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Le posizioni del pensiero rispetto all’oggettività: le concezioni storicamente date del pensare e i loro limit

Alcune note sulla nozione hegeliana di pensiero

1.2 Le posizioni del pensiero rispetto all’oggettività: le concezioni storicamente date del pensare e i loro limit

linguistici.

1.2.1 La prima posizione: indeterminatezza del significato e introduzione della critica della proposizione nella forma giudizio.

Nello sviluppo della propria concezione del pensiero è di fondamentale importanza per Hegel il confronto critico con le posizioni consegnategli dalla storia della filosofia130. Non si tratta però di una

129 Su questi temi si è di recente interrogato K. J. Thompson in Fragmentation,

Contamination, Systematicity: The Threats of Representation and the Immanence of Thought in J. P. Surber (a cura di), Hegel and language, Suny, Albany, 2006, p. 35

– 55. Thompson però, in risposta alla questione, si accontenta di affermare che da un lato il linguaggio può astrarre da sé mostrando la sua natura logica e dall’altro nel suo mantenersi come un elemento umano e rappresentativo continua a contenere al proprio interno le categorie logiche e che quindi la costruzione del Sistema di Hegel è in qualche maniera un’espressione dell’agire umano (p. 49). Dal punto di vista che si è assunto in questo studio questa soluzione appare più come una riproposizione del problema iniziale secondo una più approfondita determinazione delle questioni che lo compongono, ma non è ritenuta soddisfacente.

130 Si introduce qui il complesso tema del parallelismo tra storia della filosofia e lo

sviluppo del pensiero logico in Hegel. Non è questa la sede per affrontare una questione che porterebbe lontano da quanto è oggetto dell’argomento specifico di questo capitolo. Ci si limiterà, vista la rilevanza della problematica a darne breve cenno. Il principio del parallelismo è il modo in cui Hegel pone la storia filosofica (e più in generale la categoria dello “storico”) sul piano della scienza. Come sostiene W. Jaeschke in Einleitung, in G.W.F. Hegel, Vorlesungen über die Geschichte der

Philosophie. Einleitung. Orientalische Philosophie, Hamburg, Meiner,1993, p. XVII. Ci

sono ulteriori tentativi di giustificare il parallelismo logica-storia. H. Fulda in Das

mera determinazione concettuale via negationis, dove si definisce la propria posizione filosofica in quanto negazione e diversità rispetto a quelle che la precedono. Essa è piuttosto una discussione critica degli argomenti notevoli che si possono riscontrare nella tradizione della filosofia, ma che permangono e si sedimentano anche nell’atteggiamento comune di chi non pensa filosoficamente. Scopo di tale discussione è cercare di comprendere ciò che in tali argomenti c’è di essenziale ed ineliminabile per lo sviluppo della filosofia, intesa come movimento organico. In questo modo da un lato si mettono in evidenza i limiti strutturali delle più rappresentative modalità di determinare il pensiero. Dall’altro però, proprio nell’evidenziare questi limiti, diventa possibile per Hegel elaborare il contenuto concettuale che supera le difficoltà teoretiche imposte dalla cornice storica da cui sono estrapolate e farne la base della propria proposta teoretica.

In questa sede però non si cercherà di valutare nel merito l’interpretazione sviluppata da Hegel e nemmeno di approfondire il significato che questa ricopre all’interno della nozione hegeliana di pensiero. Questi due elementi, che rappresentano in realtà il centro della sezione dell’Enciclopedia sulle posizioni del pensiero rispetto

Klosterman, 1965, p. 210, ipotizza un principio di parallelismo in cui solo la prima determinazione di un momento logico trovi rispondenza in una figura storica. De Vos in Id. Zur spekulativen Konzeption der Hegelschen Geschichte der Philosophie, Hegel Jahrbuch,1990, p. 381 - 389, cerca invece di ricostruire il rapporto tra la storia della filosofia moderna e la logica del concetto, dando per assodata la stretta corrispondenza tra la filosofia antica e la logica oggettiva. Angelica Nuzzo ritiene che per Hegel è un dato “autoevidente” la corrispondenza tra figure logiche e storico- filosofiche, il problema risiede nel valutare in che modo si dia tale corrispondenza. La logica impone alla filosofia di svilupparsi omologamente al sistema di cui è momento, ma questa, ripensandosi come storia dello sviluppo del sistema, è anche “coestensiva” rispetto ad esso. Cfr. A. Nuzzo, «Storia della filosofia tra logica ed eticità: considerazioni sul ruolo e la collocazione sistematica della ‘idea’ di filosofia in Hegel» in “Annali dell’istituto italiano di studi storici”, n. 11 (1993), pp. 262 - 268. Biscuso invece ha una posizione che da un lato giustifica il parallelismo, ma dall’altro prende le distanze dalla possibilità di vedere nella storia della filosofia le determinazioni della logica; ritiene che il parallelismo mostri che la storia ha una sua logica interna, ma che tale necessità non si possa cogliere «con la pura necessità dello svolgimento logico» cfr. op. cit., p. 86; così anche W. Jaeschke, op. cit., p. XXVI.

