell’azione del CASAS, discendenti appunto dall’essere un Ente pubblico.

Anche U N A considera i suoi centri, come centri di servizio e come un dispen­ sario di mezzi tecnici per l’educazione degli adulti e per stabilire migliori relazioni tra le popolazioni insediate nei nuovi quartieri. Questa impostazione poi, è avvalorata dal fatto che, sorgendo i centri INA CASA in grossi quar­ tieri urbani, non hanno trovato quel preesistente ambiente favorevole, quella

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