2.1 Il fenomeno successorio
“L’azienda è un istituto economico atto a perdurare che (…) svolge in continua coordi- nazione la produzione, il procacciamento e il consumo della ricchezza”. È dunque pre- supposto fondamentale nella definizione di “azienda” suggeritaci da Gino Zappa, che la continuità nel tempo dell’attività aziendale costituisca obiettivo precipuo e imprescindi- bile alla base di qualsivoglia logica di proprietà e gestione.
Obiettivo di questo capitolo è dunque quello di indagare il delicato processo del passaggio generazionale nel contesto delle family business. Nello specifico, la contem- poranea presenza degli istituti “azienda” e “famiglia”, comporta la necessità di far fron- te a bisogni di diverso ordine e intensità tali da generare diversi fattori di criticità. La questione del passaggio del testimone da una generazione ad un’altra nel contesto delle aziende familiari, e generalmente inteso quale “complesso di attività, eventi e meccanismi organizzativi per mezzo dei quali la leadership e la proprietà vengono tra- sferite” , assume perciò particolari connotati, unici e differenti rispetto alle aziende non 50 familiari. Alcuni dati risultano utili ai fini di una maggiore comprensione del fenomeno successorio:
• solo il 25% delle aziende familiari sopravvive alla seconda generazione, percentuale
che si riduce ulteriormente al 15% se si fa riferimento alla terza generazione ; 51
• entro 5 anni dal passaggio dalla prima alla seconda generazione il 60% delle aziende
cessano la propria attività;
• il 40% del totale delle aziende familiari presenti nel nostro Paese dovrà affrontare nei
prossimi 8-10 anni almeno un passaggio generazionale;
• la percentuale di imprenditori che manifestano l’intenzione di trasferire l’azienda ad
un familiare è di circa il 70%;
Giovannoni E., Maraghini M. P., Riccaboni A., Transmitting knowledge across generations: The role of 50
management accounting practices; Family Business Review, 24(2), 2011, pag. 126-150.
Stime fornite nel 2018 dal Family Firm Institute, organizzazione internazionale no profit, impegnata 51
• secondo le ultime stime dell’ISTAT , nel 74% delle imprese che hanno già affrontato 52 un passaggio generazionale, si è osservato il mantenimento del ruolo della famiglia nella proprietà o nella gestione;
• la percentuale di family business che dichiarano di aver affrontato criticità nel proces-
so successorio è elevata ma tende a diminuire proporzionalmente all’aumentare della dimensione aziendale.
Dando un primo sguardo a questi dati, risulta evidente quanto il processo suc- cessorio rappresenti innanzitutto, prima ancora che un’opportunità di crescita e svilup- po, un ineludibile problema di sopravvivenza del fenomeno aziendale, e nel quale con- corrono molteplici fattori di diversa natura. Tra questi le dinamiche relazionali e psico- logiche degli attori coinvolti - in conseguenza dell’intima relazione esistente tra la gene- razione uscente e quella entrante - ricoprono un ruolo cruciale nell’efficace ingresso del- le nuove generazioni in azienda. A livello psicologico infatti, l’imprenditore-fondatore concepisce spesso l’azienda come una propria creatura, al cui sviluppo ha dedicato tutta la vita ed è proprio in questo senso che il subentro della generazione successiva può es- sere visto come un elemento traumatico e destabilizzante, a causa di scelte strategiche e di gestione che possono essere dissonanti rispetto alla prassi operativa adottata fino a quel momento.
Sul tema in questione, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, diversi studio- si hanno peraltro fornito interessanti contributi, presentando un quadro complessivo 53 che è possibile riassumere nei seguenti punti principali:
• la successione generazionale si deve intendere come un processo in divenire, il quale
si articola in diverse fasi e si sviluppa in un arco temporale più o meno lungo a secon- da del manifestarsi di molteplici variabili;
• gli attori familiari e non familiari coinvolti sono molteplici;
Per approfondimenti si veda: Censimento permanente delle imprese 2019, Istat, 2020; disponibile per la 52
consultazione sul sito www.istat.it
Longenecker & Schoen, 1978; Mc Givern, 1978; Handler, 1990; Morris et al. 1997; Cabrera-Suarez et 53
• la prima fase vede l’imprenditore assumere consapevolezza dell’ineluttabilità del pro-
cesso successorio e l’ultima si conclude con l’abbandono di qualsiasi carica o respon- sabilità a vantaggio della generazione successiva;
• requisito fondamentale affinché il passaggio del testimone venga effettuato con suc-
cesso è un’attenta preparazione dello stesso.