all’oggettività rimarranno qui come la cornice in cui contestualizzare il tema del linguaggio che sebbene in secondo piano e – in alcuni casi – in maniera implicita, emerge in queste pagine131.

Die erste Stellung ist das unbefangene Verfahren, welches, noch ohne das Bewußtsein des Gegensatzes des Denkens in und gegen sich, den Glauben enthält, daß durch das Nachdenken die Wahrheit erkannt, das, was die Objekte wahrhaft sind, vor das Bewußtsein gebracht werde132.

La prima posizione del pensiero rispetto all’oggettività è “prima” in quanto rappresenta la posizione dell’ingenuità filosofica rispetto alla struttura del pensiero che la produce. Questa è la posizione della vecchia metafisica che non è consapevole di quelle determinazioni oppositive che il pensiero opera riflettendo su se stesso133. Con

“metafisica” Hegel intende una forma del pensare che abbisogna di un fondamento su cui poggiare e far partire le proprie tesi134.

L’atteggiamento metafisico così inteso è in realtà il trait d’union di tutte e tre le posizioni del pensiero rispetto all’oggettività ed è proprio il ripensamento critico dell’idea di un fondamento per il pensiero estraneo al pensiero stesso, che caratterizzerà il punto chiave della posizione hegeliana135. È opportuno sottolineare che, trattando della vecchia

metafisica, se da una parte ci si rivolge ad una determinata posizione

131 Ciò che deve essere tenuto in considerazione qui è che le posizioni del pensiero

rispetto all’oggettività, prima che delle determinate posizioni storico filosofiche, rappresentano delle vere e proprie posizioni teoretiche. Cfr. L. Cortella, Autocritica

del moderno. Saggi su Hegel, il Poligrafo, Padova 2002, p. 35.

132 EnzA, p. 93.

133 Una analisi critica approfondita della prima posizione del pensiero dell’oggettività

si trova in L. Cortella, Autocritica del moderno cit., p. 35 – 65. In particolare Cortella sviluppa un’analisi comparativa della posizione teoretica presente nell’Enciclopedia e l’analisi hegeliana dei principali pensatori metafisici contenuta nelle Lezioni sulla

storia della filosofia.

134 S. Soresi, Modi e Articolazioni cit., p. 52 – 53.

135 Cfr. S. Soresi, Modi e Articolazioni cit., p. 53 e S. Houlgate, Hegel, Nietzsche and

storico filosofica, che nello specifico è quella del filosofo tedesco Christian Wolff136, dall’altra essa rappresenta un atteggiamento della

coscienza ingenua che può essere riscontrato, in qualsiasi periodo storico, in chiunque non abbia un approccio filosofico consapevole. Come scrive Hegel infatti la prima posizione del pensiero è qualcosa che «für sich ist sie überhaupt immer vorhanden137» nella sua

spontaneità138. Per tale ragione Hegel la considera una posizione

caratterizzata dal «Glauben» (fede). È infatti una fede e non una conoscenza scientifica che porta a ritenere, chi assume la prospettiva della vecchia metafisica, di poter conoscere coscientemente l’oggettività per quello che è veramente sulla base delle determinazioni concettuali che la riflessione (Nachdenken) consegna in prima battuta a chi decide di pensare. Per comprendere a pieno cosa Hegel intenda in questo passaggio è necessario soffermarsi sulla centralità del termine Glauben139. Non si deve infatti fare l’errore di scambiarne il

significato con quello, usato spesso nel contesto della filosofia contemporanea, del termine belief (ovvero fede nel senso di credenza di un soggetto verso la verità di una data proposizione). La vecchia metafisica non crede alla verità dell’identità delle determinazioni del

Nachdenken con il reale oggettivo, alla stessa maniera in cui un

qualsiasi soggetto empirico determinato crede – ad esempio – che siano le ore 10 di mattina (e magari non ha controllato l’orologio ed è già mezzogiorno). In quel caso si sarebbe trattato di un Meinen: l’opinione soggettiva astratta140. Non si tratta però né del Glauben

136 In realtà Wolff non è mai citato nei passi riguardanti la prima posizione del

pensiero rispetto all’oggettività contenuti nell’Enciclopedia e quindi la questione potrebbe essere considerata dubbia. Tuttavia la partizione della posizione della metafisica analizzata nell’Enciclopedia ricalca i tratti dell’opera wolffiana.

