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Come si è enunciato sin dalle prime battute di questa introduzione, la presente ricerca è lo studio di un problema teoretico generale che attraversa la contemporaneità, la relazione tra pensiero e linguaggio, declinato nella cornice storico-filosofica e a partire dagli strumenti concettuali di un pensatore della tarda modernità come Hegel. Ciò, si è detto, conduce ad un nodo aporetico fondamentale. Da una parte la nozione hegeliana di pensiero: un concetto logico, oggettivo e necessario. Dall’altra il linguaggio: una forma contingente, sociale e storicamente data. La sfida che ci si propone è di ricostruire la la posizione hegeliana in una direzione compatibilista, che tiene ferma la coimplicazione delle due istanze. Si cercherà quindi di esplicitare gli argomenti che Hegel porta a sostegno di tale prospettiva.

La struttura formale che si è assunta a tal scopo è la tripartizione del lavoro in capitoli contraddistinti da funzioni diverse e complementari che, per assolvere a compiti di versi, sono caratterizzati da approcci metodologici altrettanto differenti. Si ritiene quindi particolarmente opportuno, presentare il piano del lavoro e gli obiettivi assegnati a ciascun capitolo, in modo da stabilire fin da subito le pietre miliari del cammino filosofico che qui si intende proporre.

Il primo capitolo è dedicato alla costruzione delle fondamenta della ricerca. Si metterà al centro dell’indagine la nozione hegeliana di pensiero oggettivo e, alla luce della complessità di questa, si cercherà di mettere in rilievo l’importanza del ruolo giocato dal linguaggio nella sua costituzione e nella sua realizzazione. Sostanzialmente compito del capitolo è quello di porre il primo termine della relazione pensiero – linguaggio, oggetto dell’indagine della tesi nel suo complesso, e

dedurre da esso il secondo come un elemento co-implicato dalla propria logica interna, giungendo così allo stabilire il fatto che per Hegel non è possibilie pensare questi due elementi separatamente.

Il percorso di questa primo momento fondativo sarà suddiviso in due parti. La prima costituisce lo studio analitico e filologico del concetto hegeliano di pensiero con la conseguente deduzione della rete di determinazioni che esso implica. L’obiettivo è giungere alla determinazione delle condizioni della sua articolazione e dei modi in cui si realizza con particolare riferimento alle opere sistematiche di Hegel. A tale scopo si prenderà in esame la differenza tra Denken e Gedanke (entrambe le parole sono traducibili con il termine italiano “pensiero”), dedicando una specifica attenzione alla duplice prospettiva con cui Hegel coordina tali nozioni: da una parte una concezione del pensiero come attività logica inconscia e trama oggettiva del reale nel suo complesso. Dall’altra l’idea di pensiero inteso come attività cosciente ed umana. Si vedrà inoltre, grazie alla nozione di Nachdenken (riflessione) intesa come trait d’union tra queste prospettive, che esse saranno determinate come un’unità speculativa. A completare la prima parte ci sarà l’analisi del concetto di Vorstellung (rappresentazione); ciò permetterà di indagare l’intreccio che nei passi hegeliani si sviluppa tra le rappresentazioni e i pensieri e la fondamentale differenza concettuale che intercorre tra queste nozioni. Rappresentazione è infatti il nome che Hegel attribuisce a ciò che l’uomo ritiene essere qualcosa di a sé contrapposto dualisticamente. Una percezione può essere una rappresentazione, ma anche un concetto può esserlo (qualora si intenda il concetto ad esempio alla maniera di Kant). Il pensiero invece è ciò che si realizza autonomamente e concretamente secondo la propria necessità interna. La questione della rappresentazione sarà approfondita attraverso lo studio del pensiero soggettivo e si mostrerà come, per Hegel, l’attività mentale umana culmini proprio con il pensiero rappresentativo e che l’apice di tale