Su quest’ultimo punto è opportuno specificare fin d’ora che, se è sicuramente importante una buona pianificazione, non sempre è possibile preparare la successione per tempo, a causa, ad esempio, di eventi imprevedibili e sopravvenuti quali la malattia o la morte dell’imprenditore, né è bene altresì protrarre troppo a lungo la fase preparato- ria, e questo non vuol dire automaticamente che il processo in questione non verrà con- cluso con successo ma che è sicuramente più complesso riuscire in anticipo a predirne l’esito. In altri termini, partendo dal presupposto che la successione in un’azienda fami- liare è influenzata da una molteplicità di variabili e che si tratta di un processo articolato e non standardizzabile, è sicuramente opportuno impostare un percorso di preparazione capace di definirne le linee guida e diagnosticarne le criticità in tempo utile ma è altret- tanto opportuno adattare lo stesso alla luce delle vicende che man mano perturbano gli equilibri familiari e che, di riflesso, impattano sulle dinamiche aziendali.
È utile a questo scopo indagare ulteriormente le motivazioni che rendono neces- saria e urgente la successione nonché quali possono essere le aree critiche, potenziali fonti di conflitto tra i familiari. Tra le motivazioni principali e più note citiamo i seguen- ti casi:
• l’imprenditore risulta essere divenuto un freno allo sviluppo dell’azienda poiché non
intende delegare ad altri la guida della medesima ma allo stesso tempo si rifiuta di adeguare la propria visione imprenditoriale ai cambiamenti dell’arena competitiva;
• la generazione entrante è portatrice di competenze ed esperienze nuove ed inedite ri-
spetto a quelle dell’imprenditore;
• l’imprenditore non è più in grado di assumere decisioni importanti a causa di fattori
sopraggiunti quali l’anzianità anagrafica o la malattia.
Nell’esaminare poi le aree critiche che possono rappresentare terreno di scontro tra le generazioni - tema che verrà meglio approfondito nel successivo paragrafo 2.4 -
citiamo il contributo fornito da due autorevoli studiosi, S. Carlock e J. Ward , i quali ne 54 individuano quattro tipologie:
• la gestione del capitale, ovvero le modalità attraverso cui le risorse finanziarie azien-
dali verrano suddivise tra i membri della famiglia;
• il controllo delle politiche aziendali, ovvero chi deve assumersi la responsabilità della
gestione e dell’indirizzo strategico;
• l’aspetto occupazionale, ovvero i metodi e gli strumenti di reclutamento del capitale
umano in azienda nonché il valore più o meno significativo attribuito alle competenze possedute e all’appartenenza al nucleo familiare;
• gli aspetti culturali, ovvero gli strumenti e i meccanismi attraverso cui deve essere
tramandato il core value system familiare, ritenuto dall’imprenditore uscente quale fondamentale fattore di continuità generazionale.
Da questo preliminare inquadramento è possibile quindi prendere consapevolez- za della complessità sottostante il processo in parola, nel quale il forte legame esistente tra le principali figure coinvolte - il padre e il/i figlio/i - non rappresenta di per sé un limite ma lo diventa nel momento in cui il rapporto tra le due generazioni si riveste ec- cessivamente di aspettative e sentimenti estranei alle logiche aziendali, capaci di met- terne in discussione la buona riuscita.
A questo riguardo, per figura del padre s’intende non solo, nel significato lette55 - rale del termine, colui il quale rappresenta la figura genitoriale, ma anche e soprattutto colui il quale è esponente della generazione che ha posto le fondamenta dell’azienda o, alternativamente, ne rappresenta attualmente la proprietà.
Secondo questa prospettiva, il rapporto che nelle family business si instaura tra il padre-imprenditore e l’azienda è simile a quello esistente tra il vasaio e l’argilla, una materia prima che non ha una forma predeterminata ma che la assume in funzione delle intuizioni e delle capacità del primo, secondo il suo esclusivo intendimento. È proprio in questo tipo di relazione che il passaggio di consegne nei confronti dei figli può diventa-
Carlock R. S., Ward J. L., Strategic Planning for the Family Business: Parallel Planning to Unify the 54
Family and Business, Palgrave Macmillan, 2001.
