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Partenariato Pubblico Privato nella normativa del 2016

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4.1 COMPATIBILITA’ TRA PROJECT FINANCING E DIALOGO COMPETITIVO

Il problema della compatibilità tra gli istituti ha suscitato notevole interesse in dottrina, fin da quando il project financing è comparso nell’ordinamento giuridico italiano, ad opera della Direttiva 2004/18/CE.

Sul rapporto tra i due istituti la Direttiva in parola si limitava a dettare una disciplina piuttosto scarna.

La complessità di definire tale rapporto si riflette sulla diversa portata che, durante i lavori preparatori, ha assunto l’art. 58 del Codice che, come detto, recepisce l’art. 29 della Direttiva, prevedendo nell’uno una disciplina più esaustiva di quella contenuta nell’altro, che riguarda, in particolare, proprio il rapporto tra gli istituti in argomento.

La soluzione adottata in un primo momento nel Codice, nella versione non definitiva del 13 gennaio 2006, sembrava, infatti, chiarire definitivamente la questione, in quanto l’art. 58, comma 18, prevedeva espressamente che “Nel caso in cui siano state presentate proposte ai sensi dell’articolo 153, le stazioni appaltanti possono ricorrere al dialogo competitivo quando nessuna delle proposte corrisponde all’interesse pubblico ai sensi dell’articolo 154. In tal caso i soggetti che hanno presentato le proposte sono ammessi a partecipare al dialogo di cui al comma 6”.

Nella versione definitiva del Codice, tuttavia, il comma 18 risulta completamente mutato, in quanto si prevede che “Le stazioni appaltanti non possono ricorrere al dialogo competitivo in modo abusivo o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza”.

L’originaria versione del comma 18 dell’art. 58 del Codice sembrava disciplinare due tipologie di dialogo competitivo.

Si noti, infatti, come il primo e l’ultimo comma dell’art. 58 presentavano una notevole differenza, circa il rispettivo ambito di applicazione oggettivo, in quanto il primo rimetteva ad una valutazione discrezionale dell’amministrazione procedente l’opportunità/necessità di ricorrere alla procedura del dialogo competitivo, mentre l’ultimo comma sembrava maggiormente forzare l’amministrazione, in quanto si prevedeva che questa potesse ricorrere al dialogo in ordine alla procedura di finanza di

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progetto solo “[...] quando nessuna delle proposte corrisponde all’interesse pubblico [...]”.

L’originario ambito di applicazione oggettivo dello strumento negoziale di cui all’art. 58 stimolava a svolgere alcune considerazioni.

Ci si chiedeva, in particolare, se fosse necessario e sufficiente che, per poter ricorrere alla procedura del dialogo competitivo nel caso di cui agli artt. 153 ss., si verificasse lo specifico presupposto della mancanza di proposte di pubblico interesse (art. 58, ult. comma), ovvero se, accanto a tale presupposto, l’amministrazione dovesse trovarsi al cospetto di un appalto particolarmente complesso (art. 58, comma 1).

Dalla lettura testuale sembrava si potesse concludere che l’ultimo comma del disposto fosse una norma di chiusura che, rispetto all’ambito di applicazione dello strumento negoziale di cui al primo comma, presentava caratteri specializzanti. Seguendo tale impostazione, atteso che “lex specialis derogat generali”, non sarebbe stato irragionevole affermare che l’amministrazione fosse legittimata a ricorrere alla procedura del dialogo competitivo tutte le volte in cui non le fossero pervenute proposte di pubblico interesse, senza che sarebbe stato, altresì, necessario che ricorresse un’ipotesi di appalto particolarmente complesso.

In realtà, ammessa l’astratta compatibilità tra le due procedure in esame, in concreto queste non sembravano esserlo affatto.

Già dalla prima versione dell’art. 58, comma 18, infatti, risultava difficile ammettere l’assoluta ed incondizionata compatibilità tra dialogo competitivo e project financing, giacché la norma che permetteva di valutare se e in quale misura, tra le due procedure vi fosse o meno compatibilità risultava essere l’art. 152, comma 2, Codice, che recita “Si applicano inoltre, in quanto non incompatibili con le previsioni del presente capo, le disposizioni del titolo I (contratti di rilevanza comunitaria) ovvero del titolo II (contratti sotto soglia comunitaria) della parte II (contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture nei settori ordinari), a seconda che ’importo dei lavori sia pari o superiore alla soglia di cui all’articolo 28, ovvero inferiore”.