forma concettuale è costituito dal linguaggio: la più raffinata e complessa forma rappresentativa, attraverso la quale si ha accesso al pensiero. Si giungerà così all’esplicitazione del nodo fondamentale di questa ricerca. Se il linguaggio è il luogo del pensiero e rappresenta un limite invalicabile della sua espressione, ma al contempo è anche una rappresentazione e quindi è soggetto alla contingenza, al condizionamento e al dualismo: come è possibile conciliare una tale antinomica duplicità? Raggiunta la definizione di questa domanda, per la cui risposta bisognerà attendere lo sviluppo dell’intero lavoro, si sospenderà momentaneamente il giudizio passando alla seconda parte del capitolo. Qui si riproporrà la stessa questione cambiando punto di vista. La prospettiva assunta sarà quella della storia della filosofia. Si proverà a determinare il modo in cui questo stesso problema sia considerato da Hegel come un punto di svolta storico fondamentale: l’apice del suo confronto con le tradizioni che lo precedono. Si procederà così alla ricostruzione della critica linguistica che egli muove alla metafisica prekantiana, all’empirismo humeano, al criticismo kantiano e al sapere immediato di Jacobi. Si indagherà la questione attraverso un commento critico della sezione nota come “le tre posizioni del pensiero rispetto all’oggettività” inclusa nei Preliminari all’Enciclopedia. Sul piano metodologico l’indagine storica non si soffermerà sulla bontà dell’interpretazione hegeliana. L’obiettivo non è infatti ricostruire la fedeltà o gli eventuali fraintendimenti di Hegel rispetto agli autori con cui si confronta. Si baderà piuttosto a comparare il contesto storico che Hegel presenta con i problemi teoretici che muovono tale indagine. Emergerà dall’analisi che proprio la dicotomia irrisolta tra l’approccio rappresentativo e linguistico utilizzato in modo acritico – o comunque non sviluppato in maniera adeguata – dai filosofi precedenti per indagare l’incondizionato, il pensiero oggettivo, ha condotto la tradizione ad esiti insoddisfacenti. La seconda parte del capitolo si riunirà idealmente quindi con la prima, nella misura in cui

quella che precedentemente sembrava una domanda filosofica di difficile comprensione, diventa ora l’obiettivo programmatico hegeliano per ovviare al dualismo irrisolto della storia della filosofia. Quel che resta da capire è la strategia con cui Hegel pensa di uscire dall’impasse antinomica del problema.

Il secondo capitolo è dedicato all’analisi della questione linguistica, nell’aporeticità che si è delineata nel corso del primo, all’interno della

Scienza della Logica. Da un punto di vista metodologico, sono

principalmente due gli strumenti di cui ci si servirà nel condurre l’indagine. Si tratta, da una parte, di una traduzione concettuale del lessico filosofico hegeliano nel linguaggio della contemporaneità e, dall’altra, di un sistematico studio logico-aporetico del tema ricercato. Questi due approcci si compenetrano nel corso del capitolo. Le pagine che lo compongono, che rappresentano il cuore teoretico della ricerca e costituiscono una faticosa salita a tappe verso la determinazione della proposta interpretativa che si intende sostenere, sono infatti strutturate su un doppio binario. Ad ogni passo l’aporia della relazione tra pensiero e linguaggio, che ha preso forma in senso generico nel primo capitolo, viene declinata e riproposta attraverso diverse sfumature terminologiche che di volta in volta sembrano risolvere le difficoltà precedenti, ma ne aprono di nuove. Ogni traduzione terminologica non è affatto un mero esercizio di stile. Essa declina, piuttosto, in modo crescente il pensiero hegeliano secondo parole e logiche affini alla contemporaneità, ottenendo il duplice esito di renderne più accessibili gli argomenti e di sviluppare prospettive interpretative finora rimaste in ombra. Al termine del capitolo si giungerà ad una ipotesi di soluzione che però non potrà costitutivamente risolversi all’interno del quadro contestuale della

Scienza della Logica, ma che aprirà la strada verso la Realphilosophie,

oggetto dell’ultimo capitolo del lavoro. Nello specifico i passi aporetici e terminologici saranno sei. La prima tappa consisterà nella posizione

della questione linguistica all’interno della logica, attraverso la ricostruzione filologica del testo hegeliano. Il riferimento testuale sarà la prefazione alla seconda edizione (1831) della Scienza della Logica, l’ultimo scritto di Hegel che in grande parte è dedicato alla questione del linguaggio. Nella seconda si opererà una traduzione concettuale delle argomentazioni hegeliane nel linguaggio delle parti del discorso. Si studierà quindi l’aporia fondamentale di questo lavoro attraverso l’analisi del modo in cui preposizioni, articoli, deittici e termini categoriali possano o meno esprimere il pensiero. La seconda tappa condurrà il problema ad essere tradotto nel linguaggio dell’analisi lessicale, oggetto della terza. Si analizzeranno qui le differenze costitutive che i concetti di Sinn (senso) Bedeutung (significato) e