137 EnzA, p. 93.

138 Cfr. M. Campogiani, Hegel e il linguaggio cit., p. 400.

139 Sulla questione della fede nella prima posizione del pensiero cfr. S, Soresi, Modi

e Articolazioni cit., p. 53 – 58.

140 Sulla questione del Meinen si veda M. Clark, Meaning and Language in Hegel’s

inteso propriamente come la fede della religione cristiana e nemmeno del sapere immediato di Dio (che caratterizzerà la terza posizione del pensiero rispetto all’oggettività, ovvero la filosofia del sapere immediato di Jacobi). Si tratta del Glauben della fede ingenua – come scrive Hegel: «die Voraussetzung der alten Metaphysik war die des unbefangenen Glaubens überhaupt» – secondo la quale le cose sono esattamente così come vengono pensate, perché tramite essa si ritiene di avere accesso al pensiero nella sua realtà141. La fede ingenua, pur

essendo nella propria ingenuità ancora lontana dalle elaborazioni più concettuali della fede, mantiene quella caratteristica fondamentale per Hegel – comune ad ogni altra forma di fede – di non essere una forma contrapposta al sapere, ma piuttosto di essere una forma del sapere.

In questo senso si potrà intendere con più facilità quella che Hegel ritiene essere la determinazione fondamentale della vecchia metafisica, che ne rappresenta il contenuto concettuale da rielaborale nella propria concezione del pensiero.

Diese Wissenschaft betrachtete die Denkbestimmungen als die

Grundbestimmungen der Dinge; sie stand durch diese Voraussetzung, daß das,

was ist, damit daß es gedacht wird, an sich erkannt werde, höher als das spätere kritische Philosophieren142.

La tesi fondamentale della vecchia metafisica (e del pensare ingenuo in senso generale) è quindi che le determinazioni del pensiero, le categorie, attraverso le quali le cose vengono pensate, sono allo stesso tempo coincidenti con le determinazioni fondamentali delle cose. Ciò significa che la verità delle cose non appartiene a loro, ad una struttura ontologica che è così com’è di per sé e che si comprende nel

141 Cfr. EnzA, p. 93. 142 EnzA, p. 94.

farne esperienza. La verità delle cose può essere compresa solamente tramite le nostre categorie del pensiero. Il pensiero è quindi ciò che fonda ontologicamente il reale che si trova ad essere interamente attraversato e determinato dalla razionalità. Si realizza così per la vecchia metafisica – anche se ad un livello superficiale ed incompleto – quell’unità di pensiero ed essere che contraddistingue la concezione hegeliana del pensiero oggettivo. È per questo motivo che Hegel ritiene che questa prima ed ingenua modalità del pensare sia – in questo aspetto – superiore alla più complessa e successiva filosofia critica kantiana. Questa tesi fondamentale è l’argomento concettuale che Hegel mantiene nella propria concezione del pensiero. L’ingenuità significa specificamente che non viene riconosciuto in questa modalità che le determinazioni del pensiero che contraddistinguono gli oggetti dell’indagine filosofica (ed in generale i concetti che si utilizzano nella quotidianità) sono degli elementi prodotti dall’attività del Nachdenken nei confronti delle sensazioni, delle intuizioni e delle rappresentazioni e, come si è precedentemente sottolineato rispetto all’attività del

Nachdenken in generale, se questi prodotti vengono separati dal

processo che li produce, essi diventano degli oggetti concettuali astratti: delle rappresentazioni condizionate dalla contingenza del soggetto che le ha prodotte e quindi incapaci di cogliere il vero nella sua assolutezza. La metafisica ingenua quindi crede di pensare il vero, l’assoluto, ma si ritrova invece a sviluppare un pensiero contingente e dogmatico, fondato sulla precarietà della rappresentazione.

Hegel dà corpo a questa critica mettendo in stretta relazione i limiti della vecchia metafisica e la concezione del linguaggio che ne accompagna e informa lo sviluppo143.