Tale disposto, infatti, dopo aver stabilito al comma 1, la disciplina comune applicabile alla procedura di project financing, detta una clausola (quella del comma 2) generale (“Si applicano [...] in quanto

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non incompatibili [...]”), destinata a dirimere eventuale dubbi interpretativi.

Il disposto di cui all’art. 152, non ha subito modifiche rispetto alla sua originaria versione.

L’istituto del dialogo competitivo è regolato nella Parte II, Titolo I, Capo III, Sezione I (recante “Oggetto del contratto e procedura di scelta del contraente”) del Codice. Tale disciplina da ultimo richiamata non risulta, com’è evidente, tra quelle che il legislatore richiama espressamente nel comma 1 dell’art. 152, sicché l’asserita compatibilità tra le procedure del dialogo competitivo e della finanza di progetto avrebbe dovuto essere vagliata alla stregua del criterio della non incompatibilità tra le disposizioni che disciplinano le due diverse procedure di affidamento (comma 2).

Sulla base di quanto esposto era possibile svolgere alcune ulteriori riflessioni.

In primo luogo, già dalla lettura dell’art. 152 del Codice risultava chiaro come le due procedure fossero affatto dissimili, e il legislatore sembrava espressamente prevedere, al comma 1, una compatibilità, per cosi dire, “legale”, tra la disciplina relativa alle procedure di affidamento di cui agli artt. 153 ss. e le disposizioni del Codice richiamate al comma 1; compatibilità legale in quanto era lo stesso legislatore che ne legittimava la operatività. Quando, invece, il legislatore non determinava espressamente la compatibilità, come al comma 2, è l’interprete che avrebbe dovuto verificarne l’ammissibilità in concreto.

In secondo luogo, le procedure in rassegna non sembravano poste sullo stesso piano, in quanto l’una (il dialogo competitivo) era subordinata alla mancata possibilità di ricorrere all’altra (procedura “ordinaria” di finanza di progetto), e l’alternatività era dimostrata dalla locuzione limitativa “quando” di cui all’art. 58, comma 18 del Codice (“[...] le stazioni appaltanti possono ricorrere al dialogo competitivo quando nessuna delle proposte corrisponde all’interesse pubblico ai sensi dell’articolo 154 [...]”).

In terzo luogo, per espressa previsione legislativa, al dialogo competitivo si sarebbe potuto far ricorso quando l’amministrazione non fosse stata in grado di seguire la “ordinaria” procedura di affidamento, vale a dire quando essa si fosse trovata di fronte ad appalti particolarmente complessi e previa verifica della non

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corrispondenza delle proposte all’interesse pubblico (art. 58, comma 18).

Ne conseguiva che se all’amministrazione non fossero pervenute proposte di pubblico interesse (comb. disp. artt. 153-154 del Codice, a cui rinvia l’art. 58, comma 18, dello stesso Codice) non sarebbe stato individuabile neppure un promotore, perché se questi fosse stato individuabile sarebbe venuta meno la stessa ratio che giustificava, già sotto il profilo dogmatico, il ricorso ad una procedura, il dialogo competitivo, che, in ogni caso, è del tutto eccezionale. Proprio siffatta eccezionalità, inoltre, implicava che il ricorso alla procedura de qua dovesse essere specificamente motivato “[...] in merito alla sussistenza dei presupposti previsti dal comma 2” (art. 58, comma 3, Codice). Tali presupposti, qualora vi fosse stata una proposta del promotore idonea a soddisfare l’interesse pubblico, sarebbero mancati, e non avrebbe potuto mai essere motivata, se non illegittimamente, la decisione dell’amministrazione di ricorrere alla procedura del dialogo competitivo (quando perviene alla P.A. una sola proposta, infatti, la procedura prosegue, e si applicherebbe, in caso di gara deserta, l’art. 155, comma 2, del Codice).

In altri termini, secondo la versione originaria del comma 18 dell’art. 58, nell’ipotesi in cui all’amministrazione non fosse pervenuta alcuna proposta di pubblico interesse, con la conseguente impossibilità di individuare alcun soggetto qualificabile come promotore, il cui progetto preliminare potesse essere eventualmente modificato sulla base delle determinazioni delle amministrazioni stesse, la medesima amministrazione sarebbe stata legittimata, previa specifica motivazione, a ricorrere al dialogo competitivo, la cui ratio consiste nell’offrire all’amministrazione uno strumento negoziale per colmare una sua carenza di known how non colposa, che si attua mediante l’apporto collaborativo dei privati.