Nel proseguo del paragrafo si utilizzerà indistintamente il termine “padre” e quello di “imprenditore”. 55
re un momento di angoscia e di crisi personale; egli infatti vorrebbe, da un lato, conse- gnare volontariamente la propria “creatura” nelle mani del figlio, nella speranza che questi, essendo suo diretto discendente, abbia tutto l’interesse a proseguire sul cammino di sviluppo tracciato ma, da un altro lato, egli si fida in un certo senso solo di sé stesso ed è convinto che nessuno meglio di lui possa conoscere e mantenere in salute l’impre- sa, ecco perché può vivere angosciosamente il momento nel quale sarà costretto a cede- re il testimone, anche se a riceverlo sarà suo figlio . 56
Ovviamente il fattore tempo giuoca un ruolo di precipua importanza nello svi- luppo di queste dinamiche in quanto, man mano che l’imprenditore si avvicina alla pro- pria maturità, aspira maggiormente al personale disimpegno finanziario, alla stabilità e al mantenimento dello status quo, mentre certamente le necessità della gestione sono rivolte verso un costante investimento di nuovi capitali e un crescente impegno nell’a- dattare continuamente la formula imprenditoriale al mutevole e dinamico ambiente competitivo.
Sulla buona riuscita del passaggio di consegne influiscono dunque, in larga mi- sura, le caratteristiche della figura genitoriale in parola nonché il suo atteggiamento nei confronti degli eredi e della successione.
Con riferimento alla prima variabile, diverse sono le possibili classificazioni:
• in base al grado di apertura nei confronti dei familiari che lo circondano, si possono
distinguere i padri solitari da quelli collaboratori;
• in base al peso che assume l’orizzonte temporale si distinguono i padri lungimiranti,
che hanno una visione a lungo termine, da quelli “short term oriented”, ovvero orien- tati al presente e a risultati contingenti;
• in base al grado di apertura al cambiamento si distinguono poi i padri cosiddetti con- servatori, restii a mutare la propria visione imprenditoriale anche in presenza di og-
gettive necessità, da quelli innovatori, che non hanno paura di mettere in discussione quanto fatto fino a quel momento.
Il termine “figlio” viene utilizzato qui indistintamente per indicare discendenti di sesso maschile e 56
In relazione alla seconda variabile è poi utile adottare la seguente matrice, che ci permette di analizzare quattro diversi modelli attraverso cui può essere affrontata la 57 successione “dal punto di vista del padre” (Tabella 2.1):
Tabella 2.1 - Tipologie di successione secondo la prospettiva del padre-imprenditore Apertura alla pianificazione della successione
Grado di delega e disposizione a collaborare
Fonte: elaborazione da Dell’Atti A. (2007).
Nel I quadrante troviamo il tipo di successione definita elusa, a causa della resi- stenza e del mancato interesse che l’imprenditore manifesta in ordine alla sua pianifica- zione; egli cerca in ogni modo di non affrontare il problema, nella convinzione che non sia ancora giunto il momento.
Nel II quadrante si osserva la situazione nella quale l’imprenditore è maggior- mente disposto a collaborare con la generazione subentrante, permettendole di parteci- pare progressivamente alla presa di decisioni importanti ma, a causa della presenza di alcuni fattori di natura esogena o endogena, non ritiene che sia ancora arrivato il mo- mento di lasciare il timone dell’azienda, procrastinando il tutto ad un periodo successi- vo.
Nel III quadrante l’imprenditore si apre invece alla pianificazione della succes- sione poiché è consapevole della sua importanza, ma la scarsa propensione a delegare nonché l’elevato grado di accentramento dei poteri decisionali non permettono al/i fi-
Dell’Atti A., Il passaggio generazionale nelle imprese familiari, Cacucci Editore, Bari, 2007, pp. 57
75-78.
Bassa Alta
Basso Successione (I) elusa
(III) Successione
istantanea
Alto Successione (II) rimandata
(IV) Successione programmata
glio/i di acquisire in maniera progressiva, ma bensì istantanea, la responsabilità della gestione.
Infine, nel IV quadrante si può riscontrare la situazione ritenuta ottimale, nella quale la generazione attuale e quella entrante convivono armoniosamente e paziente- mente durante un programmato processo di successione. In questi casi il padre s’impe- gna a trasferire progressivamente al/i figlio/i le competenze e i valori che ritiene fonda- mentali per riuscire a portare avanti con successo l’azienda di famiglia e, allo stesso tempo, questi ultimi sono messi nelle condizioni di apportare costantemente il proprio contributo personale.
