3.1 La l.r 69/2007: modello da seguire o occasione persa?
3.1.3 Partecipazione “mediata” e distorsione delle pratiche Alcune
Non ho intenzione di tracciare alcun bilancio relativo alla messa in pratica della l.r. 69/2007. Propongo invece di evidenziare - anche con riferimenti ad esperienze realizzate o mancate - quelle che ritengo essere state le più rilevanti criticità, di natura sia tecnica che pratica. L’analisi di tali elementi mi sembra imprescindibile qualora si aspiri ad ottenere una valutazione obiettiva, da cui ripartire per costruire un eventuale nuovo disegno di legge. Il primo aspetto degno di attenzione riguarda il percorso
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Sulla homepage dell’Autorità, nella sezione “Processi partecipativi” sono contenuti tutti i materiali
citati. Per ogni riferimento si veda
http://www.consiglio.regione.toscana.it/partecipazione/default.aspx?nome=home 20http://www.consiglio.regione.toscana.it/partecipazione/default.aspx?nome=rapporti 21 Art. 5 comma 1 lettera f) l.r. 69/2007.
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preliminare che ha condotto alla stesura del provvedimento. La l.r. 69/2007 ha rappresentato una decisa innovazione anche in questo campo. Il testo definitivo è infatti scaturito da un processo di meta-partecipazione, che ha provato a coinvolgere già in fase di progettazione una fetta di cittadini qualunque. La Regione Toscana ha investito molto su questo aspetto, evidenziandone in fasi successive il carattere di grande democraticità. Tuttavia per non abbandonarsi a facili entusiasmi richiamati da un’idea di partecipazione che si rivela fin troppo astratta, credo sia opportuno ricostruire in maniera analitica le tappe ed i protagonisti di questo percorso.
Nel 2006 la regione promuove un ciclo di incontri pubblici con l’obiettivo di includere la popolazione in un’elaborazione congiunta della nuova legge. Il carattere di questi incontri è principalmente preparatorio, in vista dell’Electronic Town Meeting (ETM)22 tenutosi il 18 novembre 2006 a Marina di Carrara, vero e proprio momento cardine della progettazione legislativa partecipata. Già in sede di riunioni preliminari emergono le prime, rilevanti difficoltà, riguardanti il ruolo di quei comitati ed associazioni “che hanno dato luogo alle vertenze più conflittuali con gli enti locali toscani”.23 Questi soggetti, dopo aver presenziato ai primi incontri pubblici promossi dalla Giunta, successivamente si defilano, accusando le istituzioni di tenere un atteggiamento “escludente, evasivo, poco credibile a fronte delle mancate risposte alle loro istanze.”24. Tuttavia la posizione di queste associazioni non è di semplice rifiuto,
22
Questo strumento, dalla forte connotazione deliberativa, riunisce un numero di partecipanti molto più alto rispetto ad altri procedimenti - quali ad esempio le Giurie di cittadini. In una prima fase gli attori coinvolti si trovano a discutere in piccoli gruppi, e solo successivamente sono chiamati ad esprimere le loro preferenze, anche grazie all’aiuto delle moderne tecnologie come il televoto. Per una chiara e concisa introduzione ai meccanismi dell’ETM si veda A. C. Freschi, L. Raffini, Processi deliberativi
istituzionali e contesto politico. Il caso della Toscana, in Stato e Mercato, n°83, Agosto 2008, pp. 279-315.
In particolare le pp. 284-286.