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4.2 PROJECT FINANCING E DIALOGO COMPETITIVO: DIFFERENZE

Dal confronto delle due diverse procedure, innanzitutto, si evince chiaramente, come in entrambe vi sia il riferimento alla soddisfazione dell’interesse pubblico di cui l’amministrazione stazione appaltante risulta attributaria. Come osserva la dottrina, la grande flessibilità e la presenza di un dialogo pubblico-privato molto intenso e non occasionale ed episodico98 contraddistinguono

entrambe le procedure.

Una prima fondamentale differenza, infatti, si evidenzia nella struttura dei due istituti. Nel project financing il procedimento si avvia su impulso del privato, c.d. promotore, che presenta una proposta all’amministrazione, la quale valuta la stessa e laddove la ritiene di pubblico interesse, indice la gara.

Nel dialogo competitivo, invece, l’impulso è dell’amministrazione che mira ad individuare le soluzioni più idonee a soddisfare le proprie esigenze: in tale fase non vi è ancora una proposta essendo il dialogo aperto ed esteso a tutti gli aspetti del progetto.

Un’altra sostanziale differenza tra i due istituti è da ricercare in quella che, con il terzo decreto correttivo (D.lgs 152/2008), è tornata ad essere una peculiarità del project financing: il diritto del promotore di accedere direttamente alla fase negoziale finale per l’aggiudicazione, potendo esercitare il proprio diritto di prelazione. Al contrario, nel dialogo competitivo, non è possibile ipotizzare un diritto di prelazione, perché andrebbe a ledere con la ratio stessa dell’istituto. Prevedere un simile vantaggio in favore di uno dei concorrenti si tradurrebbe immediatamente e automaticamente in un effetto disincentivante della concorrenza e in una violazione del principio di parità di trattamento in danno dei competitori che abbiano in qualche modo contribuito all’individuazione della soluzione finale, arrivando sino a vanificare l’iniziativa progettuale dei vari partecipanti al dialogo99. Ciò potrebbe, infatti, comportare

un incentivo al coinvolgimento di capitali privati nella realizzazione

98F. FRACCHIA, L. CAROZZA , Il difficile equilibrio tra flessibilità e concorrenza nel dialogo competitivo disciplinato dalla Direttiva 2004/18, in www.giustamm.11/2004.

99LACERENZA A. – MANNO D., Il dialogo competitivo tra diritto

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di opere pubbliche, ma allo stesso tempo potrebbe costituire anche un disincentivo per gli operatori del mercato, scoraggiati da una selezione meramente formale e poco rispondente ad una concorrenza effettiva.

L'Autorità di vigilanza dei lavori pubblici ha evidenziato che le disposizioni relative alla prelazione del promotore, “a parte la configurabilità di disarmonie rispetto ai principi comunitari, se da un lato possono incentivare la presentazione di proposte, dall'altro rischiano di limitare l'interesse del mondo produttivo a partecipare alla gara per l'individuazione partecipanti alla procedura

negoziata”100 in quanto la selezione della proposta parrebbe svolgersi

senza le garanzie richieste.

Secondo il parere della Commissione, infatti, il principio di parità di trattamento esige che i soggetti che intendono promuoversi come promotori debbano essere edotti in relazione al vantaggio

competitivo collegato alla qualifica di promotore e all'esistenza del diritto di prelazione.

Da qui la necessità di un avviso che contenga l'indicazione dei criteri in base ai quali l'amministrazione procederà.

Ulteriore elemento di distanza tra i due istituti è il rapporto che si instaura tra il soggetto privato aggiudicatario e la stazione appaltante: nel caso del dialogo competitivo si tratta di un contratto di appalto, nel caso del project financing di una concessione di costruzione e gestione che prevede anche il contestuale passaggio, in capo al soggetto privato, del rischio economico.

Diverso è l’ambito di applicazione delle due figure che risulta più ampio nel caso del dialogo competitivo previsto indistintamente nel caso di lavori, servizi e forniture, mentre per il project financing è prevista un’applicazione al solo settore dei lavori.

Esistono, poi, differenze procedurali che si riflettono sull’oggetto della successiva gara pubblica: nella procedura “ordinaria” (artt. 153 ss., Codice), oggetto della gara è la sola proposta del promotore, nel dialogo competitivo l’oggetto della gara sarà il risultato della combinazione degli elementi migliori contenuti nelle singole proposte dei partecipanti.