Bestimmung (determinazione) creano nell’interpretazione delle parole

e nell’espressione del contenuto logico che in esse opera. Si dedicherà una particolare attezione a mettere in evidenza le distinzioni semantiche tra il valore filosofico che questi termini assumono in Hegel e quello che hanno rappresentato nella filosofia di Frege e nella seguente tradizione analitica contemporanea. Nella quarta tappa si sposterà la questione sul piano della grammatica. Oggetto di discussione sarà qui la possibilità dell’analisi comparativa tra diverse forme grammaticali in lingue diverse, come possibile strumento di soluzione del nodo aporetico. Si potrà così sviluppare l’idea, centrale nel proseguimento del lavoro, di un intreccio tra il piano logico e il piano spirituale, sfruttando il parallelismo suggerito da Hegel tra il rapporto di logica e scienza filosofica da una parte e grammatica e linguaggio ordinario dall’altra. A fianco a questa analisi si rivolgerà una particolare attenzione alla nozione di rideterminazione semantica. Questo concetto riguarda il modo in cui le parole della logica vengono semanticamente analizzate e sono soggette ad una variegata gamma di usi diversi al cambiare dei contesti con il conseguente innesco di un costante

importanza per indagare il movimento del pensiero all’interno dei contesti linguistici. Essa potrà essere intesa in un senso inclusivo – i diversi significati si sedimentano e fondono in un unico macrosignificato – o esclusivo – i significati si comprendono solo nella negazione reciproca. Si argomenterà come si debba propendere per la prima, pena condurre l’argomento di Hegel ad una reductio ad absurdum.

La quinta tappa si rivelerà essere la più complessa e prenderà le mosse dalla traduzione dell’aporia fondamentale di questo lavoro nei termini del rapporto che intercorre tra proposizione e inferenza. Cuore dell’argomentazione sarà l’analisi di come le dottrine logiche di giudizio e sillogismo possano essere considerate dal punto di vista prettamente linguistico e se possano esse essere la chiave di soluzione del problema. Uno dei punti argomentativi fondamentali sarà stabilire una differenza insanabile tra logica e semantica e la non commensurabilità di giudizio e proposizione da una parte e sillogismo e inferenza dall’altra. Ciò costituisce la premessa della conclusione del capitolo, ovvero che all’interno della sola logica la questione che qui si indaga rimane aporetica e che si rende necessario trasferire lo sforzo analitico nello studio del rapporto che, per Hegel, la scienza del puro pensiero intrattiene con il mondo e lo spirito.

Nella sesta e ultima tappa, analizzando l’ultimo paragrafo della

Scienza della Logica, dedicato all’Idea assoluta, si porranno le basi del

suddetto passaggio. Si mostrerà come il pensiero logico è coerente, completo, ma al contempo astratto e che i problemi linguistici rimandano allo studio della sua realizzazione concreta e spirituale. La nozione di logos rappreseterà la via d’accesso a questo cambiamento di prospettiva. Tale nozione infatti è riproposta da Hegel nella sua duplicità semantica, attraverso la coimplicazione dei significati di ragione e discorso linguistico: l’unione di pensiero astratto e pensiero concreto, necessità e contingenza.

Il terzo capitolo porta il lavoro al suo compimento. L’obiettivo è quello di far confluire i risultati, sebbene si riveleranno a tratti controversi, dell’esame della Scienza della Logica svolta nel secondo capitolo, all’interno di quella che è l’unica omogenea trattazione della questione del linguaggio nell’opera di Hegel: la sezione dell’Enciclopedia dedicata allo Spirito teorerico. L’orizzonte metodologico è spiccatamente ermeneutico: si cercherà infatti di analizzare passo dopo passo la quasi totalità delle proposizioni che Hegel ha scritto a proposito del linguaggio nell’Enciclopedia e di far emergere da esse le risposte alle difficoltà aportetiche aperte dalle pagine della Logica. Delineando un breve bilancio preliminare, anche se per trarre delle conclusioni precise si dovrà prendere in esame il lavoro nella sua totalità, si può affermare che l’esito ottenuto è stato proficuo e soddisfacente. Quanto Hegel scrive nelle pagine dello Spirito