23 Cit. Ivi, p. 291.
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ma si traduce in una bozza di proposta di legge alternativa, adeguatamente motivata, inviata ai membri del Consiglio Regionale.25 Di questa proposta non compare alcuna traccia né all’interno del portale web dedicato al processo partecipativo in atto, né nella successiva agenda dell’ETM. Adottando un atteggiamento di sostanziale chiusura nei confronti di un importante attore sociale - quella fascia di cittadini attivi in un contesto prevalentemente extraistituzionale - il processo di costruzione della legge prosegue senza sosta. Gli incontri preparatori, oltre che ad informare, servivano anche quali occasioni di reclutamento per i partecipanti all’ETM. Le modalità di selezione prevedevano l’iscrizione volontaria degli interessati. Questa scelta - che personalmente sono portato a condividere - per risultare efficace ha bisogno di essere accompagnata da un costante, capillare, lavoro di informazione sul territorio. Una componente che non sembra essersi realizzata compiutamente nel caso toscano:
“La pubblicizzazione degli incontri territoriali preparatori appare spesso poco tempestiva e diffusa, con il risultato di non riuscire a raccogliere un pubblico nuovo rispetto alle reti associative partner usuali dell’attore regionale. Questa fase di «ascolto del territorio» sembra quindi svolgersi in modo abbastanza mirato. Ciò non ha favorito la circolazione dell’informazione verso un pubblico più vasto e politicamente meno attento: le difficoltà a reclutare i partecipanti all’ETM sono state superate solo con notevoli sforzi, ricorrendo alle scuole e ad alcune associazioni.”26
Lo scarto tra le potenzialità interne dell’ETM - strumento capace di ricreare un microcosmo rappresentativo della popolazione - e le modalità effettive di informazione e selezione che si sono manifestate in questo particolare contesto ha portato alla composizione di una platea profondamente asimmetrica. Nonostante le dichiarazioni entusiaste di alcuni membri delle istituzioni sulla presunta
basso, con rischi simili a quelli che i comitati ritengono di aver sperimentato con l’istituzione di una competenza assessorile alla partecipazione.” Cit. Ibidem.
25
La lettera completa può essere consultata all’indirizzo
http://associazioni.comune.firenze.it/idra/Osservazioni%20partecipazione%20CRT,%2022.11.'07.htm
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rappresentatività dei “cinquecento toscani” che avrebbero preso parte all’evento, uno sguardo più attento ci consegna elementi contrastanti.27 Esclusa la composizione di genere il campione di cittadini presenti all’ETM non risulta rappresentativo della popolazione regionale. Alcune categorie - disoccupati, pensionati, casalinghe - sono decisamente sottorappresentate, mentre altre - ad esempio gli studenti - sono in sovrannumero rispetto alla media.28 Al di là delle caratteristiche demografiche ed occupazionali, nella platea dei partecipanti è evidente un’ulteriore asimmetria. La maggior parte dei cittadini coinvolti dichiara un grado di interesse alto - o addirittura molto alto - nei confronti della politica, con percentuali lontanissime da quelle riscontrabili in analoghe ricerche svolte sulla popolazione regionale e su quella italiana. In particolare nel caso dell’ETM spicca la presenza di cittadini schierati all’interno della caratteristica subcultura rossa dominante. Un ulteriore elemento distorsivo per la buona riuscita del procedimento deliberativo è rappresentato dalla presenza di “un’ampia quota di amministratori locali, leader e attivisti di movimenti, associazioni e partiti, operatori dell’emergente settore della partecipazione e ricercatori”.29 Una sovra-rappresentazione di questo tipo è stata giustificata dai promotori con la necessità di dover includere nell’evento sia il personale amministrativo direttamente toccato dalla legge in discussione, sia esperti capaci di offrire preziose competenze in materia. Tuttavia ritengo che questa scelta abbia avuto profonde conseguenze sulle effettive modalità di svolgimento della giornata, indirizzando la discussione verso esiti ben poco inclusivi. Nel corso dei lavori lo squilibrio iniziale tra cittadini comuni ed
27
Per addentrarmi nell’analisi della platea dell’ETM toscano mi riferisco in particolare ai risultati contenuti nello studio di E. Cellini, A. C. Freschi, V. Mete, Chi delibera? Alla ricerca del significato politico
di un’esperienza partecipativo-deliberativa, in Rivista Italiana di Scienza Politica, Anno XL, n°1, Aprile
2010, pp.113-144.
28 Si veda ivi, pp. 122-123.
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“esperti della partecipazione” è andato aumentando, favorendo da parte di questi ultimi l’assunzione di una posizione dominante all’interno del dibattito. Lo scambio dialogico caratteristico di un contesto deliberativo ha lasciato il posto alla presentazione di opinioni già definite, poco permeabili, espressione di interessi canalizzati. Si è venuta a creare una rete di relazioni parallela a quella “ufficiale” prevista dall’ETM, una rete in cui i diversi opinion leaders “spesso compagni di percorsi politici ed associativi, si muovono tra i tavoli per consultarsi, scambiarsi impressioni su come sta procedendo l’esperienza e sulla sua finalizzazione”.30 Questa dinamica ha provocato un effetto inatteso: è emersa la richiesta - non prevista apertamente all’inizio dei lavori - di continuare sul sentiero partecipativo intrapreso con l’ETM. Tuttavia alla domanda degli organizzatori su quali fossero le modalità più adatte per tale prosecuzione è prevalsa la posizione che prevedeva la nomina di un rappresentante per ogni tavolo, e con essa la nascita di una delegazione da coinvolgere nelle tappe successive di formulazione della legge. Questo nuovo organismo ha sancito in maniera definitiva la scomparsa della figura del cittadino qualunque il cui apporto, già esiguo, si è esaurito dopo la giornata dell’ETM. Composta esclusivamente da esperti in materia, la rappresentanza dell’ETM riflette la posizione di chi ritiene che la partecipazione sia un’arte, una materia complessa padroneggiabile soltanto da pochi “eletti”. Nel caso toscano questi ultimi non hanno fatto alcuno sforzo per condividere le loro conoscenze con porzioni più ampie della popolazione. Al contrario le due riunioni successive in cui sono stati coinvolti hanno visto prevalere una dinamica di chiusura ulteriore31, e il neonato organo si è trasformato ben presto in una sede semi-
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Cit. Ivi, p. 301.