La differente struttura delle due procedure sembra essere lampante se solo si leggono i disposti di cui agli artt. 154 e 58, Codice: con

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l’ordinario modus procedendi l’amministrazione, per un verso, verifica che non vi siano elementi preclusivi alla realizzabilità della proposta e, per altro verso, individua, anche attraverso un confronto comparativo, le proposte ritenute di pubblico interesse. Ciò implica che ciascuna proposta debba anzitutto essere analizzata e valutata singolarmente e solo successivamente debba essere messa in comparazione con le altre eventualmente pervenute.

Tale comparazione, nella procedura del dialogo competitivo, viene anticipata fin dal momento in cui all’amministrazione pervengono le proposte dei partecipanti al dialogo, e, a differenza della procedura ex artt. 153 ss., dette proposte non vengono analizzate e valutate singolarmente, ma in parallelo, al fine di ricavare gli elementi per formare progressivamente il progetto “ideale”, il quale è destinato a costituire l’oggetto della successiva gara.

Il bando deve essere – necessariamente – indetto dall’amministrazione al fine di indicare i requisiti di pre- qualificazione, individuati tra quelli previsti in generale per i partecipanti alle procedure di affidamento. Con le imprese, la stazione appaltante avvierà, quindi, il dialogo competitivo con le imprese.

Dalla comparazione delle due procedure si evince che nella procedura del dialogo competitivo non v’è in realtà alcuna proposta dei privati, ma un contributo di questi, finalizzato alla individuazione “dei mezzi più idonei” a perseguire l’interesse pubblico di cui l’amministrazione è attributaria (art 58 comma 2, Codice). Dal contributo di tutti i soggetti selezionati l’amministrazione definirà un progetto “ideale” da porre a base della successiva gara, a cui saranno invitati i partecipanti “a presentare le loro offerte finali in base alla o alle soluzioni presentate e specificate nella fase del dialogo”.

Nella procedura di cui agli artt. 153 ss. l’amministrazione opera una valutazione ex post, cioè che si colloca successivamente alle proposte pervenute nella fase di pre-gara.

L’istituto del dialogo competitivo è, invece, preordinato a perseguire altre finalità: la individuazione di una proposta suscettibile di soddisfare l’interesse pubblico, che in questo caso è in fieri, non esiste, non è perfetta, ma si forma progressivamente con il contributo dei soggetti partecipanti a tale procedura, con una

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meccanismo che attribuisce all’amministrazione procedente la possibilità di combinare singoli profili

delle diverse proposte presentate.

In entrambe le procedure è necessario individuare un a proposta da porre a base della successiva gara, sulla quale parametrare le offerte dei terzi offerenti interessati; il procedimento “ordinario” è quello di cui agli artt. 153 ss., Codice (già artt. 37 bis ss. Legge Quadro), mentre se tale procedura non può essere seguita a causa della “particolare complessità di alcuni appalti”, si utilizzerà un sistema diverso e alternativo, che permetterà all’amministrazione di individuare “i mezzi più idonei” a soddisfare le proprie esigenze, vale a dire il dialogo competitivo.

Questi elementi di differenziazione, inducono a ritenere che tra le due procedure esista un rapporto di alternatività, nel senso che il ricorso ad un istituto esclude ipso facto il ricorso all’altro: essendo il dialogo competitivo un istituto residuale, perché eccezionale, la sua applicazione determina l’inapplicabilità, non solo della procedura ordinaria, ma anche del connesso diritto di prelazione del promotore101.

Siffatta incompatibilità sembra essere, tuttavia, relativa, e non può essere valutata in astratto, bensì in concreto, in quanto il comma 18 del codificato art 58 stabilisce espressamente che “Le stazioni appaltanti non possono ricorrere al dialogo competitivo in modo abusivo o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza”.

101ROSSI I., Il dialogo competitivo nell’ordinamento italiano, in appalti, contratti ed obbligazioni - Num. 13-14 del 1-16/07/2010

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4.3 STUDI RECENTI SUL PPP

Recentemente il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in collaborazione con il Dipartimento per gli Affari Regionali, le Autonomie e lo Sport (DARAS), entrambi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno promosso uno studio che fosse in grado di orientare e supportare le Pubbliche Amministrazioni Locali nella riflessione e nell’eventuale avvio di progetti di partenariato pubblico privato. Allo studio è stato dato il titolo: Linee Guida “Il Partenariato Pubblico Privato: normativa, implementazione metodologica e buone prassi nel mercato italiano”.102

Il contenuto dello Studio è strutturato in due Sezioni (Linee guida normative e metodologiche e Linee Guida operative).