teoretico ed in particolare nella sezione dedicata alla memoria

(Gedächtnis) si innesta perfettamente nell’esigenza di coniugare il pensiero astratto della logica con la Realphilosophie che si delinea in conclusione al secondo capitolo. Il linguaggio si mostra in queste pagine come l’accadimento concreto di tale unione e si potranno individuare dei buoni argomenti a sostegno della tesi che il logos è il linguaggio nella sua verità, il manifestarsi della ragione in quanto ragione linguistica liberata da ogni forma di dualismo rappresentativo. È evidente che queste possono apparire qui come delle frasi programmatiche dal significato poco chiaro. Ma al momento non si può far altro che offrire una panoramica orientativa sullo scritto che qui si propone. La pienezza del significato della tesi proposta è costituito dalla somma degli argomenti che via via prenderanno forma lungo tutti e tre i capitoli del lavoro. La tesi verrà componendosi come un mosaico, in cui ogni singola tessera gioca un ruolo fondamentale per la definizione del disegno che si vuole realizzare; la mancanza anche di solamente

una delle tessere, e in questa fase introduttiva mancano ancora tutte, rende difficile intravedere il risultato finale.

Per quanto concerne la struttura del terzo capitolo, esso si articola in due fasi, a cui se ne somma una terza più breve che però non aggiunge nulla alle argomentazioni precedenti, ma semplicemente tira le fila della tesi sostenuta, concludendo il lavoro. La prima parte del capitolo si occupa di analizzare la posizione hegeliana in merito al linguaggio come forma specifica dell’espressione umana. Saranno studiate le posizioni degli autori che influenzano Hegel, come Herder, Hamann e Fichte. Sarà quindi individuato il parallelismo che secondo il filosofo di stoccarda si instaura tra il linguaggio e la natura umana, essendo entrambe queste forme unite dal loro essere scandite e realizzate nella propria verità dal tempo. Si giungerà così ad analizzare come il linguaggio coincida con la realizzazione dello Spirito come unità di pensiero logico astratto e natura attraverso il suo essere, da una parte, rappresentazione, ma, dall’altra, il necessario superamento della rappresentazione stessa nel pensiero a partire dai limiti che essa ha in sé. Saranno così poi presentate le tre forme linguistiche che per Hegel scandiscono la vita umana: l’oralità, la scrittura geroglifica – o simbolica – e la scrittura alfabetica. Sarà interessante soffermarsi su come la critica hegeliana ai limiti della scrittura geroglifica, che egli declina anche nella forma di una critica a Leibniz e al suo progetto di una lingua simbolica universale, possa essere un ottimo argomento, anche nel contesto contemporaneo, a proposito dei linguaggi assiomatici della logica–matematica.

Nella seconda parte del capitolo ci si occuperà invece delle pagine che Hegel dedica alla memoria e alla funzione linguistico semantica che egli individua in essa. Si metterà in luce il modo in cui la memoria rappresenta il cuore del passaggio in cui l’intelligenza rappresentativa trova nel linguaggio se stessa come pensiero oggettivo, superando il dualismo aporetico di necessità e contingenza. In primo luogo si