31 “Non sono del resto stati attivati verso i partecipanti dell’ETM canali di comunicazione orizzontale
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istituzionale coinvolta nei tradizionali meccanismi regionali di concertazione. Quale giudizio dare, allora, dell’esperienza dell’ETM? Indubbiamente si è trattato di un’innovazione importante che, se correttamente sviluppata, avrebbe potuto produrre risultati significativi in termini di contributo popolare alla stesura della normativa. Tuttavia l’atteggiamento di istituzioni ben poco interessate ad includere nel processo i gruppi più “impegnati” ha provocato la nascita di un dialogo povero. Un dialogo tra amministrazione ed alcuni soggetti sociali - personalità singole o associazioni - ad essa molto vicini, che ha finito per annullare le potenzialità innovative del processo deliberativo:
“L’introduzione di una «metodologia» che si proponeva di modificare forme e significati della partecipazione, in un contesto denso di esperienze sia spontanee sia istituzionalizzate, non ha intercettato nuovi interlocutori né fra i cittadini comuni, né fra gli stakeholder più distanti, e tanto meno un pubblico di centro-destra, minando le precondizioni della deliberazione pubblica. Da questo punto di vista, il dispositivo partecipativo-deliberativo ETM non ha comportato, né per metodi né per attori coinvolti, una sostanziale innovazione delle forme di concertazione, variamente allargata, ordinarie nella regolazione politica toscana, se non sul piano del rilancio simbolico.”32
Se si vanno ad analizzare i contenuti concreti della normativa emergono ulteriori elementi problematici, i quali meritano un’attenta analisi. In primo luogo mi sembra importante sottolineare la presenza di uno scarto consistente tra gli obiettivi della legge e gli strumenti da questa introdotti per il loro raggiungimento. Seguendo la linea interpretativa proposta nel cap. 2 sono portato ad affermare che le principali finalità della l.r. 69/2007 - inclusione, promozione della partecipazione come forma ordinaria di governo, valorizzazione dei saperi pratici, giustizia sociale - siano
parte della segreteria dell’Assessorato competente per informare sui progressi dei lavori i partecipanti all’ETM. Né i promotori, né i rappresentanti dell’ETM hanno pensato di aprire spazi virtuali fruibili da tutti i partecipanti per favorire una discussione allargata sui documenti in progress”. Cit. Ivi, p. 305.
