L’ESPERIENZA DIDATTICA
Capitolo 2 L’esperienza didattica
1.3. Participatory design e strumenti di rilevazione delle opinioni degli student
Nell’esperienza didattica qui descritta, la scelta di coinvolgere gli studenti in un processo di participatory design di un ambiente digitale di apprendimento è scaturita dalla necessità di rilevare gli aspetti che gli studenti considerano importanti per l’apprendimento in ambienti digitali.
Il participatory design nasce in Scandinavia all’incirca negli anni ‘70 ampliandosi e coinvolgendo i settori della produzione di strumenti, ambienti, affari economici, istituti sociali. Quando gli strumenti tecnologici sono stati introdotti nei luoghi di lavoro, è diventato importante «ensuring that those who will use information technologies play a critical role in their design» (Simonsen & Robertson, 2013, p. 2).
Il termine design è preso in prestito dai progetti appartenenti al contesto dell’architettura, ma anche da quello della produzione industriale. Tuttavia il corrispettivo italiano del termine, progetto, ha radici consolidate in campo educativo. Si pensi a tal proposito al metodo dei progetti proposto da William Heard Kilpatrick (1918)*, nel quale l’autore parla del “progetto” come di «un atto sentito e intenzionale realizzato in un ambiente sociale» che caratterizza «l’esistenza degna». Il progetto, se mosso da interesse, conduce alla costruzione di apprendimenti per gli studenti. Nel metodo, egli individua quattro tipi di progetti: quelli del produttore, del consumatore, quello innescato da un problema e quello finalizzato all’apprendimento di abilità specifiche.
Nel caso presentato, gli studenti a partire da un problema sono diventati produttori di
*
La traduzione italiana dell’opuscolo “Il metodo dei progetti. L’uso dell’atto intenzionale nel processo educativo” pubblicato sul Teachers Collage, Columbia University è tradotto nella versione del 1924 da Lamberto Borghi (1953).
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43 un ambiente didattico on line destinato ai pari. A tal fine, la metodologia didattica del Problem base Learning è stata usata come metodologia di progettazione. Frequentemente il Problem based Learning sconfina in quello che è definito Project based Learning, proprio per via della stretta connessione esistente fra problema e progetto individuato dallo stesso William H. Kilpatrick. Entrambe le metodologie sviluppano capacità di autoregolazione dell’apprendimento, di teamworking, di problem solving. La grande differenza fra i due metodi è che mentre il primo mira alla costruzione di conoscenze, il secondo ha come fine ultimo la realizzazione di un prodotto (Grant, 2011; Bell, 2010). In questo caso, il progetto realizzato non ha avuto a che fare con l’ambito disciplinare ma con la produzione di un oggetto multimediale di uso comune. Si potrebbe dire quindi che la metodologia didattica ha perso l’uso strettamente legato all’istruzione ed è diventata una tecnica di rilevazione e raccolta di dati perché ha permesso di acquisire idee, desideri e pensieri degli studenti, in quello che Elisabeth Sanders (2002) definisce un experience design.
L’autrice che propone riflessioni e teorizzazioni sul concetto di design in un contesto più ampio e non in campo strettamente educativo o rivolto alla produzione di oggetti per la didattica, afferma che il rapporto creatosi fra scienze sociali e design ha aperto la strada a nuove possibilità. Si è infatti assistito al passaggio da un processo di design user-centered, nel quale il destinatario del prodotto non veniva direttamente coinvolto nel processo decisionale se non attraverso l’intervento del ricercatore, a situazioni in cui il destinatario è diventato protagonista del processo a partire dalle sue idee ed esperienze (ibid.).
Tuttavia mentre nel rapporto fra designer e cliente le opinioni di questi ultimi possono essere percepite da quanto essi raccontano, non ugualmente si possono comprendere le loro conoscenze tacite e i bisogni latenti. Sentimenti, sogni e immaginario degli utenti emergono solo quando si entra in empatia con gli stessi (si veda Figura 5).
Ecco perché Elisabeth Sanders (2002) propone un set di tools per rilevare le necessità degli users e avviare percorsi di co-design, traendo vantaggi dalle competenze di ciascuno a partire dalla condivisione di uno stesso design language. Tale fenomeno qui descritto in sintesi descrive lo scenario del concetto di progettazione che la stessa autrice definisce postdesign (si veda Figura 6).
Figura 6. Le caratteristiche del postdesign (Sanders, 2002, p. 6-7)
In scritti successivi (Sanders, Brandt & Binder, 2010), vengono analizzati e ripartiti i metodi, gli approcci e gli strumenti utilizzati nel participatory design. Elizabeth B.-N. Sanders, Eva Brandt e Thomas Binder identificano un set di strumenti catalogabili in base ai criteri della forma, dello scopo e del contesto di utilizzo riportati nella Tabella 4. Acquistano nel discorso rilevanza il luogo in cui si svolge la raccolta dei dati (preferibilmente il contesto di appartenenza dell’user), le relazioni fra gli stakeholders, la possibilità di svolgere le attività in gruppo o on line.
Capitolo 2 L’esperienza didattica
45 Tools and techniques
Purpose Application P ro b e P ri m e U n d er st an d G en er at e In d iv id u al G ro u p Fa ce t o f ac e O n li n e
MAKING TANGIBLE THINGS
2-D collages using visual and verbal
triggers on backgrounds with timelines, circles, etc.
X X X X X X X X
2-D mappings using visual and verbal
components on patterned backgrounds
X X X X X X
3-D mock-ups using e.g. foam, clay,
Legos or Velcro-modeling
X X X X X
TALKING, TELLING AND EXPLAINING
Stories and storyboarding through
writing, drawing, blogs, wikis, photos, video, etc.
- - - - X X X X
Diaries and daily logs through writing,
drawing, blogs, photos, video, etc.
X X X X X X
Cards to organize, categorize and
prioritize ideas. The cards may contain video snippets, incidents, signs, traces, moments, photos, domains,
technologies, templates and what if provocations.
X X X X X
ACTING, ENACTING AND PLAYING
Game boards and game pieces and rules for playing
X X X X X X
Props and black boxes X X X X X
Participatory envisioning and enactment by setting users in future
situations
X X X X
Improvisation X X X X
Acting out, skits and play acting X X - - - - Tabella 4. Strumenti e applicazione del participatory design in base a forme e scopi
(Sanders, Brandt & Binder, 2010, pp. 196-197)
Nonostante lo scenario descritto prescinda dal campo propriamente educativo, la possibilità di progettare percorsi o strumenti didattici può facilmente adeguarsi alle linee guida date da Elizabeth Sanders (2002; Sanders, Brandt & Binder, 2010) e lo stesso può avvenire per la rilevazione delle opinioni degli studenti su possibili attività o progetti da svolgere che nell’ottica di William H. Kilpatrick possono riguardare il campo
pratico ma anche quello cognitivo. La possibilità di co-progettare oggetti didattici risponde inoltre ai principi del costruttivismo e del neo-costruttivismo, che, come affermato finora, pongono la centralità sul ruolo di protagonista svolto dallo studente, sull’idea di generare apprendimenti significativi, competenze di problem solving, creatività, dando attenzione e rilevanza tanto al prodotto quanto al processo.