• Non ci sono risultati.

Colore urbano e colore del paesaggio antropico: esperienze a confronto

PARCO NAZIONALE DELLE CINQUE TERRE

Piani del colore e riqualificazione urbana

I piani del colore come strumenti di riqualificazione urbana, con particolare riferimento all’adozione di specifiche politiche di recupero per i centri storici, fanno ormai parte da tempo delle strategie territoriali introdotte nelle discipline ambientali ed urbanistiche. Regioni come Liguria, Campania, Sicilia hanno ormai da alcuni anni legiferato in materia mettendo in risalto il carattere di pubblico interesse rivestito dal decoro urbano che, in definitiva, è stato posto come il principale obiettivo della regolamentazione nel trattamento del colore delle facciate. Con tale orientamento il “progetto colore” ha visto gradualmente riconoscere nell’intendimento della mano pubblica la valenza di strumento normativo autonomo, semmai da assimilare come linea guida o normativa tecnica di riferimento all’interno del regolamento urbanistico ed edilizio, oppure fare assumere direttamente allo stesso “progetto colore”, redatto in forma particolareggiata, il ruolo di un vero e proprio “piano attuativo” di recupero dell’edilizia storica.

Le esperienze condotte in questi anni, a cominciare dalla progettazione e pluriennale gestione del Piano del Colore del Centro Storico di Prato (cit.), corroborata dal dibattito prodotto in città1 e soprattutto dall’attività sviluppata in seno al Laboratorio per Affresco di Vainella, fino alla più recente elaborazione del

Progetto colore del Parco Nazionale delle Cinque Terre per il restauro del paesaggio antropico dell’edilizia storica2, mi hanno definitivamente convinto che,

in realtà, occorre orientare più marcatamente il recupero oltre l’obiettivo del decoro urbano per sviluppare le problematiche della conservazione e della valorizzazione dell’identità architettonica ed ambientale dei luoghi, obiettivi non meno rilevanti se valutiamo la specificità delle risorse culturali che ne sono interessate3. Occorre però sviluppare il piano del colore nella logica del restauro architettonico ed urbano, ovvero di una disciplina che implica come elemento

prioritario e qualificante dell’approccio conoscitivo il riconoscimento delle valenze storiche, culturali ed ambientali della città al fine di costituire attraverso questo il principale materiale progettuale4. Su questo particolare aspetto ho avuto modo di intervenire ancora nel 2003 in occasione degli scritti per Piero

Roselli, “Intorno al restauro. Monumenti,città territorio”5.

Valutazioni in progress sullo studio del colore

Abbiamo fin qui passato in rassegna alcune metodologie per lo studio del colore e delle superfici decorate dell’architettura con riferimento all’esperienza di Prato e gli studi preliminari in ambito fiorentino, ripromettendoci di presentare in un prossimo studio l’evoluzione applicativa per il restauro in maniera meno esemplificativa, anche per quanto concerne l’indagine diagnostica assistita dalla strumentazione scientifica in situ e in laboratorio. Tuttavia proprio a partire dall’esperienza di Prato, si è potuto accertare che per comprendere la tavolozza cromatica dell’architettura è necessario studiare le invarianti cromatiche che derivano dall’osservazione dei materiali lapidei, dei laterizi e degli intonaci neutri che caratterizzarono storicamente la città. Questo metodo è stato comunque utilizzato per stabilire, in assenza di cromie originarie, una possibile tavolozza di riferimento caratterizzante i colori matrice e le tinte madri che, nel tempo, sono derivate da questi, ricercando nell’ambito delle aree geografiche oggetto di studio, nei bacini litologici dei vari comprensori. In queste relazioni ambientali abbiamo trovato comuni affinità anche in situazioni molto diverse tra loro, come possiamo verificare confrontando i risultati degli studi condotti sulla in-colore Firenze e sulle policromie della Liguria, nella Riviera di Levante, con particolare riferimento al territorio del Parco Nazionale delle Cinque Terre, ed ancora in situazioni miste come quelle caratterizzanti le città della Toscana settentrionale e della costa.