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pienamente riconducibili al paradigma della democrazia partecipativa. Tuttavia le modalità previste per la messa in pratica di questi obiettivi sembrano in parte discostarsi da questo modello, privilegiando forme e strumenti caratteristici di una visione deliberativa della democrazia. In particolare mi riferisco al ruolo deputato all’Autorità. L’introduzione di una figura imparziale nel panorama fluido di una legge sperimentale sulla partecipazione è stata senza dubbio una significativa garanzia per assicurare il corretto svolgimento dei processi, al riparo da derive manipolatorie. Inoltre, sebbene la forma monocratica di questo organo possa suscitare alcune perplessità sul suo carattere democratico, credo che questa scelta sia condivisibile. L’eventuale creazione di un “Consiglio per la partecipazione”, possibilità che è stata discussa in sede di scrittura della legge, avrebbe portato alla nascita di una ulteriore struttura amministrativa, del tutto simile - ed affiancata - agli organismi istituzionali regionali. Con il rischio concreto che, in questa forma, anche l’Autorità avrebbe dovuto sottostare a quella logica partitica di “spartizione delle poltrone” che caratterizza le dinamiche politiche, vedendo fortemente ridimensionato il suo ruolo di soggetto super
partes. La decisione di ricorrere ad un’Autorità monocratica mi sembra dunque
adeguata. Non posso dire altrettanto di alcuni dei compiti affidati a questo nuovo organo. Da un lato mi sembra inevitabile doverle conferire il potere di valutare i progetti pervenuti, e quello di decidere quali di essi ammettere al sostegno regionale e quali rifiutare - vista la sostanziale impossibilità economica di soddisfare tutte le richieste presentate. I dubbi più rilevanti provengono invece dall’affermazione secondo la quale l’Autorità “elabora orientamenti per la gestione dei processi partecipativi”.33 In altre parole il parere dell’Autorità in merito all’adeguatezza di un
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determinato strumento partecipativo è un criterio vincolante per la sua realizzazione. Se un soggetto sociale presenta un progetto strutturato - ad esempio una Giuria di cittadini - l’Autorità può legittimamente obiettare che quella precisa modalità non sia la più adatta allo specifico contesto di applicazione, proponendo strumenti alternativi ritenuti più coerenti con le finalità perseguite. Il soggetto proponente deve necessariamente adeguare la sua richiesta alle indicazioni provenienti “dall’alto” se non vuol veder sfumare le possibilità di accesso al sostegno regionale. Questa dinamica rischia di provocare gravi distorsioni in sede di realizzazione. L’imposizione di forme partecipative diverse da quelle originariamente previste potrebbe infatti portare alla deviazione dagli obiettivi iniziali, e alla creazione di contesti dialogici fin troppo freddi, manipolati, in cui non si manifestano a pieno quelle posizioni - anche di natura conflittuale - che avrebbero potuto essere analizzate, ricomprese, e forse superate ricorrendo ad un processo partecipativo più spontaneo.
A questo proposito vorrei analizzare un esperimento inclusivo portato avanti a Castelfranco di Sotto, comune di 13000 abitanti situato nel distretto industriale del Valdarno Inferiore.34 Ritengo importante il caso di Castelfranco poiché, oltre a confermare i timori appena espressi, chiarisce ulteriormente quello che mi pare essere il vero atteggiamento delle istituzioni regionali in materia di partecipazione. L’oggetto del contendere riguardava la richiesta di installazione, da parte di un’impresa privata (Waste Recycling), per un “pirogassificatore”: un impianto di smaltimento dei rifiuti di
ultima generazione, mai realizzato prima di allora. La notizia provoca fin da subito la
34 Per una ricostruzione analitica della vicenda si veda Floridia, La democrazia deliberativa: teorie … , pp.
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reazione dei cittadini, i quali si uniscono in un comitato35 che in breve tempo raccoglie numerose adesioni, acquisendo forza e potere comunicativo in grado non trascurabile. L’amministrazione comunale di Castelfranco, di fronte ad una situazione potenzialmente esplosiva, ricorre all’Autorità, chiedendo l’apertura di un processo partecipativo che “non sia fatto per comunicare una decisione già presa ma per raggiungere una decisione condivisa ascoltando il parere di cittadini, associazioni ed esperti”.36 La richiesta viene accolta, e l’Autorità indica quale modalità di svolgimento la Giuria di cittadini, nella sua versione più “ortodossa”. Il fronte del no al pirogassificatore, inizialmente scettico riguardo l’effettiva terzietà del processo37, decide di essere comunque coinvolto. Viene formato un “comitato di garanzia” i cui membri sono scelti da tre saggi appositamente eletti in una seduta del Consiglio Comunale (con voto bipartisan). La composizione di questo comitato di stakeholders ha evidenziato una asimmetria pericolosa per gli obiettivi della Giuria, dal momento che i soggetti contrari alla realizzazione dell’opera sono risultati da subito essere la maggioranza. Il comitato di garanzia si è così trasformato in un “comitato di indirizzo”, condizionando pesantemente l’operato dei giurati.38 A questo problema se ne è aggiunto uno ulteriore, relativo alle modalità di selezione dei partecipanti. Il reclutamento è stato effettuato tramite contatti telefonici, e non appena la notizia si è diffusa “il passaparola dei comitati avvertiva parenti, amici, conoscenti, invitandoli ad
35
http://www.comitatoantinquinamentocastelfranco.it/
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Pirogassificatore, parola ai cittadini. Il Comune avvia il percorso partecipativo, Il Tirreno, 12 settembre 2010, p.9.
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“Le ragioni del rifiuto del processo sono tipiche: essendo la Regione favorevole a questo tipo di impianti ed essendo finanziato dalla stessa Regione e anche cofinanziato dall’azienda interessata, ergo si doveva trattare di un processo già orientato a un certo risultato.” Floridia, La democrazia deliberativa:
teorie … , Cit. p. 153.