143 Inwood commenta criticamente l’accettabilità della discussione hegeliana in

merito alle proposizioni della metafisica. Inwood ritiene infatti la posizione di Hegel difficile da ricostruire e composta di asserzioni difficilmente tra loro conciliabili. Cfr. M. Inwood, Hegel, Routledge, London, 1983, p. 184 – 186.

Diese Wissenschaft betrachtete die Denkbestimmungen als die Grundbestimmungen der Dinge; sie stand durch diese Voraussetzung, daß das, was ist, damit daß es gedacht wird, an sich erkannt werde, höher als das spätere kritische Philosophieren. Aber 1. wurden jene Bestimmungen in ihrer Abstraktion als für sich geltend und als fähig genommen, Prädikate des Wahren zu sein. Jene Metaphysik setzte überhaupt voraus, daß die Erkenntnis des Absoluten in der Weise geschehen könne, daß ihm Prädikate beigelegt werden, und untersuchte weder die Verstandesbestimmungen ihrem eigentümlichen Inhalte und Werte nach, noch auch die Form, das Absolute durch Beilegung von Prädikaten zu bestimmen144.

Questa concezione del linguaggio è tale che si ritiene di poter attribuire all’assoluto, ovvero alla conoscenza oggettiva scientifica ed incondizionata della realtà, dei predicati. Inoltre, come argomenterà Hegel, anche quell’assoluto, a cui la metafisica ritiene erroneamente di attribuire dei predicati, non è altro che una rappresentazione. La forma del giudizio che caratterizza le proposizioni metafisiche resta come un impensato, essa è assunta acriticamente145.

Il primo problema di questa acriticità coinvolge la forma del giudizio presa di per sé. «Die Form des Satzes oder bestimmter des Urteils ungeschickt, das Konkrete - und das Wahre ist konkret - und Spekulative auszudrücken» tanto più che «das Urteil ist durch seine Form einseitig und insofern falsch146». Qui, per la verità, Hegel porta

l’argomentazione ad un livello superiore, gioca una sorta di anticipazione rispetto alla comprensione della forma giudizio. Come si vedrà successivamente da un punto di vista logico la forma del giudizio e le proposizioni in cui è espressa, ponendo in un rapporto di

144 EnzA, p. 94.

145 Per un’analisi della forma giudizio nella metafisica pre-kantiana si veda M.

Campogiani, Hegel e il linguaggio cit., p. 402 – 404.

unilateralità separante il soggetto e il predicato, ma al contempo implicandone la reciprocità, si rivela inadeguata alla conoscenza del vero. Tuttavia questo non è il problema specifico della vecchia metafisica, ma è un macroproblema logico che coinvolge, secodo Hegel, tutta la filosofia. Qui Hegel mette in guardia i propri studenti (si ricordi sempre che l’Enciclopedia è un testo pensato per le lezioni universitarie) su un tema cruciale che in questo contesto non trova ulteriori spiegazioni. Dopo questo excursus logico anticipativo, Hegel torna alla questione dell’acriticità con cui i pensatori della vecchia metafisica approcciavano il linguaggio. Questa soprattutto vale anche nella presa in considerazione delle determinazioni concettuali che costituiscono i predicati stessi. I predicati e le proposizioni in questione sono del tipo: «Dasein, wie in dem Satze “Gott hat Dasein”147».

Predicati come Dasein, ma anche Endlichkeit, Unendlichkeit ecc. non sono adeguati ad esaurire la rappresentazione che determinano. La rappresentazione Gott, anche nel suo non essere pensata secondo il proprio concetto, ma essendo presa così come è consegnata dalla tradizione, è caratterizzata da qualcosa di più del solo Dasein o della sola Unendlichkeit. La rappresentazione Gott, dal punto di vista del pensiero rappresentativo, è la somma di una infinità di predicati di questo tipo. Tanto più che anche i predicati sono pensati rappresentativamente e quindi nella loro individualità e nella loro assenza di connessione essenziale. Rappresentativamente Gott sarà pensato paratatticamente come Dasein e Unendlichkeit e Freiheit ecc. ed ogni determinazione o somma di determinazioni si rivelerà come insufficiente148.

147 Ibidem.

148 Hegel porta l’esempio del come la difficoltà a determinare il concetto di Dio abbia

presso gli Orientali l’esito della cattiva soluzione di chiamare il divino con molti nomi. «Dem ersten Mangel suchten die Orientalen z. B. bei der Bestimmung Gottes durch die vielen Namen, die sie ihm beilegten, abzuhelfen; zugleich aber sollten der Namen unendlich viele sein» (EnzA, p. 97).