È possibile concludere che certamente le caratteristiche personali del padre-im- prenditore, nonché il suo modo di approcciarsi alla successione, rappresentino uno dei fattori cruciali affinché la transizione si realizzi positivamente e senza traumi, ma anche l’atteggiamento del/i figlio/i nell’avvicinarsi al processo in parola ricopre un ruolo de- terminante.
Nel contesto delle family business infatti, il figlio rappresenta, in estrema sinte58 - si, la figura che, in ragione di una sorta di legge familiare non scritta, ha il diritto ma anche l’onere di ricevere il testimone da parte del genitore, il quale lo preferisce a priori rispetto a soggetti esterni in quanto “sangue del suo sangue”. Egli, se da un lato è auto- maticamente designato erede per nascita, dall’altro lato deve necessariamente conqui- starsi la legittimazione occorrente a prendere il posto che gli è stato assegnato, sia agli occhi del padre sia - aspetto ancora più importante - agli occhi della molteplicità di sta-
keholder che ruotano attorno all’impresa, la cui soddisfazione è requisito imprescindibi-
le per la continuità aziendale.
In questa prospettiva egli può assumere una molteplicità di ruoli , di cui i prin59 - cipali possono essere i seguenti:
• confermatore; • orientatore;
Si ribadisce che con questo termine si suole intendere uno o più soggetti, discendenti dell’imprenditore- 58
fondatore, indistintamente intesi di genere maschile o femminile.
Cristiano E., Sicoli G., Evoluzione e dinamiche di sviluppo delle imprese familiari. Un approccio eco
59 -
• rivitalizzatore; • trasformatore.
Se rientra nella prima tipologia, il figlio si pone in una logica di continuità ri- spetto a quanto ha operato il padre fino ad allora; egli, infatti, ha fatto propri i valori alla base del business, non stravolgendo eccessivamente né la visione imprenditoriale né gli assetti di governance adottati dalla figura paterna.
Nel ruolo di “orientatore” invece, il figlio assume la direzione strategica oltreché operativa dell’impresa cercando di orientare entrambe, appunto, verso nuovi orizzonti e prospettive, puntando però, al tempo stesso, a mantenere salda l’infrastruttura valoriale a cui i vari stakeholder hanno attribuito valore nel tempo.
Quando si configura poi come “rivitalizzatore”, il figlio dimostra di avere svi- luppato competenze ed esperienze che vanno a sopperire ad aree d’intervento spesso trascurate dal genitore, colmandone le lacune potenzialmente foriere di conflitti nonché “rinfrescandone” così la formula imprenditoriale.
La quarta ed ultima configurazione è quella più radicale, simbolo di un nuovo corso della direzione dell’impresa: il “trasformatore”; in questi casi il figlio stravolge completamente la visione strategica nonché gli assetti istituzionali adottati fino ad allora dal genitore a causa, ad esempio, del raggiungimento dello stadio di maturità del busi- ness, nonché del sopraggiungere di momenti di difficoltà o crisi.
Le caratteristiche proprie della figura filiale concorrono dunque, al pari di quelle già analizzate circa la figura genitoriale, a definire il grado di complessità più o meno elevato che può assumere il fenomeno successorio. In particolare, considerando due specifiche variabili, ovvero la disponibilità all’attesa assunta dallo stesso nell’affrontare il processo e il livello di innovazione che è in grado di apportare al patrimonio conosci- tivo preesistente e alle modalità di gestione del business, si può costruire una matrice che, come già osservato con riferimento al caso della generazione uscente, ci permette di definire quattro diverse prospettive attraverso le quali il figlio può affrontare il ri60 - cambio generazionale (Tabella 2.2):
Dell’Atti A., Il passaggio generazionale nelle imprese familiari, Cacucci editore, Bari, 2007, pp. 78-80. 60
Tabella 2.2 - Tipologie di successione secondo la prospettiva del figlio-erede
Livello di innovazione e miglioramenti apportati al patrimonio conoscitivo aziendale e alla gestione
Disponibilità all’attesa nel subentrare al genitore
Fonte: elaborazione da Dell’Atti A. (2007).