38
“Un processo che, per il suo oggetto, avrebbe richiesto una paziente opera di mediazione, è stato, in un certo senso, costretto entro un modello deliberativo puro; ma i comportamenti strategici, come era nell’ordine delle cose, si sono presi la loro rivincita, e sono riemersi prepotentemente”. Cit. ivi, p. 155.
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accettare la nomina come giurati”.39 Queste deviazioni hanno portato ad avviare un procedimento di tipo strettamente deliberativo - che dovrebbe essere caratterizzato da preferenze iniziali deboli e dalla presenza di un’informazione il più imparziale possibile - con un pubblico prevalentemente di parte, chiamato ad interagire con esperti anch’essi già schierati e ben poco disponibili a rivedere le proprie idee. Una polarizzazione di questo tipo ha impedito il raggiungimento dell’obiettivo iniziale: invece di creare un dialogo tra opinioni informate in materia di pirogassificatore, il verdetto della giuria non ha fatto altro che ratificare la posizione dominante all’interno della collettività. Un risultato di questo genere va certamente considerato come espressione autentica della volontà popolare - è indubbio che la maggior parte della comunità di Castelfranco fosse contraria alla realizzazione dell’impianto - ma non è in linea con le finalità perseguite dai promotori del procedimento.
L’Amministrazione, nonostante lo scarto tra gli obiettivi e le determinazioni conclusive della Giuria, decide comunque di rispettarne i risultati, e il 21 aprile 2011 il Consiglio Comunale sancisce all’unanimità la bocciatura del pirogassificatore. La contrarietà all’installazione dell’impianto si estende anche ad un livello istituzionale più “elevato”. Sia il Consiglio Provinciale che la Conferenza Provinciale dei Servizi40 si pronunciano per il no. A questo punto entra prepotentemente in gioco l’amministrazione regionale, con un intervento che provoca conseguenze rilevanti non solo per il caso specifico di Castelfranco, ma a mio avviso per l’intero impianto della l.r. 69/2007. Nell’agosto 2011 viene approvata una proposta di legge che sancisce una
39 Cit. Ivi, p. 157.
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profonda svolta decisionista in materia di grandi opere strategiche. La l.r. 35/201141 ridefinisce le competenze decisionali relative a quelle opere la cui realizzazione - per qualsiasi ragione - risulti bloccata, attribuendo poteri sostitutivi al Consiglio Regionale al fine di garantire il completamento del progetto nei tempi stabiliti. Questa normativa si applica indistintamente sia alle opere pubbliche che a quelle opere private di interesse strategico, la cui realizzazione concorra al raggiungimento di qualificati obiettivi dell’azione regionale. La Waste Recycling non si lascia sfuggire la ghiotta occasione, ed attiva immediatamente l’iter procedurale per usufruire della nuova norma. La richiesta viene accettata, e il 9 novembre 2011 la Giunta Regionale manifesta il suo parere favorevole alla realizzazione dell’impianto di Castelfranco. Sebbene questo pronunciamento non avesse valore vincolante poiché l’ultima parola era comunque di competenza della Provincia, è innegabile il peso politico di una scelta di questo tipo. Gli organi del governo locale subiscono una profonda delegittimazione: sono costretti a rivedere le loro posizioni, ratificando una scelta imposta dall’alto per non rischiare di dar vita ad un conflitto interistituzionale da cui non avrebbero nulla da guadagnare. Si assiste così al dietrofront da parte della Provincia di Pisa, che il 23 dicembre 2011 è costretta a cedere, approvando una soluzione che autorizza l’installazione “sperimentale” - della durata di un anno - del pirogassificatore.42 Questo ultimo atto provoca un irreversibile inasprimento del conflitto tra i diversi livelli istituzionali. La vertenza sull’impianto di Castelfranco si è spostata nelle aule di tribunale, e ad oggi è ancora difficile intravedere la sua soluzione. Qualunque essa sia
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“Misure di accelerazione per la realizzazione delle opere pubbliche di interesse strategico regionale e per la realizzazione di opere private”. Per il testo completo della legge si veda
http://raccoltanormativa.consiglio.regione.toscana.it/articolo?urndoc=urn:nir:regione.toscana:legge:201 1-08-01;35
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Proposta presentata dalla Waste Recycling in sede regionale, contestualmente alla richiesta di applicazione della l.r. 35/2011. A questo proposito si veda Floridia, La democrazia deliberativa: teorie … ,