Nell’atteggiamento proposizionale ingenuo il soggetto sembra «einen festen Halt zu gewähren»149. Le rappresentazioni che fungono

da soggetto sono infatti prese come il criterio (Maßstab) per stabilire quali predicati ad esse debbano essere attribuiti150. Il problema però

è che in filosofia è proprio quel soggetto a dover essere determinato attraverso il predicato: è il noto che deve essere conosciuto. In una proposizione si parte ad esempio dal soggetto Gott. Cosa sia però questa rappresentazione Gott è ancora da determinare. Tale determinazione avviene attraverso il predicato che è quella determinazione che determina il soggetto151. Anche questo però è

problematico. Per Hegel infatti la determinazione dell’assoluto è in primo luogo un’operazione logica ed avviene attraverso le pure determinazioni di pensiero secondo la necessità immanente al pensiero stesso. Ma nella prima posizione del pensiero non si prende in considerazione tale necessità; ci si affida alla rappresentazione già data. Da una parte i contenuti dei predicati derivano dalla rappresentazione che il linguaggio comune presuppone e dall’altra i soggetti che, anziché essere determinati dai predicati, vengono presi come ciò che garantisce l’attribuzione dei predicati e sono a loro volta usati così come vengono trovati: belli e pronti. In questo modo la vecchia metafisica genera una triplice confusione. In primo luogo, si è visto, non comprende l’incapacità del giudizio di esprimere il vero. Nel particolare non riconosce nemmeno la specificità della forma giudizio

149 EnzA, p. 97.

150 «Ihre Gegenstände waren zwar Totalitäten […] aber die Metaphysik nahm sie aus

der Vorstellung auf, legte sie als fertige gegebene Subjekte bei der Anwendung der Verstandesbestimmungen darauf zugrunde und hatte nur an jener Vorstellung den Maßstab, ob die Prädikate passend und genügend seien oder nicht» (EnzA, p. 97).

151 «In dem Satze “Gott ist ewig usf." wird mit der Vorstellung "Gott" angefangen;

aber was er ist, wird noch nicht gewußt; erst das Prädikat sagt aus, was er ist. Es ist deswegen im Logischen, wo der Inhalt ganz allein in der Form des Gedankens bestimmt wird, nicht nur überflüssig, diese Bestimmungen zu Prädikaten von Sätzen, deren Subjekt Gott oder das vagere Absolute wäre, zu machen, sondern es würde auch den Nachteil haben, an einem anderen Maßstab, als die Natur des Gedankens selbst ist, zu erinnern». (EnzA p. 97).

della proposizione come modalità della determinazione del significato. Infine stabilisce la validità delle proprie affermazioni sull’adeguatezza di alcune rappresentazioni alle caratteristiche presupposte di un’altra rappresentazione.

La fede ingenua nel linguaggio permette alla metafisica di non occuparsi di comprendere il significato dei predicati che attribuisce all’assoluto. Considera termini quali “esistenza, finito/infinito, libero” come qualcosa di dato:

sie müssen darum empirisch und zufälligerweise aufgezählt, und ihr näherer Inhalt kann nur auf die Vorstellung, auf die Versicherung, daß man sich bei einem Worte gerade dies denke, etwa auch auf die Etymologie gegründet werden. Es kann dabei bloß um die mit dem Sprachgebrauch übereinstimmende Richtigkeit der Analyse und empirische Vollständigkeit, nicht um die Wahrheit und Notwendigkeit solcher Bestimmungen an und für sich zu tun sein152.

Il sapere della vecchia metafisica sarà basato quindi sull’uso linguistico e in alcuni casi etimologico. Dalla capacità di catalogare empiricamente i giudizi che possono essere attribuiti al pensiero. La determinazione di Dio, della libertà, del cogito ecc. sarà legata alla correttezza dell’asserzione, una asserzione che peraltro non sarà mai determinata perché rappresenta il tentativo di condizionare il pensiero ad un elenco di predicati finiti.

Chi pensa tramite gli strumenti della metafisica ingenua si trova nella condizione di avere delle più o meno vaghe rappresentazioni dei termini che denotano le rappresentazioni dei concetti fondamentali della filosofia e se ne accontenta e questo lo mantiene nella totale indistinzione tra il significato di una rappresentazione data e di una determinazione di pensiero. La pretesa poi di considerare le rappresentazioni che fanno da soggetto, che si attribuisono

all’assoluto, la misura e il criterio dell’attribuzione del predicato a loro