Nella prima fattispecie si osserva la successione cosiddetta pretesa, nella quale la generazione emergente non solo è indisponibile ad attendere il decorso normale del processo, ma non è nemmeno in grado di apportare un contributo significativo in termi- ni di miglioramento delle competenze e delle pratiche di gestione. La logica retrostante questo tipo di approccio è esclusivamente utilitaristica, in quanto l’impresa viene vista quasi come un “giocattolo” che spetta di diritto; ciò ovviamente rappresenta una situa- zione molto pericolosa nell’ottica della longevità dell’istituto aziendale, in quanto l’ere- de, nella maggior parte dei casi, non possiede né le competenze né l’esperienza suffi- ciente a mantenerne il controllo.
Nel II quadrante troviamo la successione cosiddetta conflittuale, dove, anche qui, la generazione emergente è impaziente di appropriarsi del potere al fine di ricoprire cariche apicali ma con la differenza che è almeno portatrice di conoscenze nuove e di- verse rispetto a quelle della generazione che fino a quel momento ha guidato l’azienda. In questi casi, le novità introdotte dal figlio possono anche compromettere il rapporto fiduciario con il genitore, tanto da indurre quest’ultimo a procrastinare il momento del passaggio di consegne.
Nel III quadrante è possibile poi osservare la situazione in cui la successione è definibile fisiologica, ovvero quella nella quale il figlio è disponibile a pazientare nel
Basso Alto Alto (III) Successione fisiologica (IV) Successione collaborativa Basso (I) Successione pretesa (II) Successione conflittuale
ricevere il testimone e allo stesso tempo non vuole apportare significativi stravolgimenti nelle modalità di gestione dell’impresa per non porsi in posizione potenzialmente con- flittuale con il padre. Si configura in tal modo una situazione di convivenza allo stesso tempo tranquilla ma potenzialmente sintomatica di un’incapacità intrinseca dell’erede di “maturare processi decisionali autonomi dai condizionamenti emotivi genitoriali” . 61 Questo concetto fu teorizzato per la prima volta dalla psicoanalista Margaret Mahler 62 nel 1975, che lo definì come mancato “processo di separazione-individuazione”, e poi ulteriormente approfondito da Murray Bowen nel 1978, con la definizione del concet63 - to di “differenziazione del sé”. Entrambi i contributi risultano certamente utili per me- glio comprendere i meccanismi psicologici che intervengono nello sviluppo del figlio dell’autonomia decisionale e delle capacità di leadership necessarie a sostituire il mo- dello genitoriale alla guida dell’azienda.
Infine, nel IV quadrante osserviamo la successione collaborativa, analoga - se analizzata dal punto di vista della generazione uscente - a quella programmata già inda- gata precedentemente. Qui le due generazioni cercano, come detto, di vivere la succes- sione come un processo di paziente scambio reciproco, nel quale vi sono le condizioni, circa la generazione emergente, per sviluppare la propria capacità di giudizio e decisio- ne in merito alle questioni aziendali e, circa la generazione uscente, per contribuire posi- tivamente affinché lo stesso si concluda senza traumi, sia familiari che generazionali. Un ruolo precipuo riguarda altresì l’intensità e il grado di selettività con il quale viene effettuato il trasferimento delle competenze tra le due generazioni, di cui si tratterà più approfonditamente nel paragrafo successivo; esso risulta essere infatti, nella prassi ope- rativa, un altro dei fattori importanti per riuscire a portare a termine positivamente il ri- cambio generazionale.
Cristea A., Gentili C., Lattanzi N., Pietrini P., Rota G., La rilevanza e i caratteri degli aspetti psicologi
61 -
ci nella conduzione dell’azienda familiare, in: Anselmi L., Lattanzi N., a cura di, Il family business made in Tuscany, FrancoAngeli, Milano, 2016, p. 107.
Psicoterapeuta e psicoanalista ungherese, fu un’importante esponente della corrente psicoanalitica no
62 -
vecentesca nota come “Psicologia dell’Io”.
Bowen M., Dalla famiglia all’individuo: la differenziazione del sé nel sistema familiare, edizione ita
63 -
2.2 Trasferimento del patrimonio “conoscitivo”
Il tema del trasferimento intergenerazionale del patrimonio conoscitivo ha trovato negli ultimi decenni un rinnovato interesse all’interno della comunità scientifica, grazie alla sempre maggiore importanza che la “conoscenza” riveste quale preminente asset azien- dale. Ciò in virtù della capacità di generare valore economico per i molteplici stakehol-
der interni ed esterni all’azienda, nonché in relazione al tema particolarmente comples-