Prima di introdurre le Sezioni, è, però, opportuno soffermarsi su una premessa il cui titolo è “Il Partenariato Pubblico Privato: opportunità e strumento per lo sviluppo locale nel quadro del nuovo assetto istituzionale dei territori contenuto nella legge n. 56/2014 (Legge Delrio) e della politica di coesione dell’Unione Europea per il periodo 2014 – 2020”. In tale premessa viene affrontato il tema del Partenariato Pubblico Privato da alcune considerazioni sui mancati obiettivi di sviluppo locale che riflettono un pesante deficit di cittadinanza, o meglio di democrazia partecipata, in alcune regioni del paese, in cui i piani strategici territoriali, frequentemente, sono stati ridotti alla programmazione di opere non aderenti a una logica di sistema locale di sviluppo; a ciò si aggiunga che spesso gli stessi piani strategici non sono supportati da un’analisi finanziaria seria ed efficace; o meglio, laddove questa è presente, accade che possa essere di pessima qualità. L’analisi costi/benefici di un’opera pubblica, la sua sostenibilità finanziaria sono elementi imprescindibili e devono inevitabilmente costituire la base di riflessione per gli amministratori locali.

102la pubblicazione è stata realizzata con il cofinanziamento dell’Unione Europea, PON – GAS FSE 2007-2013 – Ob.1 convergenza obiettivo specifico 5.2 – PROGETTO EPAS “Empowerment delle Pubbliche Amministrazioni regionali e locali nella gestione e nell’utilizzo di strumenti innovativi e di ingegneria finanziaria per lo sviluppo economico locale

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I bisogni che provengono dai territori includono un vero processo di rinnovamento istituzionale che declini funzioni, competenze e programmi; un sistematico rilancio di un partenariato pubblico privato che sia capace di intercettare un’efficace pianificazione dello sviluppo territoriale, e una concreta implementazione dei programmi; l’utilizzo di qualificate competenze.

Non è un caso che i bisogni citati, oggi, trovano una risposta concreta in atti e strumenti dello Stato e dell’Unione Europea. A tale proposito la legge n. 56 del 7 aprile 2014 (Legge Delrio) “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni”, favorirà un cambiamento di “visione” dello sviluppo territoriale attraverso l’utilizzo delle migliori energie e risorse presenti nei territori.

Una forte motivazione al rilancio del partenariato pubblico privato proviene anche dalla politica di coesione 2014-2020, che propone, uno sviluppo locale di tipo partecipativo con il coinvolgimento degli attori locali rappresentanti degli interessi socio – economici del territorio. La Commissione europea ha lanciato messaggi molto chiari che individuano nel partenariato pubblico privato la strategia vincente per lo sviluppo. Il PPP può contribuire a migliorare la qualità di realizzazione delle strutture pubbliche e della gestione dei servizi.

Infine, un rilancio vero del partenariato pubblico privato sarà possibile solo laddove si affronti con serietà e determinazione il complesso tema delle competenze. E’ opportuno un forte richiamo agli enti territoriali promotori di progetti in PPP, affinché siano sempre utilizzate prioritariamente tutte le forme di supporto pubblico alla realizzazione di PPP, a iniziare dalle Linee Guida disponibili per la realizzazione di coerenti e congrui studi di fattibilità, e a seguire, qualsiasi programma interistituzionale di supporto sia a livello nazionale sia in ambito europeo.

Di qui, è maturato il bisogno di realizzare uno Studio – Linee Guida che fosse in grado di orientare e supportare le Pubbliche amministrazioni locali nella riflessione e nell’eventuale avvio di progetti PPP. Lo Studio, pur non esaurendo tutte le tematiche relative e gli strumenti associati al PPP, propone una precisa declinazione concettuale e ne illustra le caratteristiche nell’ambito di un virtuoso processo d’implementazione.

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Come sopra riportato, la struttura dello Studio è articola in due Sezioni. La prima “Linee guida normative e metodologiche”, è suddivisa in quattro parti.

Nella prima parte, è presentato un ampio inquadramento normativo che inizia con la normativa europea, e in particolare Il “Libro verde relativo ai Partenariati Pubblico-Privati e al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni”, presentato dalla Commissione Europea il 30 aprile 2004. Con riferimento, invece, agli sviluppi più recenti della normativa comunitaria nell’ambito del PPP, sono illustrate le nuove direttive europee con un particolare approfondimento sulla Direttiva Concessioni (COM (2011) 0897 – C7

– 0004/1012 – 2011/0437 (COD). Oltre alle direttive europee, sono

esaminate le più recenti novità normative che hanno avuto impatto sul partenariato pubblico privato ossia quelle introdotte dal cd “Decreto del Fare” pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 giugno

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