prenderà in esame la memoria retentiva (o verbale). Si studierà in particolar modo il legame che si crea nella mente di un soggetto pensante tra il segno linguistico e la relazione con ciò che esso significa. Si analizzerà come la memoria verbale operi una sintesi concettuale in cui il nome e l’oggetto sono tenuti insieme, superando il punto di vista empirico, che immagina il nome linguistico come riferito ad un oggetto esteriore. La memoria si rivelerà inoltre come qualcosa di molto diverso da una facoltà meramente passiva. Si vedrà inoltre che l’attiva della memoria, il suo uso produttivo, per Hegel, coincide con una specifica funzione che chiama memoria riproducente. Essa sarà di fatto il mondo pensato dal punto di vista mentale, dove ogni cosa ha una seconda esistenza nel linguaggio e in particolare nei nomi. A questo proposito Hegel dirà che pensare significa, di fatto, pensare nei nomi. Si avrà modo di capire inoltre che con “mentale” non si intende la mente di un singolo, ma un’attività spirituale: il linguaggio è infatti condiviso da una comunità di parlanti ed è costitutivo del mondo che quella comunità condivide. Tuttavia si vedrà che anche a questo livello dell’analisi si mantiene quel dualismo rappresentativo che rende la questione qui indagata aporetica. Se infatti è facile spiegare con la funzione mnemonica il fatto che nel dire un qualsiasi termine, ad esempio “leone”, tutti i parlanti di una comunità non hanno bisogno di un riferimento esterno (e quindi di immaginarsi un vero e proprio leone) per capire di cosa si stia parlando, è altrettanto vero che ciò non consentirà ancora a Hegel di spiegare come un pensiero logico astratto possa essere identificato con la memorizzazione di un termine. Si giungerà, per rispondere a tale quesito, all’ultimo passo dell’argomentazione: la funzione meccanica della memoria. Per Hegel infatti la memoria ha la capacità di organizzare i nomi in proposizioni senza tener conto dei loro significati. Da qui egli svilupperà il seguente argomento: se è possibile organizzare in modo logico e sensato i nomi prescindendo dal loro significato, allora l’uso del linguaggio non

dipende né da alcuna funzione semiotica né da alcuna relazione semantica, ma piuttosto da un’attività razionale che è l’attività organizzante dell’intelligenza: la logicità del logos. Si vedrà come l’intelligenza, esercitando la memoria meccanica, espliciti una duplice funzione: da una parte essa, come attività soggettiva, determina i nomi e il loro legame (un legame vuoto e arbitrario, indipendente da qualsiasi contenuto esterno all’intelligenza stessa); dall’altra essa è la consistente esistenza dei nomi stessi. Il pensiero e la sua espressione linguistica a questo punto verranno comprese, seguendo l’argomentazione hegeliana, come una totalità unitaria.

Prima di concludere questa introduzione ed addentrarsi nel vivo del lavoro, si ritiene di dover dar conto di due scelte formali che si sono assunte nella scrittura di questa tesi.

In primo luogo si è deciso di riferirsi alle fonti hegeliane mantenendole nell’originalità della lingua tedesca in cui sono state scritte. Una scelta che potrebbe a prima vista apparire controversa, vista la consuetudine, ormai anche nella letteratura scientifica, di utilizzare versioni tradotte. Si è ritenuto qui, invece, che lavorare sulla lingua origianale consente, nell’approccio fortemente legato all’ermeneutica delle fonti adottato, di mettere in rilievo delle sfumature interpretative che altrimenti andrebbero perse o che comunque sarebbe molto difficile individuare. È manifesta una relativa difficoltà di lettura per chi non conosce la lingua tedesca, comunque lenita dal fatto che tutti i passaggi citati saranno commentati punto per punto, continuando a nominare i termini chiave in tedesco, rendendone così chiaro il significato anche a chi non fosse in grado di tradurli. Tuttavia si è preferito privilegiare il rigore filologico e la rinuncia ad introdurre l’intermediazione che l’uso della lingua italiana avrebbe imposto.

Si è inoltre scelto di utilizzare come riferimento per la scelta dei passi hegeliani l’edizione Suhrkamp delle opere complete, curata da Moldenhauer e Michel38. La si è preferita alla più recente e

filologicamente approfondita edizione della Rheinisch Westfälische Akademie der Wissenschaften, elaborata nel contesto dei lavori dello Hegel – Archiv39. La principale ragione di questa scelta è stata la

maggior diffusione dell’edizione Suhrkamp, cosa che permette di intrattenere un dialogo più efficace e puntuale con i testi della letteratura secondaria. Inoltre la maggior parte dei passi che saranno analizzati provengono dalle opere sistematiche ed edite di Hegel, una tipologia di scritti in cui è evidentemente assente alcuna differenza di natura filologica tra le due edizioni. Per quanto riguarda invece i passi estrapolati dagli appunti presi dagli studenti durante i corsi universitari, o dai manoscritti giovanili di Hegel, laddove si siano citati testi pubblicati successivamente all’uscita dell’edizione Suhrkamp, o comunque in cui le differenze testuali con l’edizione filologica fossero