Il metodo parte dal primo postulato elaborato sulla base delle osservazioni geologico-ambientali da Francesco Rodolico6 in relazione all’uso delle pietre locali

nella costruzione delle città d’Italia: “Già da tempo si fa strada il concetto della costruzione, quale prodotto del suolo dove sorge.”7

La constatazione che, non solo i villaggi, ma anche le città pre-moderne potessero dipendere nella loro espressione materica e, quindi, coloristica dall’impiego delle pietre locali, di più facile ed immediato approvvigionamento che la suggestiva teoria di Rodolico aveva ben posto in evidenza, dimostra la stretta relazione esistente tra l’area geografica di appartenenza (indicata dai bacini geo-ambientali di riferimento) e la pratica costruttiva maggiormente in uso nei luoghi d’origine. Soprattutto questi saranno i temi di ricerca da sviluppare nel prossimo futuro intorno allo studio del colore, garantendo tuttavia il necessario supporto tecnico attraverso la puntuale e costante verifica tecnologica nella ricerca delle più idonee metodologie applicative per la conservazione come per

l’innovazione. G.A.C.

1. Cfr. Atti della Giornata di Studio. Piano del Colore del centro storico di Prato. Gestione e tecnologie (a cura di G. Centauro e A. Fimia), in “Quaderni di conservazione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali” (Opus/6), Poggibonsi 1999.

2. Tale Progetto Colore è stato condotto nel biennio 2006/2207 dal gruppo di studio, diretto da chi scrive, in attività convenzionata tra Dires (Università degli Studi di Firenze) ed Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre, con la collaborazione di un gruppo di lavoro del D.S.A. (Università degli Studi di Genova), coordinato dalla prof. Luisa Cogorno e la consulenza esterna di Jorrit Tornquist, in ottemperanza al Bando della Regione Liguria (ai sensi L. R. 27/10/2003 n. 26 “Città e colori”) per il recupero delle marine e dei manufatti di impatto ambientale nell’ambito visivo dei centri storici di Monterosso al Mare, Riomaggiore e Vernazza.

3. G. Centauro, L’identità urbana attraverso il colore. I linguaggi cromatici del luogo (il caso di Prato), in Atti del Convegno Internazionale “Sicilia dei Colori” (a cura di A. Pes e M. Benfari), Palermo 12-13 Giugno 2003, Varese 2003.

4. Cfr. G. Centauro, I Piani del colore nelle problematiche del Restauro urbano, in “Quasar” Quaderni di storia dell’architettura e restauro, 23, Firenze 2000, pp. 183-186.

5. Si veda, al riguardo: G. Centauro, Nuove frontiere per il Restauro Urbano: dalla lettura dell’ambiente all’analisi comprata della scena urbana, in “Storia e Restauro/ 11”, Firenze 2003, pp. 105-122.

6. Cfr. F. Rodolico, Le Pietre delle città d’Italia (op. cit. ), Firenze 1953-1964. 7. Ivi, p. 3.

Piano del colore del centro storico di Prato (1999-2004), Casa Mazzanti, es. di restauro degli apparati decorativi e dei graffiti di facciata: a sinistra, la facciata in degrado, ancora coperta da scialbi pittorici a tempera; a destra, la stessa dopo l’intervento conservativo e di ripristino pittorico.

In alto, a sinistra, Casarza Ligure es. di risseau; a destra, Ponzo (SP) e Maissana

Sopra, Riccò del Golfo, antica fornace per la realizzazione della calce cosiddetta “selvatica”; a destra e sotto, Loc. Casella (SP), intonaco grezzo derivato dall’impasto di calci locali e terre prelevate dal tor- rente Riccò

Chiavari, loc. Rovereto, fregio pittorico Calcare Rovereto

A sinistra, Corniglia (SP), architettura dipinta con archetti pensili; a destra, Monterosso al Mare (SP), elementi architettonici in serpentina

Cava di diaspro in località Rocchetta (SP). Sopra, Monterosso al Mare (loc. Soviore), cromie tradizionali che ri- chiamano i colori delle terre locali.

Sotto, scisti policromi di colore rosso vinaccia e grigio presso lo sco- glio Galera.

Sopra, i colori delle Cinque Terre studiati per la riproducibilità Sotto, Riomaggiore, ambiente urbano, le diverse policromie

“Genius loci” e recupero edilizio